Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Su per le scale” di Federico Manzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Varcò quella porta come se non fosse mai entrato nella hall di un albergo, con il suo caffettano a righe, i sandali polverosi e quel suo turbante in testa.

Entrò con quell’alterigia, con quell’arroganza che esprimevano tutto il suo potere economico e sociale. Ma entrando si trovò di fronte a un uomo con la barba bianca e lunga, con due occhi che sembravan due pozzi pieni di braci che lo fece sentire piccolo con quel suo modo distaccato di guardarlo. Aveva infatti un’espressione che esternava un misto tra la pena e la rabbia. Aveva, quel portiere, una tale forza dentro a quel corpo vecchio come il mondo, che riuscì incredibilmente a farlo balbettare. Le parole che lui stesso pronunciò gli sembrarono sconosciute tanto fu schiacciato dall’immane energia che permeava quella sala…

Dove devo andare? Significava senz’altro quel suono che la sua bocca emise;  su per le scale rispose il portiere. E poi? Cercò di informarsi…. su per le scale è tutto quanto hai da sapere rispose quel vecchio, con quella voce roboante come il tuono di un vulcano.

Si avviò quindi, e salì, salì senza sapere perché finchè trovò una porta alla fine e seppe che era la sua, e vi entrò.

L’altro arrivò in smoking, con le sue guance rasate ed abbronzate, un po’ cadenti per quegli eccessi di cibo inutili per la sua vita; inutili come quel bastone intarsiato di gemme che portava, inutili come quegli eserciti che comandava, che a suo dire eran necessari, inutili come tutti i segreti che si portava appresso. E della futilità di tutto ciò ebbe conferma quando chiese al vecchio: dove devo andare? “su per le scale” rispose lui, e glielo disse con quel tono che ha una mamma quando manda un bambino in camera sua, glielo disse con un alito che sapeva di fumo e con una fiammata delle sue ardenti pupille che ridussero a cenere tutto ciò per cui aveva lottato tutta la vita, tutto ciò che aveva accaparrato  con il suo arrivismo, con i suoi sordidi complotti, con il suo essere immorale. Altro non poté fare che avviarsi su per le scale destinato ad una porta che avrebbe trovato nessuno sa quanto più in alto.

Fu il momento allora di quel signore mite, con quello starno cappello in testa, che guardò il vecchio con aria educata e sempre con gentilezza disse, in una lingua che avrebbe giurato di non conoscere: “scusi, dove devo andare?”

L’anziano portiere lo scrutò senza il minimo rispetto e disse nella stessa lingua: se dipendesse da me andresti altrove ma per adesso vai su per le scale. E mentre saliva sentì gli occhi di quell’agghiacciante vecchietto puntati nella sua schiena, sentiva ogni accusa che perforava la sua la sua giacca nuova, le sentiva come dardi infuocati che da quegli occhi crudeli si conficcavano dritti nel suo cuore senza sbagliare neppure un colpo.

Venne allora una donna con la pelle olivastra, arrivò scortata da mille ancelle profumate, ma quando si voltò, una volta entrata nella hall non vide che il vuoto dietro di se. I servitori che l’avevano venerata per tutta la vita erano scomparsi, i suoi umili schiavi avevano osato abbandonarla proprio nel momento in cui aveva più bisogno di loro. Pensava già alla frusta del boia quando una voce austera la fece trasalire… è da sola che devi proseguire adesso, la tua destinazione è su per quelle scale le disse quell’anima forte, vai e non ti voltare che te ne potresti pentire.

Giunsero in molti, ognuno con le sue particolarità, ognuno con le sue credenze, tra nuvole di profumo e stole di ermellino, ma anche vestiti di semplici stracci, arrivaron tutti al cospetto di quel vecchio terribile che li mandò tutti, ad un o ad uno, su per quelle scale.

Si ritrovarono in preda ad uno stupore senza precedenti, tutti in una enorme sala, dove su uno scranno di freddo marmo sedeva una donna bellissima, sedeva e li guardava con i suoi occhi gialli mentre un odio antico iniziava a serpeggiare in quella ampia stanza. Nemici di mille vite si trovarono tutti insieme in uno spazio troppo piccolo per loro, per loro che si erano combattuti ed uccisi per comandare il loro mondo. Iniziarono allora ad urlare offese inimmaginabili azzardando verità inconfutabili sulla potenza, ognuno del proprio Dio, ma nel clamore, nel caos assoluto in cui precipitarono, una voce un milione di volte più potente delle loro tutte messe insieme li zittì. Li ammutolì con quel carisma, con quella verità che fece ad ognuno di loro accapponare la pelle: IO SONO DIO, disse quella donna alzandosi, IO SONO DIO, disse diventando un vecchio,

IO SONO DIO, disse ancora diventando prima giallo, poi bianca, poi un albero ed infine una tigre gigantesca, e in quella lingua che non aveva padroni continuò: adesso avete capito per cosa avete combattuto ed ucciso nella vostra immonda esistenza? Per niente, figli miei! Se fosse per quell’essere che avete incontrato giù saresti tutti all’inferno, ma l’inferno voi lo vivete ogni giorno, straziando la vita dei vostri simili per dei motivi che son del tutto inesistenti. Quindi è lì che vi rimanderò, nell’inferno delle vostre vite terrene mescolando però prima tutte le vostre assurde religioni, sperando che un giorno riusciate a capire quanto siete STUPIDI  !!!

Loading

1 commento »

  1. Buonasera Federico,mi è piaciuto molto il tuo racconto.
    Credo purtroppo che per quanto sia grande la stupidità umana non abbiano neppure capito cosa è stato detto loro 😉
    Il giorno del giudizio lo immagino anche io simile, ogni idiota malvagio che calpesta il suolo terrestre vorrei venisse “reso consapevole” da una entità superiore e come dici alla fine punito con la stessa pena che hanno inflitto ad altri in vita.

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.