Premio Racconti nella Rete 2015 “Amore, forse è meglio se smettiamo” di Matteo Courthoud
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Si alza, la testa un po’ scossa. Il piede non trova la ciabatta, era sicuro fosse lì. Barcolla fino alla porta ancora mezzo confuso. Ha un vago sentore di urgenza per la testa – ah sì, la sveglia – e quasi non si rende conto che è già in cucina. Mentre cerca la caffettiera d’istinto, lascia che il cervello connetta lentamente, senza sforzi. La sensazione di urgenza passa, lo shock della sveglia è finito. Arriva un’ondata di malinconia mentre ormai la caffettiera è già magicamente pronta.
Cri si ferma un attimo, la fissa e per mezzo secondo si chiede come ha fatto a montarla in questo stato d’incoscienza. Ripercorre due passaggi all’indietro e si ritrova impantanato in quella vischiosa malinconia mattutina. Perché, perché? Spalanca le tende ma la nebbiolina autunnale non lo aiuta. I lampioni arancio delle sei di mattina si vedono a stento in mezzo a tutta quella foschia. Evvai! Un’altra giornata che comincia col piede giusto.
“Caffèèè”
Il richiamo della giungla e la casa si sveglia di colpo. Un’invasione di zombie, la cucina si riempie di bambini pantofolanti. Sciaff sciaff, ippopotami, cani, panda e gatti di pelouche irrompono nella stanza. Gridano, si battono le enormi braccia pelose sul petto, ululano alla luna. La più piccola, Anna, si arrampica sul tavolo e con un balzo felino arriva in cima all’armadio.
“Noo, Anna, scendi!”
Il piccolo Francesco striscia sul pavimento, la pinna nera, minacciosa, sfreccia tra le mattonelle a pelo d’acqua. I bagnanti scappano, un bambino ciccione non riesce ad allontanarsi abbastanza in fretta. Aveva un gigantesco salvagente a forma di papera in vita. Un errore di punteggiatura e il salvagente gli costò la vita. Adesso la testa della papera spunta, sgonfia e inerme, dalle fauci insanguinate di Francesco. Piccola peste, è il più piccolo ma questa non deve essere una scusa. Cri lo sa ma, nonostante questo, non riesce a trattenere un sorriso mentre lo guarda strisciare tra i tavoli.
Il sorriso gli sparisce di bocca appena Ale entra dalla porta.
“Federico rialzati subito!”
E poi, a Cri: “Amore, guarda cosa stanno combinando i bambini! Ogni mattina la stessa storia, non posso intervenire sempre io. Diglielo anche te ogni tanto!”
“Lo stavo per fare, Ale” mente Cri e abbassa lo sguardo colpevole.
Sono una bella coppia, sono fatti per stare insieme e Cri lo sa. Senza Ale non ce la farebbe mai a tenere a bada quel branco di belve scatenate. Rimarrebbe tutto il giorno ad ammirare lo spettacolo, a guardarli mentre mettono a soqquadro la casa e a piazzare scommesse tra se e se. Cri scommette sempre su Giada, è la sua preferita. La vuole veder crescere su spavalda e smorfiosa, vuole un maschiaccio. Cri non l’ha mai rivelato a Giada che tifa per lei, la piccolina potrebbe montarsi la testa, perdere la concentrazione, perdere la leadership.
“Giada”
“Sì?”
“Ah scusa, non sapevo dov’eri” – “niente”
Giada ha le ciabatte più belle di tutti, sono tre camaleonti bianchi. Belli e letali. Fissano Cri dritto negli occhi finché uno dei tre non distoglie lo sguardo. Di solito è Cri. Questa volta è Ale: ha sentito la caffettiera che scoppola ancora prima di raggiungerla con gli occhi. Ale ha sempre pensato che il valore di una coppia è proporzionale alla superficialità con cui essa convive. Ora non lo pensa più. Corre verso i fornelli ma non fa abbastanza in tempo: il caffè schizza ovunque e finalmente Cri riesce a vedere Giada. I camaleonti sono diventati marron. Scottati e macchiati squittiscono di dolore. Anna rizza i peli sulla schiena e soffia contro la sorella. Cri e Ale sono immobili. Solo il piccolo Francesco continua a sguazzare tranquillo in quel mare di caffè fumante. La pinna ritta come un pennone e tra le fauci un macabro scalpo.
“Bastaa! Non ce la faccio più, non è possibile” sbotta Alessandra.
Silenzio.
Cristina incrocia il suo sguardo, la cucina tutta imbrattata, la caffettiera esplosa, il piccolo Francesco a gattoni sul pavimento, Anna che piange e il cadavere di Giada deformato dalle scottature del caffè. Le sue candide ciabatte macchiate, il suo sorriso spento, la sua smorfia di lacrime e dolore.
“Hai ragione amore, forse è meglio se smettiamo di farci.”
Sciaff, sciaff, ippopotami, cani, panda e gatti di pelouche tornano in camera in cerca di una siringa pulita.
Difficile da commentare. C’è tanta fantasia. Tanta, troppa armonia, per finire così male. Puoi rispondermi se ti chiedo: perché?
Racconto nero, come il caffè che imbratta la cucina. Bravo
Ciao Matteo il tuo scritto mi piace è scorrevole però la fine mi sembra “strana”.
Voglio dire che almeno non mi sia persa qualcosa ma il tenore del racconto sembra allegro poi…..
Lo rileggo va. …
🙂
Allucinante allucinazione di una coppia di fatto che si fa a spron battuto. Giocato molto sulla confusione e sul parossismo di queste due donne che incrociano falsi figli con incredibili animali e strepitose ciabatte di peluches. E come tutte le persone normali, ne preferiscono una alle altre… 😉
Beh l’ho riletto e ti confermo quanto detto in precedenza.
Mi piace il flusso della scrittura però la storia è contraddittoria, non trovo coerenza tra la fine dolorosa ed passaggi precedenti espressi in modo simpatico e leggero come si usa quando si parla di episodi che hanno a che fare con i bambini.
La mia cucina è stata per diversi anni come la descrivi affollata di peluches e bambole quindi mi sembrava un modo appropriato per descrivere la vita di molte famiglie nei primi anni di vita dei propri bimbi.
Roberto parla giustamente di allucinazione, lo è?
Mi piacerebbe avere da parte tua qualche dettaglio in più, se vorrai 😉
La felicità come un’allucinazione? Complimenti per lo stile e, se la mia lettura è esatta, per la capacità di trattare la tematica stravolgendola
@Barbara Bertani
Il fulcro del racconto è proprio quello: il contrasto e lo spaesamento. La rottura degli stereotipi delle prime righe. Direi che ha ottenuto il suo effetto
@Salvatore Colantuono
Grazie mille, mi fa piacere le sia piaciuto!
@Liliana Sghettini
Sì, penso una seconda rilettura possa aiutare. Come ho già commentato sopra, lo scopo del racconto è proprio quello di mettere il lettore a suo agio in un contesto narrativo familiare per poi sconvolgerlo poco alla volta. La fine è strana e vuole esserlo
Ok Matteo, capito il senso 🙂
@Roberto Montenero
Grazie per i complimenti! Mi fa piacere abbia evidenziato l’effetto allucinatorio e confusionale del racconto, era esattamente quello il mio obiettivo. Mi piace mettere in discussione la coerenza della narrativa cercando di mantenere comunque uno stile e una struttura accessibile e piacevole
Grazie davvero
@Liliana Sghettini
Ha perfettamente ragione, il racconto è un’allucinazione. Naturalmente non comincia come un’allucinazione ma insinua lentamente questa sensazione. Non ho inserito (volutamente) suggerimenti chiari sulla natura nel racconto al suo interno. Mi piace dare spazio all’interpretazione. Trovo assolutamente affascinante la capacità di racconti nero su bianco di poter essere letti e interpretati in modi diversi. Vorrei essere capace di fare altrettanto. Sono molto giovane quindi ho una cultura letteraria limitata, ma cerco di fare il possibile.
Se ha altre domande o dubbi, chieda pure! Mi fa molto piacere discuterne
Matteo grazie mille per l approfondimento
Ci mancherebbe non avevo intenzione di dare giudizi.
Erano solo curiosità visto che mi piace molto il tuo modo di scrivere ed avevo avuto solo sensazioni positive.
Veramente io ho parlato di armonia e non di contrasto e non sono rimasta spaesata perché’ sei stato capace di fare capire chiaramente di chi parlavi e lo fai bene, ma torno a chiedere:.perché hai regalato armonia a persone (personaggi) che ormai non ne hanno?
Questo racconto era nella mia top 25…complimenti ancora