Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Africa” di Rossana Jommi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Si erano conosciuti nel corso di un lungo viaggio in Africa. Erano stati diciotto giorni a stretto contatto condividendo ogni momento della giornata compreso il sedile posteriore dell’auto con cui effettuavano lunghi spostamenti da un luogo all’altro del paese. Non si erano scambiati per un periodo che poche parole. Lui se ne stava un po’ in disparte, riservato, come se non volesse essere più di tanto coinvolto dagli altri e dalle dinamiche del gruppo dei compagni di viaggio. Aveva qualche volta scherzato con lei prendendola in giro e ridendo dei segni dell’età nel loro corpo, meno giovane rispetto agli altri del gruppo. Era una schermaglia allegra ma superficiale e tutto finiva lì. Lei per la prima volta in vita sua se n’era partita prima di Natale, giorno da sempre passato con i genitori, la figlia e i fratelli, aggregandosi a un viaggio che le avrebbe permesso di scavallare tutte le festività natalizie e post natalizie che già le portavano sempre una certa malinconia tanto più in quel periodo della propria vita segnato particolarmente da depressione e dolore. Era una donna anche vivace e allegra quando non era sola ma la solitudine in cui versava la sua vita e un senso profondo di inutilità dal momento in cui aveva smesso di lavorare e sua figlia aveva preso la sua strada, l’avevano portata a un passo dal perdere quasi completamente la voglia di vivere e non era donna capace di sopportare semplicemente di sopravvivere.

Lui si mostrava come persona “normale”, poco definibile in realtà se non per i pochi fatti che aveva descritto della sua situazione di vita: sposato da molti anni, un figlio a sua volta sposato. Non esprimeva altro di sé ed era la persona che nel gruppo appariva la più adattabile. Nessuno nel gruppo manifestava interesse a conoscerlo al di là di quelle apparenze di normalità che a lui piaceva mostrare ad eccezione forse di lei che, se non altro per la loro stretta vicinanza in auto, aveva cercato almeno di porgli qualche domanda sulla sua vita. D’altra parte in realtà nel gruppo a nessuno interessava approfondire i rapporti con nessun altro; volevano fare quel viaggio ognuno proveniente da storie che a nessuno importava condividere e dovevano per forza aggregarsi ad altri. Per fortuna quella volta i partecipanti erano solo sette.
Lui non prendeva mai parte neppure alle piccole e innocue discussioni che avvenivano nel gruppo, non interveniva per scelta programmatica di rimanerne fuori o forse, per carattere. Lei lo aveva soprannominato “l’ignavo” con una certa lungimiranza.
Ma un giorno, forse il terzo o il quarto dalla loro partenza, mentre al solito stavano viaggiando in auto, lei improvvisamente scoppiò in un pianto convulso e irrefrenabile che le scuoteva le spalle, senza una ragione apparente. Singhiozzava senza poter darne o darsene una ragione come se un dolore senza nome improvvisamente le fosse esploso da dentro e non poté essere frenato dalla presenza degli altri, in fondo estranei a lei. Invece lui d’impulso la strinse in un abbraccio a cui lei si abbandonò totalmente infrangendo di colpo ogni normale barriera che avrebbe posto al contatto così vicino col corpo di uno sconosciuto. Si adagiò sul suo petto con una fiducia e un abbandono all’apparenza ingiustificato. Era così buono ora quello che sentiva che poteva stare bene anche col dolore. C’era una consolazione inspiegabile che le veniva da quel contatto di cui gli fu subito grata dentro di sé tanto che non volle staccarsene. Quell’abbraccio li aveva colti entrambi di sorpresa e qualcosa dell’uno e dell’altro d’un tratto erano entrati in risonanza bypassando d’un colpo ogni barriera tra loro. Non se ne erano più staccati per tutto il resto del loro viaggio, come se misteriosamente qualcosa di ognuno di loro di molto intimo e familiare fosse entrato improvvisamente e imprevedibilmente in risonanza profonda. Da allora ogni momento passato sul sedile posteriore di quell’auto li aveva visti senza sosta l’uno abbracciato all’altra e baci e carezze erano stati il loro modo di stare assieme, con una tenerezza, una dolcezza, all’apparenza ingiustificate. Veniva tutto così naturale che anche l’usuale pudore per la presenza degli altri era stato completamente spazzato via. Che cosa li aveva così avvicinati in un attimo? Quali mancanze di entrambi li avevano spinti così imperiosamente l’uno verso l’altra? Non se lo chiedevano e tanto meno se lo dicevano. Parlavano con i loro corpi. Lei gli era grata per quel contatto benefico che le faceva sorprendentemente così bene e l’aveva inondato con un fiume di dolcezza infinita che non avrebbe mai voluto smettere di donargli lasciandolo stupito e affascinato. Tutto stava avvenendo così naturalmente e insieme follemente. Vivevano fuori dalla loro realtà ma chissà perché erano decisi a prendersi tutto quel buono che sentivano ne stava venendo. Era una follia quella o era folle la vita che conducevano ognuno nella propria realtà, che lui soprattutto conduceva nella propria realtà? Lei era una donna libera, libera mentalmente e l’amore e il vivere autenticamente era sempre stato in cima alla sua scala di valori, disadattata rispetto a una realtà attorno che andava in direzione opposta. Ma lui appariva come ben adattato, così normale, quasi quasi dove lo mettevano stava, tanto sembrava incapace di fare scelte sue sulla base dei propri desideri, dei propri bisogni più profondi di cui probabilmente non sapeva nulla. Ma quella volta era emerso qualcosa di diverso, di autentico e vivo in lui, forse dimenticato da tanto tempo.
Poi ci fu una notte in cui per caso si erano trovati posti a dormire nella stessa stanza, lei nel letto matrimoniale con una compagna di viaggio e lui in un letto al suo fianco.
Avevano spento la luce da pochi minuti quando lei senza poter comandare in alcun modo i propri gesti, allungò un braccio a cercare quello di lui accanto con una intensità che la sua mente non comandava più e lui le corrispose con la stessa intensità. Si era generato un qualcosa tra loro che cresceva minuto dopo minuto e pretendeva di essere comunicato attraverso il contatto dei loro corpi. Nessun freno li inibiva e tutto sembrava loro così naturale e fluido. Dopo pochi secondi cadde l’ultimo argine e lei, con una spinta che anticipava la propria volontà, si infilò rapidamente nel letto di lui e il desiderio fluì spontaneamente, naturalmente, intensamente e quietamente tra loro come se i loro corpi si attendessero da sempre. Lui la baciò dappertutto e il corpo di lei vibrò a quei baci attesi da sempre. Nessun pudore tra loro a trattenerli, nessuna difesa all’incontro più intimo che si stava realizzando. I loro corpi si muovevano all’unisono come se sapessero l’uno dell’altro, in sintonia e lui le baciò il sesso mente lei inarcava la schiena per il piacere e accresceva a sua volta il desiderio di lui. Era così forte quello che lei sentiva con lui che gli chiese di fermarsi perché quell’intensità che la travolgeva troppo completamente potesse essere stemperata quel tanto che potesse essere sopportabile se lui le avesse dato tempo per sostenerla. Lei non poteva contenerla in quella situazione in cui non erano liberi di essere come avrebbero voluto, costretti com’erano a controllare il sonno della compagna di stanza. Il loro desiderio pretendeva che non ci fossero limiti alle loro espressioni, quelle coperte sotto le quali nascondevano le loro effusioni di amore non bastavano più a contenere i gesti e i movimenti che i loro corpi chiedevano di compiere imperiosamente senza limiti e senza pudori. Si sarebbero voluti dare l’uno all’altra completamente lentamente dolcemente teneramente come veniva loro stranamente naturale ma la situazione non permetteva di andare oltre. Lei perciò gli chiese di fermarsi, non per porre termine a quanto veniva succedendo tra loro, ma come una sosta che chiedeva di essere ripresa appena possibile , perché quell’intensità così potente da risultare dolorosa potesse stemperarsi ed essere pienamente goduta passo dopo passo in una situazione che permettesse loro di espandersi in ogni direzione fosse nata da loro. Lei si forzò a ritornare nel letto matrimoniale accanto all’intrusa, ma trasportò con sé, sulla propria pelle e nel proprio corpo, il corpo di lui e i suoi gesti di amore. Il suo corpo all’insaputa della sua mente provava qualcosa che ,nel trattenerlo temporaneamente, non faceva che crescere e che senza saperlo le aveva toccato l’anima.
I giorni successivi li videro quasi sempre a fianco anche se ci volle la spinta di lei perché lui uscisse definitivamente allo scoperto anche di fronte agli altri e anche di fronte a loro continuasse a mostrare con gesti pubblici quella tenerezza che ormai, se pur in quella inusuale situazione, lontana ognuno dalla propria realtà, provavano l’uno per l’altra.
Un giorno nel corso del viaggio che li aveva portati in cima a una montagna si erano soffermati quando ormai il sole stava calando a cercare di individuare una bellissimo animale con grandissime corna in mezzo al bosco mentre il freddo era sceso su di loro. Lui le aveva cinto col braccio le spalle come a lei non succedeva da una vita e lei aveva voluto trattenersi fino all’ultimo con lui nonostante il freddo della sera le fosse penetrato dentro provocandole un tremore incontrollabile. Non voleva perdersi nulla di quella tenerezza di cui sentiva la mancanza da sempre. Chissà se lo stesso fosse per lui. Non se lo chiedeva decisa com’era a godersi questo regalo che la vita le stava dando dopo tante amarezze, tanto dolore. Non la sfiorava il pensiero del dopo, tanto impellente era il bisogno di prendersi quella cosa tanto buona che le stava avvenendo inaspettatamente. Sentiva una dolcezza dentro di sé per lui che le faceva bene dopo tanti anni di deserto nel corpo e negli affetti. Da quel primo abbraccio aveva goduto momento per momento questa strana e pazza cosa che le succedeva accanto a lui, quell’inusitata intensità di sensazioni e di emozioni che travolgeva entrambi, senza porsi interrogativi e senza alcun freno. Le veniva naturale. Lui più reticente si lasciava dapprima forse un po’ trascinare da lei e ma poi quando i loro corpi erano vicini lui era come lei. Questo le scioglieva ogni riserva e il fiume di quelle emozioni che li venivano attraversando non trovava più ostacoli a fluire in loro.
Il freddo di quella sera le era penetrato talmente dentro che una volta nella stanza, che condividevano con gli altri del gruppo, non poteva smettere di tremare e sembrava che nulla potesse fermare quel tremore che le squassava il corpo. Lui si preoccupò di lei e la coprì con tutte le coperte che riuscì a trovare . “sarà così morire?” le chiese lei – ad un tratto come rivolta all’unico affetto che possedeva. Non aveva mai provato il gelo penetrarle dentro così in tutte le fibre del suo corpo . Lui le stava accanto chissà perché, finché la ricoprì col proprio piumino che finalmente cominciò a scaldarla e pose fine alla sua agonia. Quel gesto di cura gratuito e tenero in mezzo a tanta indifferenza glielo fece sentire ancora più vicino, e la legò ulteriormente a lui senza che se ne rendesse conto.
Quella notte tutto il gruppo dormì nella stessa stanza e lui si era disposto sul letto a castello sopra di lei ma era così in alto che la mano di lei non poteva raggiugerlo come avrebbe voluto. Stranamente quella notte, lui che sembrava sempre così tranquillo, ebbe un sonno agitatissimo che fece traballare tutto il letto a castello turbando il sonno se pur indotto dai sonniferi di lei. Non tutto è tranquillo e “normale” nella sua vita come vuole ad ogni costo fare apparire di giorno, lei si trovò a pensare. Trapelavano delle falle nella vita di lui che lei valutava positive perché quella sua vita dichiarata così normale e in fondo noiosa non era coerente con quello che stava succedendo tra loro. Avrebbe voluto allungare una mano verso di lui, in una condizione che le impediva decisamente quella volta di salire fino alla sua branda, avrebbe voluto calmarlo col contatto del proprio corpo ma non fu possibile e non ci fu più l’occasione di quella notte che li aveva visti nello stesso letto . Forse se lui avesse avuto più coraggio avrebbe potuto una notte trovare ospitalità nella tenda di lei ma troppa era la vicinanza con gli altri e lui comunque non ebbe questo coraggio e lei non si sentì di ripetere la sfrontatezza di quell’unica notte magica. Questa volta aspettava da lui che facesse il suo stesso gesto ma lui non lo fece. Sembrava che lui agisse di rimessa, senza una iniziativa propria fatta eccezione per quel primo spontaneo abbraccio con cui avevano stabilito quel contatto definitivo ma che lei temeva lui potesse disconoscere da un momento all’altro.
Arrivò il giorno che li avrebbe separati per sempre. Il viaggio volgeva al termine ma ancora lunghe ore di attesa li aspettavano all’aeroporto prima del volo che li avrebbe dapprima condotti con lo stesso volo al Cairo e poi con voli separati lei a Roma e lui a Milano. C’erano brandine in aeroporto dove potevano distendersi nell’attesa ma lui non sembrava fare nulla perché potessero ancora prolungare la loro vicinanza scegliendone due accanto. Questo la ferì. Sentiva quella separazione come uno strappo che la lacerava dentro insopportabilmente e un dolore, che pur apparendole sproporzionato alla situazione, le trapassava il corpo. Lui invece si mostrava tranquillo. Lei non volle mostragli il suo dolore per orgoglio o perché il dolore non le impedisse ancora per un po’ di godere fino all’ultimo della sua vicinanza. Si prese delle gocce di calmante e si distese accanto a lui tenendogli la mano. “se vuoi fare il viaggio accanto a me fai tu in modo di ottenere posti vicini” – gli disse con un po’ di risentimento misto a una tenerezza e a un desiderio che non riusciva a staccare così di colpo da sé. Lui lo fece e si sedette accanto a lei per quelle tre ore e mezzo prima della loro definitiva separazione. Il desiderio li spingeva ancora una volta quasi disperatamente l’uno verso l’altra. Riuscirono ad ottenere due posti accanto sul’aereo ma quelle maledette luci non venivano mai spente mentre uno stupido pasto veniva loro servito. Loro non potevano aspettare oltre e si coprirono come poterono allo sguardo dei vicini con una coperta per continuare ad accarezzarsi, baciarsi , ad amarsi con una sete l’uno dell’altro che non sopportava rinvii. Avrebbero voluto fare l’amore lì, ignari degli altri attorno a sé, ma il bracciolo in mezzo a loro li ostacolava.- “ Adesso ti vengo sopra “ – lei gli disse in un impeto che non poteva frenare e quello che non potevano fare se lo dissero all’orecchio sfiniti da un sonno di cui erano privi da troppe ore. Lui le sussurrò all’orecchio passo per passo tutti i gesti d’amore che avrebbe fatto con lei se non fossero stati impediti dalla situazione , glielo disse con tale carica di desiderio che per lei era come averlo vissuto davvero col corpo e con la mente. Provò una sorta di orgasmo e crollò nel sonno tra le sue braccia.
All’aeroporto del Cairo si dovettero separare. Lei non volle il suo numero di telefono ma gli dette il suo: -“Se vuoi chiamami tu” – gli disse, carica di un dolore insopportabile quanto inspiegabile razionalmente. Si conoscevano appena! Oppure no, si erano conosciuti più profondamente andando diretti alla loro essenza più profonda? Due voli diversi li avrebbero riportati alle loro rispettive destinazioni.
Stordita per il viaggio senza sonno e ancor più per quanto era successo, una volta a casa, lei dormi per quasi due giorni. Il terzo giorno lui la chiamò. Il loro contatto non si era interrotto come lei temeva con la fine del viaggio ma le parole di lui erano asettiche, prive di quella intensità che i loro corpi avevano provato. Ma iniziarono a comunicare con le parole . L’incapacità di lui di esprimere le proprie emozioni con le parole la feriva mentre lei continuava a sentire dentro di sé e nel proprio corpo la presenza di lui. Ma poi capì che In modo diverso e soprattutto con modi diversi di esprimerlo entrambi si mancavano e portavano ancora addosso tutte le sensazioni provate mentre stavano insieme. Non potevano smettere di parlarsi questa volta con le parole e a distanza come a continuare a sentirsi incollati l’uno all’altra. Venti, trenta messaggi ogni giorno, e poi un appuntamento fisso ogni giorno al telefono per ore a dirsi tutto quello che provavano e a ripercorrere quello che avevano vissuto e che ancora avevano sulla pelle l’uno dell’altro. Lui era diventato un compagno fisso che la accompagnava in ogni minuto della giornata e la dolcezza, la tenerezza folle che l’aveva spinta tra le sue braccia cresceva accanto a un affetto che la scaldava e non la faceva più sentire sola. Lui c’era sempre, coi suoi messaggi e con le sue lunghe telefonate appena uscito dal lavoro.
Si promisero di rivedersi. Lui sarebbe andato un weekend a trovarla a casa sua . Lui abitava ormai la casa di lei e lei se lo sentiva a fianco, soprattutto la notte quando le veniva naturale nel letto allungare una mano per toccarlo e sentirlo là dove già lei sentiva che lui era, accanto a lei. Si svegliava nel mezzo della notte e non poteva fare a meno di coprire di baci con tutta la dolcezza di cui era capace il cuscino accanto a lei, come ad anticipare la presenza di lui. Anche il desiderio cresceva e lei gli aveva descritto quello che le succedeva pensandolo con lei che inarcava la schiena e si allungava nel letto pronta ad accogliere il desiderio di lui. Non aveva mai provato qualcosa del genere in vita sua e temeva questa follia che l’aveva presa, ma lui la rassicurava. “non si possono comandare i sentimenti!” le aveva scritto quando lei gli aveva manifestato i propri timori. Lui c’era sempre nell’arco di tutta la giornata, non perdevano mai il contatto tra loro.
Si erano dati un appuntamento per il primo weekend in cui lei avrebbe avuto la sua casa libera. Solo due settimane e sarebbero stati di nuovo insieme. Nell’attesa ansia, paure, desiderio crescente tutto si rimescolava in lei. L’avrebbe riconosciuto? Gli chiese – “O avrebbero dovuto ricominciare a conoscersi da zero? – e lui le rispondeva che si sarebbero riconosciuti subito, sicuro di riprendere quel miracoloso contatto che la separazione fisica aveva temporaneamente messo in stand by.
Per l’occasione lei si era anche comprata due abiti nuovi. Non l’avrebbe riconosciuta senza i soliti pantaloni stracciati da viaggio e truccata! Certamente la trasformazione lo avrebbe sorpreso favorevolmente! Non l’aveva conosciuta che nelle sue peggiori condizioni durante un viaggio così faticoso.
Solo due settimane!
Poi un giorno lui le comunicò che sua madre stava male e che l’avrebbe fatta ricoverare in ospedale per accertamenti. Nulla però sembrava cambiato verso di lei nonostante questa nuova imprevista e preoccupante situazione e continuava a comunicare costantemente come sempre con lei, come al solito affettuosamente.
Polmonite. Sua madre aveva la polmonite a 90 anni . Lei cominciò a sentirsi preoccupata nonostante lui non desse segno di alcun cambiamento. Poi all’improvviso lui le comunicò che sua madre era morta.
Subito dopo cominciò a mostrare preoccupazione per l’affezione che lei aveva mostrato sempre più per lui e qualche parola fra le righe la misero in allarme. Perché gli aveva scritto “ se qualche storia sarà possibile tra noi..” “ che intendevi con la parola storia?”- le chiese. Il colpo le arrivò al cuore e la ferì . Stava mettendo le mani avanti? Si stava cominciando a difendere da quei sentimenti che entrambi avevano provato?
Lui le disse solo che era più sconvolto di quanto avesse pensato prima per la morte della madre, “quando avremmo potuto vederci? Ora poi tra sei mesi?”- Ma questa realtà era presente anche prima di quel momento, anche nei giorni precedenti quando le dimostrava il suo affetto e la sua attenzione! Perché dunque solo ora era diventata un ostacolo insormontabile? Non le disse mai: “E’ finita. Ma ora lei sentiva che per lui era diventata una nemica , una nemica da cui difendersi. Cercava spunti per provocare una discussione che aveva l’unico scopo di allontanarsi da lei. Lei si sottrasse a questo gioco e gli disse solo “ Ricordati delle cose belle e ritroverai il tuo cuore” “ Non ho da dirti altro che non possa rileggere nei messaggi e negli scritti che ti ho mandato”
E lui scomparve. Da un momento all’altro nessun messaggio più, nessuna telefonata all’uscita dal lavoro o alla sera quando era solo in casa.
Lei tacque. Non lo cercò. Sapeva che era inutile e si protesse come poté dal dolore che le faceva mancare l’aria, le toglieva le forze e le stringeva la bocca dello stomaco impedendole di nutrirsi di alcunché.
Passarono giorni e giorni durissimi. Non poteva credere che da un giorno all’altro tutto potesse essere cancellato, annullato. Chi è folle? A momenti lei si illudeva che dopotutto era meglio così. Avrebbe forse sofferto di più andando avanti nel tempo, ma poi che importava il dopo quando la vita può finire da un momento all’altro?- si ribellava subito dopo. Proteggersi da che, quando il futuro alla loro età è una dimensione così aleatoria da poter essere portato via in un attimo! Amare. È così raro e prezioso, questo non può essere buttato via così. Ma era impotente e si sforzò di tenersi su e di dimenticarlo. Si gettò tra le braccia di un amico a cercare inutilmente quel calore perduto. Ma non era possibile semplicemente traslocare emozioni e sentimenti da una persona ad un’altra.
Per un attimo lo aveva creduto possibile .
Una sera, dopo molti giorni che non lo faceva, lei telefonò a sua madre : “Quando vuoi puoi venirmi a trovare” – lei le disse. Si ricordò allora quel giorno in cui lui le aveva accennato alla possibilità di incontrarsi quando fosse andata dalla madre, che abitava in una città sul mare vicina a lui. Qualcosa si riaprì dentro di lei e di nuovo lo sentì dentro di sé e riprovò quel dolore per l’abbandono che la spossava.
Avrebbe potuto comunicargli la propria intenzione di recarsi a casa di sua madre e chiedergli se voleva incontrarla. Si fece coraggio e glielo scrisse. Lui non disse di no. Si sarebbero potuti incontrare sulla spiaggia così bella d’inverno alle due del pomeriggio del successivo weekend.
Durante l’attesa lei non sapeva più cosa provava. La confusione che sentiva la proteggeva forse dalla paura di cosa sarebbe potuto succedere in quell’incontro. Forse non provava più niente per lui che l’aveva così ferita? Non lo sapeva perché i suoi stati d’animo mutavano continuamente dentro di lei. Ora non provava più nulla ma poi un attimo dopo un dolore lancinante le toglieva il fiato all’idea che tutto fosse finito.
Decise di recarsi all’appuntamento. Arrivò molto in anticipo e passeggiò a lungo sulla battigia della spiaggia deserta poi da lontano lo intravide. Quando furono a una ventina di metri l’uno dall’altro lei spalancò le braccia e chiuse gli occhi. Non voleva vedere il suo viso che avrebbe scrutato per sapere. A occhi chiusi assaporò l’aria salata attorno a sé, l’avrebbe salutata freddamente o sarebbe corso verso di lei ? Le avrebbe chiesto perdono per la sofferenza che le aveva dato scomparendo così all’improvviso? Avrebbe sentito il colpo sul suo petto del corpo di lui che d’impeto la raggiungeva? Un turbinio di emozioni contrastanti le faceva girare la testa. Ripensò a tutta la dolcezza che lui le aveva suscitato , alla sorpresa di lui nell’abbandonarsi a lei , a quel desiderio così intenso e tenue insieme che li aveva avvinti.
Un colpo la raggiunse al petto. Crollò a terra mentre un rivolo di sangue macchiò la sabbia sotto di lei. Una pallottola di una calibro 22 le era penetrata nel cuore. Lui l’aveva uccisa.

 

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1 commento »

  1. E’ una storia complessa, nella quale mentre la psicologia della donna è minutamente analizzata, quella dell’uomo appare sommersa, emergendo solo per alcuni contraddittori indizi, fino all’omicisio finale (reale o metaforico?). Il racconto è decisamente intrigante.

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