Premio Racconti nella Rete 2015 “Anna” di Carmela Pregadio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Anna non era una bella bambina.
Aveva i capelli troppo neri, troppo ricci, una carnagione olivastra e un naso troppo pronunciato. Aveva però una dentatura invidiabile e bianchissima, resa ancor più bianca dal contrasto con il colore della pelle e due occhi scuri e mobilissimi, dallo sguardo intenso.
Quello sguardo metteva soggezione, dritto e severo come spesso è lo sguardo dei bambini infelici, che, forse senza rendersene conto, ti scaraventano in faccia tutte le tue colpe.
Gli adulti avevano fuggito quello sguardo, ognuno a suo modo : il padre era morto, la madre se ne era andata con un uomo di cui poco si sapeva e i nonni, che la ospitavano , cercavano di non guardarla mai proprio negli occhi, neppure quando la piccola cercava il loro sguardo per trovare tante risposte alle domande confuse che stavano nella sua testa o che altri le suggerivano.
Più volte a scuola le avevano detto:” Perché stai con i nonni ? Dove sono il tuo papà e la tua mamma?”
Anna scrollava le spalle, come se non le importasse di rispondere e nemmeno di sapere, ma rimetteva in cartella la merenda, perché , improvvisamente, le passava l’appetito.
Stava in uno di quei condomini alla periferia di Roma, aveva pochi amici, qualche conoscente dei nonni la salutava sulle scale o nel cortile , ma nessuno la invitava mai. Del resto era bene così, lei non avrebbe potuto ricambiare perché i nonni non volevano gente per casa, già c’era tanto da fare così e loro erano vecchi.
Quella mattina Anna aveva incontrato un cane, un piccolo bastardo che però sembrava un barboncino bianco ben curato e in carne. L’aveva seguita fino a casa e Anna aveva provato la gioia di essere stata scelta da lui che le trotterellava fra le gambe con il rischio di farla cadere e le leccava le mani quando lei si fermava per rimetterlo in pista e per cercare di mantenere l’equilibrio. Anche il cane sembrava preso da una grande euforia per questo incontro e comunicava ad Anna la sua gioia” Come ti chiami ? Come ti chiami?” ripeteva la bimba e l ‘ animale rispondeva alle sue parole facendo grandi salti come se volesse raggiungere il suo viso e leccarselo per bene.
Arrivarono a casa così, sudati e allegri. Il cane non aveva collare né altri segni per essere identificato e quindi Anna sperava di poterselo tenere. I nonni la guardarono come chi desidera la luna : “ Non ti basta il lavoro che dobbiamo fare per te, anche il cane adesso?” Lui, il cane, si era seduto sulle sue zampe, aveva il muso rivolto verso l’alto e guardava tutti come se si domandasse “ Che vogliamo fare?”
Anna era rossa in viso, stava per piangere, ma voleva raccogliere tutte le sue forze per opporre resistenza. Lei e il cane stavano sul pianerottolo e i nonni ripetevano:” Finiscila, questa non è casa tua”
Le voci si erano alzate, anche il cane abbaiava, ora,e Chiara, l’unica amica di Anna, che aveva qualche volta il permesso di giocare con lei, sentì il baccano, capì la situazione e decise per tutti.
“Anna, terrò io il tuo cane, tu mi aiuterai e lo vedrai sempre, quando vorrai, ora gli diamo un nome e tu vai a mangiare, poi vieni da me che giochiamo.”
“ Contenti voi “ dissero i nonni “ certo che sei ostinata e capricciosa,Anna”.
Chiara aveva una di quelle famiglie vere, in cui si cerca di far contenti i bambini, almeno in quel che si può. Sapeva che a casa sua non ci sarebbero state liti per quella bestiola che intanto sfoderava tutta la sua simpatia e Anna ebbe il suo cane a metà. Lo chiamò Chiarino, per ringraziare Chiara, anche se quel nome non le piaceva, ma aveva imparato ad avere le gioie a metà e accettava queste limitazioni, meglio di niente.
Ora era cresciuta, Anna, era un’adolescente vivace e sembrava di carattere allegro. I nonni erano più vecchi e meno combattivi. Non le avevano permesso di andare all’università, ma almeno la scuola superiore avevano accettato che la frequentasse : del resto, la ragazza era intelligente, a detta dei professori, e non era sensato privarla di un diploma.
Il buon profitto scolastico, le nuove competenze acquisite nei lavori di casa, resero Anna più sicura di sé e più apprezzata dai nonni,ma la sua era una vita fatta di solitudine e soprattutto le mancava il successo con l’altro sesso : lei non aveva particolari doti fisiche, non poteva permettersi abiti di moda, non aveva beni da esibire e quindi non era ricercata nel gruppo dei suoi coetanei.
I suoi sogni, i suoi desideri si consumavano nel piccolo spazio della sua camera, dove viveva le sue avventure nei video e ascoltava la sua musica, certo un po’ retrò per una ragazza della sua età.
Chiara era rimasta una sua grande amica , ma ora passava l’inverno all’estero,per gli studi, e tornava a casa solo d’estate, i viaggi di Anna stavano nelle cartoline di Chiara.
Ci fu una grande estate per le due amiche.
Il quartiere dove abitavano organizzava molte feste con gare per tutti i gusti . Chiara aveva una grande passione per il ballo e si trascinava l’amica ovunque si ballasse anche se il gruppo che frequentavano ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Avere Anna vicino però permetteva a Chiara di isolarsi con Roberto quando voleva e di impedire a lui intimità pericolose. Anna faceva il palo a quell’amore, praticamente, ma si accontentava di pensare che anche per lei, forse, poteva accadere qualcosa di simile: magari con un ragazzo meno bello e meno ricco di Roberto.
Quella sera, a quella festa, Chiara e Roberto si erano imboscati e Anna aspettava che tornassero . Stava vicino al palco dove si esibiva una band giovane, ma preparata e osservava l’animatore del gruppo che si aggirava fra i ragazzi invitandoli a partecipare scegliendo le canzoni o cantando con l’orchestra.
Forse fu quello sguardo intenso e triste di Anna che spinse l’animatore ad avvicinarla e a parlarle. Sì, alla ragazza piaceva la musica, conosceva il gruppo, canticchiava un po’ in solitudine o quando era melanconica.
E allora dai , era il caso di provare, non succedeva nulla, era un gioco,diceva lui e lei, a sorpresa, disse che era d’accordo, avrebbe cantato My Wei. L’animatore la guardò perplesso, non capiva una scelta così difficile, ma Anna salì sul palco, non vide più nulla a causa delle luci e mise in quella canzone tutti i suoi sogni e tutti i suoi dolori. Quella voce era solo sua, non doveva dividerla con nessuno, era libera, bella, piena come un’opera compiuta. Fu un successo inaspettato, per tutti. Anche Chiara e Roberto ritornarono vicino al palco richiamati dal fascino di quella canzone e dalla forza di quella voce e Chiara pianse di commozione e di gioia. Anna finì il suo brano e, mentre tutti chiedevano a gran voce che cantasse ancora, si portò le mani sul petto, guardò verso la folla come se cercasse Chiara e si accasciò : era svenuta.
Almeno così pareva. Si fermarono gli applausi e le voci, Chiara corse vicino all’amica e qualcuno chiamò un’ambulanza.
La festa finiva coll’irrompere di una realtà cruda in un corridoio di ospedale : medici e infermiere si allertarono come quando si trovavano di fronte ad un’urgenza. Nessuno parlava e Chiara aspettava dietro la grande porta del Pronto Soccorso di rivedere l’amica.
Ma nessuno rivide più Anna: se ne era andata, a modo suo, dopo aver assaporato la grande gioia di un applauso, di un amore gratuito per aver saputo emozionare una folla di giovani sconosciuti.
L’autopsia disse che la ragazza aveva una malformazione cardiaca, poteva essere aiutata se se ne fosse accorta, ma una grande emozione poteva essere fatale per lei.
E’ una storia triste la storia di Anna, che se ne andò per sempre proprio quando aveva assaporato la felicità in un attimo. Quella canzone l’aveva resa felice forse come non mai nella vita. Bel racconto. Brava!
Grazie per l’attenzione, ti ho scritto per mail, cercherò i tuoi racconti
Racconto su una vita triste ma che non manca di sentimento… Chissà quante esistenze simili ci sono e meriterebbero più spazio. Mi ha colpito la descrizione fisica di Anna: sembra quasi una Biancaneve ma senza favola!
Carmela non so come mai questo racconto mi era sfuggito….poco importa ho avuto la fortuna di ritrovarlo.
Mentre lo leggevo immaginavo una ragazza degli anni ’70 in gonna a scacchi e capelli raccolti a coda di cavallo, un film con colori un po’ sbiaditi.
L’amicizia delle due bambine è un mondo meraviglioso nel quale Anna trova dolcemente riparo.
I nonni “crudi e nudi” come tanti nonni di un po’ di anni fa che hanno perso forse l’amore per l’infanzia perché troppo lontana dal loro presente.
Anna, la conosco, ne conosco una molto bene purtroppo e i suoi occhi severi li vedo.
Ho pianto lacrime sincere.
Complimenti e grazie.
Ciao Anna, il racconto è intenso e dà spazio alle situazioni famigliari. La tristezza è uno stato avvolgente, solo l’amicizia, quella vera, apre il cuore e l’anima. Le tue frasi danno immediatamente la scena e i sentimenti. Brava.
Emanuele