Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Dimitris” di Monica Fama

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Erano mani scolpite dal mare e dal vento e dal sole quelle di Dimitris.

I gesti erano studiati uno ad uno nella ricerca della piega migliore, del gesto esatto che richiedeva l’Oggetto di quel giorno.

Anche la carta era stata scelta con cura, fra i tanti fogli, diversi solo per colore e tonalità, che teneva nella bottega. Erano fogli di carta sottili leggermente trasparenti che bene potevano riparare ciò che impacchettavano.

Per ogni pacchetto le pieghe erano diverse. Ciascun Oggetto aveva una propria vita, un’identità; ognuno meritava personalizzazioni adeguate, almeno ai suoi occhi, perché a quelli degli altri, tutti i pacchetti sembravano uguali, salvo, al massimo, il variare dei colori.

Aveva sentito che in Giappone esisteva un’arte nel piegare la carta in modo rituale, preciso e sempre uguale, nella quale l’esattezza del gesto ripetuto, svelava ciò che nel foglio di carta era contenuto: un animale, un fiore, un oggetto o una figura geometrica.

Ebbene, lui, faceva la medesima cosa eppure, allo stesso tempo, la cosa opposta: gesti precisi, pieghe esatte, ma sempre differenti e fatte per ricoprire invece che per svelare. Coprire e non svelare ciò che nella carta era contenuto.

Era, questo dei pacchetti, un piccolo segreto che teneva solo per sé, nella piccola isola era già considerato troppo originale. I problemi di ogni giorno erano già tanti e troppo complicati per lasciare posto ad un tipo strano come lui.

Prima di dedicarsi alla carta, con attenzione, aveva avvolto l’Oggetto con una paglia leggera, avendo cura di riempire ogni cavità e coprire ogni asperità, in modo da proteggerli da colpi accidentali.

Erano fragili e bastava una disattenzione perché non arrivassero intatti a destinazione, esattamente così come, con precisione, li aveva immaginati.

Si trattava di un’attività, se così si fosse potuta chiamare, che aveva avviato alcuni anni prima, quando le stagioni e l’umidità del mare avevano fiaccato le sue forze residue e quando uno stupido incidente, in una notte chiara, lo aveva reso invalido.

Ora doveva reggersi camminando ad un bastone e non avrebbe più avuto la stabilità e la forza per andar per mare a sciogliere e raccogliere reti.

Aveva mantenuto però le abitudini di una vita, fin da quando, all’inizio, suo padre lo aveva preso con sé sulle barche: la sveglia prima dell’alba, la sosta sull’uscio per respirare il vento fresco della notte, la prima sigaretta, la prima carezza al cane.

Lo aveva fatto per decenni prima di scendere in acqua con la barca ed i compagni: interrogare mare e vento per decidere la rotta dove avrebbe cercato il pescato. Continuava a farlo oggi per decidere cosa avrebbe plasmato quel giorno.

Qualche volta l’ispirazione arrivava, altre no. Non era importante, di quegli Oggetti ne creava pochi. Non ne avvertiva il bisogno nei giorni in cui: no, l’ispirazione proprio non lo coglieva!

Ogni volta un solo Oggetto.

Quello che lui chiamava “Oggetti” erano, in realtà, sempre imbarcazioni, di varie forme e tipologie: velieri, barche, transatlantici, pescherecci o catamarani, alla fine erano sempre e solo oggetti fatti per andar per mare.

Ogni volta era il mare a suggerirgli la rotta, un Oggetto diverso, una barca diversa.

Era quello, in fondo, il solo modo, il suo modo, per mantenere il contatto con il mare, per continuare ad amarlo, a sfidarlo persino.

Per vivere poi, vendeva quelle altre cose fatte da gente lontana, che magari il mare non lo aveva neppure visto, di certo non lo avevano vissuto. Erano cose senza valore, senza vita.

I suoi Oggetti invece, li vendeva a quei pochi adatti ai suoi occhi, a quelli che non li avrebbero subito dimenticati su un mobile, ma a quelli a cui avrebbero parlato, coloro per i quali avrebbero avuto qualche significato, anche non il suo, ma un significato. Agli altri poneva un rifiuto netto, quelle barche non erano in vendita, del resto non erano neppure sue.

Dopo aver coperto l’Oggetto del giorno con la carta colorata la legava con un cordino. Solo dopo aver approvato il risultato finale, appoggiava la confezione sul tavolo alle sue spalle, prendeva la mazzetta di gomma rigida sul piano sopra di sé ed assestava tre colpi netti al pacchetto.

Tre colpi, né troppo forti, né troppo delicati, giusti.

Colpi da non sbriciolare, ma da rompere in un certo numero di pezzi, abbastanza piccoli da non renderne facile l’eventuale ricostruzione, abbastanza grandi da renderla possibile.

Poi la scatola con l’indirizzo lontano e sconosciuto.

L’idea gli era venuta grazie alla bella italiana, alla fine di un giorno di fine estate di alcuni anni prima.

Il suo sorriso di luce l’aveva preceduta dentro al suo negozio.

All’uscita, assieme al color miele dei suoi occhi, era rimasta quell’idea.

Il suo nome Aemilia.

Aemilia amava viaggiare. Voleva poi, al termine di ogni viaggio, portare con sé un pezzo di quella vacanza: un sasso per poter ritrovare una spiaggia, un tessuto per rivederne i colori, un oggetto per rivivere una storia.

La prima volta che visitò la bottega di Dimitris fu due anni prima, un tardo pomeriggio d’estate. Il negozio, in penombra e fresco, era accogliente: fuori l’aria era ancora densa di calore e di luce, ma mitigata da un lieve vento che, con più o meno intensità, sempre soffiava sull’isola. Entrando nel laboratorio di Dimitris, ricordava di aver osservato quelle barche in ceramica, disposte sugli scaffali, e di aver percepito in quelle varietà di pigmenti e fogge, seppur immobili, una qualche forma di movimento. Ci fu un istante in cui pensò persino di aver sentito il suono del mare fra quelle vele, quello che si ascolta, nei giochi di bambini, accostando l’orecchio ad una conchiglia. Un richiamo.

Dimitris, intento sul suo lavoro, sentendola entrare aveva distolto lo sguardo e lo rivolse, in modo diretto e per un breve istante, a Aemilia. Senza parlare. La guardò come abbandonandosi ad una profondità conosciuta del mare. Aemilia non era entrata per acquistare, ma intendeva limitarsi a guardare, ad ammirare la bellezza e la forma viva di quelle opere..

Erano trascorsi due anni da quando aveva visitato l’isola. Questa volta, però, avrebbe scelto qualcosa da portare con sé a casa, al termine della vacanza. Niente le era sembrato più adeguato se non uno degli oggetti costruiti da Dimitris.

Si recò quindi al suo negozio e lo ritrovò intento a lavorare -come sempre- con la stessa intensità e dedizione, solo che non stava costruendo barche, ma stava realizzando pacchetti di svariati colori e forme. Non se ne stupì: anche questa volta avvertì per quelle composizioni lo stesso richiamo. Ne era certa, al loro interno, qualunque cosa contenessero, una volta aperti, avrebbe trovato il mare.

Il negozio era, insolitamente per l’ora, affollato da turisti americani in pantaloni di lino e sandali, in cerca di fresco, disinteressati e chiassosi: Dimitris preferiva poter vendere le sue opere in una situazione più intima. Vendere, anche quello era un’arte. Ed era un gioco. Dimitris si allontanò dal suo lavoro per dedicarsi ai suoi avventori. Aemilia osservava le mosse dell’uomo, il modo in cui squadrava il cliente dapprima con diffidenza, per poi trovare un punto di contatto e condurlo a ricercare una ‘forma’ sugli scaffali che gli corrispondesse e paff!!!… ecco le due tessere del puzzle che si incastravano perfettamente. Era evidente che il suo era un istinto, intuiva che cosa sarebbe piaciuto e a chi. Era consapevole che i suoi clienti non sapevano cosa volevano: andavano da lui per scoprirlo. L’ultimo cliente uscì e finalmente il negozio si rifece vuoto e silenzioso.

Aemilia salutò Dimitris con uno sguardo. Si riconobbero. Dimitris, senza esitazione, si voltò verso lo scaffale per prendere con precisione un pacco e, in un inglese imperfetto, disse: ‘Questo è suo: lo conservavo per quando fosse tornata. Mi servono i suoi dati. Per la spedizione, intendo’

Aemilia si stupì nel notare la tenerezza nella sua voce di lui, a dispetto di un suo gesto così affermativo. Compilò il foglio e glielo consegnò. Pagò. Poi sorrise e se ne andò.

Dimitris nel guardarla allontanarsi sospirò. Poi, soddisfatto, sorrise.

Avrebbe dovuto attendere la fine della vacanza per conoscere il contenuto di ciò che aveva acquistato. Quel giorno, per lei, significava distacco, mancanza.

Dal finestrino dell’aereo che decollava, Aemilia vedeva la terra allontanarsi; rapidamente l’isola svanì al suo sguardo, per lasciare posto ad un altro blu, più azzurro, ed a qualche cumulo di nubi. La sua città, la sua casa erano rimaste, loro sì, immobili ad attenderla. Le sue giornate ripresero ad essere scandite dai ritmi del lavoro, animate però da un sentimento di attesa. Finalmente il pacco arrivò: quando il corriere glielo consegnò fu la prima volta che Aemilia lo prese tra le mani. Era piuttosto pesante. Lo scosse con delicatezza …. lieve rumore di cocci. Corrugò le sopracciglia. Una smorfia sulla labbra, poi il viso si aprì in un’espressione di stupore e gioia. Capì che avrebbe dovuto ricostruire qualcosa, forse una di quelle barche che due anni prima non aveva comprato, forse altro, chissà! Quel uomo era così fuori dall’ordinario che da lui si sarebbe aspettata questo, sì! però al termine del lavoro quel qualcosa le sarebbe apparso in una rinnovata bellezza e le sarebbe appartenuto in un modo diverso da qualunque altro bene: sarebbe stato davvero Suo.

Dimitris lo sapeva: nel momento esatto in cui completava una sua opera, comunque non sarebbe stata più sua: l’idea era sparita, rimaneva solo quello che dell’idea comprendevano o vedevano gli altri.

Di quella esperienza volle dare un cenno a Dimitris, non sapeva perché, ma sapeva che sarebbe stato giusto farlo.

Recuperò la carta che aveva avvolto i pezzi e vi scrisse una storia in un inglese elementare: la storia di una barca rotta poi rinata.

Mise la barca sul pavimento, la guardò e capì che non andava bene.

Prese quindi un telo azzurro, azzurro come il mare, lo distese sul parquet, vi appoggiò la barca e scattò una foto.

Infine una busta e l’indirizzo del mittente.

L’idea a Dimitris era venuta grazie alla bella italiana, alla fine di un giorno di fine estate di alcuni anni prima, ricevendo la lettera.

Non si era mai dato risposta.

Davvero. Non sapeva se a condizionarlo fosse stata la bellezza dell’italiana o la sua storia.

Si era chiesto, molte volte, se la storia lo avrebbe colpito altrettanto se, a raccontarla, fosse stato un uomo.

Certo che gli piacevano le belle donne! Gli erano sempre piaciute!

Anche se negli anni quel interesse era cambiato, si era trasformato. Ora le guardava senza intenzione. Ora le guardava e veniva sedotto dal loro sorriso, dalla profondità dello sguardo, da un gesto, da sfumature talvolta.

Era un uomo vecchio ed aveva vissuto molto.

Non sorrideva più alle donne per bellezze scontate ed evidenti, sorrideva quando leggeva in loro una scintilla. La giovane italiana era fra quelle.

Non aveva, quindi, alcuna risposta da darsi.

Forse, con gli anni, assieme allo scavarsi delle rughe sul volto, si erano aperte delle vie di accesso all’ anima che lo rendevano più sensibile alle emozioni.

Si commuoveva, si commuoveva spesso, succedeva per particolari che, ai più, sfuggivano e che altri avrebbero ritenuto senza importanza: il profumo del mare di un’ora del giorno, il colore di un cielo, uno sguardo, o una storia.

Una storia ed uno sguardo. Così era successo con l’italiana.

Così, da allora, confezionando gli Oggetti, inseriva una busta con dentro esattamente quanto i clienti avevano pagato, ed un biglietto. Un foglietto scritto in inglese, nel semplice inglese che conosceva e che spiegava che servivano nel caso la barca, “the ship”, si fosse rotta nel trasporto. Erano dracme, poche dracme. Gli Oggetti non costavano quasi nulla e il prezzo non era poi così importante per lui.

E infine i tre colpi di mazzetta.

Non aveva mai ricevuto alcuna protesta.

Lo emozionava pensare che almeno qualcuno, almeno uno, fra i tanti clienti, avrebbe provato a dare nuova vita ai suoi Oggetti, ricostruendole pezzo a pezzo, come avviene tutti i giorni con le vite vere.

Erano mani scolpite dal mare e dal vento e dal sole quelle di Dimitris.

Ed anche quel giorno i gesti erano studiati uno ad uno nella ricerca della piega migliore, del gesto esatto che, oggi, richiedeva l’Oggetto.

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