Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Io ssono Elssa” di Serafina Di Nicola

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Elsa non aveva compagno o figli e non perché fosse stata “sfortunata” con gli uomini. Insopportabile e saccente, questi erano i veri motivi. Aveva trenta anni e come la maggior parte di loro si sentiva “sulla cresta dell’onda”. Lei era la più giovane del suo staff. I colleghi non la sopportavano ma lavorava in quell’ufficio perché era fin troppo servile e a tutti i capi piace essere compiaciuti. Elsa aveva svolto un tirocinio universitario nell’ufficio immigrazione di un Comune del Nord-Est e poi c’era rimasta con un contratto a progetto. Era laureata in Psicologia e questo le sembrava avere il passepartout per giudicare tutto e tutti. I colleghi, ormai navigati nel settore, erano diventati semplici esecutori delle scelte del capo e non intervenivano davanti a evidenti ingiustizie o sprechi di denaro pubblico. “Fa bene tutto” continuava a ripetere quando i colleghi cercavano di farle riaffiorare un dubbio sul capo e ormai si erano arresi all’idea che la signorina volesse fare carriera sulle loro spalle.

Elsa aveva sempre da dire e ridire sul lavoro dei colleghi. Nessuno si salvava dalle conclusioni da donna “so tutto mi”. Era preparata in ogni settore: contabilità, amministrazione, traduzioni e inserimento lavorativo; ma anche sui discorsi futili: ricette, prodotti per la casa, gestione dei figli, moda o vacanze. Lei alla medicina tradizionale preferiva l’omeopatia e quando qualcuno in ufficio ingoiava disperatamente un Moment, iniziava a elencare tutte le controindicazioni del farmaco. Era una vegana estremista e le ricette a base di carne o pesce erano bandite nelle quattro mura dell’ufficio. “Ssiete dei cannibali, ecco cossa ssiete. Non conosscete le ssofferenze di quelle povere besstie”. In merito a ciò una collega affermò che lei aveva diversi amici vegani e non erano così “stressanti”. I suoi amici erano arrivati ad abbracciare la cucina vegana dopo un cammino di consapevolezza. Elsa dava quasi l’impressione che fosse vegana solo per bastian contrario verso l’Universo onnivoro oppure perché fosse chic esserlo. Nelle riunioni dello staff oltre al capo parlava solo lei, di com’era stata brava in quello o in quell’altro. Il capo approvava il suo comportamento, anche perché Elsa lo riempiva di manicaretti vegani, aggiungendo “Ho finito ieri ssera molto tardi, per te quessto e altro”, con un sorriso da oca giuliva.

Di oca giuliva aveva solo il sorriso. Era costretta ad andare in giro con leggings neri e canottiere o maglie vaporose per coprire il grasso. Capelli neri e ricci facevano cornice a un viso brufoloso, dove emergeva un naso importante. Aveva anche un leggero difetto di dizione quando pronunciava la lettera “S”, che le aggravava maggiormente l’indole, da essere viscida. In tre mesi che lavorava, non era mai mancata né un giorno di ferie né un giorno di malattia, l’omeopatia dava i migliori frutti con lei.

Nella riunione per organizzare le ferie del personale, lei disse “Io dovrei accompagnare mia zia in Crociera nei Caraibi. Avrei bissogno di un messe, ssempre sse è posssibile” “Elsa, come faremo senza di te? Ma non ti preoccupare, meriti una vacanza così” rispose il capo. Alla notizia della Crociera si sentirono tutti sollevati. I colleghi speravano che sulla “Love Boat”, così sarebbe stata ribattezzata la nave, la donna trovasse l’anima gemella che la portasse via. “Porterò a ognuno di voi un penssiero e tornerò più entussiasta di prima. Non preoccupatevi” disse il giorno prima della partenza, “E chi si preoccupa” rispose una collega.

Dopo dieci giorni di navigazione ci fu un incendio a bordo. La notizia fece il giro del mondo: morti, feriti e dispersi. La zia di Elsa era nella prima lista, lei nell’ultima. Il capo entrò in ufficio urlando “Avete sentito? Povera, ma lei si salverà, sicuro. Le sue prime ferie. Oh Signore, che tragedia!”. Al telegiornale annunciarono che l’incidente era avvenuto in prossimità di un arcipelago e che forse qualche disperso potesse arrivare fin lì. Si sarebbero, dunque svolte delle ricerche. In ufficio erano convinti che Elsa fosse su una di quelle isole.

Dopo quattro giorni furono intercettati sei naufraghi, apparivano abbastanza debilitati, sorridenti ma salvi. Un naufrago durante un’intervista alla Cnn disse “Siamo approdati su una spiaggia, dopo un paio di giorni abbiamo pensato che era meglio perlustrare l’isola per trovare maggiore riparo o presenza d’insediamenti umani. Eravamo in sette. Abbiamo messo ai voti la decisione ma una donna italiana si è rifiutata di muoversi, continuava a ripetere che lei era come Robinson Crusoe. Siamo stati costretti a lasciarla sulla spiaggia”. Oddio è salvaesclamò una collega mentre guardava la televisione. L’intervista continuava “Ma come avete vissuto in quei giorni?” e il naufrago “Abbiamo mangiato cocco e pesce, anche se eravamo costretti a mangiarlo di nascosto” “Perché?” incalzò il giornalista “Perché la donna italiana era vegana e quindi ogni volta che pescavamo e cucinavamo un pesce, eravamo costretti ad ascoltare monologhi sulle barbarie degli uomini, potevamo mai litigare nella nostra condizione?”.

Sui social network iniziarono a nascere pagine in onore della donna italiana vegana, che nonostante la sua situazione era rimasta coerente ai suoi principi in barba ai naufraghi stranieri. Si parlò di orgoglio italiano e di come la donna si sarebbe salvata mangiando anche solo cocco. Qualcuno fece anche un test dal titolo “Sei vegano fino alla fine?”. Qualcuno invece mise nei banner annunci come questo: “La dieta del cocco. Perdere 10 kg in quattro giorni”. Tutti pregavano per lei, era diventata un simbolo e in ufficio la cosa non piaceva affatto. L’Universo si stava muovendo in favore di Elsa.

La salma della zia era rientrata in Italia e tutto lo staff partecipò al funerale. I genitori di Elsa erano seduti nei primi banchi in chiesa, ma solo il capo si avvicinò per rincuorarli “Tornerà ne sono sicuro. Tutti vogliamo che torni da noi”. I colleghi erano dell’idea contraria, aspettavano tutt’altra notizia e la notizia finalmente arrivò.

Alla fine delle perlustrazioni la squadra di salvataggio trovò Elsa, morta. Il giornalista azzardò l’ipotesi a dire che la causa della morte potesse essere rinvenuta nell’assunzione di troppo cocco e subito si scatenò la polemica, tutta italiana, sui social network. Il giornalista della Cnn fu coperto di deplorevoli insulti e il mondo delle battaglie da salotto pretese dallo Stato Italiano un’autopsia sul cadavere, per capire le vere cause del decesso e per mettere a tacere le opinioni da oltreoceano. Intanto in ufficio non interessava il risultato dell’autopsia. La notizia era arrivata!

L’esame autoptico rilevò che era morta per aver baciato una rana velenosa. Povera Elsa chissà se pensasse a un miracolo, oppure voleva un Venerdì per amico? In fondo non si può essere preparati su tutto e specialmente sulla fauna di sperdute isole caraibiche.

In ufficio qualcuno giurava di aver visto nascere un ghigno su uno o più visi. L’unico disperato era il capo che continuava a scuotere la testa e dire “Povera ragazza. Che fine orrenda” mentre alle sue spalle s’iniziava a prendere visione di qualche Curriculum Vitae. Questa volta però di uomini non psicologi e alla voce “interessi” che non ci fosse scritto “cucina vegana”.

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