Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “La balena” di Giovanna Vanin

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

A sette anni aveva visto una balena. Era distesa su una serie di tavoli accostati tra loro nel piazzale della scuola elementare. Era gigantesca. Hansi si era avvicinato e con la mano piatta l’aveva toccata.
Cosa fai?
Lui si era ritratto come per una scossa elettrica. Era riuscito comunque a sfiorarla. E anche dopo. Quando nessuno aveva fatto caso a lui che, tavolo dopo tavolo, avanzava a piccoli passi tra la gente. L’accarezzava con gli occhi e, se tirava su con il naso, gli sembrava che accanto a lei, l’aria sapesse di mare. Camminava e la guardava. La esaminava minuziosamente. Le pupille ficcate nella pelle del cetaceo, un centimetro dopo l’altro, come se lei a un certo punto potesse emettere una sostanza magica e Hansi non voleva, per distrazione, perdersi l’avvenimento. Avrebbe potuto gonfiarsi, come fosse viva, in un profondo respiro e poi esalare quell’aria che nel freddo d’ottobre si sarebbe condensata in una nuvola bianca. In alto.
La vedeva immersa nel blu trasparente del mare in mezzo a miriadi di pesci. Poi emergeva dall’acqua che scrosciava giù dai suoi fianchi. Per un secondo sospesa nell’aria, appariva maestosa sopra la distesa liquida e subito si rituffava. Alla fine la sua coda fendeva l’oceano, come per salutarlo, e spariva.
Hansi era felice.
La lunghezza del corpo della balena prolungava il suo stupore. L’aveva osservata, ammirata, contemplata per tutto quel pomeriggio. Da lontano, poi da vicino e ancora da lontano quando l’avevano cacciato, stanchi di vederselo attorno.
Solo al tramonto, prima di tornare a casa, aveva osato chiedere in che modo l’avessero trasportata lì, nel suo piccolo paese di montagna.
Gli dissero che era stata svuotata della carne. Quello che vedeva era solo la pelle che ricopriva una una specie di scheletro scomponibile. Hansi non ricordava più se di legno o metallo.
La spiegazione gli aveva paralizzato il cervello e scorticato con la violenza di una pietra acuminata.
Così, avevano spiegato, si poteva montare e smontare, scaricare e caricare sui camion.
Lui aveva detto che non si sarebbe mai sognato di svuotare il suo gatto, dopo morto, solo per conservarne la pelliccia.
Allora non l’avresti vista. Mai. Dissero.
Hansi era ritornato a casa. Con lo stomaco più piccolo di una nocciolina non era riuscito a mangiare niente. La mamma gli aveva chiesto, che cosa c’è? Lui non aveva risposto e s’era cacciato a letto. Sconfitto.
Non che pensasse di vedere una balena viva, questo no, ma prima di sapere tutto, immaginava venisse conservata con lo stesso rispetto dovuto ai santi. Invece l’avevano ridotta a un tappeto da arrotolare e con questi pensieri era caduto nel sonno e poi in un sogno.

Usciva da casa sua per entrare in una nuvoletta che s’alzava come un aereo. Mentre volava Hansi vedeva un’altra nube con dentro un cane, in una seconda c’era una persona, in quella dopo Sepi e le sue capre e in una molto grande perfino la casa di Thomas che in quei giorni si era trasferito con la famiglia in un paese lontano dal suo. Hansi aveva pianto. Thomas era il suo compagno preferito. Con lui giocava alle biglie oppure, dopo la scuola, s’arrampicavano insieme sulla catasta di tronchi sul piazzale della falegnameria dove lavorava suo padre.
Il cielo si era dunque riempito di nuvole. Ciascuna con il suo carico e tutte veleggiavano serene come lui.
A un certo punto un nuvolone gonfio e cupo aveva cominciato a inseguirlo con le fauci spalancate. Hansi aveva i capelli dritti in testa. Lo sentiva che stava per essere divorato. Sparirò per sempre, aveva pensato, non solo dalla nuvola che lo trasportava ma anche da casa sua e, all’improvviso, s’era accorto di dimenare le gambe come a voler correre ma senza riuscire a spostarsi di un millimetro. Era finito in alto, fuori dalla sua stessa nuvola, e sgambettava a vuoto.
Ecco, aveva pensato, adesso mi sfracello e aveva chiuso gli occhi per non vedere la poltiglia del suo corpo. Invece veniva di nuovo lanciato in aria e poi ricadeva, ma di poco, per tornare su e poi giù, su e giù, sopra un potente getto d’acqua che lo ributtava in alto, ancora una volta.
A Hansi, ormai tutto inzuppato, quel su e giù stava piacendo così tanto da non avere più paura di guardare sotto. E così l’aveva vista. La balena nuotava sulla solenne superficie dell’oceano. Era lei a gettarlo in aria, a riprenderlo e a rilanciarlo tra spruzzi e bolle trasparenti con dentro conchiglie abitate, alghe sinuose, pesci grandi e piccoli e, mentre volteggiava tra l’acqua e l’aria, Hansi rideva e diceva, Thomas vieni qui, dai Thomas, è bellissimo, Thomas perché non vieni?

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2 commenti »

  1. Bello. sono rimasto in uno stato sospeso, non capivo dove andava a parare ma ero curioso di leggere, questo è l’importante. Perché non vieni Thomas? Me lo domando anch’io.

  2. E’ una scrittura poetica che ti lascia immaginare senza dirti tutto, come certi sogni che alla fine ti dicono molto di più.
    Molto brava!
    Maurizio Franco

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