Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “La procedura” di Sergio Sessini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Ogni sera, rientrando dal lavoro, passo al Caffè Tambosi per un prosecco e un piattino di olive. Mi siedo a uno dei tavolini che si affacciano sul balcone interno e mi perdo a guardare gli avventori, turisti esausti che riprendono fiato scorrendo le foto al cellulare, signore con grandi buste firmate ammassate su una sedia.

Vedo entrare un cliente abituale, uno che come me si presenta tutti i giorni ma che ieri, l’ho notato, non si è fatto vivo. Elegante, sulla sessantina, magro, occhiali che si leva appena seduto e ripone in un astuccio nero che appoggia sul tavolino. Proprio perché ieri non c’era, mi accorgo, sono contento di vederlo. Strano, no? Uno sconosciuto che non mi piace particolarmente e con cui non ho mai scambiato una parola.

Oggi è venerdì, giornata piena, spazi disponibili nella sala principale al piano terra non ce ne sono. Sale sul balcone e siede al tavolino vuoto accanto al mio. Mi scosto appena per fargli posto, è abbastanza vicino da rivolgermi un sorriso e un cenno di saluto, prima di aprire il menu che, come me, conoscerà a memoria. So che cosa ordinerà: quello che prende sempre, un vino dolce, un passito. Oggi però mi sorprende, alza gli occhi e mi chiede, senza preamboli, come se stessimo parlando da ore: “Com’è il prosecco?”

“Io lo trovo molto buono”, dico, e subito me ne pento. Metti che lo ordini e non gli piaccia. “Grazie. Lo prendo, allora”, risponde, con uno sguardo che poggia sulla nostra muta familiarità, io che lo osservo ogni giorno sorseggiare il suo passito, lui che sa che per me è prosecco tutti i giorni.

Mi distraggo ad ammirare una ragazza che entra. Bella, una presenza che solleva attenzione e silenzio attorno a sé. Indugia davanti alla porta che tiene aperta per un momento, i capelli le ondeggiano nel mulinello buio di nevischio che si porta dietro. Con mia sorpresa alza gli occhi alla balconata, il suo sguardo mi oltrepassa e si ferma sul mio vicino con un sorriso. Sale e si siede accanto a lui. Forse è sua nipote, penso.

L’uomo ha ordinato prosecco per entrambi. Si volta verso di me per un breve cenno di approvazione, o di ringraziamento. Meno male, gli è piaciuto. Lei ha le guance arrossate, gli parla piano, sorridendo. Gli accarezza un braccio. Ogni tanto abbassa gli occhi. Poi si alza, appoggia un ginocchio alla sedia e si sporge a baciarlo. Lo trattiene a lungo tenendogli le mani sulla nuca. Non è sua nipote. Mi sorprendo a pensare che probabilmente non arriva alla metà dei suoi anni.

Resta poco, una decina di minuti. Raccoglie veloce il soprabito, alza il bavero, si china a baciarlo nuovamente, scende la scaletta e giunge quasi di corsa alla porta. Indugio a seguire la sua figura, i capelli alzati a turbinare nel vento mentre attraversa il parcheggio, le frecce della scintillante macchina blu che ne segnalano l’apertura. Il suo entrare sinuoso e rapido nella vettura, le lunghe gambe che si insinuano unite come un meccanismo di precisione, il suo imperioso ingresso nella corrente del traffico, le strisce nere degli pneumatici sul selciato coperto di neve.

L’uomo è rimasto. Ha ancora il bicchiere pieno a metà, guarda qualcosa nel cellulare. Anch’io prendo il mio, per imitazione. C’è un messaggio di Silvia. Dice di non fare tardi, sta preparando le seppie coi piselli. Sorrido. Me le promette da mesi. Speriamo che abbia comprato tanto pane, di quello buono, per la scarpetta.

Mentre faccio per alzarmi, l’uomo mi fa un cenno. Mi avvicino. Mi stringe la mano, dice di chiamarsi Fabio Dell’Orso.

“Grazie per il consiglio. Buono davvero. Posso offrirgliene uno?”

Guardo l’orologio. “La ringrazio, ma non ho molto tempo…”

“Sieda solo un momento, allora. Le dispiace?” Siedo.

“Che cosa pensa della mia amica?” Mi chiede neutro, come se parlasse del tempo, senza sorridere e senza ricercare complicità.

“Bella ragazza”. Non so che altro dire.

“Bella, sì, bella. E giovane, non è vero?”

Annuisco. Annuisce anche lui, mentre si accende una sigaretta. Un gesto che mi colpisce, mi rendo conto che gente che fuma non ne conosco più.

“Mi vuole sposare”.

Sono perplesso e un po’ imbarazzato, non so dove voglia arrivare.

“Congratulazioni”, dico.

“Non si congratuli, non ci arriveremo al matrimonio”, mi interrompe. “La sto per lasciare”.

Arriva il cameriere con un prosecco anche per me, deve avere capito male. Bè, ora che c’è. Accosto il bicchiere alle labbra mentre lui riprende.

“Sono stato un po’… diciamo un po’ leggero, con Adele”. Si sfrega il labbro superiore col pollice, pensieroso. “Sono notevolmente più vecchio, ma non è questo il punto”.

Non so se mi viene richiesto di parlare o tacere. Azzardo una frase che non indugi troppo apertamente sulla differenza d’età.

“Siete troppo diversi…” Azzardo, lasciando la frase sospesa perché lui si possa agganciare.

“Nelle donne cerco opposti perfetti”, risponde lui deciso. “Ma questo non è un problema. Semmai rende tutto più interessante. Per me è stato sempre così, non concepisco altra relazione che quella tra opposti. Solo lì c’è energia”.

Sorride come un bambino. Ha un entusiasmo che non conosco in un uomo della sua età. Penso a mio padre, alla sua poltrona da giardino, ai pomeriggi al lago con la canna da pesca appoggiata a terra e la Settimana Enigmistica sfregiata dalle correzioni a penna.

“Anche lei. Se mi ha ascoltato sino ad ora, è perché mi considera un po’ bizzarro, giusto? Vuole sapere dove vado a parare. Fossimo uguali, le sembrerei un vecchio noioso come tanti”.

Aspira vigorosamente dalla sigaretta. La brace gli si riflette nelle iridi scure.

“È così per tutti. O forse dovrei parlare per me solo. Una donna deve giungere dagli antipodi. È quello che noto subito, un’aliena in avvicinamento. E allora ci metto poco a innamorarmi. Sei, otto secondi. Alla faccia di chi sostiene che un rapporto va coltivato, nasce dalla fiducia, si basa sulla stima. Alla faccia dei siti di incontri che hanno elaborato la ridicola idea di affinità di coppia”, dice con autentico disprezzo, allargando le braccia sui braccioli delle sedie vicine.

“Affinità di coppia. Come se un rapporto di amore fosse un passatempo basato su gusti condivisi. Come se non fosse proprio il potenziale contrario che io intuisco in una donna: un’entità energica, oscura, un buco nero capace di estrarmi da me stesso, di salvarmi dai miei gusti e dalle mie manie”.

Spegne la sigaretta puntigliosamente, assicurandosi che non rimanga un filo di fumo, toglie un fiocco di cenere dalla tovaglia col dorso della mano.

“Non tutti riescono a tollerare un rapporto vero, intenso, scomodo. Ho avuto la fortuna di avere questo nella mia vita. Due volte. Ma non con Adele. All’inizio sembrava esserci qualcosa, ma era solo differenza negli anni, nella provenienza. Grattata via la superficie, siamo semmai troppo simili. Potrei stupirla dicendole che Adele è troppo vecchia per me”, aggiunge senza sorridere.

“Io… io non la amo” conclude con uno schiocco di labbra, come di chi assaggia un vino.

“E lei, è innamorata?”

Dell’Orso annuisce in silenzio.

“Se voglio una donna, si innamorerà di me”.

Riesce a pronunciare questa frase boriosa in modo semplice e senza vanità. Lo guardo per capire se scherza. Attendo che si apra in un sorriso complice. Non sorride. Non scherza.

“Lei non ricorda di avermi visto in passato con un’altra donna, vero?” Mi dice. Improvvisamente sì che ricordo. Qualche mese prima. Un’altra donna, già. Non così strepitosa come Adele, meno visibile. Ma giovane e molto bella anche lei. Capelli, neri, intensa. Al tavolo vicino alla porta. Anche lei lo baciava. Anche quella volta avevo pensato: è sua nipote.

“Vede, io ho una procedura infallibile. Ed è anche molto semplice. Dunque… Oh, ma mi scusi, lei deve andare, non è vero?”

“Posso stare ancora un po”.

“Bene, allora continuo. Lei ha visto il film il paziente Inglese?

“No”.

“Peccato, sarebbe stato più semplice spiegare. Comunque. In quel film c’è un uomo, nel deserto, che racconta della sua tecnica per catturare uno struzzo. L’uomo sa attendere. Ha tempo. Come me. Scopre uno struzzo tra le dune e si ferma a sedere a grande distanza. Una distanza tale da far sentire l’uccello al sicuro”. Muove la mano a disegnare un orizzonte di sabbia.

“Il giorno dopo si ripresenta. Appena più vicino. E rimane seduto, fermo, per qualche ora. E il giorno dopo, ancora più vicino, un poco. E non si muove. Capisce dove voglio arrivare?”

“Lo struzzo si abitua alla sua presenza”. Dell’Orso annuisce di nuovo.

“Ogni volta un po’ più vicino. Finché un giorno è così vicino da poterlo catturare”, concludo.

“Esatto”, fa lui. “Gli esseri umani, come gli animali, finiscono per trovare naturale ciò che accade di frequente, qualsiasi cosa sia”, continua.

“Anch’io sono un uomo estremamente paziente. Se una donna mi piace – ma mi deve piacere davvero, badi bene, perché la procedura richiede parecchio tempo ed energia – comincio a farmi vivo. Qualche telefonata, un invito qua e là. Non spingo mai la situazione. Le mie attenzioni sono più di quelle di un semplice amico e meno di quelle di un innamorato. Giusto un pelino in più della semplice cortesia. Voglio che pensi che probabilmente non voglio nulla da lei. Divento una presenza familiare e non minacciosa. Mai geloso, mai in competizione con altri. In questo la mia età aiuta”, sorride.

“Però, di tanto in tanto, divento estremamente premuroso”. Cerca nelle tasche, estrae un’altra sigaretta. “Tanto da farla dubitare. Che sia davvero interessato a me? Ma no, cosa vado a pensare. Ha il doppio dei miei anni. Poi, quando non ci pensa più, un giorno o due, mi avvicino un altro po’. E così via”.

Offre una sigaretta anche a me. Faccio segno di no.

“La procedura dello struzzo”.

“Sì”, risponde. Si sporge verso di me. Utilizza la sigaretta ancora spenta come esempio, la tiene verticale tra due dita davanti ai miei occhi.

“La procedura dello struzzo, esatto. Si applica a tutti i rapporti umani, sa? Non solo a quelli amorosi. Lavoro, amicizia, persino tra sconosciuti. Funziona. Sempre. Io l’ho perfezionata. Ho aggiunto una piccola variante”.

Accende la sigaretta, tira una boccata profonda, e poi me la rimette davanti agli occhi. Capisco che la sigaretta è la donna.

“Quando sento che la ragazza si è abituata alle mie attenzioni, le sottraggo”. Volta la mano di scatto, nascondendo la sigaretta. Poi riprende a fumare.

“Solo per un po’. Dimentico un regalo. Non mi presento a un appuntamento. Ecco, sì, soprattutto questo: non mi faccio vivo per una volta. In questo modo le permetto di accorgersi quanto la mia presenza sia ormai naturale. Di accorgersi che sente la mia mancanza. Si porrà delle domande. Mi rifarò vivo? Forse, dopotutto, si era soltanto immaginata il mio interesse? Possibile che un uomo così grande mi cerchi davvero? E che io pensi a lui, proprio ora?”

Si appoggia allo schienale, prende un altro sorso.

“Quando mi ripresento, il mio interesse per lei ha un valore nuovo. A quel punto è sufficiente un piccolo gesto di avvicinamento. Qualcosa di più del solito. Che la faccia propendere in favore dell’idea che io sia veramente coinvolto. Dopo l’assenza un abbraccio, un invito a cena, acquistano valore. Devo solo essere premuroso e disponibile senza spingere troppo, e la procedura è completa”.

Si alza, finisce il prosecco piegando la testa all’indietro, mi dà la mano.

“Come le avevo detto, questa storia della procedura è molto semplice. Spero di non averla annoiata con le mie piccole idee fisse”.

Mentre si allontana, dico “E lei ha usato la procedura con quella ragazza”.

“Esatto”, risponde, senza voltarsi.

“E anche con me. Giusto?”

Si arresta solo per un secondo. “Esatto”, dice di nuovo, questa volta girandosi, mostrando un sorriso divertito, puntando verso di me la sigaretta come un indice prima di sparire del tutto discendendo la scalinata con un passo veloce e fluido, pieno della freschezza del giocatore.

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31 commenti »

  1. Quanta presunzione questo “signore, signorino”.
    Bravo, il presonaggio c’è, perfetto, ce ne sono molti così di ambo i sessi, fin tanto qualcuno gli fa sbattere i loro bei dentini e lo troveranno certo che lo troveranno.
    😉

  2. Sì, presuntuosetto – ma io voglio bene a tutti i miei personaggi, lui compreso. E poi, avendolo sgamato me lo ha reso più umano. 🙂

  3. Mooolto accattivante questo racconto che ti prende piano piano e ti porta fino in fondo quasi in apnea. La procedura Sergio direi… I personaggi vivono bene di vita propria, dal “procedurante” mi potrei aspettare qualsiasi storia, pure anche quella di un omicidio. Così, con nonchalance…

  4. Grazie Roberto! Contento non solo che tu sia arrivato fino in forndo, ma soprattutto che ti sia piaciuto, dato che parte davvero in sordina.
    Sono davvero felice che ci sia la possibilità di scambiarsi commenti a caldo, redo che aiutino molto ad avere il polso di cosa succede nella testa di un lettore.
    Omicidio? La mia passione… (ehm, letteraria, s’intende).

  5. La procedura dello struzzo!! Efficacissima strategia di acchiappo! Direi che, da un punto di vista sociologico, è la tecnica dei vincenti in questo mondo. Ha un che di orientale nella sua paziente attesa. Bel personaggio davvero, complimenti

  6. E’ un giocatore! Bel personaggio, anche la storia segue i suoi tempi! Non condivido il suggerimento di un omicidio!! ma è una fissa! Mi piace anche il tipo che lo studia e scopre di essere studiato da lui. Racconto completo.

  7. Grazie Matteo!
    Sì, il personaggio non ha nessuna fretta, anzi si diverte a indugiare.
    Di orientale ha una disciplina ferrea e ben organizzata, anche se in ambito molto frivolo.
    Non so se sia la tecnica dei vincenti, né se ci sia qualcuno che davvero agisce in questo modo nella realtà, ma l’idea mi piaceva molto – intuire in una serie di avvenimenti che sembrano casuali una struttura, l’intenzione di qualcuno, la presenza di un autore: idea che sta alla base di tante storie, poliziesche e non, ed è sempre a mio parere molto divertente.

  8. Barbara, grazie del commento.
    Vero, la storia segue i tempi del personaggio. Anch’io ho un po’ usato la procedura dello struzzo nei confronti del lettore, lo confesso.
    La mia scommessa: che il lettore arrivi fino in forndo anche se la storia comincia in modo tutt’altro che spettacolare.
    Non avevo interpretato l’idea dell’omicidio come un suggerimento, ma come un commento al fatto che da quell’uomo ci si può aspettare di tutto.
    Una di queste volte voglio scriverla, una bella storia di omicidio, con colpevole da scoprire e tutto il resto. È un gioco divertente (Ma, hai ragione, per nulla obbligatorio).

  9. Di un’intensità sorprendente. Veramente complimenti, molto bello!

  10. Matteo, grazie. Contento che ti sia piaciuto.

  11. Non si faceva chiamare Fabio (adottava uno pseudonimo, il bastardo), ma io (e chissà quanti altri) l’ho conosciuto il protagonista del tuo racconto, sputato a come lo hai descritto: intelligente, psicologo, amorale, avvezzo a usare le persone, ma con quello stile e quel savoir faire che nel breve (e nel breve prolungato dalla procedura) lo si perdona e forse finanche lo si ammira. I danni si avvertono dopo.
    Ti prego, vigila maggiormente sui soggetti che crei! Una legge dovrebbe imporre agli autori d’incidere sulle mani di personaggi pericolosi un tatuaggio che metta in guardia il pubblico, dovessero mai svincolarsi dall’inchiostro e dalla cellulosa.
    Reminiscenze autobiografiche a parte (o magari proprio per queste) il racconto mi è molto piaciuto.
    Facendo invece riferimento ai commenti susseguitisi, vorrei precisare che, nel mio caso, l’irrefrenabile inerzia a proseguire nella lettura (fino alla fine e oltre) non ha risentito minimamente dalla mancanza di fuochi d’artificio iniziali, ma è stata vigorosamente trainata dal ritmo pacato e crescente, dalle locuzioni originali e dalle considerazioni brillanti che hai sapientemente disseminare nel testo (un’altra applicazione della dannata procedura).

  12. Grazie Roberto per il tuo interessante e lusinghiero commento!
    Non conosco nella vita l’analogo del mio personaggio, ma ho incontrato parecchie persone che si ostinano a voler avere in vari modi controllo sui dettagli pratici delle loro vicende sentimentali (e pensano così di garantirsi il successo, o la felicità, e cosi via).
    Questo atteggiamento mi è così estraneo che mi riempie sempre di meraviglia e ho voluto farne un racconto.Ne è venuto fuori un giocatore compulsivo.
    Attenzione però, hai toccato un tasto per me molto importante. C’è un campo sul quale io stesso cerco di avere controllo, ed è la scrittura. Cerco di fare con le parole quello che Fabio fa con i suoi corteggiamenti. Mi piace organizzare le mie storie. Mi auguro che a certi passaggi succeda qualcosa nella mente del lettore. Preparo il terreno. Ho, insomma, una mia (dannata) Procedura.
    Grazie davvero.

  13. Mi piace molto il tuo stile, così garbato e asciutto. La “muta familiarità” e “gli opposti perfetti” sono un’esempio di scrittura che genera visioni. Proprio questa è la cosa che mi ha affascinato di più, il fatto di riuscire a vedere la scena che sembra si svolga sotto i miei occhi, ricca di particolari e di colori. Bravo Sergio! E d’ora in poi la procedura dello struzzo sarà il mio must…

  14. Wow… è la prima parola che mi viene in mente.Nella prima parte del racconto, mi hai fatto sentire come se stessi vivendo un mio pezzo di vita… anche se non conosco ne frequento quel bar, sono riuscita a immedesimarmi molto, sarà che amo il prosecco, gli aperitivi e i bar di riferimento nelle piazze che ci piacciono… ma ho amato molto quella parte di descrizione!
    Nella seconda parte mi sono ritrovata meno, non perché non abbia, ahimè, incontrato persone altrettanto viscide come il tuo personaggio, ma piuttosto perché non sono mai uscite allo scoperto nel modo in cui questo racconto descrive.
    A mio avviso l’inizio è placido e sereno, abitudinario, per poi via via svolgersi e ribaltarsi in un racconto pieno di riflessioni e pensieri non più così placidi, arrivando sul finale che nella sua rivelazione, ho quasi ritenuto inquietante… con il giocatore che fa la sua mossa e ti lascia allo scoperto.
    Complimenti!

  15. Grazie Francesca. COmmento molto apprezzato.
    Se posso permettermi un consiglio, attenta con qualsiasi tipo di procedura! 🙂 Va bene avere un piano ma poi tanto la realtà scombussola tutto…

  16. Marta, felicissimo di averti fatto sentire così. Cosa c’è di meglio per chi ha scritto un racconto?
    Una curiosità: il bar esiste davvero, con balconata interna e tutto: si trova a Monaco di Baviera. Ci sono stato un paio di volte.
    L’inizio placido è voluto. Diciamo che è un esperimento e una sfida che mi sono dato.
    Grazie!

  17. Quanto hai ragione Sergio! Ho fatto fatica, vista la mia formazione (ho studiato matematica), a resistere alla tentazione di modellizarre la realtà, ma ogni tanto
    ci ricasco 🙂

  18. Francesca 🙂

  19. Sergio eccomi qua… pensare che per poco avrei potuto vederlo anche io, quel bar! A capodanno il mio fidanzato aveva organizzato una settimana proprio a Monaco di Baviera, purtroppo tra la bufera di neve e febbre altissima per me, il viaggio è saltato!
    Una delle cose che mi affascinava di più come contesto cittadino, erano proprio quei loro bar tipici… ora sono ancora più curiosa di vederli, ma devo ulteriormente ringraziarti per avermeli fatti assaporare, almeno un pò.
    Amo scrivere e quasi altrettanto amo viaggiare… e infondo la lettura è anche questo, un viaggio tutto mentale.

  20. Complimenti all’autore; un racconto che mi ha dato spazio di riflettere su come basiamo i nostri rapporti sociali e a quanto sia d’insegnamento la procedura da te descritta.
    Mi è tornato in mente un’aforisma di cui non ricordo l’autore che faceva, più o meno “Dai ad una persona insicura la tua forza, e non potrà mai più fare a meno di te.”
    Di nuovo complimenti!

  21. “non concepisco altra relazione che quella tra opposti. Solo lì c’è energia”, in questa frase c’è il senso (o uno dei sensi) della (di)sfida amorosa. Complimenti davvero, a parte il soggetto veramente intrigante, hai una scrittura ricca di immagini e una padronanza della lingua davvero invidiabile.

  22. Grazie Matteo,
    la procedura è un gioco, persino per il protagonista. Però, sì, è vero, si basa su osservazioni reali. In particolare di persone che pianificano i rapporti nei minimi dettagli.
    Lieto ti sia piaciuto.

  23. ancora grazie, Marta.
    La particolarità di quel bar (che è un posto tranquillissimo, nel centro storico) è la balconata interna, da cui si gode dall’alto lo spettacolo degli altri clienti. A me piace moltissimo osservare la gente e anche quando scrivo, provo a farlo da un posto pubblico come un bar – così posso prendere a prestito il naso di quello, il cappotto di quella…

  24. Mi attira davvero molto questo luogo, questo bar di cui racconti!
    Hai ragione, la gente, le persone… i lori gesti e le loro gesta… sono fonti inesauribili di parole da scrivere per noi scrittori! O meglio, per quel che mi riguarda, aspirante scrittrice…

  25. grazie Sergio per il tuo commento.
    sì, Jongbloed è proprio così, sangue giovane, “nuova linfa”.
    molto godibile anche il tuo racconto, lieve ma molto acuto; spiritoso e ben modellato il protagonista. Veloce e preciso il dialogo, come è precisa la procedura.
    In bocca al lupo!

  26. Grazie Aldo, in bocca al lupo anche a te.

  27. Ciao Sergio, i tuoi tre racconti del concorso mi sono piaciuti molto. Un dato comune di questa trilogia, tutti e tre sono ambientati in un bar, caffetteria e pizzeria da Miguel (?). Mi piace pensare che siano considerati da te come un luogo essenziale per la vita quotidiana degli uomini, un punto dove l’uomo possa scoprirsi e rivelarsi davanti a una birra, alla tequila e a un prosecco. Il piacere del palato accompagna la vita. Sei grande, Sergio! In bocca al lupo.
    Emanuele

  28. ciao Emanuele, felicissimo che ti piaccia come scrivo.
    Tre bar? (Ma non chiamare pizzeria quella di Miguel, che poi lui se la prende e non mi parla più per un mese. Authentic Mexican Seafood, lui lo chiama). L’avevo notato anch’io. Poi sono andato a vedere altri racconti che ho scritto, e direi che questo terzetto di bar è una semplice coincidenza. Sì, bar ci sono, c’è anche parecchio alcol, ma anche ambientazoioni completamente diverse.
    Mi piace comunque l’idea tua del locale come punto dove l’uomo possa rivelarsi.
    Visto che i racconti ti sono piaciuti tutti, mi permetto di invitarti a leggere il mio blog dove ne trovi molti altri: https://sergiosessini.wordpress.com/
    Grazie ancora!

  29. Ho riletto ora il tuo racconto per puro piacere… e nuovamente non mi ha deluso affatto!
    Ancora complimenti Sergio!

  30. Grazie mille Marta!!

  31. Grazie a te!!! In bocca al lupo per il concorso!

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