Premio Racconti nella Rete 2015 “La navicella” di Valeria Lacarra
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015E’ un boato che parte dalle viscere delle piastrelle del bagno.
Lo so che viene da lì.
Vibra nel mio cuore e scuote il corpo di mia madre in cucina.
Mi piace guardarla, ferma, davanti al lavello, mentre l’acqua scorre e i piatti sbattono tra di loro, è una musica di oggetti.
Le mani di mia madre sono sempre bianche e profumano di limone, sotto l’acqua sono velocissime, e mentre il boato sembra farla tremare tutta, le sue mani invece seguono precise lo sporco sui piatti e lo cancellano via come una gomma su un foglio di linee disegnate a matita.
Non si accorge del boato, è dentro un oblio impregnato di limone.
L’odore di detersivo mi ricorda la casa al mare del nonno, con l’albero di limoni in giardino, dove mia madre e mio padre mi portavano da bambina e che a un certo punto, nell’anno in cui mio nonno se ne era andato, era svanito dai miei ricordi.
Mi raccontarono che se l’era portata via, che ci era entrato per l’ultima volta e come un astronauta nel suo shuttle era partito lontano.
Anche quando mia madre non lava i piatti sembra non accorgersi delle cose che le accadono intorno.
Non si è accorta, per esempio, di quando mio padre ha cominciato di nuovo a fumare, di notte, sul balcone della cucina.
– E queste cicche? – ha detto una mattina, spazzandole fuori dal balcone, sul bucato steso al piano di sotto.
Ha interrogato mio padre che è rimasto zitto e ha continuato a bere il suo caffè, sfogliando il giornale, poi ha guardato me e io mi sono sentita responsabile come se quelle sigarette le avessi consumate io.
Ho abbassato lo sguardo e mi sono presa la colpa.
E lei ci ha creduto.
Ora il rombo è più forte.
Torno in camera mia e mi stendo sul letto a pensare ma il boato copre persino i pensieri che sussurro ad alta voce per farli sembrare più reali.
Sento mia madre che sistema i fornelli, l’acqua ha smesso di scorrere.
Le griglie in ghisa sbattono fra di loro, sono suoni metallici e senza calore.
Intanto il boato è scandito da pause in cui il fragore è più ovattato, e in queste pause penso che dovrei scrivere a mia madre, dovrei scriverle un messaggio prima di mettermi in viaggio.
Ho sempre pensato che gli ultimi messaggi hanno qualcosa di inesorabile e che è un po’ patetico pensare che qualcuno voglia leggere o sentire le ultime parole di una persona che ha deciso di andarsene.
Esco sul balcone per sfuggire un po’ al boato e mi chiedo come si sentano gli uomini e le donne, in cravatta e tailleur, che vedo muoversi in mezzo alle scrivanie degli uffici del palazzo di fronte.
Se dall’altra parte degli auricolari in cui parlano gesticolando, ci sono voci che li istruiscono per le loro missioni.
Si muovono ma non vanno da nessuna parte, rimangono in quelle stanze al neon, con i muri giallini e i computer sempre accesi. Senza via di fuga.
Io ho scoperto di poter fuggire via da questa camera, da questa casa e da questa terra, passando per caso davanti alla porta del bagno, in un pomeriggio in cui tutte le finestre erano bloccate dall’esterno, o almeno a me sembrava così.
Avevo fumato in un angolo della mia camera, tra la scrivania e la poltrona, e mi ero sentita così piccola rispetto a quello che avevo intorno.
La libreria mi sembrava un grattacielo, la scrivania una capanna con un tetto di legno chiaro e i vestiti, sparsi sul parquet, cadaveri di un’esplosione del mio armadio.
Sentivo il fragore del tram che passa ogni dieci minuti sotto la mia finestra e uno spiffero freddo sul collo.
Poi il salone si era riempito di una nebbia chiara che aveva invaso la mia camera e non mi faceva vedere al di là del mio naso.
Veniva dal bagno e diventava più fitta ogni volta che arrivava un boato a scuotere i mobili.
E in quel momento, tra le pareti di marmo celeste avevo scoperto la navicella e il suo manuale d’istruzioni.
Leggere attentamente il presente manuale e conservarlo con cura. Il presente manuale fornisce le informazioni sull’utilizzo della navicella.
“Cara Mamma” inizio a scrivere su una pagina strappata dal diario “Vorrei spiegarti per bene le motivazioni per cui sto andando via ma in realtà quello che posso dirti è che partirò in un viaggio senza ritorno. Domani ti sveglierai e non mi troverai più, immaginami in un posto caldo, senza vento o in una casa senza finestre.
Viaggerò verso luoghi in cui le parole che scriviamo durano il tempo di essere lette, ci assomigliano per un po’ e poi svaniscono nel nulla.
Intanto spero starai bene.
Ti voglio bene.
Valentina.”
Chiudo la lettera in una busta bianca e la lascio sul mio cuscino, insieme ai libri che non posso portarmi dietro.
Sto rileggendo il manuale quando mia madre passa dalla mia camera.
– Cosa vuoi per cena? – mi chiede; ha le mani ancora umide, il viso stanco e gli occhi infossati.
Rispondo che non ci sono per cena, lei annuisce solamente e va a sedersi davanti alla tv, alza il volume per coprire il boato insistente ma lo fa con l’inconsapevolezza delle persone che sono altrove.
Controllo l’ora ed è proprio il momento.
Apro la finestra della mia camera perché voglio che lo spazio che ho vissuto respiri un po’ della vita di fuori e non senta la mancanza del mio corpo.
Mi sembra che per un attimo la vita all’esterno della mia stanza si fermi per dirmi addio.
Sorrido al mondo fuori e do le spalle alla finestra.
Guardo il mio letto disfatto, i libri sul cuscino e la lettera per mia madre.
Serro le palpebre per non piangere ed entro in bagno.
Le istruzioni per partire sono semplici, le ho studiate attentamente. Tre semplici passaggi.
PUNTO 1: Aprire l’oblò, inserirsi nella capsula, chiudere bene lo sportello. Quando si usa la navicella per la prima volta, eseguire un ciclo di viaggio a vuoto: il ciclo a vuoto andrà effettuato con le coordinate azzerate.
N.B: L’efficienza della navicella dipende dalla determinazione del viaggiatore. Il viaggiatore deve inserire la motivazione del viaggio selezionandola sull’apposita manopola.
Avvertenza: non aggiungere più motivazioni del necessario.
Superare il dosaggio consigliato di entusiasmo e impulsività (indicato in stampatello sul retro dell’oblò) causa situazioni di panico o/e euforia.
Faccio un bel respiro e chiudo per un attimo gli occhi.
Li riapro e sbircio il manuale.
PUNTO 2: Tenere premuto il tasto di selezione velocità finché la velocità desiderata non verrà mostrata sul display.
Mi rannicchio ed entro nell’oblò.
Un profumo di ammorbidente mi fa sentire avvolta dalle coperte del mio letto, ed è bello partire così.
La centrifuga inizia a girare e io con lei, in un turbine colorato vedo: le piastrelle del bagno, l’accappatoio attaccato alla maniglia della porta, i flaconi di shampoo sulla mensola del lavello, lo specchio con la mia faccia riflessa che gira, gira, gira.
Chiudo gli occhi e sono in un tunnel, di occhi piccoli, di mani veloci e di pareti rosa.
Mi sento leggera e lontana, un puntino da qualche parte che cerca di non andare a sbattere con le stelle e con i pianeti.
Un’eroica pallina che fa impazzire le luci al neon di un flipper.
PUNTO 3: La navicella si fermerà automaticamente alla fine del ciclo di viaggio. Il simbolo “END” apparirà sul display. Aprire lo sportello e scendere a destinazione.
Sono dentro una navicella che su questa terra chiamano lavatrice.
Il resto è fuori.