Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “L’olio di nonno Vincenzo” di Raffaella Notaroberto

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Andrea stava assaggiando l’olio nuovo che avrebbero imbottigliato per consegnarlo ai vari supermercati della Toscana. L’olio di Nonno Vincenzo.

La resa della raccolta dell’uva per il vino era andata bene ed erano riusciti a vendere tutta la produzione. La lavorazione del pane a lievitazione naturale stava dando i suoi buoni frutti: tante persone chiedevano il pane cotto con i metodi tradizionali.

Marco gli stava passando una fetta di pane abbrustolito, cosparso con l’olio nuovo, quando il suo pensiero andò a qualche anno fa, quando, come tanti giovani, cercava di trasformare i suoi sogni in realtà. Ma, come tanti ragazzi della sua età, aveva dovuto da subito fare i conti con la vita, quella vera, dal sapore un po’ amaro: una realtà fatta di compromessi, rinunce e ricerca di nuove strade da percorrere. Per alcuni queste strade avevano significato lasciare l’Italia e andare all’estero proprio come avevano fatto tanti italiani agli inizi del novecento. Per Andrea, e altri come lui, aveva significato rimanere in Italia e riscrivere il proprio sogno per renderlo realizzabile. E Andrea aveva iniziato a riscrivere il suo sogno solo qualche anno fa, accettando un altro ‘copione’ che la vita aveva preparato per lui. In quel momento gli parve di sentire ancora il sapore agrodolce del giorno in cui aveva capito che un’occasione può diventare un’opportunità solo seguendo con coraggio la nuova via che ti indica la vita, perché purtroppo non sempre i nostri desideri diventano veri. La vita non è come quella dei film. Delle volte, la vita si pone di fronte agli uomini come un soldato che sbarra il passaggio e ti obbliga a tornare indietro o a cercare un percorso alternativo per riuscire ad arrivare dall’altra parte.

“Gentile Signor Andrea Altieri, siamo spiacenti ma al momento la nostra struttura è al completo. Il suo curriculum verrà inserito nel nostro data base nel caso il suo profilo ci dovesse tornare utile in futuro.”

‘Futuro?!’ aveva esclamato ad alta voce Andrea, mentre riduceva la lettera in una pallina di carta da lanciare nel cestino. I giornali sembravano dei necrologi delle aziende che chiudevano e del numero dei disoccupati che aumentava. Tanti giovani italiani partivano per l’estero, emigravano con il trolley invece della vecchia valigia di cartone.

Si era preso la testa tra le mani per trattenere la rabbia, la delusione, che sentiva dentro. Si sentiva impotente.

Poi, sua madre era venuta a distoglierlo dai suoi pensieri ricordandogli che doveva accompagnare il nonno dall’oculista.

Nonno Vincenzo – sopravvissuto alla guerra e ai campi di concentramento – era riuscito a rinascere, come tutti gli italiani nel dopo guerra, partecipando alla ricostruzione del paese.

“Allora al governo c’era gente onesta, che aveva sofferto come noi, che aveva visto le atrocità della guerra, che sapeva cosa volevano dire i sacrifici, il rispetto e la dignità di ogni essere umano,” diceva a gran voce nonno Vincenzo quando sentiva al telegiornale l’ennesimo caso di mal governo o di spreco delle risorse pubbliche. In camera di nonno Vincenzo troneggiava la fotografia di Sandro Pertini, che considerava un grande uomo e un grande politico italiano.

Così mentre erano in auto per andare dall’oculista, nonno Vincenzo aveva detto: ‘Andiamo a trovare il mio amico Giovanni che vive verso Siena. Tanto tua madre è fuori per lavoro tutto il giorno e anche per tuo padre oggi è giorno di lavoro…’ aveva aggiunto il nonno facendo l’occhiolino ad Andrea.

E senza accorgersene, quasi per magia, Andrea si era trovato in direzione di Pisa Aeroporto per imboccare la strada verso Empoli e poi Siena. Era da diverso tempo che lui e il nonno non fuggivano insieme come due scolaretti che hanno deciso di non andare a scuola.

Giovanni viveva nel suo casolare sperso nella campagna senese. Dopo la guerra aveva deciso di fare l’agricoltore, di coltivare la terra per non morire più di fame, tanto diceva: ‘tutti hanno bisogno di mangiare’.

Furono accolti da Giovanni e da sua moglie Teresa, dal sorriso fresco di chi vive a contatto con la natura e sa apprezzare le cose semplici.

“Il governo ci massacra con le tasse e ci soffoca con la burocrazia. Le stagioni sono sempre più imprevedibili ed estreme, e delle volte il mal tempo distrugge il sacrificio del nostro lavoro, ma, nonostante tutto, ci sforziamo di andare avanti vivendo dignitosamente quanto la vita ha da offrirci e ringraziando ogni giorno il Signore per il pane che ci mette sulla tavola.”, diceva Giovanni mentre sorseggiavano il vino nuovo prodotto dalle sue cantine, “Tanti giovani italiani non vogliono più lavorare la terra, per fortuna mio figlio Marco ha deciso di portare avanti il nostro lavoro e grazie anche alle braccia di gente che viene fuori dall’Italia riusciamo ancora a lavorare i nostri campi.”

Andrea aveva ascoltato in religioso silenzio la conversazione tra Giovanni e nonno Vincenzo e aveva capito perché il nonno lo aveva portato in quella fattoria: disoccupato da più di sei anni ormai e dopo aver svolto tra i più disparati lavori, si ritrovava ancora a vivere con i suoi genitori: sua madre, commessa in un supermercato, e suo padre, impiegato presso un’azienda di servizi, messo in cassa integrazione che alternava giorni a casa e giorni in ufficio. La pensione del nonno li aiutava a pagare le spese e ad arrivare in fondo al mese, oltre ad aver contribuito al conseguimento della laurea di Andrea. La laurea? Un foglio di carta che non garantiva più nulla, che attestava semplicemente che dopo le scuole superiori avevi continuato a studiare, sperando che il tuo sogno potesse diventare il tuo lavoro. Il suo amico Paolo aveva scelto di partire per la Nuova Zelanda per fare il biologo marino, in Italia non avrebbe avuto nessuna prospettiva, nessun futuro. Aldo aveva aperto una pizzeria a Manhattan e sempre più spesso gli diceva di raggiungerlo negli Stati Uniti.

Marianna era partita per Londra con la sua laurea in Scienze della Comunicazione ed era entrata a lavorare in un’agenzia pubblicitaria, e per sposarsi aveva dovuto usare le ferie perché in Inghilterra non esiste la licenza matrimoniale. Giada lavorava d’estate in Norvegia come accompagnatrice turistica mentre d’inverno faceva l’istruttrice di sci quando la stagione andava bene. Luca lavorava come skipper in giro per il mondo: aveva trasformato la sua passione per la barca a vela in un lavoro.

Elisabetta era un’insegnante precaria che ogni mattina partiva da Pisa per andare ad insegnare a Volterra: con lo stipendio che percepiva non poteva permettersi una casa in affitto.

Dario era stato assunto per sostituzione di maternità presso un’azienda farmaceutica, ma aveva già comprato il biglietto di sola andata per l’Australia. Chiara, la sua ragazza, lavorava come baby sitter, nella speranza che un giorno avrebbe potuto fare l’avvocato e costruire una famiglia con Andrea. E tanti altri suoi amici vivevano di lavori precari per qualche mese oppure partecipavano a qualche concorso pubblico – dove si presentavano a migliaia per l’assunzione di una sola figura lavorativa – oppure non riuscivano a lavorare e continuavano ad andare avanti con l’aiuto delle loro famiglie.

L’Italia, meta turistica di tanti stranieri, terra dalle mille risorse, culla di scienziati, inventori, imprenditori, poeti, scrittori, ricca di opere d’arte, baciata da madre natura con un clima mite e un territorio variegato, veniva distrutta a colpi di macete da coloro che per primi dovevano valorizzarla, arricchirla. Ma dove erano finiti gli Italiani? E l’articolo 1 della Costituzione che recitava: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” era solo un articolo privo di contenuti?

Così Andrea, quel giorno, in visita alla fattoria, mentre ascoltava i discorsi di nonno Vincenzo e del suo amico Giovanni, aveva deciso che il suo sogno di fare il giornalista lo avrebbe ‘piantato’ nei campi lavorando la terra nella speranza che un giorno l’Italia si sarebbe, con orgoglio, risollevata, ridestata dal torpore nel quale era caduta grazie a quelli che come lui decidevano comunque di rimanere e lottare per un paese migliore e onesto, anche in onore di quegli italiani che avevano sacrificato la vita per difenderla durante la guerra, in onore di suo nonno Vincenzo e di Giovanni che erano sopravvissuti, ma i cui occhi erano sempre più tristi e spenti.

‘Andrea domani mattina viene il veterinario’ disse Marco mentre usciva dalla cantina, richiamandolo al presente.

Il tramonto ormai volgeva verso l’imbrunire, Andrea prese alcune uova fresche, covate dalle galline nostrane e si diresse verso il casolare. La luna sembrava sorridergli. Si fermò un attimo e si mise ad osservare il cielo stellato. Per un attimo gli parve di sentire la voce di nonno Vincenzo: “Andrea, quando ero nel campo di concentramento ogni mattina che aprivo gli occhi pensavo di essere fortunato perché potevo vivere ancora un altro giorno e scoprire cosa la vita aveva da offrirmi.” Con il ricordo di quelle parole si diresse verso il casolare.

Chiara lo aspettava sulla porta avvolta nel suo maglione di lana, lavorato dalle mani rugose di Teresa: mani rugose ma ancora utili e forti. Le accarezzò il pancione. Abbracciati entrarono in casa dove fra due mesi sarebbe arrivato Lorenzo.

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12 commenti »

  1. Beh, alla fine quindi una speranza c’è…. Trovo sempre rischioso parlare al presente di una situazione attuale, c’è la possibilità di cadere nella retorica o nella critica. La dolcezza e la saggezza di Nonno Vincenzo rendono il racconto non banale.

  2. Ciao Roberto. La speranza è importante nella vita. La speranza delle volte è come la fiamma di una candela, ti permette di vedere anche dove c’è poca luce. Ho voluto parlare della situazione attuale per dare voce ai racconti che sento intorno a me. I nonni o i saggi sono delle figure molto importanti soprattutto in questo periodo di quasi assenza di valori. Grazie per aver letto il racconto e aver scritto le tue riflessioni.

  3. Ciao Raffaella ho letto il tuo bel racconto e mi sono emozionata, adoro le storie semplici, della terra, la nostra terra.
    Purtroppo benché io sia giovane mi viene nostalgia di tempi in cui i bambini respiravano aria migliore e mangiavano cibi genuini e triste penso a cosa stiamo offerendo ai nostri figli.
    Magari avessi ancora un nonno Vincenzo con cui parlare che mi possa indicare la strada quando credo di averla smarrita.
    Credo che SI DEBBA aaosultamente parlare di questi personaggi e di queste persone per non perdere la nostra Memoria che è l’unica capace di darci la forza per sorridere al futuro.
    Complimenti.

  4. Ciao Liliana, grazie. Mi fa piacere che ti sia piaciuto. Solo ritornando alla semplicità che non significa necessariamente l’essenziale, si possono riscoprire i veri valori e ritrovare appunto la nostra Memoria per sorridere sempre al futuro.

  5. Un racconto radicale, nel senso di radici. A quelle si torna quando non si vede il futuro, quando non sembrano esserci i frutti. L’olio nuovo ha un sapore unico, e leggendo il tuo racconto ne ho assaporato tutte le virtù. Complimenti!

  6. Ciao Matteo e grazie per i complimenti. Le radici sono importanti per una persona, per un popolo. Sono le basi necessarie per affrontare bene la vita con le sue tempeste. L’olio nuovo ha un sapore semplice, essenziale ma robusto. La semplicità fa apprezzare l’essenziale. Ancora grazie!

  7. Scritto in maniera semplice e diretta ci fa capire il disagio di Andrea che nonostante sia un laureato, incontra troppi divieti per entrare nel mondo del lavoro. Il nonno Vincenzo esercita il carisma di una persona ben ancorata alle tradizioni, e convince il nipote Andrea a lanciarsi in un avventura vitale e professionale, totalmente nuova, rispetto a cosa il giovane avrebbe voluto fare. Questo bel racconto dal sapore agreste ci fa intuire la bellezza insita nella fatica necessaria a coltivare la terra. Fatiche agricole che in questo caso permettono ad Andrea di trovare il giusto sbocco professionale e pure di formarsi una bella famiglia. Grazie nonno Vincenzo.

  8. Ciao Roberto, mi fa piacere che ti sia piaciuto. Andrea ha avuto molto coraggio nel seguire una nuova via indicata dalla vita, io li chiamo i ‘percorsi obbligati’ in quanto ‘ci devi passare’. Il tutto grazie a nonno Vincenzo perché la figura dei saggi, secondo me, è molto importante soprattutto nel mondo di oggi pieno di complessità: occorre un ‘ritorno’ alle cose semplici, ‘ alla terra ‘ appunto. Grazie per le tue riflessioni.

  9. Intenso, scorrevole, ricco, estremamente attuale. Valorizza ciò che ritieni appartenere al passato “i sacrifici, il rispetto e la dignità di ogni essere umano”, portandone la consapevolezza anche nel presente. Bello e ben scritto.

  10. Grazie Barbara, mi fa davvero piacere che ti sia piaciuto. I valori hanno forza se hanno radici forti nel passato.

  11. Raffaella, il tuo racconto è così ancorato alla realtà che è quello che stanno vivendo i miei figli. Dopo il liceo hanno sentito che la loro felicità era legata alla terra. Quella terra che hanno visto coltivare dal nostro vecchio vicino di casa agricoltore. Noi genitori, con tanta fatica, sia fisica che economica, li stiamo appoggiando.

  12. Ciao Rita, con il mio racconto ho dato voce ai ‘silenzi’ dei giovani (e alcuni meno giovani) che oggi, come i tuoi figli, si reinventano e cercano la felicità altrove. Cambiare prospettiva chiede tanto coraggio. Il ruolo della famiglia è molto importante: è quel porto sicuro dove ancorarsi nei momenti di ‘stanchezza’ e di ‘bisogno’.. Sono felice per tutti voi e vi faccio un grande in bocca al lupo!

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