Premio Racconti nella Rete 2015 “Tre giorni” di Antonio Donato
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015I GIORNO
Era cominciato con un telefono che squillava, chi rompeva a quell’ora! Sette del mattino! Come il solito si era svegliato prestissimo, caffè, biscotti, le ultime notizie e poi di nuovo a letto per un’altra mezz’ora. I migliori trenta minuti della giornata! Insistente, doveva rispondere, sicuramente grane! Dall’altra parte singhiozzi, balbettii, scusi scusi! Aveva riconosciuto la voce: il signor Mario, il condomino che abitava sopra di lui. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave per lasciarsi andare a quel modo! Era uno controllato! Muto e a disagio non sapeva che dire, non c’era una grande confidenza tra loro! Certo quando s’incontravano sull’ascensore o al bar, scambiavano due chiacchere sul tempo, i vicini, un caffè offerto a giorni alterni! A volte si erano accorti di pensarla alla stessa maniera sulla situazione del Paese: più della Mafia la corruzione, era quella la cancrena! Ma il loro rapporto si fermava lì! Due persone a modo che provavano una reciproca simpatia.
Impacciato, aveva chiesto qual era il problema, se poteva fare qualche cosa. Tra un colpo di tosse e l’altra il signor Mario aveva detto “Nando…Nando Milani si è ammazzato“. Un colpo allo stomaco!
“E’ così, non l’ha letto sul giornale? L’altro ieri è andato in Ospedale, è salito all’ottavo piano dell’edificio centrale e si è buttato giù!”.
Silenzio, i pensieri che andavano e venivano, dall’altra parte sospiri e soffiate di naso. Era riuscito a dire “Perché?“. Solo questo. Un’unica parola per un atto definitivo. Se non si poteva rimediare, bisognava almeno cercare una spiegazione! Lui era per le cose chiare, era già difficile vivere! Poi aveva incalzato il signor Mario sui giorni precedenti, se era successo qualcosa, come l’aveva trovato, se stava male o era ammalato. Problemi di lavoro! Quelli erano all’ordine del giorno! Un bollettino di guerra! Insomma le solite domande per trovare il senso di un gesto. Che uno come il Milani potesse fare una cosa simile era impensabile! Fuori da ogni norma. L’immagine della solidità: attivo, gioviale, famiglia affiatata, due figli, piccola fabbrica in periferia ereditata dal padre.
Passando in macchina, davanti al capannone, molte volte l’aveva sorpreso fuori a fumare insieme ai suoi operai. Una volta si era anche fermato, gli aveva chiesto come andava il lavoro, l’uomo aveva risposto che con i tempi che correvano non si lamentava, sì certo era difficile farsi pagare “Ma i miei ragazzi sgobbano sodo, siamo piccoli ma solidi“ così aveva detto. Pareva sereno, quadrato, contento di stare al mondo.
Il signor Mario aveva confermato che sul giornale non c’erano chiarimenti, lui pensava che la situazione economica fosse buona, la famiglia unita, dall’esterno sembrava tutto a posto! Gli aveva ricordato la partita a biliardo, dove faceva l’arbitro e il Milani l’aveva battuto! Vero! Era lì che aveva capito la natura del suo avversario: uno che voleva vincere a ogni costo, si era impegnato con tutto se stesso, anche se alla fine si era nascosto dietro una risata e assicurato che era solo la fortuna di un principiante. E allora? Cosa c’era dietro?
Il cellulare attaccato all’orecchio, istanti di silenzio che erano sembrati minuti! Infine si erano salutati un po’ in imbarazzo per quell’eccessiva intimità. Si sarebbero visti al funerale.
Alle esequie, la famiglia composta, non un pianto, neanche i bambini, sembravano intontiti! Qualche vicino, pochi, un giornalista che faceva l’avvoltoio e il signor Mario. Si erano stretti la mano, non una parola dopo quello sfogo!
II GIORNO
Si era svegliato con le ossa rotte, gli succedeva quando dormiva male, giorni pesanti. Cosa provava? Apparentemente niente! Certo una persona se n’era andata, gli spiaceva ma come a tutti! Una superficie che per un momento veniva increspata per poi tornare piatta come una tavola. Morto! E invece qualcosa pareva muoversi, un tarlo nella testa. Doveva esserci una ragione! In ogni gesto c’è un senso! O no!
La crisi economica, di casi simili erano pieni i giornali! Aveva fatto il passo più lungo della gamba, si era impegnato con mutui e prestiti basandosi su un reddito che non era quello sperato, forse una malattia, di quelle gravi! Pareva impossibile, Nando Milani era il ritratto della salute! La famiglia? Molte volte dietro l’apparente normalità si nascondeva il mutismo, la rabbia, la difesa strenua della facciata, poi tutto andava a pezzi e i vicini parlavano di normalità, di persone tranquille! Queste erano le cause che tutti prendevano in considerazione quando succedeva una tragedia come quella, ma forse ce n’era una quarta, sconosciuta a tutti, ma vissuta dal Milani.
Doveva uscire, aveva telefonato al lavoro che non stava bene e andava dal dottore, due linee di febbre, la solita influenza. Poi si era incamminato senza una meta. Il solito traffico e i soliti clacson. Per fortuna il lungo viale, vicino a casa, era pieno d’alberi, larghi cipressi che lo difendevano un po’ dal rumore. Gli piaceva stare un po’ in periferia, con del verde! Il cielo in alto si stava oscurando, piccoli lampi di luce che attraversavano le nuvole. Camminava, la testa vuota, una macchina l’aveva schivato per miracolo. Si era accorto della lunga cancellata bianca una volta arrivato all’entrata: di fronte a lui l’Ospedale. La grigia torre di otto piani si stagliava netta sopra le altre costruzioni, le finestre illuminate, sul tetto un’antenna che a intermittenza s’accendeva e si spegneva.
Aveva guardato in alto. Lì, verso l’ultimo piano, si notavano delle ombre, forse pazienti o infermieri, era rimasto a osservarli per alcuni minuti, poi se n’era andato.
III GIORNO
I colleghi l’avevano chiamato per sapere come stava, aveva risposto “meglio”, che sarebbe tornato il giorno dopo. La solita colazione, il solito sonnellino, doccia e si era vestito. Non sapeva perché aveva messo un completo, camicia, cravatta e lucidato le scarpe. Voleva essere in ordine! Poi era uscito, di solito chiudeva solo la serratura centrale, ma quel giorno tutte e tre, anche sopra e sotto. Senza pensare.
Aveva girato di malavoglia per il centro, poi al parco. Si era seduto su una panchina di fronte al laghetto, era rimasto a osservare a lungo le anatre. Quello che gli piaceva era come tuffavano il collo nell’acqua, scrollavano la testa emettendo un suono rauco e sbattevano le zampe. Poi via! Di nuovo, come delle barchette senza peso, a fare le onde!
Mangiato un panino dall’uomo del chiosco, aveva ricominciato a gironzolare.
Un passo dopo l’altro, senza una direzione, la testa vuota, il sole che andava e veniva, la gente di corsa! Di colpo davanti all’Ospedale! Il suono stridente delle ambulanze che arrivavano. Si era diretto alla torre, aveva percorso il lungo corridoio di linoleum, un sospiro profondo e l’odore di disinfettante e medicinali gli era entrato in corpo facendolo tossire. L’ascensore occupato, era salito a piedi.
La sala d’aspetto dell’ottavo piano era quasi deserta, i muri dipinti di un verde pallido, una striscia orizzontale di legno faceva in modo che le seggiole di formica e ferro non li rovinassero. Su una parete un orologio fermo alle quindici, di fronte un display con il numero di chiamata. Si era tolta la giacca, il riscaldamento al massimo, l’ambiente come una sauna: caldo umido e la scarsità d’ossigeno dei locali poco aerati.
Ogni tanto arrivava qualcuno, si sedeva, leggeva un giornale, poi quando scattava il suo numero s’alzava.
Era trascorso molto tempo, non si rendeva conto quanto, la stanza di nuovo vuota e silenziosa, l’orologio rotto, forse era finito l’orario delle visite.
Lentamente si mise in piedi, gli facevano male le ginocchia, troppi passi in quei giorni! Aprì la finestra, s’affacciò, non si era accorto del temporale, la pioggia fredda batteva sul viso e penetrava la camicia.
Si sporse dalla ringhiera, voleva vedere il punto esatto dov’era caduto il signor Nando Milani. Si chiese, da quella altezza, quanto tempo ci metteva un corpo ad arrivare a terra.
Tre giorni e un tragico destino, un suicidio, due giorni di elaborazione e il terzo la morte di un suicida. Ci hai portato in giro per tre giorni poi ci dai un finale a sorpresa, mio caro Antonio. Finale aperto? Mi sembra una sola la conclusione del racconto. Cosa significa un fatto<, può essere un esempio per gli altri.
Emanuele