Premio Racconti nella Rete 2015 “Volo in Australia” di Rita Granetti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Appoggiata al finestrino dell’aereo guardo assonnata il nulla che scorre. E’ notte. Sono in viaggio da 14 ore. Gli altri passeggeri dormono. Io penso. Sono troppo eccitata. Il mio primo viaggio importante. Vado in Australia a conoscere dal vero Renato.
Da un anno e mezzo ci incontriamo attraverso il video del computer. So tutto di lui e lui sa tutto di me. Ogni mattina io e ogni sera per lui, alla stessa ora, accendiamo il collegamento. La profondità della nostra conoscenza va oltre il vivere giornaliero. Nella nostra relazione non c’è il disturbo della quotidianità.
Renato è un ingegnere di quarant’anni. Dopo la laurea, conseguita al politecnico di Milano, ha scelto di fare un dottorato di specializzazione all’università di Sidney e lì è rimasto. Sono quindici anni che insegna sulla cattedra di costruzioni navali. Mantiene, però, sempre aperto un ponte con l’università italiana. “Prima o poi”, dice lui, “tornerò ad insegnare là”, ma da come lo sento parlare dell’Australia, non credo riuscirà mai più ad adattarsi alle nuove scelte sociali e politiche del nostro bel Paese. La sua famiglia di origine vive a Como. Ha una mamma, ancora in gamba e due sorelle più grandi, sposate con due figli ciascuna. L’ultima volta che Renato è venuto in Italia è stato cinque anni fa. Il padre era malato di tumore osseo all’ultimo stadio. Ha fatto in tempo a salutarlo un ultima volta. Due mesi dopo si è spento. Fino ad ora, solo due amici sono andati in Australia a trovarlo. Uno è un compagno di università del politecnico, l’altro un vecchio amico d’infanzia. La terza sarò io.
La mia è una sorpresa per il suo compleanno. Non so come ho fatto a mantenere segreto questo viaggio. Ogni volta che lo vedevo in video, facevo fatica a trattenere la mia felicità e quindi a non svelare il motivo. Ho dovuto estorcergli con astuzia tutti i particolari per trovarlo senza fatica nella sua città. Avrei voluto contattare quei due amici per farmi dare consigli utili su come raggiungerlo, visto che c’erano già stati. Io sono abbastanza imbranata in informatica, ma sapendo solo i loro nomi, per altro molto comuni, non sono riuscita ad identificarli in nessun Social Network. Quindi, mi baserò esclusivamente con le informazioni avute e interpretate dalle nostre comunicazioni in chat. Ecco perchè sono sveglia a guardare la notte dal finestrino dell’aereo con una sorta di eccitazione, preoccupazione e terrore di non farcela. Ma io, quell’uomo, lo amo e sto correndo da lui.
L’atterraggio è stato morbido. Sono le tre di pomeriggio, qui a Sidney. C’è molto caldo. Non vedo l’ora di togliermi questi pantaloni pesanti e le scarpe. Ho i piedi gonfi. L’aeroporto dista dalla capitale cinquanta chilometri. Dalla mia pianificazione del viaggio, dovrebbe esserci una navetta autobus appena fuori, vicino ai parcheggi. Ora scoprirò se tutto il lavoro di ricerca fatto su internet avrà dato i suoi frutti. Eccolo! È rosa come nelle foto.
Renato, il mercoledì, lavora fino alle 18. Dovrei fare in tempo a farmi trovare fuori dal portone al suo arrivo. Sai che sorpresa? Non crederà ai suoi occhi. Mi abbraccerà e mi soffocherà di baci come abbiamo sempre immaginato di fare durante le nostre lunghe conversazioni.
Ho stampato la foto del suo palazzo da google mapps. Non posso sbagliare, è come se ci fossi già stata. C’è una cancellata nera e un enorme marciapiede. Il palazzo è modernissimo tutto vetri pieno di insegne luminose. Sotto c’è una banca.
Scendo dalla navetta alla stazione. Ora prenderò un taxi e sfodererò il mio inglese con l’autista.
-schiusmi sir, free?-
-yes! Italia?-
-Si vede così tanto?-
-yes miss…nonno Calabria-
-bene! Bella la Calabria-
-pizza buona, musica buona, nduia buona-
-parliamo italiano?-
-yes miss. Andare tu?-
-legga qui. E’ centro vero?-
-mmmm yes miss, city economica…office-
-no, no, residenziali…guardi meglio-
-mmmm no, miss, offices-
-Va bè, andiamo all’offices-
Mi rilasso sul sedile posteriore, guardo fuori scorrere la città, mi si chiudono gli occhi. Non so quanto tempo è passato. Mi sono persa nel pensiero del nostro ormai prossimo incontro e dallo sfasamento del fuso orario. Mi sveglia dal torpore, mister Calabria.
-Miss. Miss…arrivati. Office. Venti dollari…saluti a Italia…ciao Miss-
Il palazzo è proprio questo. La cancellata è proprio questa. Il marciapiede è grande come in foto. Sono arrivata! Guardo all’insù, respiro l’aria australiana con gli occhi chiusi…mi sembra che profumi di…bò, qualcosa di buono
Ho ancora un po’ di tempo prima del suo arrivo. Cerco l’entrata del palazzo. Ci saranno dei campanelli! Effettivamente questo palazzo ha tutta l’aria di essere un enorme ufficio. Bellissimo. Non dev’essere economico avere un appartamento qui. Un insegnate italiano non potrebbe mai permetterselo col proprio stipendio.
Che stupida e provinciale sono! Campanelli in un palazzo del genere?
Entro in un atrio immenso. C’è una portineria enorme. Probabilmente non si chiama neanche portineria. È più reception di albergo. Un lungo bancone con almeno sei addetti tutti in divisa.
Gente che va e che viene. Gli addetti al bancone sembrano smistare la folla.
Esco, non vorrei mai perdermi l’arrivo di Renato. Con la mia valigia azzurra al traino, mi piazzo proprio in mezzo alle due enormi porte di vetro sotto la pensilina. Mi sento osservata. Forse intralcio? “Chissenefrega”. Da qui non mi muovo. Quasi subito inizia un flusso immenso di gente in uscita dal palazzo che mi spintona. É in utile!, da qui non mi muovo. Diciotto e venti, il flusso è decisamente diminuito, Renato non è ancora rientrato. Almeno spero. Sono stata bene attenta, non l’ho visto. Comincio a preoccuparmi. Diciotto e cinquanta. Dietro al bancone dell’atrio, solo un dipendente in divisa grigia davanti ai monitors. Decido di entrare e chiedere. Provo a spingere le porte, ma sono bloccate. Busso e cerco di attirare l’attenzione del signore. È troppo lontano. Prendo il cellulare dalla tasca e formulo quel numero di telefono che mi mi diede tempo fa per “non si sa mai” mi disse. Mai usato, bastava skype. Segreteria telefonica, numero inesistente. Ora sono seriamente nel terrore. Anche sul marciapiede enorme davanti all’entrata vicino alla cancellata nera non passa quasi più nessuno. Diciannove e quaranta. L’atrio è in penombra. Io e i miei sogni chiusi nella valigia azzurra, alla quale debolmente mi appoggio sotto la pensilina di questo palazzo immenso, bellissimo, chiuso, cominciamo a dubitare dell’esistenza di Renato.
Nooooooooooo Rita perché?
Non dico altro per non togliere agli altri il piacere di leggere. Ho partecipato fino alla fine con il battito cardiaco a mille….
Però ti prego dimmi perché questa fine.
🙂
Ok, la disillusione della protagonista si percepisce tutta. Ma secondo me, è proprio adesso che comincia il bello! Lo cerca e lo trova? Oppure no? E se lo trova lo ama o lo inchioda? E lui che fa? Secondo me Renato fa il bidello in una scuola secondaria di Roma o Torino…
Racconto semplice e scorrevole. Bello.
La dimostrazione di come l’amore riesca a portarci ovunque e comunque. L’unico motore che dovrebbe far girare il mondo. Renato ha perso, forse, l’occasione più grande della sua vita!
Più che di “amore”, parlerei di illusioni e disillusioni delle “chat”. Questo racconto me lo hanno ispirato alcune mie amiche che si sono, per così dire, “scottate”……
Ma brava Rita! Sembrava di essere sedute con te al bar davanti ad una tazza di caffè a raccontarci le cose come si fa tra amiche. Scorrevole e fluido. Finale molto reale nella società virtuale di oggi!
Arrivare a credere a quanto detto in chat e muoversi di conseguenza è sempre bisogno d’amore…non so se posso…ma io ci ho scritto il mio libro di esordio i cui commenti mi stanno molto emozionando…e amo, non so se riamata…con tutta l’anima.
Bello. Una bella metafora; la nostra eroina insegue il suo sogno e non sapremo mai se lo realizzerà o meno, così come succede tanto frequentemente nella vita… Stile piano e scorrevole, proprio come piace a me. Brava Rita.
Che tristezza! Anche se in fondo me l’aspettavo una qualche forma di delusione però sono rimasta male ugualmente. In ogni modo il racconto è scritto bene, crea suspence e forse solo alla fine l’avrei fatta durare un pizzico di più l’incertezza, magari con qualche segnale di possibili finali diversi da quello che sembra inevitabile. In fondo è un racconto sulla solitudine che chiede condivisione, non c’è inganno da parte di nessuno, soltanto inadeguatezza nelle aspettative.
Renato forse esiste o forse no. L’importante è pensare che la nostra vita è in gran parte guidata da sogni e illusioni e che senza non andiamo da nessuna parte. Certo, andare fino i n Australia… ma magari alla protagonista chiusa la porta Renato si apre un portone da un’altra parte. L’importante è tenersi sempre qualcosa da parte per i tempi duri.
Duccio Magnelli