Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Il mare e altre catastrofi” di Alessandra Scarpinella

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Stefano immaginava quella giornata con Giulia da parecchio tempo ormai.
Aveva poco più di vent’anni, era un ragazzo timido e sensibile e, forse, era già un po’ innamorato. Si erano conosciuti all’università.
Lei era una matricola di lettere mentre lui era già al terzo anno di ingegneria. Stava preparando un esame difficile e, studente rigoroso, si era concesso quella giornata di pausa solo dopo attenta riflessione e un al diavolo, ho voglia di rivederla.
Da futuro ingegnere, aveva programmato tutto fin nei minimi dettagli perché voleva che quel giorno fosse perfetto.
Sarebbe andato a prenderla a casa con la macchina dei suoi e l’avrebbe portata al mare in quel posto che conoscevano in pochi e che a lui piaceva tanto. Era una caletta ventosa, poco frequentata e un po’ selvaggia. Per questo aveva un che di quasi intimo che ben si addiceva alla sua natura estremamente riservata.
Però aveva anche la comodità di un chiosco che vendeva bibite, gelati e panini, gestito da alcuni ragazzi come loro. Era una cosa spartana: due tavolini, un tendalino da barca, qualche sedia di plastica.
Sua madre si era raccomandata che si portasse la crema solare ma era solo giugno e quindi non le aveva badato. A dire la verità, aveva lo sciocco pregiudizio comune a molti maschi che mettere la crema protettiva sia indice di scarsa virilità. Quindi aveva preso telo, ciabatte e occhiali da sole ed era andato.
Per la sera aveva già scelto il ristorante sul mare dove avrebbero gustato una bella cenetta di pesce, innaffiata da un vino bianco aromatico. Malgrado l’aspetto mingherlino, era un tipo deciso.

Giulia, sebbene più giovane, come tutte le ragazze, aveva già una certa maturità da donna in erba e aveva accettato l’invito di Stefano soprattutto per curiosità, perché con quel carattere taciturno, qualche volta lui le metteva un po’ soggezione.
Era simpatica, esuberante e spontanea e forse per questo gli piaceva, ma anche un po’ impacciata e seria e voleva capire cosa si nascondesse dietro l’alone di educato mistero di lui. Ancora non sapeva se il ragazzo le sarebbe potuto piacere, però aveva voglia di mare e con lui si sentiva tranquilla.
Bionda ed esile, occhi chiari e lentiggini, al mare finiva sempre per ustionarsi per cui si era munita di crema solare, cappello e camiciola leggiera a maniche lunghe. Contava sulla presenza di un bell’ombrellone e di un bar dove ripararsi dal sole durante le ore più calde della giornata.

Lui arrivò puntuale sotto casa sua. Una citofonata ed un quarto d’ora dopo erano partiti per Monterosso, la prima delle Cinque Terre.
Stefano la guardò con sorriso timido che gli si apriva lentamente partendogli dagli occhi. Un leggero bacio sulla guancia per salutarsi e poi avrebbe messo musica complice di sottofondo. Aveva preparato una cassetta per l’occasione.
Fece per aprirla ma si accorse di avere preso solo la custodia. Come inizio non c’è male, pensò irritato. “Che stazione preferisci, Giulia? Scegli tu” – le disse accendendo la radio e risolvendo con eleganza la situazione.
Lei fece finta di non accorgersi del piccolo incidente e selezionò Radio Babboleo che, a dispetto del nome, era divertente ma non totalmente demenziale.
“Dove andiamo?” – gli chiese poi.
“E’ una sorpresa. Spero proprio che tu non conosca il posto perché voglio fartelo scoprire ”.
Mentre imboccavano l’autostrada che da Genova li avrebbe portati a Levanto, Stefano vide che l’indicatore della benzina, che prima segnava un rassicurante metà serbatoio, era precipitato di colpo in riserva. Oh no, si è rotto di nuovo. Ma non lo avevano fatto riparare due settimane fa?
Il ragazzo calcolò che le 30.000 lire che aveva in tasca gli sarebbero bastate a malapena per la benzina per andare e tornare e per l’autostrada. Dopo di che, se anche avessero preso solo un panino ed una bibita al mare, sarebbe rimasto quasi completamente al verde per la cena al ristorante. Da gentiluomo qual’era si sentì morire.
Gli piaceva offrire tutto a una ragazza, come aveva sempre visto fare a suo padre.
Per lui era una forma di galanteria ma anche l’assunzione di un ruolo maschile tradizionale in cui si sentiva a suo agio.
Mise un po’ di benzina e pagò il pedaggio sperando nella buona sorte.
Giulia, intanto, cantava spensierata il brano che davano alla radio mentre lui, già poco chiacchierone, era ammutolito del tutto, impensierito dalla piega inaspettata che stavano prendendo gli eventi. Si limitava a guardare la ragazza ogni tanto e sorriderle.

Arrivarono alla famosa caletta che era quasi mezzogiorno e faceva già un caldo pazzesco.
Stefano, anche per la tensione accumulata durante il viaggio, era tutto sudato e si sentiva a disagio. Giulia ammirò la bellezza del posto con esclamazioni entusiastiche ma poi gli chiese ingenuamente: “Affittiamo un ombrellone?”
“Mi dispiace, Giulia, ma qui non affittano niente. E’ un posto quasi selvaggio; è proprio questa la sua bellezza. Non ci troverai mai famiglie con bambini, ma magari qualche coppia con un cane…”
“Ah” – fece lei, preoccupata, guardando il sole, che già iniziava a scottarle sulla pelle – “allora troviamo un posto un po’ riparato, se c’è. Mi aiuti a spalmarmi la crema sulla schiena?” Stefano si rilassò un attimo pensando che le cose non erano poi così disastrose.
Cercarono un posto dietro un masso e si misero in costume. Erano entrambi di un pallore preoccupante. Giulia era magra ma ben proporzionata. Era proprio carina, anche color mozzarella. Stefano evitò di sdraiarsi troppo vicino, per precauzione.
Ad ogni modo era giugno e si poteva anche buttare in acqua, se necessario.
La pelle di lei era dolce sotto le sue mani mentre la ungeva con una crema spessa quanto immaginava potesse essere il grasso di foca. Si passò il residuo di crema sul naso ma rifiutò drasticamente l’offerta di metterla anche sul corpo. Lei era ricoperta da una patina spessa che la faceva rassomigliare ad un fantasma traslucido, ma sembrava esserci abituata.

Dopo un po’ la temperatura, per vari motivi, aveva raggiunto il livello di guardia così si tuffarono. La differenza tra i loro corpi accaldati e il freddo dell’acqua di inizio stagione fu uno shock ma, nuotando, si stava quasi bene. C’erano solo loro due in quel mare calmo e pulito che brillava di scaglie di sole contro l’orizzonte. Si guardavano sorridendo. La ragazza fece qualche tentativo di conversazione per allentare la tensione e evitare così il preludio ad un’intimità per la quale non si sentiva pronta.
Poi si stesero al sole ad asciugare. La sabbia scottava sotto i loro piedi così fecero di corsa il tragitto fino al chiosco. Il tendalino riparava pochissimo.
Giulia si era messa la camicia a maniche lunghe e il cappello ma aveva già il naso rosso. Stefano, invece, era tutto rosso a parte il naso.
Si scolarono due coche ghiacciate e mangiarono due panini. Il piccolo gruzzolo del ragazzo si stava assottigliando paurosamente, dato che aveva anche dovuto pagare il parcheggio.
Rimasero fino alle sei, quando sulla loro pelle restava segnato il bianco del dito che ci premevano per fare la prova.
In macchina iniziarono ad avere i brividi, pelle che tirava dappertutto e, in alcuni punti, il tormento del prurito dell’eritema solare.
Malgrado cappello e crema, Giulia era scottata anche in faccia perché in acqua si era divertita a raccogliere i piccoli molluschi attaccati alle rocce, di cui il padre era ghiottissimo. Stefano soffriva in silenzio, ormai un vero crostaceo.
Nell’ambiente, surriscaldato, si stava diffondendo un fortissimo odore di pesce.

Nonostante questo e il loro aspetto da naufraghi, deciso a seguire fino in fondo il programma prestabilito- Stefano portò Giulia a cena in un locale affacciato sulla costa.
Prima, però, fu costretto a confessarle che non era sicuro di farcela con i soldi.
“Non ti preoccupare, ho qualcosa io” – lo rassicurò lei- ma, purtroppo, era ben poco.
Dopo due pizze e una bottiglia d’acqua gelata (ma con vista), ridendo a crepapelle ogni cinque minuti -non senza qualche fitta di sofferenza a causa delle ustioni- i due ragazzi presero la via del ritorno.

Si era fatto tardi e, com’era prevedibile, c’era anche la coda.
Sarebbe stato il caso di avvertire almeno i genitori della ragazza.
A questo punto Stefano si ricordò delle provvidenziali 3.000 lire di sicurezza che teneva sempre nel portafoglio. Uno sguardo all’indicatore, però, li persuase ad usare fino all’ultima monetina per mettere benzina.
Avrebbero risparmiato anche il pedaggio autostradale viaggiando sull’Aurelia, ma per telefonare non restava neanche un gettone.
La zona delle Cinque Terre li aiutò, consentendogli di mettere a folle per lunghi tratti mentre, a causa della tensione, in macchina gli unici a dare prepotenti segni di vita erano i molluschi.

Arrivarono a casa di Giulia che era quasi mezzanotte. I suoi genitori dovevano essere molto in ansia e lei scappò via dopo un saluto estremamente frettoloso.
La macchina portò miracolosamente Stefano fino a casa sua che era l’una passata.
La pelle gli era ormai esplosa.

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1 commento »

  1. Il racconto è gustoso, ha un suo ritmo e ricrea un’atmosfera, facendo ripensare a certe (dis)avventure del passato.

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