Premio Racconti nella Rete 2015 “Se mi dico che sono felice, posso esserlo” di Barbara Bertani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Se mi dico che sono felice, posso esserlo. Qualcosa di buono può accadere, sempre, in qualsiasi momento. Piccole cose, certo, meglio iniziare a vedere quelle. Come nelle favole, possono verificarsi cambiamenti attorno. Ma questo accade sempre con un protagonista che è rimasto semplice, buono e fiducioso anche nelle avversità. Tipo Biancaneve, mi dico, o Cenerentola, incalzo. Apro un occhio, poi l’altro, mi stiracchio, infilo le ciabatte – bucate – e mi alzo. Sì, ce la posso fare, mi dico. (Parlo molto con me stessa ultimamente). Così mi lavo, mi vesto, prendo un caffè al volo ed esco.
Diluvia!
Ecco.
Dov’è l’ombrello? Lo apro. E’ sbilenco, tutto schiacciato su un lato. Sabato l’avevo chiuso nella portiera.
Uffa!
… ma “io” sono rimasta “semplice, buona e fiduciosa”?
… almeno una delle tre?!
Sospiro. Mi tiro su il colletto del giaccone e allungo il passo. La fermata dell’autobus è vicina, per fortuna. Oggi farò la mia prima intervista per il giornale! L’acqua schizza in qua e in là. Mi hanno detto che sarò affiancata da un giornalista. Che bello! Non ho niente da temere.
La Villa è bella. Hanno preparato un buffet per gli ospiti e la stampa. Roberto il giornalista mi ha fatto avere il cartellino. “STAMPA”. E’ mio!
-Vieni.- mi prende per mano e mi porta verso il giardino, verso gli autori finalisti del premio letterario.
Non piove più. Sono emozionata, ma la mano sudaticcia e appiccicosa è la sua… Lo guardo. E’ secco secco. Basso. Ha gli occhiali spessi. Il volto rasato. Profuma di dopobarba. Nell’altra mano tiene una cartellina e il libro. Un tomo altissimo. Non l’ho letto tutto. E’ un romanzo storico. Una palla! L’inizio, un capitolo in mezzo e la fine mi sono sembrati più che sufficienti.
-Eccola. E’ lei.-
Una snob di mezza età incastrata in una poltroncina in vimini. Odora di lacca e rossetto. Oddio! Non mi piace neppure l’autrice, come posso fare un buon pezzo? Non voglio fare una critica negativa.
-Faccio io le prime domande?- mi chiede premuroso Roberto –Tanto per rompere il ghiaccio.-
Gli sorrido riconoscente. Si schiarisce la gola. La saluta. Si presenta. Mi presenta.
-Cominciamo?-
Impugna la penna. Una bic blu di plastica. Una bic?
-Signora Serenella.- inizia -Posso chiamarla per nome?- non aspetta la risposta –E’ da tanto che scrive?-
Ma cosa le chiede?
Lo osservo perplessa. Per darsi un tono, mentre attende la risposta, struscia la penna sotto il mento.
Lei, cortese, risponde:-Ho iniziato a lavorare a questo romanzo circa tre anni fa.- sorride.
-Ha figli?- la interrompe –Nipoti?-
Ma con chi mi hanno mandato? Voglio scappare di qui. Lei guarda me. Io guardo lui: ha il mento tutto scritto di blu, la penna era stappata e alla rovescia.
Bene.
Sorrido alla signora e le chiedo: -Da cosa è nato il suo desiderio di dare vita ad Alma e Fernando, ambientando la loro storia d’amore nel ‘700? Dove ha svolto le sue ricerche per dare informazioni così accurate?-
Serenella inizia a dare dettagli, tira fuori aneddoti e io scrivo, scrivo, scrivo, finché non mi fa male il polso, e incalzo con domande.
Il buffet è ottimo. Serenella vince il terzo premio. Il mio articolo va in stampa. Non lavorerò più con Roberto, anche se mi fa tenerezza. Il prossimo libro lo leggerò tutto. Promesso. Adesso devo correre ad un’alimentari: non ho niente in casa, ma ho invitato un’amica a cena. Sono le sette. Entro trafelata. Ci sono solamente due persone. Ok. Ce la posso fare. La vecchina con la borsetta stretta tra le mani parla sottovoce al negoziante. Starà comprando gli ingredienti per una ricetta segreta? Lui sorride.
-Cara signora.- urla – certo che ho le carote.-
Ha le guance rubiconde e un grembiulone immacolato.
-Quante ne vuole?- grida ancora.
-Vediamo.- sussurra la vecchietta. Si china sulla cassetta. Le osserva. Lui le sceglie. Gliele mostra. Inizia una trattativa. Alla fine ne sceglie DUE! Sono passati già cinque minuti.
Osservo l’altro avventore. Una donna in jeans e maglione. I capelli a caschetto ossigenati. Il portafogli in mano. Sbuffa. Avrà cinquanta anni.
-Gliele incarto e le metto con il resto?- chiede, sempre urlando, il negoziante.
-Sì.- dice pensosa la vecchietta
Il cartoccio finisce in un mucchietto di una decina di sacchettini.
-Vuole altro?- grida, iniziando a mettere i cartocci in una borsa di plastica.
La cinquantenne guarda nervosamente l’orologio.
Possibile che non ci sia nessun altro a servire?
La vecchietta, con un sospiro, dice: -Beh. Sì. Certo. Voglio anche un bel carciofo.-
-Ah! Ora anche il carciofo.- sbotta la bionda – e no, il carciofo, no!-
Mi volto a guardarla, ma è già fuori dal negozio.
Una bustina di crema liofilizzata deve esserci ancora in casa e il tonno in scatola sarà perfetto, decido. L’importante tra amiche è stare insieme, no? Esco.
Meno male che Lucia porta del buon vino rosso, almeno brindiamo allegre alla crema di verdura bruciacchiata, che, dopo avere bollito fuori dal pentolino si è attaccata al fondo. Ho trovato anche dei biscottini al cioccolato e il mio caffè è sempre ottimo!
§
Oggi alle cinque al “BricCaffè” mi aspetta Roderigo. Non lo conosco, ma ci sarà il mio amico Luca. Ho bisogno di qualche entrata in più. Mi piace stare in mezzo alla gente. Non so niente di tazzine e comande, ma esco spesso con gli amici per l’apericena. Non sarà poi tanto complicato. Dovrò stare solamente dall’altra parte del bancone. I miei capelli lunghi profumano di balsamo. Il mio vestito leggero fruscia sulle caviglie. Fa caldo. Ho uno zainetto viola sulle spalle. Salgo gli ultimi gradini e vedo in fondo alla stanza alcuni uomini attorno ad un tavolo di marmo. L’ambiente è fresco e spazioso. Un ometto grassoccio con un’uniforme bianca su cui si allargano patacche di grasso. Non può essere. E’ il cuoco. (ambiente pulito?) Un ragazzo con jeans e maglietta strappati. Non può essere. E’ troppo giovane. Luca! Gli sorrido. Sventola la mano in segno di saluto e mi invita ad avvicinarmi. Mette la mano su una spalla di un signore vestito tutto di nero e gli dice qualcosa. Il signore si alza e si volta verso di me. E’ altissimo. Ha i capelli arruffati. Sorride, ma sembra indietreggiare, anche se sta fermo. Mi squadra.
–Un paio di sere qui, un paio al ristorante. Hai il libretto? No? Fallo e fammelo avere. Paga oraria e, se ci sono, mance divise. Quando sei qui sono solo tue.- ha una voce simpatica, però parla troppo in fretta.
Mi sta assumendo? Luca mi guarda inorridito. O meglio guarda inorridito il mio zainetto.
-Tutto a posto?- lo interrompe –La mia amica può iniziare da domani?-
Mi guardo intorno. Perché mancano i tavoli 13 e 17?
-Sì.- sento che risponde Roderigo –Piacere. Ci vediamo domani.- mi liquida.
Ho il posto! Luca mi ha chiamata subito sul cellulare: -Niente viola, niente venerdì diciassette, niente martedì 13, niente giallo, butta via quello zainetto! Hai avuto un culo tremendo. Se vuoi ti accompagno a fare il libretto. Roderigo è estremamente superstizioso.-
Ora me lo dice.
-Sarà rimasto abbagliato dalla tua semplicità. –
Ha detto che sono “semplice”!!
Per festeggiare mi vado a comprare un bel paio di morbide ciabatte da casa, viola.
§§
I primi tempi devo stare in cucina. Apparecchio, sparecchio, asciugo le posate. Al limite posso portare l’acqua ai tavoli, ma niente comande. Che ci vorrà mai? Dici quello che è segnato sulla lavagna, raccogli l’ordine, lo porti in cucina con il numero del tavolo e poi ritiri i piatti quando suona la campanella. Dopo tre ore il ristorante è talmente pieno che per i dessert decidono di buttarmi nella mischia.
-Sono solo tre tipi di dolci. Non ti puoi confondere. Prendi l’ordinazione. Torni qui al banco. Prepari il vassoio. Torni al tavolo. Ora vai in terrazza.- dice Rebecca, mentre mi porge il taccuino e la penna.
Esco in veranda. C’è un panorama mozzafiato. L’aria è ancora calda. Mi guardo intorno. C’è una famiglia di nove persone, bambini e nonni compresi, che ha appena finito il secondo. Inizio a sparecchiare e chiedo loro se vogliono un dolce.
-Cosa avete?-
Elenco i tre dolci. Impilo tutti i piatti. Ci pensano. Chiedono consiglio. Decidono. Prendo l’ordine. Metto il taccuino e la penna nella tasca dei pantaloni e rientro con una pila traballante di piatti sporchi che lascio in cucina. E ora a noi, dolci. Prendo il vassoio. Rileggo l’ordine. Nove dolci? E dove li metto tutti? Proviamo. Preparo i piattini. Li incastro sul vassoio. Lo sollevo a fatica. Esco in veranda, con questo tremendo peso, che non so perché non ho deciso di fare due viaggi. Va a finire che ora mi cade tutto! Stringo il vassoio e mi guardo intorno. Non vedo più la famigliola. Ho impiegato troppo tempo e hanno deciso di andarsene senza che nessuno mi dicesse niente? Come pesa quest’affare.
-Signorina!- una voce di donna sta chiamando qualcuno.
Non ci sono proprio più. Eppure erano lì, vicino alla siepe. Avanzo tra i tavoli. Ci sono altre persone. Non c’è un tavolo libero.
-Signorina!- ancora la stessa voce gentile.
Forse si è già seduta altra gente? E ora? Che si fa in questi casi? A chi do’ questi dolci?
-Signorinaaaaa!-
Mi volto per vedere chi diamine sta cercando. Oddio, è il mio tavolo. Non era sparito.
-Siamo quiiii.- dice la signora sventolando la mano.
Ero uscita in terrazza dal lato sbagliato.
-Caffè?- chiedo sorridendo, mentre finalmente appoggio il vassoio e distribuisco i piatti.
§§§
Ho imparato a fare le lasagne al forno e il pesce al cartoccio. Ora le amiche mi portano anche il vino bianco. Leggo tutti i libri e se non mi piacciono lo dico, comunque non faccio più solamente recensioni. Ho imparato a stare al banco del bar e che sono negata per servire ai tavoli, ho imparato che è bello mettere passione nelle cose che si fanno e che vale la pena rialzarsi ogni volta che si cade: serve a capire cosa veramente ci rende felici e ad esserlo.
Leggero come una farfalla questo racconto positivo e ben scritto. I flash dei momenti vissuti danno ritmo e rendono perfettamente il senso delle azioni che la protagonista svolge. Mi hai fatto sorridere più di una volta.
Molto piacevole leggere un racconto che racconta la semplicità della felicità. E poi ora sono proprio tra i tavoli. complimenti per lo stile.
Concordo in pieno con Roberto, fresco, fluido, trasmette speranza e positività, se ne ha sempre bisogno!
Bel lavoro!
Brava!
Una volta ho letto che ci si può allenare a essere contenti, non ricordo dove ma che era una paternale che non mi aveva tanto convinto sì. Oggi ho letto il suo racconto e sono già felice. Buona giornata anche a lei e grazie!
Grazie Roberto. Noto che sei un lettore attento che non si sottrae ad uno stile piuttosto che ad un altro e riesce a calarsi in temi diversi. Hai una grande capacità o una grande preparazione. Sei attento a ciò che gli altri intendono trasmettere. Mi fa piacere averti fatto sorridere.
Bellissimo sapere che eri tra i tavoli mentre leggevi il mio breve racconto, Carmine. Bel lavoro il tuo! difficile però!! Spero sia stata una bella serata.
Grazie.
Grazie Liliana. Sì, se ne ha sempre bisogno. Sarebbe bello che anche questa volta accadesse come i cerchi che nascono sull’acqua quando ci si tira un sasso. L’onda positiva e piena di speranza che si allarga….
Grazie Lidia, mi ha fatto emozionare leggere il suo commento. Bene. Sono lieta che sia uscito dalla penna.. (e sì, perché io e la tastiera litighiamo ancora, perché ogni tanto mi fa sparire le cose che scrivo, mentre la penna non cancella mai da sola le mie parole!)
Ciao Barbara, un racconto davvero leggero e semplicemente allegro. Brava, fanno bene anche le note positive nella vita.
Bello!Divertente, autoironico, ironico, positivo! Efficace la sintesi dell’ultimo paragrafo, trasmette voglia di vivere.Mi piace lo stile e la caratterizzazione dei personaggi. Complimenti!
è una grande dote l’ironia specie se non disgiunta da una buona capacità di osservazione e di sintesi.Il racconto si legge bene, mi sembra che emerga anche la difficoltà dei giovani di barcamenarsi tra mille impegni per essere autonomi e tuttavia è raro che ciò venga raccontato senza piangersi addosso.Perciò congratulazioni! Nel racconto emerge un percorso di vita che, se pur racchiuso nella brevità del racconto stesso, porta a un cambiamento in chi lo percorre, un cambiamento positivo così come positiva è l’atmosfera dall’inizio alla fine.
grazie Raffaella, a volte credo che è ciò che si scrive che vuole essere
scritto, noi possiamo decidere di assecondarlo e scriverlo o lasciarlo lì
nell’aria.
Grazie per il commento Anna, cercavo una frase diversa da “sbagliando si
impara”, perché da sola mi ha sempre fatto tristezza: a volte capita nella vita
che sbagliando si risbaglia o non si riprova. Ma anche dire “facendo bene si
impara” non lo trovavo del tutto esatto: è vero che quando si fa bene una cosa
si acquista fiducia nel farla, ma non è detto che si riesca alla prima in tutto
ciò che vorremmo fare. Da lì se ne è uscita la frase finale del racconto!
Grazie Matteo, specialmente per tutti i punti esclamativi !
Veloce, ritmico, scorrevole. In una parola “piacevole” da leggere. Complimenti all’autrice che, con leggerezza, riesce a descrivere abilmente situazioni che coinvolgono il lettore, strappandogli più di un sorriso. Anch’io penso che se mi dico che sono felice, posso esserlo…
Molto bello! Fresco, piacevole, simpatico. Si legge bene e mi ha fatto sorridere. Brava! Complimenti!
” …è bello mettere passione nelle cose che si fanno!” …e la tua passione si sente!
Grazie Maria, per tutto ciò che ha scritto.
grazie Paola, sì la passione andrebbe messa in tutto, a volte però ce ne va un po’ di più in qualcosa che facciamo più volentieri…
Contrariamente al titolo, io penso che la felicità sia uno stato di grazia e non un obiettivo che si possa perseguire.
La serenità semmai può essere avvicinata con buona volontà e piccoli passi.
Ma questo non ha impedito al racconto di piacermi perché non credo che sia necessaria la coerenza tra titolo e svolgimento.
A me è parso che la protagonista, obbligata a vivere tra personaggi piuttosto squallidi, si sia data da fare per reagire e per trovare equilibrio e dignità nelle nuove esperienze.
Il fondo di malinconia rimane perché si vede che è una persona che riflette e che prova a resistere.
Ma la protagonista ne esce migliorata e più forte, direi in pace con se stessa.
Quindi il racconto è profondo e fa pensare; lo stato d’animo è sospeso anche in chi legge e questo mi piace, stimola, lascia aperte molte possibilità. Brava!
…interessante punto di vista Piona, ohh io ritengo che quello stato di grazia si possa perseguire, ma non con la sola volontà, è un esercizio, ma questo esula dal racconto e dal suo titolo (strana affermazione vero?). Per il resto, ogni volta mi piace se posso conoscere una chiave di lettura personale e quindi diversa (anche perché ogni persona ha la sua). “Il racconto fa pensare” … è bellissimo che anche le ali di una farfalla abbiano questa forza. Grazie.
… un racconto semplice che mi ha portato indietro nel tempo….
ho conosciuto tanta gente lavorando tra i tavoli….e’ bello mettere passione e imparare qualcosa di nuovo dalle cose che si fanno e dalle persone che si incontrano!!!!!!!!!!!!!
Brava!!!!!!!!
grazie del commento Mariella. Si, stare in mezzo agli altri apre ogni volta una porta, che si voglia o no, e quello che si scopre è sempre un valore aggiunto.
Fresco e scorrevole. Spunti autobiografici o divagazioni dalla vita di tutti i giorni? Di certo pota il lettore nella realtà del personaggio.
Grazie Valerio. Portare il lettore nella realtà del personaggio è già un bel goal.
Racconto scorrevole, leggero e mentale allo stesso tempo. È bello il modo in cui quasi “dipingi” le varie scene, sembra di vederle e viverle con la protagonista. Divertente e propositivo, ogni giorno sembra un nuovo inizio, pieno di sogni da realizzare. Continua così!
Grazie Geremia, per avere letto e meditato un commento che poi hai anche scritto. L’ho riletto per vedere se “dipingo”. Ho riso di nuovo mentre leggevo. Sono felice che siano diventate scene e personaggi visibili e vivibili.
http://www.raccontinellarete.it/?p=23016 Vorrei commentare per invogliarvi a leggere, ma come si fa? Proviamo ad attirare per esclusione: non muore nessuno, non è mentale (si forse un po’ lo è), non parla di niente (o di alcunché?) che sia tecnologico, figuriamoci lei farebbe saltare la connessione internet o infilerebbe lo smartphone in lavatrice con il giubbino di jeans, manca e un po’ mi dispiace la fantascienza, … Però, dentro ci trovi .. la vita. Starò con le dita incrociate per vedere se funziona e se mi leggete lasciando commenti o tracce (non trovo un sinonimo e non ho tempo di cercarlo adesso, quindi prendetene solo il senso buono) della vostra presenza! Non fatemele intrecciare …
LEGGIMI 😉 http://www.raccontinellarete.it/?p=23016 Vorrei commentare per invogliarvi a leggere, ma come si fa? Proviamo ad attirare per esclusione: non muore nessuno, non è mentale (si forse un po’ lo è), non parla di niente (o di alcunché?) che sia tecnologico, figuriamoci lei farebbe saltare la connessione internet o infilerebbe lo smartphone in lavatrice con il giubbino di jeans, manca e un po’ mi dispiace la fantascienza, … Però, dentro ci trovi .. la vita. Starò con le dita incrociate per vedere se funziona e se mi leggete lasciando commenti o tracce (non trovo un sinonimo e non ho tempo di cercarlo adesso, quindi prendetene solo il senso buono) della vostra presenza! Non fatemele intrecciare …
Trovo tanta genuinità e freschezza nel racconto, come di chi vuole fare il proprio lavoro, il proprio dovere con semplicità e con senso di responsabilità. Bisogna mettersi in gioco non trascurando di rispettare la dignità propria ed altrui. In bocca al lupo.
Emanuele
Emanuele, che dire… grazie 🙂