Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Il velo nero” di Alessandro Manzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Teresa aveva occhi neri come le more che pendono dai rovi selvatici e capelli lunghi e scuri come i troppi pensieri che serpeggiavano nella sua testa dalla mattina, da quando aveva avuto quel colloquio con Don Quirino.
A passi svelti, guardandosi più volte intorno, sospettosa, attraversò la piazza che dormiva affogata in un mare di afa e di cicale. Salì gli sconnessi gradini di pietra, arroventati dal sole del primo pomeriggio e, raggiunto lo spiazzo davanti alla chiesa dell’Assunta, che guardava dall’alto tutto il paese, si fermò davanti al portone. Era appena socchiuso. Teresa si guardò dietro per l’ultima volta e, spingendo con la mano la pesante anta, entrò.
Appena dentro, mise subito sulla testa il velo nero, che diede ancor più risalto al candore del suo volto di madonna e, immersa la mano destra nel catino in pietra, si segnò veloce con un gesto di croce.
Il cuore le pulsava forte.
Nel buio, odoroso di silenzio e di chiuso, le pareva che anche la statua del Cristo Crocefisso potesse ascoltare quei tonfi sordi che le sollevavano prepotentemente il seno.
– E’ li … ti aspetta…
La voce di Don Quirino che, improvvisamente comparso alle sue spalle, le indicò il confessionale, la fece trasalire.
Teresa rispose con un semplice cenno del capo, che non si comprese bene se volesse significare “ho capito”, “grazie”, “buonasera” o tutte e tre le cose insieme, quindi avanzò sotto lo sguardo fisso dei santi, così simile allo sguardo degli uomini dell’osteria che, al suo passare, restavano bloccati con le carte in mano a mezza altezza o con il bicchiere di vino appoggiato alle labbra.
Don Quirino accostò il portone e, rimanendo in fondo alla chiesa, sedette nell’ultimo banco con il libro delle preghiere fra le mani.
La donna raggiunse il confessionale e si inginocchiò per accostarsi alla grata della finestrina.
Dall’interno la tenda viola si scostò.
– Teresa…
– Antonio…
Erano passati sette lunghissimi anni dall’ultima volta in cui ciascuno dei due aveva ascoltato il proprio nome pronunciato dall’altro. Esattamente dal ventuno novembre del 1915, giorno in cui Antonio era partito soldato per il fronte.
– Teresa… sò tutto… sò che adesso sei sposata… sò che hai un bambino di pochi mesi… non voglio chiederti nulla… solo raccontarti cosa è successo…
– Antonio… ti ho atteso inutilmente per quasi sette anni… ma sei scomparso… ho sperato, pianto, pregato… mi sono disperata… alla fine ti ho odiato perchè il tuo fantasma si stava prendendo la mia vita… quindi ho deciso di non pensare più a te e di ricominciare a vivere. Lasciami andare… ti prego!
– Ti capisco… ma vorrei solo che mi ascoltassi!
– Cosa dovrei ascoltare? Ricordi cosa avevi scritto nell’ultima lettera? Io lo ricordo bene quello che c’era scritto in quella lettera maledetta “finalmente il nostro tenente ci ha detto che la guerra è finita davvero !… nulla ci potrà separare adesso… sono sopravvissuto solo grazie a te… fra qualche giorno ti riabbraccerò…”, ricordo anche la data che portava quella lettera: tre novembre 1918. Invece sono passati quattro anni… e da allora più niente… solo silenzio… silenzio e basta… perchè torni solo ora dopo quattro infiniti anni?
– E’ vero… ma ti giuro non ho colpe… anch’io ho creduto di impazzire… ho già raccontato tutto a Don Quirino, lui ha capito e ha accettato di aiutarmi. Gli ho parlato in confessione, quindi nessuno saprà di questo nostro incontro… nemmeno tuo marito. Don Quirino ha solo preteso che ci incontrassimo qui, in chiesa… di nascosto e lontano da altri occhi… e comunque sotto i suoi di occhi – Antonio finalmente sorrise – ha detto che non voleva avvicinare il fuoco alla paglia, che lui è pur sempre un sacerdote e che un matrimonio benedetto da Dio non può essere messo in pericolo. Però ha anche detto che chi ha sofferto troppo non deve soffrire ancora di più.
Antonio iniziò così a raccontare, sussurrando, osservando il volto della donna in penombra, quel volto che avrebbe voluto accarezzare, come aveva fatto tante volte prima di partire per la guerra, quel volto bianco e liscio come le pietre del torrente dove lui la raggiungeva quando lei andava a lavare i panni. Ma la sua mano incontrava solo la grata di metallo, fredda e geometrica come solo i labirinti costruiti dal destino sanno essere.
Teresa ascoltò le parole, le pause, i sospiri con cui Antonio riprendeva fiato. I suoi occhi si sforzarono invano di penetrare il buio da dove proveniva quella voce. Era confusa.
Quel racconto su di lei aveva lo stesso effetto delle onde che si abbattono sulla spiaggia e poi si trascinano dietro tutto ciò che trovano. Ma lei non voleva essere risucchiata da quelle onde. Tuttavia ciò che stava ascoltando la sconvolgeva e, alla fine, non riuscì a fermare il pianto.
Don Quirino da quel banco lontano chiuse il libro delle preghiere e guardò in alto verso il Crocefisso, quasi a cercare consiglio.
Teresa adesso aveva capito!
Così lei improvvisamente si alzò e si diresse veloce verso il portone senza voltarsi. Aveva paura di rivedere Antonio. Nella chiesa tutto era immobile, tranne il rumore dei passi di Teresa, rumore che si smorzò solo quando il portone si chiuse alle sue spalle.
A terra era rimasto il velo nero della donna.
Antonio, uscito dal confessionale, si chinò e lo raccolse.
Don Quirino allora gli andò incontro porgendogli una busta ingiallita, ma Antonio si rivolse così al vecchio sacerdote
– Padre adesso può tenerla lei, a me non serve più. Ho spiegato tutto a Teresa e penso che lei mi abbia creduto ma, se non fosse così, lei potrà sempre darle la prova di ciò che mi è accaduto… grazie Padre.
– Ma adesso, forse, Teresa soffrirà ancora di più!
– Forse… ma non si può morire due volte e io agli occhi di Teresa ero già morto da tempo e lo sarei rimasto per sempre se non le avessi raccontato quello che adesso anche lei conosce… grazie ancora Padre.
– Il Signore sia con te.
Antonio, stringendo forte il velo tra le mani, uscì sul sagrato della chiesa appena in tempo per vedere Teresa scomparire da lontano nel vicolo in fondo alla piazza.
Restò fermo ancora qualche istante, poi si incamminò verso la porta vecchia del paese che immetteva sulla via degli orti, verso la campagna.
***
L’orologio della piazza rintoccò quattro volte e lo scirocco cominciò a dare timidi segnali di tregua.
Il Procuratore del Re, Sua Ecc. Teodosio De Bellis si asciugò la fronte e lisciò il pizzetto. Sedette alla scrivania e, dopo aver pulito gli occhiali, iniziò a leggere il rapporto arrivato dalla Tenenza Regia dei Carabinieri di Vallo di Lucania.
“A Sua Eccellenza il Procuratore del Re in Matera.
Il giorno ventisei del mese di luglio dell’anno 1922, innanzi a questo Ufficio si presentava Storgione Giuseppe, di Calogero e Rosaria Calone, pastore, persona nota allo scrivente.
Lo Storgione, in preda a manifesta agitazione, rappresentava che in data odierna, sul fare del giorno, nel mentre conduceva le proprie pecore al fontanile di Fontana Murata, avvistava un uomo privo di vita, legato per il collo ai rami più bassi di una quercia a mezzo di una fune.
Recatomi immantinente in loco in compagnia del Carabiniere Melloni Vittorio, accertavo di persona la verità di quanto riferito dallo Storgione.
L’uomo, di certo un forestiero, privo di documenti e della apparente età di ventisei o ventisette anni, non presentava segni di percosse o violenza. Aveva folti capelli neri e ricci, occhi scuri, naso giusto, corporatura robusta.
Era vestito con una camicia bianca, pantaloni marroni sotto il ginocchio tenuti da una cinghia di cuoio e stivali di ugual colore.
Nelle tasche sono stati rinvenuti i seguenti effetti: una tabacchiera metallica, cartine per sigarette, un coltello a serramanico e lire due.
L’arciprete Don Quirino Cesarazzi, chiamato sul posto per benedire la salma, riconosceva l’individuo che in data di ieri gli aveva chiesto di confessarsi nella chiesa dell’Assunta.
Anche detta circostanza conferma l’indubitabile proposito dell’uomo di porre fine ai suoi giorni.
Tornati in paese, il sacerdote mi consegnava una busta che quell’uomo aveva dimenticato sul banco dopo la confessione.
Il documento contenuto nella busta si trascrive integralmente in appresso:
” Carcere Militare di Peschiera, li ventuno giugno 1922.
Si dichiara che il soldato Fosco Antonio, di Carmine e Annetta Brancaccia, nato a Rivafredda il ventuno ottobre 1895, ha intieramente espiato presso questo carcere la condanna ad anni tre e mesi sette di reclusione, inflittagli dal Tribunale Militare di Guerra del V Corpo d’Armata, oltre alla sanzione accessoria del divieto di inviare e ricevere corrispondenza durante l’esecuzione della pena.
La condanna è stata pronunciata per avere il Fosco propagato notizie denigratorie delle operazioni di guerra nonchè di vilipendio del Regio Esercito in una lettera del tre novembre 1918 indirizzata alla sua fidanzata.
La Censura della Posta Militare n. 65 ha acconsentito a che la destinataria ricevesse solo il primo foglio della lettera, ma ha proceduto al sequestro del secondo foglio in cui il Fosco aveva scritto la seguenti affermazioni costituenti reato ai sensi del Codice Militare di Guerra:
… finora ti scrissi sempre bene solo per darti coraggio…
… nella mia compagnia eravamo duecentocinquanta uomini e adesso siamo solo ventisette…
… sono stanco di questo massacro per conquistare quattro sassi…
… la guerra l’abbiamo fatta solo noi contadini con le mani callose, non ho mai visto nessun ricco all’assalto al mio fianco, ci hanno imbrogliato e soggiogato…”
A chiusura e a completamento del presente rapporto, pur se probabilmente ininfluente per quanto di competenza dell’Ufficio della S. V. Ill.ma, aggiungo che nel posto ove l’uomo si è tolta la vita, veniva rinvenuto, impigliato in un rovo, un velo nero di quelli con cui le donne sono solite coprirsi il capo in chiesa.
Letto e confermato il detto rapporto in ogni sua parte, si porgono a Sua Eccellenza ossequiosi saluti.
Vallo di Lucania li ventisei luglio 1922
Ten. Biagio Masseroni”

Il Procuratore del Re chiuse allora il fascicolo, poi, rivolto al suo segretario disse
– Provveda ad archiviare, si tratta di un suicidio.

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15 commenti »

  1. Racconto ben scritto. Ritmo incalzante che porta a leggere con curiosità fino alla fine.
    Vera o inventata una storia bella che lascia il giusto gusto amaro…

  2. Grazie Valerio per il giudizio sul mio racconto. La storia è tutta inventata, ma l’ho concepita leggendo come funzionava la censura militare. Le quattro frasi riportate nel testo e punite da una sentenza di un Tribunale Militare della I Guerra Mondiale sono reali.

  3. Davvero un bel racconto e bello anche l’accostamento dei due registri stilistici diversi. L’atrocità della guerra che dissipa tutto, anche la forza di continuare a resistere. Interessante l’idea che la vicenda nasca sulla scia della censura militare.

  4. Molto bello: originale la struttura narrativa. Ho appena scritto anch’io un racconto sulla I guerra su un particolare ricordo di famiglia.

  5. Grazie Lidia. Sono contento che tu abbia sottolineato i due registri. Il tono volutamente burocratico della seconda parte l’ho pensato per togliere qualsiasi rischio di retorica e per descrivere l’epilogo da una diversa, inconsueta visuale.

  6. Grazie anche a Patrizia per il giudizio positivo espresso.

  7. Bello davvero. Semplice e diretto, tenero e spietato. Ben scritto.

  8. Mi piaci come descrivi un tempo ormai perduto, ma che ancor oggi ha rimandi attuali… e anche le tue descrizioni colpiscono, perché sembra di essere lì, dentro quella storia. Ecco, quella sì che si può chiamare descrizione!

  9. Ringrazio Sergio per il contrasto evidenziato e Marta per l’apprezzamento delle descrizioni.

  10. Hai curato molto anche i dettaglia, tenendo la forma di quel tempo… cosa ti ha ispirato? Comunque complimenti ancora!

  11. Grazie ancora Marta. L’ispirazione della storia, totalmente di fantasia, mi è venuta, come già detto, dalla lettura di alcune sentenze di Tribunali Militari.

  12. Sai, la cosa che può colpire di più… è quanto ancora questa tema può essere attuale, non trovi’

  13. Lo stile della seconda parte è quello freddo e asettico dei tribunali, in aperto contrasto con quello più malinconico e intimo della prima parte. L’accostamento dei due registri stilistici funziona così come funziona la storia. Un viaggio in un passato, nemmeno tanto remoto, in cui la vita delle persone era nelle mani di menti folli, senza pietà e scrupoli, indifferenti alla vita quanto all’amore… Complimenti. Davvero una buonissima prova. Sarei curioso di conoscere il tuo parere sul mio “La torretta di guardia”

  14. Complimenti a tutti i vincitori.
    Mi sia concessa però una riflessione a margine. Anch’io sono rimasto perplesso davanti a certe esclusioni. Mi riferisco in particolare ai racconti di Ottavio Mirra e di Sergio Sessini, che, a mio modestissimo avviso, erano decisamente superiori per intreccio, tecnica narrativa, originalità stilistica, fantasia di immagini e definizioni, ma anche sintassi e ortografia (elementi non certo secondari), ad alcuni racconti vittoriosi.
    Ritengo che in un concorso basato sullo scambio dei giudizi dei partecipanti, il giudizio della commissione, certamente insindacabile, non debba mai rimanere occulto, ma debba sempre manifestarsi, non solo per ovvie esigenze di trasparenza, ma anche perchè, in teoria, è il giudizio più importante.

  15. Caro Alessandro, il tuo ottimo racconto mi era sfuggito. Prima di tutto ti ringrazio degli elogi, ma la giuria è giuria e va bene così. Tornando al tuo racconto l’ho trovato molto bello, scritto bene, lineare, scorrevole. La storia, che sembrava avere il suo epilogo malinconico e stanco con Antonio che esce dalla chiesa ha, invece, ingranato la marcia e spiccato il volo con il rapporto del Procuratore del Re. Mi ha ricordato, per il linguaggio burocratico, che nella sua inespressività è talvolta comico, e per l’esattezza delle espressioni, alcuni passi di Camilleri, ad esempio ne ” La concessione del telefono”. Costruire tutta la storia sulla censura militare e scoprire le carte solo alla fine, è stata una trovata, un’intuizione letteraria di notevole spessore. Bravo davvero e complimenti

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