Premio Racconti nella Rete 2015 “Centonove per dire stop” di Roberto Giorni
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Stavo camminando lungo un viadotto sotto cui scorreva un fiume ripieno di acqua scura. Tonnellate di liquidi in subbuglio si avvicinavano, rumorosi e minacciosi, a neppure un metro dal manto stradale su cui poggiavo le mie gambe impegnate in passi affaticati. Il frastuono ruvido e violento di quelle acque mi tagliava il respiro. Le mie energie diminuivano, fui costretto a rallentare. Non transitava una macchina neanche a pagarla. Perlomeno avrei tentato un misero autostop. Alla fine del viadotto mancavano più di cento metri. Continuavo a sperare che sarei riuscito a farcela. Le ginocchia erano come intorpidite, ma riuscivo ancora a muoverle. Mai e poi mai avrei permesso che la paura e la stanchezza riuscissero a bloccarmi i movimenti. Avevo soltanto trentadue anni vissuti in maniera sfaccendata. Troppo giovane per lasciarci le penne. Cinquanta metri o poco più alla meta, quando un ulteriore chiasso tremendo mi aggredì le orecchie. Intravidi sfrecciare oltre un furgone sbucato dal nulla, che premeva il suo clacson infernale. Il parapetto era abbastanza alto, infatti sbattendoci contro, lui mi restituì verso la carreggiata. Intontito ma ancora salvo, feci leva su tutta la poca forza residua rimastami, e sudando freddo mi avvicinai alla tanto agognata fine del ponte. Un avvallamento dell’asfalto mi fece inciampare. Fortuna volle che io restassi in piedi. Dopo una decina di passi mi lasciai alle spalle il viadotto maledetto.
Poi mi ritrovai davanti ad un gruppo di case malmesse che avevano l’aria di essere abbandonate. Eppure la zona era ben illuminata da alcuni lampioni energici e nuovi di zecca, così come i marciapiedi. Provando a continuare oltre, vidi che la strada si interrompeva contro la base di una montagnola ripidissima alta qualche ettometro. “Brutta montagnola dei miei stivali, tu mi copri tutto l’orizzonte, sei perfida e malvagia!” Ero a corto di ossigeno, il senso di stare in trappola tornò a farmi visita senza avermi chiesto il permesso. Purtroppo nessuna traccia di stradine laterali, come se la montagnola riuscisse ad infiltrarsi dappertutto. I portoni delle casupole erano chiusi e muti. Nessuno rispondeva al citofono. Trovai riparo sotto un porticato dove c’erano tanti oggetti casalinghi, alcuni appoggiati alle pareti, altri gettati per terra alla rinfusa. Decisi di stendermi sopra un vecchio divano di stoffa unta e stropicciata. Là vicino, in terra, vidi un giornalino di annunci economici. Mi colpì quello in grassetto scritto forse in Book Antiqua. Parlava di una libreria in vendita, posizione centrale, interni eleganti, ampia superficie vetrata, prezzo conveniente. Interessante, indirizzo di mia conoscenza, l’indomani ci avrei fatto un salto.
Il domani è già qua. Entro nella libreria, c’è un vecchio molto elegante che mi accoglie, sembra alto due metri, ha una barba di svariati mesi ben curata. Le sue parole mi giungono a sbalzi e rallentate, simili ad un eco proveniente da chissà dove. Lui è tranquillo, probabilmente pensa che io stia capendo tutto quanto. Mi accompagna a visitare i vari angoli della libreria, mi guarda soddisfatto e accarezza la copertina di alcuni libri. Poi mi ringrazia di averlo ascoltato con attenzione. A questo punto mi accorgo che finalmente riesco a sentire le sue parole. Mi sta dicendo che lui vede nei libri il messaggio di un inno alla gioia nel provarci, sempre e comunque, a migliorare le nostre vite. Secondo lui il segreto è che la nostra vita è identica ad un libro. Una volta che ciascuno di noi, nascendo ne apre la copertina, si troverà davanti a tantissime situazioni esistenziali possibili. Sta poi a ciascuno di noi avere la forza di scegliere le pagine più belle, quindi aderire ad esse e viverle concretamente ogni giorno. Si affaccia dentro di me il bisogno di esprimere gratitudine. Mi avvicino ancora di più al vecchio elegante e lo abbraccio per ringraziarlo.
Ho fatto questo sogno pochissimi giorni dopo la centonovesima grossa sbronza della mia vita. Alzatomi da quel letto, ebbi la forza di richiamare a me la memoria onirica, così da poter rinnovare il quaderno dalla copertina multicolore, sul quale scrissi queste righe che descrivono il sogno centonove. Il giorno seguente sono riuscito a bruciare il vecchio quadernone ultra sgualcito, laddove negli anni avevo scritto i ricordi, striminziti e confusi, di ciò che sognavo dopo ogni volta in cui mi ero sbronzato. Il mio ingresso nel vortice alcolico avvenne poche settimane prima di compiere venti anni. Eravamo un piccolo gruppo di amici squinternati e allergici alla serietà. Avevamo troppo bisogno di protestare, anche con iniziative idiote, contro il mondo ingessato e asettico degli adulti. Ad un certo punto iniziammo pure a scommettere su chi sarebbe riuscito a bere di più, rimanendo sobrio. Finivamo puntualmente per ubriacarci di brutto, senza mai riuscire a stabilire chi fra di noi avesse vinto. D’altronde le nefaste bevande in cui affogavamo la nostra ribellione, ci impedivano di ricordarci l’esatto andamento di ogni nostra serata viziosa. In pratica eravamo soltanto un gruppo di sconfitti, impegnati a correre sempre più il rischio di perdere definitivamente il lume della ragione. Fortuna che nel tempo iniziò la fase in cui ci allontanammo gli uni dagli altri. Comunque certi nostri vizi erano duri a morire.
Cinque anni dopo rileggo con grande serenità il racconto che narra del mio migliore amico, cioè il sogno centonove. Da lì ho sempre voluto essere gentile, calmo e professionale come l’uomo che mi è apparso in libreria. Ricordarmi di lui mi ha aiutato a scoprirmi capace di resistere alla tentazione. Da quella notte sono riuscito a smettere di sbronzarmi. Più di tre anni fa iniziai a fare il commesso in una libreria, posizione centrale, interni eleganti, ampia superficie vetrata. In pratica si tratta del mio primo lavoro serio e divertente. Si, mi viene naturale metterci tanto entusiasmo.
Roberto, un racconto serratissimo, mi è venuta un’ansia……..
A caldo ti dico le mie impressioni, il destino ci passa e ripassa davanti tante volte e sotto varie forme ma per alcuni, forse troppi E’ Più FACILE LASCIARSI ANDARE CHE RESISTERE.
Non possiamo e non dobbiamo mai smettere di impegnarci nella vita, questa è l’unica salvezza.
Bello e particolare.
Beh, almeno il club dei bevitori incalliti è servito a qualcosa… E se il vecchio con la barba, gentile e professionale, fosse il protagonista nel futuro che appare in sogno per indicare la strada al se stesso del presente?…
Ciao Liliana, grazie per il commento. Si, il protagonista del mio racconto ha rischiato di farsi trascinare definitivamente via dalla corrente impetuosa che lo stava travolgendo. Fare bravate con gli amici si stava rivelando soltanto una dannata trappola illusoria. D’altronde neppure lui può pretendere di salvarsi conducendo quella sua vecchia vita da sfaccendato allergico al dovere.
Il vecchio con la barba diventa una figura di riferimento di cui il protagonista non riesce a fare a meno. Il processo di identificazione in lui procede in maniera costante e permette al giovane protagonista di avventurarsi con grande entusiasmo nelle proprie giornate in libreria. Si, un sogno secondo me può influenzare moltissimo anche la nostra vita reale e lo spirito di emulazione di cui si “ciba” il mio libraio trentasettenne, lasciano presagire che egli un giorno sarà identico al vecchio con la barba, tanto da poterli definire la medesima persona. Ringrazio Roberto per il commento.
Ciao Roberto, mi ha incuriosito il titolo e l’ho letto, cogliendo l’importanza del sogno. Certo è che non sempre si ricordano i sogni. La presa di coscienza del protagonista e le varie motivazioni più o meno sostenibili sono la prova del desiderio di riscatto, senza il quale non riusciremmo a fuggire”dal fiume in piena”.
Emanuele
Ciao Emanuele, mi fa piacere che il titolo ti ha incuriosito al punto da leggere il mio racconto con attenzione. Hai colto benissimo i passaggi emozionali più importanti che io desideravo e desidero trasmettere. Doveroso inoltre sottolineare nuovamente la sostanziale importanza di mantenere sempre viva la fiammella del desiderio di riscatto.