Premio Racconti nella Rete 2015 “Piani diversi” di Maria Pia Nannini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Vieni, c’è il sole che irradia la stanza e l’aria è tramata da particelle velate e sottili, è la polvere leggera che innalzano i tessuti, andiamo fuori a passeggiare tra i ciottoli dorati e i ciglioni polverosi dei rovi, coglieremo fiori di campo e bacche, sambuco e lupinella, assaporeremo l’aria tersa e luminosa.- Andiamo, comincia la bella stagione e il cuore in petto esulta promettendo scroscianti risate-!
Si, questa pioggia sottile che striscia sui vetri richiama alla mente un tempo che fu, leggere gocciole che parlano di amore, speranze, illusioni perdute, infanzia, ed io qui rannicchiato al tepore della stufa ricordo, e il cuore si scalda al pensiero della strada percorsa, delle macchie di rosa canina lasciate, dei biondi covoni di grano. E’ autunno e l’anima si fa avara, rallenta il passo. Sono incantato davanti al tepore del fuoco acceso , i legni che ardono lentamente mi invitano..…
E’ una estate calda, afosa che crepa il terreno e vorrei con te salire lassù in alto, aprire quel rugginoso cancello ed entrare in quell’immenso giardino per visitarne ogni angolo e scoprirne i misteri che cela. C’è un vecchio casolare, chissà, in quella soffitta troveremo bauli che nascondono segreti, ricordi di vite passate, di amori che non si sono mai incontrati e di quelli mai consumati.
Gli alberi si stanno spogliando e le foglie a terra hanno formato una coltre sotto la quale sta riposando l’erba, mentre la calpesto non sento più il crepitio, tutto è umido muschio e muffa dovunque, brividi mi colgono alle spalle e sento fortissimo il desiderio di rientrare, prima che il freddo mi geli le ossa. Dentro casa mi aspetta la legna che arde e scalda l’anima.
Le corse affannate nei prati, la luce attorno, dovunque; la siepe d’iperico è già tutta in fiore, le cascate dei gerani sono abbacinanti e la sera, alla frescura, il gelsomino esala fraganze di Oriente. Dammi la mano e ascolta con me il respiro dell’alito leggero di vento che ti scompiglia i capelli e fa ondeggiare il bosso e il ligustro! E’ stata una calda giornata , ma adesso ci sono le stelle.
Non sono uscito, ho letto, ascoltato la musica e il rumore del vento che spazzava le foglie ingiallite. Danzavano come impazzite e si nascondevano sotto il grande tronco della quercia che tu hai ricoperto di primule e viole. Si sono seccate tutte ed è scomparso anche ogni angolo del glicine e delle bianche rose che ornano il pergolato. Come è tutto spoglio ed ingiallito!
Ascolta i rintocchi delle campane che invitano a festa, la valle ne è piena, si è sopito anche il frinire delle cicale, le mosche si sono posate e scrosciante è questa acqua che annaffia i miei fiori; tutto è una musica rigogliosa e solenne che invita ad andare, a percorrere i sentieri che vedo snodarsi sinuosi. Andiamo, ci racconteremo delle storie. Che buon odore di terra bagnata!
Rimango qui, sotto gli olivi che ispirano frescura e pace. Adoro questo silenzio che niente e nessuno può valicare e, disteso, osservo il cielo cinereo: né voli né giri per l’aria tranquilla, tutto tace ed io mi faccio cullare dal dondolio di quei rami pendenti di frutti senza bisogno di dover profferire parole! Non amo parlare. Ascoltare mi tedia.
E’ venuta la gatta, sorniona e festosa ha richiesto il suo cibo; fa le fusa si struscia alla gonna; peccato quella coda mozzata, sarebbe carina.
Ho liberato il cane, è corso su nella salita, – hai chiuso il cancello?-
Oggi ho preparato conserve, ho filtrato gli olii e gli aceti aromatizzati, essiccato le spezie e le mie mani profumano di quelle misture che rendono prelibata ogni cucina: timo per la curiosità del palato, maggiorana per la speranza, dragoncello per la riflessione, menta per lo stupore, origano per la fantasia, rosmarino per risvegliare il gusto e salvia per lenirne l’acuto e l’alloro per la gioia gloriosa . I peperoncini non li ho colti, sono un apoteosi di colore, non posso! Le mie mani si rifiutano di privarli alla vita.
Oggi sono stato in ufficio, discusso del nuovo budget, relazionato sul consuntivo annuale, pianificato il primo trimestre in termini di assegnazioni e proiezioni delle figure in gestione nell’ambito dell’organizzazione aziendale, preventivato un corso di formazione, ratificato l’orario della nuova formazione, allineato gli obiettivi dei vari dipartimenti in termini di funzionalità, non posso mancare, non posso!
Ho preparato la stanza di Bas , se viene è pronta.
Ancora?!
Vorrei tuffare le mani in quella neve che ovatta l’aria e la terra, calpestarla, poi girarmi e osservare le impronte lasciate; le narici annusano il gelo, gli occhi annegano in quel mare di latte e gli alberi scheletriti segnano il cielo non di nere trame, ma di agili pensieri che rimandano ai globi lucenti del Natale, agli abeti addobbati, alle corone di arancia e cannella appese alle porte, ai rami di vischio e agrifoglio che pendono dal camino, alla tavola imbandito con il tacchino di Diletta e ai suoi occhi di fiordaliso in cui posso specchiarmi.
Si sta bene anche in città. Non c’è da spalare la neve, tagliare la legna, accendere il fuoco. Un divano comodo mi aspetta, un buon libro e una partita di tennis alla televisione. C’è ancora molto al Natale.
Vorrei di nuovo quella tenera primavera, quella calda estate in questo mite settembre; ero felice, fantasiosa, spensierata, piena di favola e la vita aveva l’ebbrezza di una giostra, folate di una altalena, luci di un caleidoscopio, molte immagini mi si parano davanti, istantanee uscite dai cassetti della memoria. Volti che non si possono dimenticare.
Quel che è stato è stato. Indietro non si torna, il tempo presente è legato al passato ed è quello che determina pure il futuro.
E’ settembre, si sono sopite le guerre, acuiti i rimorsi, perduti i rimpianti, ma i ricordi pesano come macigni e impediscono le corse, i tuffi, il risveglio dei sensi, l’immersione panica, i voli leggeri. Vince il rancore.
Dalla finestra osservo i fili dei panni stesi ad asciugare al sole; legano una casa all’altra come quelli del telefono, uniscono vite, destini, si parlano e comunicano storie distanti, ma parallele; troppa solitudine, ognuno è costretto nel proprio piccolo spazio e non conosce nulla dei mondi a lui vicini; queste lenzuola ti invitano ad entrare nel racconto degli altri per ascoltare con vicinanza la gioia, la tristezza, lo stupore, il dolore, le speranze e raccontarti con sincerità e desiderio di unione. Vorrei seguitare quel filo per non essere più sola.
Se guardo fuori vedo il mondo tal come è e non mi interessano le storie vissute, nessuno ti ascolta, nessuno è interessato al tuo cuore, non ho mai incontrato la sincera condivisione, semmai la sudditanza più o meno interessata, o la volontà di dominio di chi desidera la prevaricazione, o un ascolto palesato per pura educazione o per malsana curiosità. Solo imparando il piacere della solitudine si arriva alla serenità.
Sei cinico.
Sei ingenua.
Vorrei scrivere aprendo l’anima, esternando ogni più piccolo moto interiore perché, aprendo il mio essere che in espansione si libera, si regala senza pudore, sento arrivare la leggerezza di chi ha posato un fardello, appoggiato una pietra; le parole sono per me come note di una composizione e sceglierle, valutarle, unirle è come una sinfonia che non parla di me, ma di tutti noi comuni mortali uniti da storie simili in cui ravvisandoti puoi lenire il senso di diversità, di estraneità , di mancanza, di assenza.
Vorrei leggere storie di avventure , vite romanzate e in azione di personaggi fittizi e spericolati che, se pur falsamente, rendono l’immagine di una vita intensa e coraggiosa vissuta all’insegna del pericolo e dell’ eccezionalità. Uomini fumetto le cui storie mi conducono verso azioni eroiche, che seppur illusorie sedano la banalità del quotidiano. Non amo narrarmi e non mi interessano le vite degli altri, preferisco le vite fantastiche e irreali dei personaggi nati dall’immaginazione di altri.
Non mi piacciono le avventure perché presuppongono incertezze, colpi di scena, azioni sceniche e mi rimandano l’immagine di che nella vita si muove come sopra un palcoscenico ed istrioni e camaleontici non sai mai chi realmente siano, ma ben più grave non vedono gli altri.
Amo i davanzali desueti e sporcati dai piccioni della mia vecchia scuola, il suo cortile dove giocano i bambini nella bella stagione, l’odore dei vecchi banchi di legno; i campanili che si innalzano, i silenzi delle chiese, i tetti delle case sulle cui grondaie albergano gli uccelli; sto bene con le persone semplici che alle certezze preferiscono il “ forse”.
La vita stessa è una avventura e devi afferrane l’essenza più recondita per coglierla e dire alla fine della strada di aver saputo camminare dritto e a testa alta. Non mi piacciano le persone banali che dubitano sempre e fanno della loro insicurezza una bandiera. Ci vuole coraggio ad assumere certezze, ma è nostro compito e fare scelte significa assumersi delle responsabilità.
Ho freddo e fame.
Ho caldo e sete.
Bellissimo! Scritto molto bene con una notevole vena poetica. Capace di trasmettere realisticamente sensazioni e idee. Brava!
Lei e lui: sentimento e ragione; il ribollire delle passioni e delle emozioni si scontra con la stanca indifferenza di chi ha già visto e capito tutto. Come è difficile capire gli altri, anche chi ci è vicino e conosciamo da sempre! Grazie Maria Pia per questa riflessione lucida e amara, resa più dolce da una prosa ricca e armoniosa
Nella lettura di questo racconto l’alternarsi fra i due piani diversi appare coinvolgente e quasi incalzante.Il lettore viene condotto prima nella positività e solarità dell’uno ma subito dopo nella più triste ma reale consapevolezza dell’altro punto di vista. Sono due opposti ma in realtà essi sono complementari.Ingenuità e cinismo non viaggiano mai da soli , in realtà essi fanno parte dell’altalena degli stati d”animo che ci accompagnano durante la vita.
Mi piace molto la tecnica narrativa,l’uso della prima persona, che in alcuni momenti diventa quasi flusso di coscienza.Il lessico e l’aggettivazione sono molto ricchi e in alcune parti essi stimolano la percezione sensoriale degli ambienti e delle situazioni.
Una lezione di vita, ma anche un affresco appassionato (d’accordissimo con Francescoredi, di solito non amo molto il ricorso eccessivo alla’aggettivazione ma nel tuo caso è funzionale al messaggio che vuoi lanciare). Il segreto di una vita felice sta nell’appagamento dei bisogni primari, nel coraggio di essere sé stessi, nel ritorno a una vita più pura e autentica. Poetico. Complimenti davvero. Sarei curioso di conoscete la tua opinione sul mio “La Torretta di Guardia” del 27 maggio