Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Milano. Un racconto di città ancora possibile” di Stefania Pavesi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Il mattino, converrete con me, dovrebbe essere una cerimonia solenne di sacre lentezze, a metà tra il sonno e la veglia, un luogo fragile e sabbatico di gesti essenziali e immacolati, primitivi, coronati solo da rare e ungarettiane sillabe se non dal silenzio più ermetico; tuttavia la realtà tradisce spesso il sogno e così può accadere che, alle prime ore del giorno, lo squillo prepotente del telefono vìoli in un malaugurato lampo il santuario del mattino, rompa la sua gestualità muta e geometrica, irrispettosamente profani il Parnaso e, con lui, il religioso rito del caffè…
Quando rispondo, dall’altra parte della cornetta l’amica milanese mi ammonisce per la mia latitanza così io mi cospargo generosamente il capo di cenere prima di consegnarmi ai suoi rimproveri e imboccare poi la via dell’espiazione proponendole un ruffianissimo pranzo in centro; l’amica (sospettosa) accetta a patto che io prometta di presentarmi a lei vestita di cilicio come il giovane Ignazio di Loyola di fronte ai gesuiti.
L’indomani Milano (che in genere sa come capovolgere un risveglio promettente) ci regala una tarda mattinata di sole pallido, ci sorprende con un cielo così imprevedibilmente terso che quasi non mi pesa appoggiarmi ai suoi marmi freddi, nell’attesa passeggiare per via Pontaccio (dev’essere qui che Calvino ha tratto ispirazione per le sue Cosmicomiche), che quasi tollero la vista della scritta “Expo” persino tra gli scaffali dei discount. Mi scopro a indugiare con lo sguardo tra le salite e le discese delle guglie aguzze del Duomo, a soffermarlo pensierosa sui fili d’erba più impavidi che s’insinuano tra i binari arrugginiti e i ciottoli, a posarlo divertita sui profili di cani frastornati dall’ora di punta e dai primi indizi di una primavera che si fa largo tra le stagioni con i suoi profumi dolciastri e desideri voluttuosi, come una sorella affettuosa e scarmigliata che torna da un lungo viaggio con tante storie da raccontare e un bagaglio pieno di doni…

Giunta l’amica ci rifugiamo assieme nel primo ristorante avvistato sulla strada, e qui veniamo al punto. Due innamorati, francesi o forse belgi, entrambi sulla sessantina si siedono al tavolo di fronte al nostro e prima di accomodarsi ci salutano con un sorriso educato. Lui altissimo, viso serio ma buffo, cappotto di cammello, capelli bianchi e lunghi raccolti in una coda misera; lei sportivissima, capello corto e d’un audace arancione, enormi occhiali tondi posati sul naso microscopico, mani affusolate e grigie. Sprigionano un odore terreo ed energico di legno umido e freddo, di bacche di ginepro, credo sia patchouli.
Arriva la cameriera, lei indugia parecchio scorrendo l’indice bislungo su e giù per il menù dei primi e infine ordina una carbonara senza uova (ma come si fa?), lui, deciso, rigatoni all’amatriciana. Da bere un discreto vino rosso sfuso. Si dicono parole veloci e piene di erre, morbide e mormorate, quasi un silenzio, mentre i commensali attorno chiedono alla cameriera più sale, più pepe, più olio, un’altra bottiglia di acqua frizzante, un quartino di bianco (secco però!), gesticolano, urlano, scusi ma per il bagno? Loro invece immobili, serafici, fuori i centri commerciali traboccano di musiche grottesche e commenti inopportuni, i conducenti di autobus insultano quelli di taxi, quelli di taxi offendono gli automobilisti, gli automobilisti se la prendono con i pedoni e questi ultimi si rifugiano in bar in cui già abbondano i pedoni insultati precedentemente e tazzine, piattini, limoncelli, toasts. I ciclisti come sempre hanno la meglio. Tutto sembra lasciarsi conquistare dal chiasso, sopraffare dalla baraonda, fagocitare e perdersi nella bolgia, ma non quei due colombi al tavolo accanto con i loro gesti eleganti e premurosi, i loro sguardi colmi d’amore e pudicizia…anche se non se la tirano, io li immagino viaggiare per il mondo in first, alloggiare nelle suite più lussuose e ai figli al telefono raccontare: “Ah che fascino l’Italia! L’Elba, il Vittoriano, la Vernaccia, Otranto, Pompei, Murano…ma no, torniamo presto, ci mancano troppo le escargot e la nostra tenuta a Nantes..!”.
Giunge la cameriera coi primi fumanti, poggia i piatti, i coniugi li spostano al centro del tavolo così che ognuno possa assaggiare da quello dell’altro, le loro forchette si incrociano. Nel frattempo io e l’amica riceviamo la nostra pietanza clamorosamente fuori luogo e fuori stagione: puntarelle alla romana e focaccia bianca…vabbè, ma quello ha ordinato l’amatriciana a Milano!! E poi che cos’è la carbonara senza uova?!?
Arriva il momento del conto (i loro secondi me li perdo perchè finalmente comincio a farmi i fatti miei): lei fa per afferrare la borsa, lui garbato la ferma come fosse il primo appuntamento, paga, lei lo ringrazia con un cenno timido, si alzano, ci salutano e si prendono per mano, così li guardiamo allontanarsi di certo ignari del fatto che, nel tempo veloce di un pranzo, hanno riscritto i finali di Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca, Ettore e Andromaca, hanno sconvolto la letteratura di Rostand (Rossella sposa Cyrano e Cristiano è testimone di nozze), Shakespeare (Giulietta si sveglia prima che Romeo porti alle labbra il veleno), Bronte (Cime tempestose non è mai stato scritto!!), nonostante il chiasso dei tavoli accanto, il tintinnare di posate e bicchieri, frotte di turisti tedeschi che rincorrono i piccioni in Duomo, il ferraglioso sfrecciare del metrò. I due insospettabili amanti ribaltano il destino di Tristano e Isotta e l’amore vero e felice esiste malgrado l’assalto ai saldi, le musiche grottesche, il nostro goffo e incessante gesticolare…

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2 commenti »

  1. L’amore è sopra ogni cosa…è l’essenza del Creato!

  2. schietto ed elegante linguaggio poetico per la descrizione di una gemma in un inferno metropolitano tanto riconoscibile. Le interiezioni metaletterarie mi sono sembrate un po’ forzate, ma comunque complimenti per il tuo stile.

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