Premio Racconti nella Rete 2015 “Nik peperone” di Antonino Lentini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Ero giovane, bello e intelligente ma avevo un problema. Ero timido. Se qualcuno mi posava lo sguardo addosso mi paralizzavo e diventavo rosso come un peperone.
Per tutti ero Nik peperone. Il garzone del bar che si trovava nella via principale del paese, proprio in mezzo alle barche. La mia vita anche se monotona scorreva tranquilla, senza scossoni, proprio come piaceva a me. Qualcosa di grosso però, a mia insaputa, stava per accadermi. Il giorno del mio 30^ compleanno, come un fulmine a ciel sereno, il destino bussò alla mia porta e mi stravolse l’esistenza. Si presentò sotto le spoglie di una giovane donna, bella ed intrigante che non avevo mai visto prima di allora ne al bar ne per le strette vie di Sciacca, in provincia di Agrigento. Era di una bellezza sconvolgente, da togliere il respiro. Con la sua immancabile ventiquattrore in mano entrò nel bar con passo svelto e deciso. Che schianto ! Gli occhi dei clienti, perlopiù pescatori, inevitabilmente caddero su di lei. Con fare autoritario ordinò : < un caffè > e sculettando con i suoi tacchi alti si sedette al tavolo più vicino, quello davanti al banco, proprio di fronte a me. Si guardò intorno con aria spavalda e senza inibizione accavallò le gambe con un movimento lento e sensuale che scatenò gli ormoni e le fantasie dei maschi presenti. Qualcuno, con gli occhi fuori dalle orbite, sbalordito mormorò:< Mizzica che fimmina spregiudicata >. Io rimasi muto come un pesce. Peccato. Se avessi avuto più carattere e follia forse sarebbe stata subito mia. In un terremoto di emozioni preparai il suo caffè e glielo servii al tavolo. Ne approfittai per guardarla da vicino e per annusare il suo profumo. Non mi degnò di uno sguardo. Il suo abito di ottimo taglio ed il suo atteggiamento forte e autoritario mi indussero a pensare che fosse una donna di potere. Figuriamoci se avesse avuto occhi per un semplice barista come me. Prima di congedarmi da lei le guardai le mani. Erano ben curate, con dita affusolate e unghie corte, insolitamente troppo corte per una donna di classe come lei. Non portava la fede al dito. Forse sentimentalmente era libera. Fui ipnotizzato dalla sua bellezza e non gli staccai gli occhi di dosso neanche per un istante. Quando uscì dal bar mi passò così vicino che il profumo della sua pelle mi ubriacò i sensi. Per l’intera mattinata mi immaginai di baciarla, accarezzarla … Inevitabilmente mi innamorai di lei.
Quel giorno era apparsa e sparita come una meteora. Promisi a me stesso che semmai l’avessi rivista avrei seppellito la mia timidezza e le avrei confessato il mio amore.
Il giorno dopo, per la gioia dei miei occhi, si ripresentò al bar, alla stessa ora, alle 07,45, con un abito elegante e attillato che metteva in risalto le sue rotondità. Il respiro mi si bloccò e iniziò a mancarmi l’ossigeno nei polmoni. Mi irrigidii come un baccalà. La seguii con la coda dell’occhio e vidi che si accomodò al tavolo che aveva scelto il giorno prima, quello di fronte al banco. Con tono accattivante mi ordinò : < un caffè al vetro, grazie >. Non le risposi. Avevo la lingua pietrificata. Alzai la testa e le accennai un timido sorriso. Il barman, celebre rubacuori, mi suggerì di dirle, in maniera esplicita, che ero pazzo di lei. Non seguii il suo consiglio. Per me sarebbe stato più facile scalare l’Everest a piedi scalzi. Feci una cosa banale ma fattibile. Accompagnai il suo caffè con un cioccolatino a forma di cuore e glielo servii mostrandole il mio profilo migliore sperando che mi notasse. Vana illusione. Era troppo impegnata a rispondere al cellullare. Alla chetichella alzai i tacchi e con la testa incassata nelle spalle ripresi a lavare le tazzine sporche di caffeina accatastate sul bancone. Pensai che con la mia postura goffa e lo sguardo da pesce lesso sicuramente non le avevo fatto una bella impressione. Probabilmente le avevo fatto un effetto strano, come il sale nel caffè. Infatti, quando uscì dal bar mi salutò con distacco, come se mai non mi avesse conosciuto. Ero solo un barista, come mai avrei potuto conquistare il suo cuore. A Sciacca non avevo ancora trovato l’anima gemella. Solo fugaci scappatelle, tutte sesso e niente amore. Le ragazze non si affezionavano a me, mi consideravano troppo fragile e indifeso e siccome avevo varcato i trenta incominciavo a rassegnarmi all’idea di una vita da single. Mugugnai per tutto il giorno e la sera andai a dormire con la speranza di rivederla.
Il giorno seguente, puntuale come il sorgere del sole, la donna misteriosa, affascinante e irraggiungibile come una diva di Hollywood, varcò l’ingresso del bar e veloce come un missile si accomodò al suo tavolo, quello di fronte al banco. Con uno sguardo soave mi fissò e mi disse: < Il solito grazie >. Per l’emozione mi brillarono gli occhi e mi batté forte il cuore. La cassiera, che mi teneva d’occhio, si avvicinò di soppiatto e mi suggerì: < Nik peperone se veramente vuoi attirare la sua attenzione la devi ignorare. Fidati, per questa volta, acconsenti che del suo caffè me ne occupi io >. Mio malgrado, accettai il suo consiglio. Mi rintanai dietro il banco per sbirciare di nascosto la situazione che si rivelò un disastro. La mia amata per ripicca non gradì il caffè che le servì la cassiera. Con gli occhi bassi si avvicinò a me e mi disse: < Credevo che tu non fossi come gli altri >. Mi sentii un codardo, altro che il gladiatore che avevo postato sul mio profilo facebook. Quella notte la sognai sdraiata accanto a me, con i capelli sciolti sul mio petto. Purtroppo era solo un sogno.
La mattina seguente andai di corsa nel giardino di casa e raccolsi una rosa per lei. Gliela poggiai sul tavolo dove solitamente sedeva per consumare il suo caffè. Con quella rosa rossa volevo dichiarale il mio amore, visto che con le parole non ne ero capace. Maledetta timidezza. Purtroppo, constatai che oltre ad essere timido ero pure sfigato. Infatti, quel giorno la donna dei miei desideri, contrariamente alle altre volte, si sedette in un altro tavolo, per intenderci non in quello di fronte al banco. Si trattò di sfiga oppure di semplice tattica femminile ? Il mio gesto romantico passò inosservato ai suoi occhi. Con aria indifferente bevve il suo caffè. Poi, con un rossetto fucsia e un filo di mascara si rifece il trucco e uscì dal locale. Non mi disse una parola, né più mi diede un’occhiata. Il mio cuore andò in frantumi. Con la scusa di spazzare il piazzale antistante al bar la seguii per scoprire dove andava. Salì a bordo di un’ utilitaria e imboccò la statale che portava fuori dal paese. Rimasi con la scopa in mano, immobile come uno spaventapasseri. L’amavo. Di lei ero innamorato perso.
Nel paese la notizia che Nik peperone, il figlio del ciabattino, si era invaghito di una forestiera fece scalpore e si diffuse ovunque, nelle case, nelle strade e nelle piazze. Anche da don Mario, il barbiere, non si parlava di altro. Qualche conoscente, più per solidarietà maschile che per amicizia, mi diede qualche consiglio per conquistare la mia fiamma. Qualche altro, invece, mi suggerì di lasciar perdere una donna come quella, troppo emancipata e dedita a facili amori. Le mie compaesane non vedevano di buon occhio la straniera, così la chiamavano. Per loro era un’intrusa. Traboccanti di rabbia e di gelosia sostenevano: < Non è giusto. Nik peperone è roba nostra. E’ un ragazzo d’oro, lavoratore e di cuore. Deve rimanere qui, nella sua terra >.
Ricordo che per quindici mattine consecutive la donna dei miei sogni si presentò al bar e consumò il suo caffè lanciandomi sguardi intriganti e pose svenevoli mentre io imbarazzato rimanevo pietrificato come una lastra di marmo di Carrara. Mi sembrava un angelo caduto dal cielo. I suoi ammiccamenti erano per me scintille di fiducia anche se ero convinto che tra di noi non poteva funzionare. Eravamo come l’olio e l’aceto: io ero un semplice garzone di bottega, lei una persona importante. Forse era una giornalista, oppure un magistrato…
Mi sentivo la testa scoppiare. Su di me sentivo, puntati come fucili, gli occhi indiscreti delle persone sempre più curiose per le mie pene d’amore. Volevo sparire, diventare invisibile. Alla fine, da perfetto siciliano focoso, tirai fuori la tigre che c’era dentro di me e gridai: < Adesso basta ! Le devo dire che l’amo >. L’indomani appena la vidi entrare nel bar, bella come il sole e con un impercettibile sorriso sulle labbra, con le gambe deboli e tremanti le andai incontro e con un filo di voce le sussurrai: < Scusami ti devo dire una cosa importante >.
< Dimmi … > mi rispose, sgranando i suoi occhioni profondi e neri come la pece.
< Mi sono innamorato di te. Questa sera vorrei invitarti a cena > le controbattei con una voce strozzata ed il viso rosso, appunto come un peperone.
Con il sorriso in bocca mi replicò: < Finalmente ti sei deciso. Ce ne hai messo di tempo. Sono lusingata e accetto volentieri il tuo invito >.
Una risposta inaspettata che mi spalancò le porte del paradiso. Emozionato arrossii e abbassai la testa per nascondere il mio disagio. Per evitare di dire una fesseria tacqui. Lei tagliò corto e con tono risoluto mi disse: < Mi chiamo Nicole. Ti aspetto questa sera alla fontana davanti la stazione >. Mi salutò con un sorriso malizioso che era tutto un programma. I miei occhi, inevitabilmente, si orientarono sul suo lato b, come fa il girasole con il sole. Il gestore del bar mi diede una pacca sulle spalle e mi concesse il pomeriggio libero. Sdraiato sul divano di casa, sognando ad occhi aperti, pianificai la nostra serata. Avevo sete di lei.
Pacificamente mi fumai, una dietro l’altra, tutte le sigarette che avevo in tasca cosicché uscii di casa per comprarne delle altre. Indossai la mia coppola preferita, di velluto a scacchi bianchi e neri. Credevo che mi desse l’ aspetto di un picciotto più birbante e intrigante. Con la testa tra le nuvole attraversai la strada per raggiungere la tabaccheria di fronte ignorando la macchina che a forte velocità mi venne incontro. L’impatto fu tremendo. Rotolai a terra per una decina di metri. Con le ossa rotte e tanti lividi sul corpo mi trasportarono con un’autoambulanza all’Ospedale Nuovo, distante 30 km circa da Sciacca. In un battito di ciglio mi ritrovai in sala operatoria. Il personale medico gridava:< Codice rosso.. codice rosso >. Il cuore mi batteva all’impazzata e temetti il peggio.
Una voce rassicurante mi sussurrò: < Non temere andrà tutto bene >. A malapena riuscii ad aprire gli occhi. Era Nicole. Indossava un camice verde e guanti in lattice. Teneva in mano un bisturi. Nel peggiore dei modi, scoprì che era il primario dell’ospedale, un chirurgo di fama internazionale.
< Ti amo … > le dissi debolmente. Mi rispose con un sorriso che mi fece tanto bene al cuore. Poi si chinò e mi bisbigliò all’orecchio: < Anch’io ti amo. La tua timidezza mi ha stregato, ti rende così speciale…>.
Fu in quell’istante che compresi per la prima volta che la mia timidezza, che sino ad allora mi aveva avvelenato la vita, non era un limite ma un dono speciale, un regalo che madre natura mi aveva concesso.
Ciao Antonino, ho letto con piacere il tuo racconto, sei un ottimista, mi piace!
Una bella storia, semplice e delicata, di timidezza ed amore, mancano storie così…..in una società dove solo i “vincenti” sembrano avere la meglio Nik Pererone si becca la bella dottoressa grazie al suo essere “diverso”. Il riscatto dei buoni mi ci voleva proprio 🙂
Bravo!
Grazie Liliana per il giudizio lusinghiero che hai speso per Nik Peperone. Alla fine, finalmente, conquista la sua amata e… l’autostima.
Molto carino, questo racconto… il nome del protagonista gli calza proprio a pennello e non ci sono proprio dubbi sia un timido doc, come rivela anche il fatto che, per una semplice cambiamento di tavolo della bella Nicole, imputi subito la colpa di ciò a se stesso (Si trattò di sfiga oppure di semplice tattica femminile ?), almeno se ho ben capito!
Concordo pienamente col concetto espresso nel finale e mi è piaciuto lo stile diretto, semplice, che non lascia spazio a orpelli inutili o fastidiosi.
Anche la protagonista del mio racconto è un po’ particolare… anche se non è un peperone ma… un baobab (ce n’è per tutti i gusti!)
Elisa, grazie per i complimenti. Hai ragione nel sostenere che Nik Peperone è un timido doc. A causa della sua timidezza, che odia come la peste, si sente come il brutto anatroccolo. La bella Nicole, però, gli cambia la vita. Gli fa comprendere che la sua timidezza è fonte di ricchezza interiore, sensibilità e sincerità…..qualità che stregano, conquistano il cuore delle persone che gli stanno accanto.
e bravo il fratellino……….. io ho meno tempo di te… scrivo soltanto poesie.. ma tu non sei su facebook.. nn puoi leggere la mia vena “dannata e romantica” al tempo stesso…..
mi piace Nik Peperone… personaggio semplice… ma estremaMente positivo… dentro forse ognuno di noi……… un giorno, forse, pubblicherò il mio racconto: la maledizione della Dama Bianca…… bravi anche gli altri scrittori……….. Scrivere………. è Vivere …… tirare fuori quel che è dentro di Noi… non smettiamo… Mai!
Evvai Nik, sei tutti noi! Bello e dolce questo racconto che ci riporta alla realtà dell’amore sopra tutto, anche sopra la timidezza o la sfiga che ci possono seguire e perseguire. Concordo con Liliana, una ventata di ottimismo ci voleva proprio!
Siii…..Nik Peperone sei il nostro eroe. L’Amore, la tua arma segreta, ti rende invincibile anche contro la sfiga e la timidezza. Vai avanti così…..a testa alta. Roberto, grazie di cuore per le belle parole.