Premio Racconti nella Rete 2015 “Vieni da me” di Guido de Eccher
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015«Vieni da me, Alex. Subito. Ti prego…»
Dall’altra parte non ci fu risposta. La comunicazione fu interrotta.
Giorgia rimase immobile per qualche attimo, seduta sulla sponda del letto, il cellulare ancora sull’orecchio. Poi lo depose sul comodino. Chiuse gli occhi e si concentrò.
«Le dieci e venti» pensò. Si girò e aprì gli occhi. La radiosveglia sul comodino segnava le dieci e ventitré. Con una smorfia di disapprovazione depositò il cellulare accanto alla radiosveglia. Si distese sul letto, gli occhi spalancati verso il soffitto.
Magari Alex sarebbe venuto, magari non poteva parlare… Trequarti d’ora d’attesa, forse un’ora.
Una zanzara attraversò il suo campo visivo.
«Maledetta» sibilò.
Si alzò in piedi sul letto, affondando nel materasso troppo morbido, per vedere dove si fosse posata. Perlustrò a lungo il soffitto. Non vide nulla. Scese dal letto e accese la luce centrale. Poi risalì: macché, la zanzara era scomparsa.
«Ti troverò, fosse l’ultima cosa che faccio».
Scese di nuovo dal letto e girò tutt’intorno alla stanza. Non c’era traccia dell’insetto sulle pareti. Ci rinunciò e andò in bagno. Aprì l’armadietto sopra il lavandino: tutte le boccette delle medicine erano allineate al loro posto. Alle undici precise prendeva sempre una pastiglia di sonnifero. Aveva più di mezzora per decidere se farlo anche quella sera: tutto dipendeva dall’arrivo di Alex. Se fosse venuto, avrebbe fatto ricorso alla sua arma segreta, una bella tirata di coca. La teneva in un vasetto, nascosto dietro la fila degli altri medicinali.
«Dammi un momento, Alex» gli avrebbe detto, diretta verso il bagno, volgendosi verso di lui con sguardo seducente «e poi sarò tutta per te».
E se non si fosse fatto vedere? Forse allora avrebbe avuto bisogno di due pillole. Afferrò il flaconcino, svitò il tappo, fece cadere sulla palma aperta due pastiglie rosa.
«Chissà perché proprio rosa» si disse. «Certo non blu come quelle di Viagra… non c’è Viagra per me. Solo la voglia di non esser sola, certe sere. E di essere all’altezza, di non deluderlo, anche se…»
Già, anche se non provava piacere, con Alex.
Riempì d’acqua il bicchiere e lo mise sulla mensola sopra il lavandino.
«Troppo in vista» si disse. Cambiò idea e lo pose all’interno dell’armadietto. Accanto, le due pillole. Pronte per l’uso. Nel caso fossero necessarie. Del resto, lo sarebbero state comunque, dopo che Alex se ne fosse andato. E se le avesse chiesto di rimanere? Una volta lo aveva fatto e poi l’aveva svegliata nel mezzo della notte per fare ancora l’amore. Aveva dovuto buttarne giù tre, di pillole, per riaddormentarsi.
Richiuse lo sportello. Uscì dal bagno e andò in cucina. Fece partire la lavastoviglie ma se ne pentì subito. Non voleva che Alex dicesse: «Che diavolo è quel rumore?», magari sul più bello. Per lui, non per lei. Quand’era stata l’ultima volta che aveva avuto goduto con un uomo? Rise tra sé: dieci anni prima, con una vecchia fiamma rivista per caso. Stavano andando in macchina in chissà che posto, poi lui s’era fermato in un viottolo e l’aveva presa, senza nemmeno una parola. Chissà perché aveva desiderato che lo facesse appena era salita accanto a lui. Si era creata un’atmosfera strana, carica di elettricità, una corrente magnetica fortissima… Non l’aveva più rivisto. E poi basta, per dieci anni, con Alex e con tutti gli altri…
Le dieci e quarantaquattro sull’orologio della cucina. Le sembrò che fosse un po’ avanti e corse in camera per controllare l’ora sulla radiosveglia. Le dieci e quaranta. Mai che le riuscisse di sincronizzare gli orologi! Anche quello da polso segnava un’ora diversa: le dieci e quarantuno.
In soggiorno raddrizzò un quadro che pendeva un po’ sulla sinistra, raccolse dal divano la rivista che aveva leggiucchiato dopo cena davanti alla televisione e la ripose sul ripiano del tavolinetto basso; allisciò la stoffa del divano con la mano aperta. C’erano delle briciole sul tappeto: si chiese come mai. Si chinò e le raccolse con il pollice e l’indice, una per una. Tornò in cucina e gettò le briciole nel sacchetto del secco. Ancora una smorfia: andavano nell’umido!
Il rumore dell’ascensore. Che fosse in anticipo? Erano solo le undici meno un quarto! Si appostò dietro la porta d’ingresso e appoggiò l’occhio sullo spioncino. Non era Alex, era la vicina di casa, una ragazza sui trent’anni che rincasava sempre tardi. Stavolta però non era sola, c’era un uomo con lei. Giorgia girò piano la maniglia e socchiuse la porta. Li vide camminare abbracciati lungo il corridoio.
Richiuse. Tornò in soggiorno e si sedette sul divano. Prese il pacchetto dal tavolino e si accese una sigaretta. Fumò a lunghe boccate, immobile, lo sguardo fisso sulla parete davanti a sé.
«Devo far ridipingere l’appartamento» si disse.
Erano già passati quattro anni dall’ultima volta… o forse cinque. Ma no, erano sei! Era stato quando stava con Mario… o con Alessandro? Persa nei suoi pensieri, non si accorse che il tempo passava. Solo quando andò in cucina per un bicchier d’acqua, vide che erano le undici e dieci.
«Devo prendere il sonnifero!» esclamò.
Si alzò di scatto e corse in bagno.
Forse Alex non sarebbe venuto.
Buongiormo Guido, che angoscia!!!!
Se il tuo era questo sei stato magistrale. La protagonista sprofonda nella sua solitudine e nella sua vita disastrata, la immagino così.
Bellissimi i piccoli dettagli della zanzara e di lei che raccoglie le mollica.
Davvero complimenti!
Scusami Guido alle 7 non avevo preso ancora il caffè ho scritto un commento sconnesso 🙂
Volevo dire che se il tuo scopo era di trasmettere angoscia ci sei riuscito benissimo !
Spaccato di una vita solitaria senza piacere e senza dignità. Hai trasmesso bene la tristezza e la pochezza di una vita buttata via tra speranze vane e fredde illusioni. Mi è piaciuto.
L’ho riletto, ed ho estratto questa frase: “Devo far ridipingere l’appartamento”. Un particolare, apparentemente banale, che la dice lunga sulle paranoie chimiche della signora in questione. Mi hai fatto piombare in una storia di Andrea Pazienza (e guarda che è un gran complimento!).