Premio Racconti nella Rete 2015 “Evasi” di Liliana Paisa
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Evasi dal carcere di carta i due personaggi, seduti sulle ombre, riflettono: “Abbiamo il carcere dietro le spalle ed il mondo davanti, cosa si fa adesso?” disse quello che sembra essere il personaggio principale. “Sei tu il più amato dall’autore, non puoi chiedere a me, guardami, sono insignificante, si può dire che sono fatto degli scarti dei tuoi difetti, delle tue qualità. Io ti ho solo aiutato ad evadere, l’autore non si accorge di me, ma di te non può fare a meno..”
“Strano, adesso che siamo davanti alla libertà, non sappiamo cosa fare, ci spaventa tutta questa dimensione. Dentro, la libertà era un’ossessione ed adesso? Dobbiamo andare via prima che si accorgano dalla nostra assenza..” “Cosa vuoi fare, ti vuoi buttare nella miscela del mondo, per conoscerlo? Se vuoi questo dobbiamo proprio scappare via, il tempo è prezioso..”
Nell’aria si sentiva l’allarme dal carcere e tutta l’agitazione per la loro scomparsa. Si guardavano in silenzio e cominciavano a correre, a correre senza guardare dietro, l’allarme colpiva l’aria con il suo suono grave ed il grido delle guardie dava brividi. Mentre correvano il personaggio principale disse: “Dovevamo dare fuoco al carcere di carta, la carta brucia subito..” “Non potevi fare questo, il carcere di carta brucia ma, brucia anche la tua storia, cosa rimane, l’autore e tu uno sconosciuto a te stesso? Sarai sempre all’inizio, nell’attesa che l’autore ti dia una vita. E’ assurdo, adesso sei fuggito, vuoi conoscere il mondo, corri, anzi, dobbiamo farlo velocemente!”
Così i due protagonisti arrivano nel villaggio, ormai il carcere di carta era lontano e loro tranquilli, alloggiati nella cantina di una casa. Hanno cambiato i vestiti ed il loro look: capelli tinti, barba finta, vestiti di contadini. Nessuna guardia carceraria li poteva riconoscere, forse nemmeno l’autore in persona. Hanno cominciato una cosiddetta vita tra la gente del posto. Dopo una settimana ancora la gente non li guardava, non parlava loro.
“Siamo invisibili per loro” “Non credo, rispose il secondo, dobbiamo fare la prova della nostra visibilità, cercherò di avere una conversazione con loro” e cominciò a presentarsi alla gente. “Buongiorno, brava gente, io sono uno di voi, mi permettete di presentarmi: mi chiamo….” e si fermò, non si ricordava il suo nome. “Ehi, ti ricordi il mio nome? Quel maledetto autore l’ha cambiato tante volte, quale era l’ultimo?” “Ma, che ti interessa, scegli tu uno che ti piace!” “Hai ragione” disse e si rivolse alla gente che guardava senza espressione: ”Io mi chiamo Antonio”. La gente continuava il suo flusso energetico senza guardare. “Ehi, perché mi ignorate, sono come voi!” gridò il personaggio, “ho un nome, ha una vita, ehi, mi sentite, mi vedete?” correva dietro alla gente gridando. Nessuna reazione, la gente non lo vedeva, non lo sentiva. Un anziano del gruppo si fermò e guardò dicendo: “non ti possono vedere, sei un personaggio, sei visibile solo al tuo autore e ad alcuni personaggi. Io ti posso vedere e sentire perché sono un personaggio come te e come te sono scappato via anche io e sono diventato l’autore di me stesso, della propria storia. La libertà che cerchi non è mai la libertà, è sempre un carcere di carta, ma diverso perché hai la forza di cambiare la libertà di diventare in ogni momento quello che vuoi. La storia scritta è sempre lì e l’autore aspetta finche la vita chiude gli occhi”.
Rimase in mezzo alla piazza, ferito e deluso dalle parole di quell’anziano.
“Ehi, cosa è successo?” chiese il suo compagno di avventura , “ehi, alzati, andiamo in un altro posto, il mondo è così grande, via, qui non sono capaci di vederci perché sono limitati nella loro cultura, vieni!”
Un altro posto, altra gente, altre storie e la loro libertà sempre invisibile per gli altri. Per mesi hanno viaggiato, ormai stanchi si sono fermati in una città al nord del paese..
“Questo posto mi sembra così conosciuto” disse il personaggio principale, “queste strade, questi palazzi, io li ho visti; cosa succede?” “Niente, niente, è la tua fantasia, cominci a diventare quello che vuoi, stai perdendo le caratteristiche che l’autore ti ha dato”..
“No, ti dico, sono stato già in questi posti, guarda quella casa ! Ho abitato lì, vieni, ti dico tutto su questo posto. Guarda, c’è una scala a sinistra del salone, porta nelle stanze, sono 4 stanze al primo piano, dai, vieni, suona al campanello! Dobbiamo controllare queste cose, vieni, suona, dai, inventa un motivo della nostra presenza qui!”. Si fermò davanti al cancello, una donna di mezza età si affacciò alla finestra, “chi siete?” chiese la donna con la voce grave. “Siamo volontari, dobbiamo fare l’intervista per la qualità di vita nelle città, può darci un po’ del suo tempo per questo?” La donna aprì. “Ei, lei ci vede, allora siamo diventati visibili o, cosa succede?” “Zitto, adesso dobbiamo entrare” e con l’entrata nella casa la loro vita cambiò, quella casa era esattamente come la descrisse lui, si ricordava qualsiasi fragranza di quel profumo, qualsiasi oggetto, angoli, emozioni, ricordi, tutto in una miscela che avvolse la mente.
I personaggi sono arrivati nella casa dell’autore e così l’autore li riportò nel carcere di carta, dove la libertà è quella della loro storia. Nel carcere di carta dove i muri sono fatti di parole, e le celle di silenzi.
I due personaggi guardavano la luna e la loro nudità riflettere sulla libertà. “Fuori dalla nostra storia siamo invisibili, evasi dalle nostre identità ritorniamo sempre dall’autore a chiederne un’altra se non proprio la sua identità.”
“Ehi, caro autore, tu, guardia di questo libro, quante volte hai portato il nome dell’ evaso prima di essere veramente libero?”
L’idea su cui è basato il racconto è originale ed ha un retrogusto romantico.