Premio Racconti nella Rete 2015 “L’Orso” di Carmela Pregadio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Quel mattino avevo acceso il televisore, non lo facevo mai in quelle ore o, meglio, non lo facevo mai. Il televisore in casa mia si accendeva solo la sera e dopo mangiato, per non disturbare il pasto. Così io vedevo i programmi in modo frammentario, passando dalla cucina alla sala da pranzo, finché non avevo finito di riordinare.
Per fortuna avevo un intuito pronto e riuscivo ugualmente a seguire il filo del racconto televisivo. Del resto non erano molti i programmi seguiti dai miei che mi interessavano e i documentari di viaggio o di scienza che mi appassionavano particolarmente non erano condivisi.
Quella mattina c’era una specie di caccia all’orso, con inquadrature bellissime e tanti animali che certo non avrei incontrato in giardino.
In particolare campeggiava un orso, grosso, espressivo, forte e sembrava che l’argomento di quel documentario fosse proprio la storia di quell’orso. Era stato catturato, perché appartenente ad una specie a rischio di estinzione e sarebbe stato portato in una zona protetta, in una grande gabbia, dove forse avrebbe anche potuto accoppiarsi.
Seguivo le sequenze del racconto e mi sentivo sempre più simile a quell’orso : anch’io avevo perduto la mia libertà. Anch’io ero finita in una zona protetta e avevo potuto accoppiarmi. Avevo avuto dei figli, che ora non erano con me, io ero vecchia, e avevo inanellato giorni in una specie di inerzia, inerzia della volontà, della mente, per potermi uniformare ai bisogni degli altri, per aver cura di loro.
L’orso mi guardava chiuso nella sua grande gabbia e il cacciatore spiegava che era stato salvato, che lì avrebbe forse potuto procreare, bastava che si adattasse alla nuova vita, ma che sarebbe stato accudito secondo le regole da personale specializzato.
L’orso era particolarmente silenzioso, emetteva bassi mugolii quando gli uomini lo avvicinavano. Erano finite le inquadrature che lo mostravano libero, in cerca di cibo, intento ad accumulare quel grasso che doveva servirgli per superare il periodo di letargo, l’inverno, dimentico ormai della stagione dell’amore, alla ricerca della femmina con cui accoppiarsi.
Ora era nella gabbia, gli altri avrebbero scandito i suoi tempi e pensato ai suoi bisogni. Che cosa poteva desiderare di più?
Certo a lui non si chiedeva gratitudine, non aveva autocoscienza, non aveva doveri, lui.
Io aspettavo i primi piani dell’orso per scrutare i suoi occhi e non ero sicura di cogliere adattamento, assuefazione alla nuova condizione di vita, ci vedevo tutto il mio rancore, tutta la mia tristezza per essermi lasciata ingabbiare, per aver accettato che i doveri erano solo miei e aver subito senza fare opposizione gli sguardi increduli di chi assisteva alle mie brevi ed inconcludenti ribellioni e si stupiva, perché proprio ora, perché, dopo che avevo accettato il mio ruolo di servizio per tanto tempo, perché ora sentivo il peso di tutto il male di vivere che gli altri mi avevano gettato addosso, a piene mani, tanto io ero forte, ero madre,ero l’orso.
Dovevo avere una strana espressione ed uno strano atteggiamento se quella mattina nessuno mi chiedeva nulla e anzi arrivavano persone che non avevo mai visto
C’era un signore vestito con eleganza accompagnato da una giovane donna in camice: “venga con noi , signora”,diceva la giovane, e mi cingeva le spalle con un braccio. L’altro andò a spegnere il televisore, ma io volevo vedere l’orso e allora emisi uno strano grido, un ruglio, come quello che avevo sentito fare all’orso quando era particolarmente eccitato.
A quel punto , al mio grido, vidi che c’erano anche i miei familiari nella stanza e piangevano. Io avevo sulle spalle il braccio della giovane donna che mi portava via, forse nella gabbia dell’orso.
Buongiorno Carmela ho letto alcune volte questo tuo racconto.
Mi aveva colpito già la prima volta la metafora tra questa donna depressa e l’orso in cattività ma volevo leggerlo con vari umori.
Il senso di angoscia che mi ha pervaso rimane lo stesso, il dolore di una vita trascorsa in panni non propri con il rimpianto che sia troppo tardi per cambiare le cose.
Sono una ottimista di solito ma non realista per considerare che purtroppo la vita di alcune persone possa andare in una direzione sbagliata loro malgrado.
Complimenti per la sintesi, per le poche ma efficaci parole per descrivere un mondo.
Mi piacerebbe che ci fosse uno spiraglio di luce……
Grazie
…..ma realista per considerare……
Strano racconto che mi ha lasciato l’amaro in bocca. Bella l’idea di abbinare la vita di questa donna all’esistenza di un orso forte e determinato ma in pericolo di estinzione, rende bene la situazione. Personalmente avrei ampliato un po’ di più la storia della signora per rendere ancor più chiara la sua angoscia di aver vissuto una vita non voluta.
A Liliana ho scritto per mail e qui voglio dire che anch’io, nonostante la mia vita immersa nella realtà e soprattutto nella realtà del dolore ( sono un medico), sono fondamentalmente un’ottimista. Se così non fosse non sarei arrivata alla mia età con tanto desiderio di relazionarmi e di condividere con gli altri.
A Roberto voglio dire che è il mio modo di scrivere che mi porta a queste sintesi a volte crude a volte tenere : i miei romanzi , proprio perché hanno un respiro più ampio, sono più ricchi di sentimenti e riflessioni, ma sempre la sintesi e l’efficacia sono le mie misure. Grazie per il tempo che mi avete dedicato
Salve Carmela. Credo che il suo racconto ci metta difronte alle situazioni di cui noi non ci accorgiamo. Penso alle nostre famiglie, all’impegno delle mamme, delle mogli e non solo a quelle che lavorano fuori di casa. Quello che conta è la motivazione, il senso della famiglia e del grado di riconoscenza che noi sappiamo dimostrare, in un’epoca in cui i figli chiedono come se tutto fosse dovuto. Il senso del dovere diventa un peso e dovremmo disfarcene per convincerci che ci vuole l’impegno di squadra unita dall’amore e dal rispetto. Dopo tutto i figli e il marito possono aiutare nelle faccende di casa. Espressioni significative per indicare la proiezione della donna nell’orso. Complimenti.
Emanuele
P.s. Chiedo scusa per averla chiamata Anna nel racconto “Anna”.