Premio Racconti nella Rete 2015 “Gli sfiorati” di Valeria Lacarra
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015ANDREA
*Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto…
Quei percorsi di terra e foglie scivolose, ai margini della strada, Andrea li scoprì una notte, in cui la musica dell’autoradio non aveva abbastanza eco e non riusciva a coprire tutto il casino che aveva nella testa.
Si era fermato sul ciglio del bosco, aveva spento i fari ed era rimasto per un po’ in macchina a decidere il da farsi. La notte fuori era calda come lo era stata la sera prima e quella prima ancora.
In quel luglio le piogge arrivano la mattina e poi si ritiravano insieme alle nuvole quando ormai il tramonto era finito.
Nessuno ricordava un’Estate così esitante e allo stesso tempo testarda nel suo andirivieni di acqua e caldo afoso.
In quella prima notte nel bosco, Andrea non si era spinto molto oltre quello che poteva immaginare ci fosse in mezzo agli alberi. Però aveva dato un nome a quel posto così come aveva dato un nome a tutti quei luoghi che lui e i suoi amici scoprivano per caso quando erano annoiati o fumati.
C’era tornato il giorno successivo quando l’odore del terreno bagnato era così penetrante che gli si era attaccato addosso e non era riuscito a toglierselo dagli abiti neanche arrivato a casa.
Sulle gambe le punture d’insetto avevano disegnato costellazioni pruriginose che Andrea aveva grattato senza successo.
Nonostante tutto, quel posto era diventato il suo preferito e per un po’ aveva deciso di non parlarne con nessuno.
Questo anonimato gli garantiva una sensazione di onniscienza che in quel periodo, in cui si sentiva sempre un po’ fuori da quello che c’era “intorno”, diventò indispensabile per guardare le situazioni con una certa distanza e affrontarle come se lo sfiorassero soltanto.
La verità era che la prima volta Andrea aveva un segreto tutto suo e che probabilmente, nella sua originalità, era un tipo di segreto che non aveva nessun altro.
In paese i luoghi abbandonati, inquietanti o semplicemente inviolabili, venivano scoperti in gruppo e diventavano patrimonio di chi c’era stato la prima volta. Un po’come quando i cani, pisciando, marchiano il territorio.
Andrea invece l’aveva marchiato da solo quel posto, senza nessun branco con cui dividere il bottino o che gli guardasse le spalle.
Per un po’ la cosa gli piacque. Andava nel bosco a leggere di giorno, a fumare di notte. C’erano state delle sere in cui il buio e il fruscio del vento fra i rami lo avevano spaventato ma era riuscito sempre a trovare il sentiero per tornare sulla strada e rientrare a casa.
Raccontare a Miriam del bosco gli era venuto naturale.
Miriam aveva una pelle liscia e abbronzata nei posti giusti e ad Andrea questo piaceva, come gli piaceva che i ricci scuri della ragazza gli sfiorassero il viso mentre sfrecciavano in macchina sulle strade di campagna.
MIRIAM
*…Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami…
In piedi davanti allo specchio, per l’ennesima volta Miriam si circondava le spalle con le braccia, immaginando che qualcuno la stesse abbracciando.
Non ci credeva ancora, ma era riuscita in un inverno a occupare meno spazio di quanto ne avesse mai occupato prima, a sentire al tatto le ossa delle spalle, a vedere quelle stesse ossa incurvarsi sullo sterno.
Dovevano sentirsi così le ragazze magre, così leggere, fluttuanti, incredibilmente adeguate.
L’estati precedenti al mare, Miriam nascondeva la pancia con le braccia, sempre all’altezza del busto come una muraglia.
Sua madre le diceva che non doveva vergognarsi, ma per Miriam non si trattava di semplice imbarazzo per il suo fisico sformato, per lei quella pancia rappresentava la paura.
A volte aveva timore che fosse così grossa da non passare tra due macchine, o che con la sua pancia andasse a sbattere e facesse qualche danno.
L’essere ingombrante la faceva sentire terrorizzata da se stessa.
Ora lo specchio le restituiva quell’abbraccio e anche una paura meno intensa, affievolita dai chili persi e dal fatto che lei ed Andrea fossero diventati inseparabili.
Non si ricordava esattamente il momento in cui Andrea l’aveva scelta e non era neanche sicura che si trattasse proprio di una scelta.
Aveva avuto la sensazione che loro due, in qualche modo, per chissà quale ragione avrebbero dovuto occupare lo stesso spazio in un preciso lasso di tempo.
Strinse gli occhi per cancellare l’imbarazzo di quel pensiero, sciolse l’abbraccio e si vestì in fretta, voleva mettere la camicia a fiori che piaceva tanto ad Andrea ma non la trovò. Il clacson dell’auto del ragazzo strombazzò poco dopo sotto la finestra della sua camera.
SONNY
*…C’è un vento che ti giunge…
Il primo, dopo Andrea e Miriam, a scoprire il bosco fu Sonny.
Il perché di quel nome in un paese di diecimila abitanti nel cuore della Puglia, era una delle tante leggende che si sussurravano tra i vicoli più stretti e i muretti a secco.
I ragazzi del paese tendevano a ignorarlo o a prendersi gioco di lui, ma non era divertente se a Sonny non importava e a lui non importava.
Quello che accadeva intorno al suo corpo curvo e minuto, era solo aria da attraversare con passo lento e spesso oscillante.
L’estate in cui Andrea scoprì il bosco, Sonny scoprì quel sottile piacere nel seguire lui e Miriam.
Li seguiva a piedi, a qualche metro di distanza. Quando Miriam usciva in macchina con Andrea, lui li seguiva in bici, accelerando persino nelle salite più ripide pur di starli dietro.
A Sonny le ragazze non erano mai piaciute, troppo frivole o inavvicinabili per uno strambo come lui.
Miriam invece, una volta gli aveva persino sorriso.
Una mattina, il ragazzo l’aveva seguita nel tabaccaio del paese, si era messo in fila dopo di lei, ne aveva sentito il profumo dolce e aveva studiato il modo in cui i capelli di lei si scioglievano sulle spalle piccole, nude e leggermente abbronzate.
Uscendo la ragazza aveva incrociato il suo sguardo e gli aveva sorriso, Sonny ne era sicuro, la curva delle sue labbra era sicuramente un sorriso.
Quell’estate Miriam passava le sue giornate a casa con sua madre o con Andrea.
Sonny riusciva, arrampicandosi un po’ su un muretto a vedere la stanza di Miriam, con le pareti azzurre e i quadri di mare.
Quando la ragazza usciva con Andrea, Sonny era sempre con loro.
Quel pomeriggio, per arrivare al bosco, il ragazzo dovette pedalare più forte del solito, arrivò sulla strada in cui l’asfalto si buttava nel terreno, con un fiatone incredibile, le mani e la fronte sudata.
Buttò la bicicletta a qualche metro di distanza dalla macchina e si accovacciò in mezzo agli alberi finché non li vide imboccare il sentiero.
Aspettò qualche minuto, poi decise di seguirli.
IL BOSCO
*…Cose secche e rimorte
t’ingombrano e vanno nel vento
Membra e parole antiche…
Sonny seguì Andrea e Miriam per un tratto, sentiva la ragazza ridere alle battute di Andrea e il rumore delle foglie accartocciarsi sotto i loro piedi.
Quando i due ragazzi raggiunsero il campo di grano, Sonny li guardò camminare in mezzo alle canne alte, poi diede loro le spalle e s’inoltrò nel bosco, dove la luce del sole era solo uno spiraglio in mezzo alle foglie degli alberi.
Tra un cornicione di rocce e il sentiero, c’era la sua creatura.
Il vento aveva spostato un po’ il busto dello spaventapasseri ma la parrucca di ricci scuri era ancora al suo posto.
Sonny aprì lo zaino e tirò fuori la camicetta a fiori, la strinse tra le mani poi se la portò al naso e fece un lungo respiro.
S’arrampico sui massi lisci e scivolosi, appendendosi alle fronde che gli sembravano più stabili.
Vestì lo spaventapasseri con cura, prima una manica e poi l’altra.
I rami che fungevano da braccia li aveva scelti più flessibili, così si piegarono facilmente quando li infilò nella camicetta.
Si allontanò di qualche passo perché aveva gli occhi lucidi e aveva lo sguardo annebbiato. Sfiorò con la mano le maniche che sventolavano come banderuole, sembrava cercasse una mano di carne alla fine di quel braccio di vento.
Miriam ed Andrea sedevano, uno accanto all’altro, su una roccia.
Il campo dorato sibilava come se un gigante ci soffiasse in mezzo.
Ingombravano quello spazio in mezzo alla natura aspettando un tramonto senza pioggia.
Andrea aveva la pelle d’oca, i peli biondi sulle braccia affioravano dall’abbronzatura e sfioravano la pelle di Miriam.
Sfiorarsi per caso faceva parte della vicinanza del loro rapporto, sempre in bilico tra lo stare insieme e il mancarsi.
Andrea si mantenne con le mani un ginocchio, piegato sotto il mento e ci appoggiò la testa.
Miriam aspettò che accadesse qualcosa, che lui si muovesse verso di lei ma rimase immobile e Miriam lo accettò.
Vado a fare una passeggiata disse alzandosi.
Andrea non aveva detto nulla per trattenerla con lui e questo pensiero la distrasse, per un po’ camminò senza guardare dove metteva le scarpe.
Il bosco diveniva più fitto ma c’era sempre un dettaglio che riconosceva dall’escursioni precedenti e che la rassicurava.
Quando sentì l’eco del suo nome provenire da qualche parte in mezzo al bosco, pensò che Andrea la stesse cercando. Sorrise e seguì la voce.
Sonny la stava aspettando, aveva urlato il nome di Miriam un paio di volte ma sperava che il vento non avesse trascinato la sua voce chissà dove.
Miriam seguì la voce fin quando riuscì a sentirla rimbalzare fra gli alberi, quando la perse aveva appena imboccato un sentiero in cui non era mai stata.
Camminò per un pezzo di strada in cui il fango esiccato dal sole si sbriciolava sotto le scarpe poi vide una figura di spalle.
Sonny aveva infilato le braccia nelle maniche e abbracciava il manichino di Miriam con i polsi intrecciati dietro il collo di legno.
Si alzò sulle punte dei piedi per essere alla sua altezza.
La ragazza dietro di lui, rimase impietrita: riconobbe la sua camicetta, i ricci scuri e quell’abbraccio grottesco.
Tutto era così surreale che pensò di essere finita in un sogno.
Indietreggiò di qualche passo, poi la voce di Andrea che la chiamava dalla strada, la svegliò di colpo, corse via senza guardarsi indietro. Andrea vide Miriam correre verso di lui, poi a un passo di distanza la ragazza si bloccò. Prese fiato per raccontargli quello che aveva visto.
Ti sei quasi persa il tramonto disse lui.
Miriam lo guardò e capì che forse aveva bisogno di un segreto per mantenere le distanze, così non disse nulla.
Andrea si appoggiò alla pietra e Miriam fece lo stesso, il campo di fronte a loro come il mare e il sole pronto a tuffarcisi.
Anche in quel momento Miriam aspettò l’abbraccio che aveva immaginato, ripensò al manichino e a quel ragazzo nel bosco.
Trattenne una lacrima nell’occhio destro, la seconda l’asciugò il vento sulla guancia sinistra.
Andrea non vide le lacrime e non vide neanche Miriam allontanarsi dando le spalle al sole calante e a lui.
Sonny attese Miriam fino a notte fonda quando pensò che la voce se l’era presa il vento.
Anche Andrea aspettò Miriam per un po’, non capì che ormai era lontana.
Il manichino di Miriam rimase lì, è ancora lì.
Il bosco non è più un segreto per i ragazzi del luogo, gli hanno dato anche un nome.
Si dice che sia un bosco magico, in cui il vento attraversa ogni cosa, la sfiora ma non trattiene nulla.
Nell’estate.
Trema soltanto.
*poesia in grassetto di Cesare Pavese.