Premio Racconti nella Rete 2015 “Scrittore per sempre” di Mario Abbati
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015«Ma non avevi detto che andavamo a trovare tuo padre?» mentre lo chiede, Pierpaolo accenna spaesato al mazzolin di fiori colorati che stringo fra le dita.
«Sì, sì.»
«Allora che c’entra questo posto» punta l’indice sull’edificio hi-tech che ci fronteggia, una facciata di pannelli grigi e finestre a specchio sorretta da un portico di futuristiche colonne a sezione ovoidale, un poster lungo e stretto che sormonta l’ingresso a vetri scorrevoli. «Body Worlds, il ciclo della vita. Che rob’è?»
«Una mostra.»
«Scusa, ma… e al cimitero?»
Gli faccio segno di tacere e seguirmi. Entriamo in un open-space che mi fa pensare a un garage camuffato da galleria d’arte: i soffitti sono bassi, il pavimento bianco scintillante è lastricato di pannelli quadrangolari, gli spazi espositivi sono delimitati da pilastri spigolosi di color argento.
«Ci pensi tu ai biglietti, per favore?» sfodero a Pierpaolo uno dei miei sorrisi irresistibili, visto che è stato così gentile ad accompagnarmi ora non può sottrarsi alle regole standard del galateo.
Sebbene confuso, lui accetta senza battere ciglio. Lo vedo convergere sulla cassa, dopo un minuto torna da me sventolando due tagliandi. Li facciamo strappare dalla ragazza in uniforme che ci ostruisce il passaggio, superiamo l’ostacolo e diamo inizio al percorso.
Dopo tanti anni che gli sto dietro, posso affermare senza paura di essere contraddetta che le mostre di Gunther Von Hagens si reggono su un nucleo base di installazioni permanenti intorno a cui ruota un numero limitato di novità che cambiano da un’edizione all’altra. Come quella in cui c’imbattiamo nella prima sala. Quando si ritrova a tu per tu con la scenetta, un tavolo da gioco con sopra sparpagliate carte e fiches e intorno tre tizi ognuno pronto a giocare la sua mano, Pierpaolo ha un sussulto.
«Oddio, che strani manichini!»
«Non sono manichini, sono cadaveri di persone vere» lo fisso con sguardo drammatico. «Dietro c’è una tecnica sofisticata che si chiama plastinazione. L’ha brevettata un medico tedesco, Gunther Von Hagens, dopodiché ha smesso di esercitare la professione e si è inventato questa mostra itinerante.»
Le smorfie che si susseguono sul volto di Pierpaolo esprimono meraviglia allo stato cristallino.
«Una volta che hanno scelto un cadavere, prima di tutto bisogna evitare che vada in putrefazione» spiego a Pierpaolo lungo il tragitto, mentre saltiamo dai giocatori di poker a quello di scacchi. «Per questo gli somministrano nelle arterie una sostanza che si chiama formaldeide: è un disinfettante che elimina tutti i batteri che trova. Poi lo immergono in una vasca piena d’acetone, in modo da rimuovere pelle e grassi. A quel punto il corpo è pulito. Lo trasferiscono in una seconda vasca piena di gomma liquida e risucchiano fuori l’acetone. Così la gomma penetra nel corpo, molecola per molecola, e lo trasforma in una massa modellabile che si conserva inalterata per tempi lunghissimi.»
«Come fai a essere così esperta?» Pierpaolo me lo chiede con le pupille sul punto di staccarsi dalle orbite.
«Sono un’appassionata, diciamo così» abbozzo un sorriso agrodolce. «Finora non mi sono mai persa un’edizione della mostra.»
Ogni tanto lo sguardo di Pierpaolo casca sul mazzolin di fiori che mi porto dietro da stamattina.
«Scusa, me la togli una curiosità?»
«Eh.»
«Perché a visitare tuo padre ci vai nel mese di gennaio?»
Se esistesse un ipotetico catalogo di fidanzati per figlie primogenite, qualsiasi mamma sceglierebbe lui, Pierpaolo: carino, di buona famiglia, si veste bene, mai un pelo fuori posto, studia economia alla Luiss, gioca a tennis e suona la chitarra elettrica. Però è uno che fa troppe domande, senza questo irrisorio ma fatale difetto confesso che un pensierino su di lui l’avrei speso.
«Ti sembra strano?»
«No, però…» stringe le spalle. «La gente di solito ci va a novembre, durante il ponte dei morti.»
«Guarda là» svio la sua attenzione sulla sala che ci apprestiamo a invadere. «Stiamo entrando nella sezione dello sport.»
Di fronte a noi, sospeso a mezz’aria, un portiere di football squartato in due ha le braccia protese verso un pallone variopinto che cerca d’insaccarsi nella porta alle sue spalle.
«Allucinante!» le labbra di Pierpaolo tornano a formare l’ovale di prima.
«Bello, eh?»
«Ma come fanno, cioè…» si gratta la testa con un dito. «Con quale criterio scelgono i cadaveri che espongono nella mostra?»
«Avviene tutto su base volontaria» sul tema ne so più io che un’audioguida specializzata. «Esistono dei moduli appositi che uno può compilare e firmare, dove dichiara che in seguito al decesso mette a disposizione il suo corpo perché sia plastinato ed esposto nella mostra.»
«Sul serio?»
«Se t’interessa basta che ti colleghi al sito e scarichi la documentazione.»
«No, no» Pierpaolo si ritrae come se avessi evocato il fratello cattivo di Satana. «Manco morto.»
Il tempo di cambiare sala e la curiosità ossessiva di Pierpaolo torna a pizzicargli le corde vocali.
«Tuo padre che lavoro faceva?»
«Scrittore.»
«Ma dai.»
«Gli piaceva da morire, fin da quando ero piccola.»
«Era famoso?»
«Famoso no, però qualche libro gliel’hanno pubblicato. Racconti, romanzi. Lui diceva che se uno ci crede sul serio è solo questione di tempo, prima o poi il suo sogno lo raggiunge.»
«Doveva essere un personaggio interessante.»
«Me lo ricordo come se fosse ieri, anche se è morto tanti anni fa.»
«Ti manca?»
Se il problema di Pierpaolo fosse solo quello di fare domande potrei anche chiudere un occhio, il dramma è che la maggior parte hanno una risposta scontata.
«Che ne dici dei pattinatori?» rigetto la palla sul suo campo.
Lo sguardo attonito di Pierpaolo si sintonizza sulla nuova coppia di plastinati che l’itinerario ci costringe a incrociare.
«Io comunque non accetterei mai di finire esposto in un museo, neanche se mi pagassero» accenna al duetto paralizzato in quella postura inattaccabile dai secoli. «Preferisco mille volte sottoterra.»
Accolgo la battuta con un sorriso, avrò tutti i difetti del mondo, sono prepotente, volubile, permalosa, ma quando si tratta d’inquadrare un uomo non sbaglio mai.
Un ramo secondario del percorso ci conduce in un ricettacolo che odora d’intimità. Di fronte a noi, seduto alla scrivania nell’istante che inzuppa la penna nel calamaio, un plastinato di sesso maschile contempla il foglio di carta che ha già riempito di caratteri fino a metà; i faretti lo centrano dal soffitto illuminando a giorno alcune parti della scena e lasciandone altre in penombra, sembra di ammirare la versione in 3D di una tela del Caravaggio.
«Controlla che non arrivi nessuno» ordino a Pierpaolo con voce da terrorista sovversiva.
Lui si apposta sull’uscio e sbircia fuori.
«Guarda che le foto sono vietate» osserva preoccupato. «Era scritto all’entrata.»
Ma io non sono venuta fino a qua per scattare fotografie. Raggiungo il plastinato scrittore, m’inginocchio sul pavimento e deposito ai suoi piedi il mazzolin di fiori. Torno su, resto un attimo a fissarlo, quegli occhi morti ma nello stesso tempo vivi. Poi giro le spalle e punto l’uscita della saletta. Supero lo sguardo allucinato di Pierpaolo, ora che ha capito non sembra più così smanioso di venirmi dietro.
«Ciao papà» sussurro fra me e me. «Ci vediamo alla prossima mostra.»
Racconto futuristico e nostalgico allo stesso tempo. La ragazza ha una mentalità aperta e coraggiosa, mentre Pierpaolo sembra niente più di un timoroso tradizionalista. Senza dubbio una trama molto interessante.
La mostra ha un che di egizio, una religiosa cura dei morti. La Body worlds del dottor Van Hagens è un culto dei morti aggiornato. Il titolo del racconto è azzeccatissimo. In fondo il sogno dello scrittore è l’eternità, e se non si può raggiungerla col proprio lavoro, perché non provarci col proprio corpo? Bel racconto, complimenti
Divertente! Devo dire che fino all’ultimo non avevo pensato a quel particolare del padre protagonista che poi invece mi è sembrato inevitabile. E, visto l’argomento, l’ironia che accompagna tutto il racconto e il suo passo spedito alleggeriscono e nel contempo rendono più solenne anche il finale.
Dunque ho riflettuto un po’…..come Pierpaolo…..e mi sono detta che questa pratica di conservazione dei corpi è perfettamente coerente con la tendenza attuale al narcisismo, alla estrema volontà di conservazione del proprio corpo che è poi un desiderio di fermare il tempo e lo spazio ma aih me non è possibile.
La natura c’è lo insegna, una pianta morta è morta anche se la imbalsamiamo.
Per i miei gusti e le mie credenze mi sento più vicina alla immortalità dello spirito.
Molto bravo per la creatività e lo stile fluido.
Racconto originale,originalissimo. Molto buono il controllo del linguaggio e della tensione narrativa. Alla fine, mi aspettavo che il padre rispondesse…
Mio figlio direbbe “foorte!”. Bel racconto, con personaggi molto ben delineati e caratterizzati con cura. La faccia di Pierpaolo l’ho vista per gran parte della mostra, bocca aperta e sguardo vacuo. Scusa Mario, ma lei cambia fidanzato ad ogni allestimento? Sarebbe da approfondirne la psicologia…
Grazie a chi ha letto il mio racconto e ha lasciato un commento, tutti i punti di vista sono interessanti e mi fanno capire che una storia in fondo non si può mai considerare terminata.
Per Arturo: avevo pensato alla possibilità di far parlare il padre, però temevo che tingendo il racconto di sfumature soprannaturali, il colpo di scena finale perdesse di originalità.
Per Roberto: in realtà ho pensato che a ogni allestimento lei andasse a trovare il padre da sola, nell’episodio narrato si porta dietro Pierpaolo sapendo, un po’ cinicamente, che la botta finale le permetterà di toglierselo di dosso una volta per tutte.
Finalmente una scrittura moderna, con idee originali e contemporanee, che infila parole sinuose come note di tango! Bravo Abbati, speriamo lei vinca
Gran bel racconto. Anima e corpo della scrittura.
complimenti!
sto leggendo molti racconti con metodo assurdo-alfabetico: nel motore di ricerca inserisco un nome.
Meno male che ho scritto MARIO
Racconto che mette addosso un senso di disagio ‘totale’. Mi ha ricordato molto le atmosfere de “Il museo delle cere” di Gaston Leroux (l’autore de ‘Il fantasma dell’Opera’)… Anche se in certi momenti sembrava di essere a una mostra di Damien Hirst, uno degli artisti contemporanei più geniali e controversi, famoso per i suoi animali imbalsamati. Credo che funzioni anche per il fatto che l’arte contemporanea ci ha abituati ormai a un certo genere di provocazioni… Il che rende ciò che racconti terribilmente verosimile… Complimenti davvero. Sarei curioso di sapere che ne pensi del mio “La Torretta di Guardia”.
Singolare e curioso.
Bravo!