Premio Racconti nella Rete 2015 “Dov’è la tua vittoria?” di Andrea De Santis
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Questa mattina mi sento diverso. La terra è più umida del solito, l’aria fredda e tagliente tanto da poterla sentire sin dentro tutte le mie esili membra.
Gli altri…. gli altri sono sempre gli stessi. Oramai non li riconosco neanche più, tutti uguali, tutti rassegnati.
Hai vinto Caino!
Eppure io ….. oggi mi sento che… ma sì, chissà!
Ci hanno detto che dobbiamo svestirci e andare nel locale giù in fondo, dove ci avrebbero dato una ripulita.
Molti ci sono andati in precedenza e non li ho visti più, spariti, chissà dove.
Hai vinto Caino!
Non so perché gli altri sono così tristi ma oggi…. oggi è la svolta! Niente lavoro duro, una doccia per rimetterci in sesto e poi via, da qui, comunque andrà sarà un successo. Mi dico: “Forza, togliamoci questi stracci che portiamo da mesi e mesi e andiamo!”
Ma loro non sembrano essere d’accordo con me. Sarà che io….. Ah già, mi presento: io…… io sono Alberto, ho dieci anni. Non mi ricordo neanche più quando ci portarono qui, il tempo oramai ha perso ogni senso. So solo che dal quel giorno tutto è stato diverso. Niente più giochi, niente più feste in famiglia ora…. Ora siamo una grande famiglia ma non c’è gioia, non ci sono giochi qui. Solo rumore di denti stretti e lamenti. Forse è proprio questo l’inferno di cui sentivamo parlare qualche volta la Domenica. E se non lo è ci si avvicina molto.
Hai vinto Caino!
Accidenti che freddo che fà! Ora siamo tutti qui, in fila, per entrare. Ma non è come quelle file che si facevano per prendere le caramelle dalla nonna. Non c’è frenesia di andare, non c’è ansia e curiosità nelle persone che mi stanno vicine. Solo io sembro essere curioso. Ma si, dai! Sono un bambino! Sono il più piccolo qui e si sa, i bambini sono curiosi. Ma perché mi guardano con quelle facce? Perché non mi dicono niente, perché hanno bisogno di qualcuno che li spinga dentro? Io sarò pure un bambino ma…. Entro da solo! E tu? Tu che hai da sorridere? Non hai mai visto un bambino nudo di 10 anni che pesa 20 chili andare a farsi una doccia? Se potessi quel fucile te lo metterei al posto del naso! Se avessi un briciolo di forza parlerei anche, ma … non ci riesco. Semplicemente non ci riesco.
Hai vinto Caino!
Caino è lì che mi guarda con quel sorriso tagliente come una lama di rasoio. Caino si! Io li chiamo così, tutti quanti. Sono tutti uguali, tutti alti, tutti biondi, con le stesse divise e mi odiano solo perché io non sono come loro. Ma perché non possiamo essere amici? Perché mai io non posso giocare con i vostri figli? Cosa ho io che non va? Di Caino ne ho sentito parlare al catechismo: uccise suo fratello per gelosia o chissà che altro ed allora, loro, sono diventati i miei “Caino”.
Questa stanza fa schifo, come tutte le altre. Siamo in molti qui dentro, non si ha spazio nemmeno per muoversi. Ma dimmi tu se possiamo farci una doccia in queste condizioni! Non c’è spazio fra un corpo e l’altro, siamo ammassati come bestie! Siamo marchiati come bestie. Siamo trattati come bestie, od anche peggio. Io non trattavo così neanche il mio cane: Tobia, chissà che fine hai fatto? Chissà se ti ricordi ancora di me. Nessuno si ricorda più di me. Mio padre, mia madre e i miei fratelli… tutti spariti.
Hai vinto Caino!
Adesso sento… sento che qualcosa si muove dentro le tubazioni. Ma… ma non so cosa. Oddio! Una nuvola giallastra ci avvolge ma che diavolo succede? Il respiro si fa sincopato, i nervi si tendono e provo un dolore diffuso allo stomaco… La mascella si serra, i denti si rompono uno con l’altro, i muscoli si irrigidiscono, il corpo inizia contorcersi, la schiena si spezza. Mio Dio che dolore! Aiuto, qualcuno mi aiuti! Non ce la faccio a sopportare tutto questo.
Hai vinto Caino! Ma adesso…… basta! Basta ti prego, hai vinto! Basta!
AIUTO!
AIUTO!
AIU….
E adesso? Dove mi trovo? Non c’è niente qui, niente rumori, niente odori, niente di niente. C’è solo una sensazione di leggerezza e serenità che non riesco a descrivere.
Siamo tutti qui, insieme. Credetemi, ci sono tutti! Ci sono anche mio padre, mia madre e i miei fratelli. Non ci sono numeri sui nostri corpi, siamo semplicemente…. noi!
Riesco solo a provare una pace ed una gioia che nessuno mai mi aveva fatto provare prima.
E adesso?
Adesso lasciate che questa pace dimori finalmente in me. Non provo odio, né rancore verso Caino, ma solo pietà. Pietà per chi vivrà, inconsapevole, sino a quando sarà sorpreso da quel giorno che arriva prima o poi per tutti. Per quel giorno, forse, si sarà pentito di quanto ci ha fatto. Eseguivi solo degli ordini? No Caino. Tu avevi libero arbitrio, come tutti gli altri ed hai scelto di assecondare le follie invereconde di un pazzo. Ma non è questa la domanda che gli farò quel giorno. Quando anche lui avrà lasciato la sua vita terrena allora saprà che non potremo mai più incontrarci, perché dove sarà lui, laggiù, non possiamo andare noi, che siamo quassù.
Lo guarderò dall’alto verso il basso, come faceva lui con me. Lo guarderò negli occhi, quei suoi occhi chiari, glaciali. Lo guarderò e gli chiederò:
“Caino, dov’è la tua vittoria?”.
La storia è un pugno nello stomaco. Se posso permettermi, però, la parte più credibile e riuscita è quella finale, quando l’anima di Alberto è ritornata ad essere Luce e parla con la consapevolezza non più di un bambino ma di un Anima vicina a Dio, senza età apparente. Visto che hai deciso che l’io narrante fosse un bambino di 10 anni, a quell’età non si utilizzano termini quali esili, marchiati come bestie, sincopato… Secondo me, ma è solo un semplice punto di vista, fallo crescere e dagli 18/20 anni e fagli lo stesso ricordare di sua nonna e del cane. Il racconto non ne perderà in pathos.
Tema scabroso trattato con rispetto e fermezza. Il tuo racconto emotivamente molto intenso serve a ricordarci che mai dobbiamo dimenticare quanto accaduto nei campi di sterminio nazisti, affinché non accadano mai più atrocità del genere, dovute purtroppo anche alla pusillanimità di tutti quei soldati che annullarono la propria coscienza preferendo obbedire agli ordini disumani di un invasato.
Grazie mille. I vostri commenti sono testimonianza che il racconto ha raggiunto il suo scopo ovvero far riflettere per non dimenticare.
Solo un appunto per il sig.Montenero: quando dai un giudizio su un racconto o altro non devi giustificarti dicendo che è un tuo semplice punto di vista. E’ la tua opinione, esposta in modo garbato e costruttivo e quindi degna della massima considerazione. Il piccolo Alberto me lo sono immaginato così: piccolo – grande uomo. Quando sei costretto a crescere in luoghi come quelli descritti nel racconto si finisce (ahimè) pe crescere troppo in fretta. Grazie ancora e buona lettura a tutti.
Buongiorno Andrea il tuo racconto è da brividi.
Il flusso dei pensieri mi sembra sia ottimamente narrato.
Non concordo con il parere di Roberto nella parte in cui dice, se non ho capito male, che il linguaggio non appartiene ad un bimbo di quella età.
Io l’ho trovato coerente con un bimbo cresciuto in un periodo storico diverso da quello attuale e comunque un bimbo che per i motivi che sappiamo ha vissuto esperienze di vita che evidentemente hanno fatto perdere prematuramente la spensieratezza.
Il confronto resta costruttivo poiché il suggerimento fornito è una ulteriore strada percorribile.
Complimenti.
Bello!!! Mi piace soprattutto il senso di consolazione e la serenità finale. Quel’ultima frase, senza dubbio mutuata dalle sacre scritture (morte dov’è la tua vittoria, il tuo pungiglione etc, se ricordo bene è S. Paolo) è come un sigillo e riesce a dare un senso nuovo alla vicenda, ma anche alla Storia. “…le cose din prima sono passate…”
Anch’io dissento un po’ da Roberto. I bambini degli anni ’40 erano molto più maturi dei nostri cucciolotti odierni, anche senza bisogno di essere deporati…
Correggo: deportati.
Grazie Andrea per aver capito quello che volevo dire. Commentare i racconti qui esposti solo in modo scritto può prestare il fianco a fraintendimenti. Secondo me il tuo è un bel racconto ed il tuo modo di scrivere fila via bene, raggiungi l’obbiettivo di far riflettere sull’animo umano, su quello che gli uomini possono (purtroppo) compiere e su come certe situazioni ti obblighino a cresce in fretta. Quando scrivo il mio punto di vista, intendo proprio quello: ovvero come lettore ho percepito una difformità tra il parlato e l’età del protagonista. Ma questa percezione è (come altri hanno scritto) solo mia. Un punto di vista appunto… 🙂
Racconto toccante, essendo basato su una pagina di storia tanto dolorosa. Il bambino si esprime con una lucidità da grande che rende più evidente l’assurdità del mondo in cui è stato calato.
Grazie a tutti voi per le belle parole. Voglio ringraziarvi uno per uno:
Per Liliana: troppo buona, troverò il tempo di leggere i tuoi racconti e magari condivdere qualche opinione costruttiva come la tua.
Per Elga: Centro! sei una buona futura detective e grazie ancora per le belle parole.
Per Roberto: grazie di tutto anche tu troppo buono e non smettere mai di dare la tua opinione, qualunque essa sia, nel modo garbato e costruttivo che ti contraddistingue.
Per Elisa: si, l’argomento trattato è una pagina oscura della nostra storia che molti vorrebbero dimenticare. Consapevole che parlarne poteva essere rischioso, mi sono sentito di farlo …. il racconto è nato tutto d’un fiato.
Buona lettura!
Andrea grazie a te, volentieri aspetterò i tuoi commenti 🙂
Il tuo è un racconto che tocca l’anima di ognuno di noi. Non si può dimenticare, no, non si può. Ed essendo il protagonista un bambino, tutto risulta ancor più commovente. Bella storia. Solo un piccolo appunto che distrae leggermente il lettore, visto che hai avuto la capacità di farlo immedesimare. Quando parla ancora bambino, il linguaggio dovrebbe essere più semplice, tipo “respiro sincopato”. Non nascondo che mi ha distratto, un sussulto per la sua incongruità. Poi, divenendo anima tutto va bene. Bravo, complimenti!
Hai fatto bene a rischiare!
Grazie Emma per le belle parole. Terrò in considerazione tutti i Vostri preziosi commenti.
Buona lettura.
La Storia con la “S” maiuscola. Provo sempre una grande moltitudine di sensazioni quando si parla di certi temi, tu Andrea mi hai fatto pensare al realismo estremo di tanto cinema contemporaneo, e con il desiderio che mai più accadano certe cose hai colpito il segno;)
Bhe Luca, che dire. Innanzitutto GRAZIE. Se la storia arriva sia come trama in se stessa che come messaggio per una futura ed indelebile memoria vuol dire che siamo a buon punto.
Il realismo aiuta a far capire che non sono storielle, favole o altro ma fatti realmente accaduti (per quanto alcuni si ostinino tutt’oggi ad affermare il contrario……).
Buona lettura!