Premio Racconti per Corti 2015 “Il tempo allo specchio” di Emma Saponaro
Categoria: Premio Racconti per Corti 2015Aspettiamo che ritorni la luce
di sentire una voce
aspettiamo senza avere paura, domani.
(Lucio Dalla, Futura)
Quasi tutti pensavano che l’uomo e il ragazzo fossero padre e figlio, probabilmente per la straordinaria somiglianza che li univa.
Era una fredda mattina di febbraio. Il cielo era terso e il sole diffondeva un piacevole calore. Seduti in un bar dell’aeroporto, parlavano uno di fronte all’altro sorseggiando caffè. In quel momento la radio stava trasmettendo la voce graffiante di Lucio Dalla che cantava Futura. Nessun’altra colonna sonora sarebbe stata più adatta a quella situazione.
«Non devi partire, dammi retta.» disse l’uomo, rivolgendosi al ragazzo.
«Io devo partire. In Giappone farò carriera.» obiettò il ragazzo. Ma, non ricevendo risposta e dopo un momento di esitazione, continuò: «Ammesso che io ti creda, cosa dovrei fare?»
«Non devi partire e basta.»
«Ma perché?»
«Perché la perderai definitivamente, e non te lo perdonerai mai. Nessuna donna che incontrerai sarà come Matilde. Maledirai questo giorno, credimi.»
«Follia! Questa è pura follia.» sussurrò il ragazzo, voltando lentamente il capo da una parte all’altra, con espressione tetra e inebetita allo stesso tempo.
«Voglio sapere di più!»
«Lei si ammalerà. Sposerà un tipo insulso che le offrirà una sicurezza economica. Matilde, schiacciata dalla solitudine e pur non amandolo, si farà convincere, non foss’altro per non far crescere sua figlia senza un padre.»
«Hai detto “sua figlia”?»
«Te lo ha detto che è incinta, giusto?»
Improvvisamente, il ragazzo fu pervaso da un tremore che aumentò il disagio. Respirava a fatica e, con un gesto rapido, si tolse la sciarpa che gli dava la sensazione di soffocamento. Era stupito, incredulo, ma anche curioso e spaventato. Quando il coraggio tornò, riprese il dialogo: «Sì, me lo ha detto, ma ha aggiunto che il momento è sbagliato e non ha intenzione di portare avanti la gravidanza.»
«Balle!»
«Scusami, non mi sento bene…» si lamentò il ragazzo, dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua tutto d’un fiato.
«So che è difficile, ma ora devi credermi. Ascolta, Matilde ti ha detto così solo per paura che ti sentissi intrappolato. Sa benissimo quanto tu tenga a questa dannata carriera, che un giorno maledirai per averti fatto perdere tutto, tutta la tua vita. E poi, ti ha detto così per metterti alla prova.»
«Alla prova?»
«Sì, per vedere come avresti reagito, e invece tu cosa hai fatto? Hai detto che aveva ragione e che non avresti voluto rinunciare alla tua promozione. Coglione!»
«Vero, esattamente questo, ma…»
«Niente ma. Ora spero che tu sia convinto di come stanno realmente le cose».
Il ragazzo continuava ad avvertire capogiri e ora anche un leggero senso di nausea. Aveva la sensazione di vivere in un sogno, ma questo non gli tolse la forza di continuare a parlare.
«Dimmi di più. Cosa succederà?»
«Non voglio farti del male.»
«Voglio saperlo, per Dio!» urlò, sbattendo un pugno sul tavolo e attirando l’attenzione dei presenti.
«Ok, ti dirò tutto. Non resisterà. La depressione prenderà il sopravvento e la spingerà al suicidio. Si getterà dal quinto piano della sua abitazione. Cadrà sul tetto della Volvo di suo marito, non morirà subito ma non farà in tempo ad arrivare all’ospedale.»
«E la bambina?»
«Lei, la piccola Aurora, avrà solo due anni quando la mamma morirà. Il marito è un noto chirurgo e, contrariamente a quanto voleva far credere a Matilde, non gli piacciono i bambini, così la scaricherà ai suoi genitori, due notai tutti d’un pezzo che non sapranno dimostrare affetto alla dolce Aurora. A 18 anni fuggirà dai nonni e… se la caverà. Vive a Londra.»
«Santo cielo!» Il ragazzo si accasciò sul tavolo, poggiando la testa sul braccio. Le emozioni che percepiva erano intense, troppo, e lo annichilirono fino a trascinarlo in un pianto disperato che servì a liberarlo dalla tensione che aveva fin lì accumulato. Lentamente cominciò a intravedere una luce, una speranza, e chiese all’uomo: «Ma tu…?»
«Io cosa?»
«Come hai vissuto in tutti questi anni?»
L’uomo ordinò un cognac che bevve in un sol sorso. Ingurgitare tutto d’un fiato significava bruciare e cancellare ciò che era stato e che poteva essere diverso.
«Non ho vissuto, mi sono lasciato trascinare dalla vita. Purtroppo, o per fortuna, non ho avuto il coraggio che ha avuto Matilde, ma sapessi quante volte ho pensato di porre fine alla mia sofferenza. Ho conosciuto donne, tante, belle, intelligenti. Ma pensavo solo a lei. Sono trent’anni che penso a lei e che maledico quel giorno.»
«Dov’è?» chiese il ragazzo.
«Se non ricordo male, oggi ha un’udienza, ma per il pranzo è libera».
Il ragazzo si alzò di scatto e andò via di corsa, dimenticando la sciarpa sul tavolino.
Arrivò in taxi davanti al tribunale, e lì aspettò trepidante Matilde per un’ora e mezza, non distogliendo mai lo sguardo da quel portone angusto, fino a quando la vide uscire. Indossava un cappotto doppiopetto, lungo e nero, che a lui piaceva tanto. Lei si voltò come se avesse sentito un richiamo e lo vide. Dapprima i loro sguardi si incrociarono, rimanendo così per lungo tempo, fino a quando anche i loro corpi ebbero modo di incontrarsi.
«Sono stato uno stupido. Lasciarti per la carriera!»
Matilde non rispose. Aveva gli occhi inumiditi dall’emozione. Provava felicità per un amore che pensava perduto per sempre.
«E, naturalmente, la frugoletta la terremo, no?»
«Che ne sai che sarà una femmina?» domandò Matilde divertita.
«Lo so e basta.»
«Sai anche come si chiama?»
«Sì, la chiameremo Aurora, e sarà bella come la mamma».
Era tutto deciso. Era riuscito a cambiare il corso della sua vita e a dargli un senso. Tutto questo per merito di sé stesso. Sarebbe stato un segreto che non avrebbe mai potuto svelare a Matilde: il segreto di un incontro con sé stesso più vecchio di trent’anni.
Che bella ideaaaaa, brava mi piace!
Incontro con se stesso, molto originale e d’effetto.
Il racconto è intenso e vero, anche ottimista perché non so quanti realmente lo farebbero, ma ci vogliono storie positive 😉
Complimenti
Emma, ti ho sgamata a “Balle!” 😉 Brava, bella storia con tanti risvolti da esplorare, primo fra tutti il paradosso del Tempo. Questo è un desiderio che tutti abbiamo, una seconda possibilità che ci permetterebbe di vivere al meglio la nostra vita. Ma ti faccio una domanda: e se il pomeriggio della riunificazione, mentre fa la spesa al supermercato, Matilde avesse la stessa esperienza del suo compagno ma con toni opposti? In fondo il destino non è stato ancora scritto…
Liliana, grazie.
Mi ribello ai destini crudeli e spesso faccio ribellare anche i miei personaggi. E’ come dichiarare che “cambiare si può”.
Oh Roberto sgamone!
1) La seconda possibilità è fondamentale e non dev’essere mai negata. La prima, cioè l’errore, serve a crescere, a cambiare, a capire, molto più delle parole, scritte o dette… banalità ma lo scrivo ugualmente;
2) rispondo alla tua risposta: al supermecato, e nel giorno della riunificazione, Matilde non può incontrare nessuno, perché il tempo è tornato agli anni ’70 e lei non ha conosciuto altri uomini oltre il ragazzo… almeno fino a quel momento 😉 Oppure non ho capito e volevi giocare sugli equivoci? Sarebbe interessante. Un feedback nel feedback a insaputa dei personaggi. Ci penserò!
Sgamone mi piace assai… In realtà pensavo a qualcosa del genere: Matilde giovane incontra Matilde vecchia che le intima di lasciare lui perché, abbandonata la carriera, è diventato un mediocre impiegato che aspetta solo il giorno della paga, si è imbruttito e passa tutto il giorno sul divano a lamentarsi di quanto è stato ingiusto il destino. Oppure è diventato uno alla Mr Grey delle famose sfumature e, oltre all’impero economico, si dedica alle pratiche alternative, ma con altre donne…. e via dicendo. E a quel punto, a quale destino ci affidiamo?
Fossimo in “Lost”, qualcuno ti direbbe che “quel che è fatto, è fatto”. E avrebbe ragione. Ma chi non vorrebbe “avvertirsi” in un dato momento della sua vita? Tu l’hai reso possibile e, direi, che un finale lieto, ogni tanto, non guasta. Brava!
Questo cortometraggio ha uno stile particolare che trovo carino ed originale. Ha soprattutto il merito di ricondurci a valutare con attenzione quanto sono importanti i sentimenti, che in questo caso riecono a soppiantare la prospettiva di una sfolgorante carriera in terra esotica. Un corto dal messaggio molto intrigante che viene fuori grazie ad una storia ben congegnata.
Davvero molto carino. Mi sono sentito lì quando il personaggio ha saputo da se stesso del bambino… Bello l’incontro con se stesso e bello anche il finale.
Grazie del commento, Salvatore. Ho seguito solo le prime tre serie di Lost, quindi ti capisco a metà. In genere, nei miei racconti curo il profilo psicologico dei personaggi e soprattutto invito ad agire anziché subire gli eventi e, comunque, agire con il cuore e la ragione.
Roberto, ti ringrazio delle belle parole.
Valerio, sono felice quando riesco a coinvolgere il lettore. Grazie infinite!
Ancora complimenti. Questo corto è veramente originale, sia per l’idea che per il finale. Brava
Ciao Liliana
premetto che questo genere di racconti non è il mio preferito (de gustibus, il mondo è vario, viva Dio!) tuttavia ho trovato lo stile di scrittura molto fluido e soprattutto molto ritmato (e non è semplice lo ammetto) riuscendo a coinvolgere anche i non addetti ai lavori come me. In definitiva riesce a farti provare quello che prova il narrante vale a dire che ti ci tuffi a piedi pari all’inizio e riemergi alla fine.
Complimenti.
Emma scusami,
ho inserito il commento del racconto di Liliana… chiedo venia ma stavo leggendo entrambi e mi sono sbagliato!
Venendo al tuo di racconto mi è piaciuto perchè si avvicina molto al genere che preferisco. Il tuo racconto è molto ritmato e non ti nascondo che potrebbe essere un bell’incipit per la trama di un film di successo; per cui occhio ai film in uscita!
Complimenti.
Grazie infinite, Marco.
Bello, Andrea, così mi esalti! Grazie, sono contenta ti sia piaciuto.
Che fine ha fatto la sciarpa dimenticata sul tavolo del bar? A parte la battuta, Emma sei brava e condivido i commenti espressi da coloro che sono intervenuti prima di me. Questo racconto appartiene alla categoria che preferisco, quella in cui l’uomo e la donna sono combattuti sulle scelte da farsi, tutte legittime e dovute che comportano sofferenza e gioia. A qualcuno che diceva “bisognerebbe vivere due volte per poter non sbagliare”, mio nonno rispondeva:”Sbaglia solo chi fa il bastian contrario”.
Complimenti.
Emanuele
Sliding Doors, a suo modo, ha fatto storia. Una seconda possibilità è un lusso da cinema… Di solito agli errori non c’è rimedio… Siamo esseri destinati a vivere di rimpianti… Eppure spesso basterebbe così poco… Basterebbe prendere la via del cuore… Complimenti. Mi è piaciuto molto… E visto che ti piacciono certi temi ti invito alla lettura del mio “La Torretta di Guardia”… Ti aspetto
Finalmente sono riuscita a recuperare la password e vi rispondo, scusandomi per il ritardo. Desidero ringraziarvi tutti, poiché questo racconto, scritto qualche anno fa, continua a coinvolgermi ancora. Sarebbe bello vedere la nostra vita su un palco e come da registi poterne cambiare l’ordine delle scene o addirittura stravolgerle. Il mio messaggio è più terreno: dare ascolto al cuore, come dice Luigi, essere noi stessi e non farsi ingannare da false ambizioni che mascherano i desideri più profondi. In due parole, cogli l’occasione e non fartela sfuggire dalle mani, tu sei l’artefice della tua vita.
Un grande grazie a Emanuele e Luigi.
A proposito, la sciarpa è solo un particolare per distrarre il lettore e un gesto che comunica fretta, determinazione e noncuranza di quel momento.
Mi ha emozionato il tuo corto, forse anche perché i paradossi mi affascinano (specie quando sono raccontati con un così bello stile).
Leggendoti, ho provato la sensazione di partecipare a una sorta di partita a scacchi con l’autrice. La peculiarità delle mosse d’apertura lasciavano presagire una pluralità di possibili strategie, ingarbugliando le mie congetture, mentre la trama proseguiva col suo ritmo incalzante e coinvolgente.
Inizialmente, avevo supposto che il tremore del ragazzo fosse l’effetto di una droga versatagli nel caffè da chi mi avventuravo a considerare il padre di Matilde, deciso a ostacolare la fuga vigliacca in Giappone del papà di sua nipote.
Poi mi si è insinuato, per un istante, il sospetto che la figura più anziana rappresentasse un veggente, se non addirittura un profeta.
Infine, tralasciando altre vaghe premonizioni che mi si erano fugacemente materializzate nella mente, ho indovinato, con soddisfazione, l’epilogo ufficiale.
Complimenti e grazie.
PS Ho ritrovato io la sciarpa sul tavolino del terminal (in lana beige, con lunghe frange marroni; è quella?). Se mi comunichi l’indirizzo del marito di Matilde, provvedo alla restituzione. Ti segnalo che la sciarpa mi ha confidato il desiderio di poter incontrare la pecorella da cui era stata tosata, per suggerirle di frequentare il recinto di destra, quello più grande, la cui lana viene normalmente utilizzata per realizzare capi di abbigliamento (golfini, maglioni, gilet) meno facili a essere smarriti.