Premio Racconti nella Rete 2015 “Vorrei…” di Liliana Sghettini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Vorrei svegliarmi la mattina con il cinguettio degli uccelli che svolazzano allegramente nel cielo oppure con un bisbiglio di parole dolci nelle orecchie che mi accarezza l’anima.
Mi sveglio invece con il frastuono del fornitore di mozzarelle che alle 6.40 strombazza con il suo clacson, come fosse allo stadio, davanti al cancello del supermercato, oppure con l’urlo dello spazzino che crede sia mezzogiorno e parla tranquillamente con il collega all’altro capo della strada, mi rotolo nervosamente nel letto tanto il posto di fianco a me è vuoto!
Abito al primo piano di un grande condominio con pareti sottili come fogli di carta.
Vorrei andare a lavoro a piedi con una cartella sotto braccio o sfogliando il giornale fresco di stampa che stinge colorandomi i polpastrelli e salutare, con un semplice gesto del capo, le persone che incrocio sul solito tratto di strada che ci rende stranamente complici.
Prendo invece la mia auto di seconda mano dopo aver ingurgitato a grandi bocconi la mia colazione e saltellando qua e la per infilare le scarpe, sono sempre in ritardo e mi aspetta una snervante coda che mi obbliga a far parte di una fila di scatole di latta su quattro ruote respirando a pieni polmoni grigio e polveroso smog.
Vorrei avere una vicina di scrivania che legge riviste di uncinetto ed in pausa pranzo condivide con orgoglio il risultato dei lavori del suo pomeriggio domenicale in famiglia o una flemmatica signora dalle forme tondeggianti mostrate con disinvolta consapevolezza.
La mia vicina invece ha trentacinque anni, è single, inglesismo perfetto per la sua solitudine, unico vocabolo tra l’altro che ci accomuna, non ha un euro in tasca e si ostina spavaldamente a parlare di cure di bellezza per tenersi in forma e lottare contro i segni dell’inesorabile tempo che passa.
Non scambiamo mezza parola, abbiamo le cuffie che ci tappano le orecchie ed il più delle volte, la nostra pausa pranzo, si consuma ingozzando un panino e restando impegnate a cercare l’ennesimo numero telefonico per piazzare i nostri prodotti, dobbiamo dare elevate prestazioni a percentuale, sennò chi ci campa con il fisso mensile.
Il nostro ufficio è un open space, sono una delle tante che occupa un freddo riquadro di plastica con le pareti a mezz’altezza, color grigio topo, giusto a peggiorare l’umore, che lascia intravedere solo le teste come fossero sospese in aria.
Vorrei avere una poltrona direzionale su cui svolgere comodamente le mie mansioni, ho studiato una vita per acquisire professionalità in campo marketing e comunicazione.
Trascorro invece le mie ore di lavoro rigidamente composta su di una infernale sedia simil formica uguale a quella di tutti gli altri, lavoro in un call center.
Vorrei avere il tempo, tornando a casa, di passeggiare con calma e incontrare un’amica che fa la spesa per scambiare due parole sull’ultimo film in uscita al cinema e poi camminare insieme mentre tramonta il sole e guardare quella luce, che c’è solo all’imbrunire, quando il cielo da nord a sud dipinge le diverse gradazioni svelando la notte che fa capolino.
Salgo invece di nuovo in auto e percorro il tragitto al contrario con addosso la stessa ansia del mattino perché se tardi di una manciata di minuti ti ritrovi imbottigliato nel traffico e di nuovo partecipi ad un monotono panorama sotto un cielo oramai uniformemente buio.
Ammazzo il tempo smanettando su whatsapp con il mio smartphone o singhiozzando uno straccio di conversazione con la mia amica Giulia tra una perdita di campo e l’altra.
Vorrei cenare su di una tavola apparecchiata con semplicità con una tovaglia a fiori e un servizio di piatti multicolore abbinati con gusto a bicchieri di vetro opaco, conversare con un compagno che mi racconta la sua giornata e fare progetti per il nostro futuro o semplicemente organizzare il sabato pomeriggio.
Rientro invece in un triste monolocale di periferia e ad attendermi teneramente trovo Milù, una gatta che ho salvato da una brutta fine, una sera d’inverno di due anni fa, che non vede l’ora di accoccolarsi sulle mie gambe, ma purtroppo per me, non ha il dono della parola.
Finalmente ceno e ciò che vedo è una tovaglietta plastificata, di quelle che si usa negli asili per i bambini pasticcioni, fisso lo sguardo nel vuoto e penso che in questa grande città avrei voluto costruire il mio futuro ed invece forse è arrivata l’ora di cambiare aria!
Penso, Liliana, che il tuo racconto descrive una realtà comune a tante persone che come te, nell’Italia di oggi, svolgono lavori diversi da quelli desiderati e vivono una vita che è il riflesso di quei lavori. Si percepisce la voglia di cambiare, ma allo stesso tempo alla protagonista manca ancora il coraggio di partire, di rischiare muovendosi nel buio rischiarato solo da una candela.
Scritto con un linguaggio comune e semplice, che è quello della vita di tutti i giorni. Riuscirà la protagonista a fare il salto?
Raffaella grazieee! 🙂
Sono un’ottimista, certo che la protagonista ci riuscirà 🙂
Racconto semplice,
basato su contrapposizioni(…invece…) .
Potenzialmente una buona storia,
manca forse di verve, qualche piccola imperfezione.
Prova ad approfondire le parti del racconto,
magari un finale ad effetto,
leggi e rileggi la storia, fino a quando risulta equlibrata ed interessante.
Non è una critica, è solo un consiglio per migliorarti.
A presto.
😉
Maurizio, accetto critiche e consigli come ovvio, siamo su un sito visibile a centinaia di persone queste sono le regole del gioco!
Mi spiace che tu non abbia trovato alcuna qualità nel mio racconto.
Per me la “semplicità” è un valore aggiunto e credevo di essere riuscita a rappresentare una realtà comune a ragazzi e ragazze di oggi senza colpi di scena non penso ce ne sia sempre bisogno.
Grazie per aver commentato
Amo la semplicità,
i miei racconti hanno sempre una scrittura abbastanza semplice,
e questa la considero una qualità, anche negli altri.
Il minimalismo di Carver è un ottimo modello.
Di solito, quando un racconto non mi piace, preferisco non commentarlo
anche per delicatezza e rispetto verso chi lo ha scritto.
In questo caso, invece, mi è piaciuto: ma sento che poteva essere migliorato, solo questo.
Il confronto con gli altri diventa prezioso ed essenziale, ne sono convinto,
soprattutto quando c’è sincerità e rispetto nel lavoro altrui.
In fondo, un racconto è una piccola creatura, frutto del proprio talento e della propria creatività.
Mi è capitato in due occasioni di leggere dei consigli che mi riguardavano
in questo(se non ricordo male, di Maria Cristina Vezzosi)
e, soprattutto, in altro concorso e ne ho fatto tesoro.
Nel secondo caso, un passaggio di un mio racconto, “Il lato oscuro dell’anima”, non aveva convinto un lettore.
Ho incassato la critica, ho meditato, metabolizzato e modificato quella parte non del tutto convincente.
Aveva ragione e io non mi ero accorto, pur leggendo e rileggendo.
Quel racconto, riproposto dopo qualche anno,
ha da poco vinto il “Garfagnana in giallo”.
Fai tesoro dei consigli, Liliana, ma continua per la tua strada con convinzione ed umiltà.
Questo vale per tutti.
Mi piacerebbe leggere anche gli altri racconti, spero di averne il tempo.
Prima, però, dovrei ricominciare a scrivere.
A presto.
M
🙂
Grazie mille Maurizio, sono contenta allora che ti sia piaciuto:-)
Siamo.sulla stessa lunghezza d’onda su varie cose anche ad esempio su Carver che adoro.
Saprai allora che i suoi racconti sono a volte semplici foto della realtà senza né colpi di scena né particolare enfasi.
Non volendo ovviamente paragonare i miei scritti a nessuno poiché mi piace definirli semplici esercizi visto che sono una umile appassionata mi piace cercare di far emergere stati d’animo a volte ho potuto riuscirci a volte no.
Per tornare alle tue precisazioni al primo commento ci tengo a dirti che faccio tesoro di tutti i commenti che sto ricevendo perché fino ad ora ho ricevuto TUTTI commenti educati e credo sinceri quindi come non farne tesoro soprattutto quando contengono un invito a migliorarsi.
Sei stato chiaro nel suggerimento e lo apprezzo non mi era chiaro però che il mio racconto ti fosse piaciuto malgrado l’appunto, adesso ho capito:-)
Quando vorrai e se potrai avrò piacere di ricevere tuoi commenti agli altri due racconti sono sempre storie al femminile ed una, Io non lavoro, è completamente diversa dalle altri due
Avrò anche piacere di leggere il/i tuoi scritti li cercherò.
Grazie
Vita nelle grandi città nel 2015 con auspici, difficoltà, speranze e solitudini. Il gioco di contrapposizioni rende fluido il racconto anche se forse toglie un po’ di imprevedibilità. Non è il mio genere ma l’ho letto volentieri.
Grazie Roberto per il tuo commento 🙂
Brava Liliana. Un racconto che evidenzia le battaglie quotidiane di chi vive in una metropoli e che tutti i giorni fantastica di mollare tutto e… cambiare aria.
Grazie Antonino sono contenta ti sia piaciuto.
Effettivamente volevo semplicemente fare una foto della triste realtà di oggi in tante grandi città dove tanti giovani vanno con il sogno di poter studiare e gettare le basi per il loro futuro ed invece si accorgono che la loro strada è altrove….speriamo non se accorgano troppo tardi…
Anaforico! Tutti i vorrei frustrati dai paragrafi successivi. Condizionale vs Indicativo, Sogno vs Realtà! Incalzante, rapido, ironico. Brava!
Grazie Matteo sono contenta che ti sia piaciuto e che tu abbia apprezzato lo stile.
🙂
Ciao Liliana, in sintesi sei riuscita a trasmettere certe situazioni che accomunano un po’ tutti oggi giorno. Bisognerebbe veramente riscoprire certe meravigliosita’che la vita ci regala o altrimenti coglierle da soli con la nostra arte nel creare. Brava.
Grazie Gianluca sono contenta tu abbia apprezzato.
Quante costrizioni questa società “veloce” ci impone….scrivere è un modo per evadere nella speranza che si possa tornare a ritmi un più naturali.
🙂
Racconto ben sviluppato che fa un quadro preciso ed ironico della complicata ed estraniante situazione lavorativa
In cui la protagonista si viene a trovare. Liliana, trovo molto funzionale alla trama il passaggio in cui critichi l’ ufficio
Open space che lascia intravedere soltanto le teste degli altri colleghi. Come se anche loro fossero condannati
a vivere con la testa fra le nuvole sospesa per aria. Ma la protagonista per fortuna sembra aver conservato le forze per alzarsi
definitivamente da quella infernale sedia in simil formica.
Roberto è esattamente come hai descritto, la protagonista finalmente guarda se stessa dal di fuori realizzando ciò che le sta intorno e cosa la aspetta nel caso in cui continui passivamente a lasciarsi vivere sperando in un futuro illusorio.
A presto allora aspetterò il tuo racconto 🙂
Mi piace. E’ ben costruito e REALE. La trentacinquenne è a dir poco perfetta. Bello il contrasto fra la vita vera e quella idealizzata. Per fortuna si può cambiare…Anch’io, come Roberto, vedo il finale in positivo. Credo che la presa di coscienza della protagonista la porti, pur con tutte le difficoltà del caso, a concretizzare la risoluzione presaa.
Grazie 🙂
Sì dai anche io sono una ottimista, ci riuscirà!
Secondo me, questo racconto è scritto proprio bene. La semplicità è solo apparente ma scommetto che è il risultato di numerose limature… Le frasi scorrono una dopo l’altra, veloci, dando l’impressione di venir fuori da una testa pensante che si trova in uno stato di ansia e di riflessione lucida sulla realtà in cui si trova a muoversi.
Adoro sia il fornitore di mozzarelle delle 6.40, che chiunque a quell’ora odierebbe ma che, forse, è il solo a portare un po’ di vita la “infernale sedia simil formica”, che da sola dà l’idea del grande carico di sofferenza sopportato da chi parla, in grado, nella sua intelligenza, di vedere l’assurdo in ciò che vorrebbe esser spacciato come normale!
Insomma, se non si è capito, a me è piaciuto!
Elisa ma che bel commento che mi hai scritto, grazieeeee
Lo trovo spontaneo e ne sono contenta.
Si alcune modifiche le ho fatte ma piu che altro nei termini in modo da renderli efficaci al massimo, lo stile ed il corpo del racconto sono stati davvero immediati.
Grazie davvero!!!!!
Ciao Liliana
premetto che questo genere di racconti non è il mio preferito (de gustibus, il mondo è vario, viva Dio!) tuttavia ho trovato lo stile di scrittura molto fluido e soprattutto molto ritmato (e non è semplice lo ammetto) riuscendo a coinvolgere anche i non addetti ai lavori come me. In definitiva riesce a farti provare quello che prova il narrante vale a dire che ti ci tuffi a piedi pari all’inizio e riemergi alla fine.
Complimenti.
Grazie Andrea non posso che essere contenta del tuo apprezzamento soprattutto perché mi “confessi” che non è il tuo genere 🙂
Bel racconto Liliana!
Sembra il racconto di un prigioniero e della sua giornata sempre uguale in carcere. Fotografia di una generazione imprigionata che vorrebbe evadere ma non ha un muro da scavalcare oltre il quale trovare la libertà…
@Stefano Pomarici grazie per il commento.
E si caro Stefano siamo imprigionati per vari motivi, bisogna evadere!!!;-)
La speranza di un risveglio l’ho scritta…
Tutte le nostre giornate sono un alternarsi di intenzioni e di doveri: vorrei ma non posso, potrei ma non voglio… L’importante è avere la lucidità di comprenderlo e di accettarlo come una caratteristica del nostro “essere umani”. L’importante è anche sentirsi capaci di andare oltre e tu, Liliana, esprimi bene questa tensione ideale. Il racconto l’ho letto con piacere perchè la semplicità con cui è scritto mi consente di immedesimarmi e di volermi bene lo stesso, nonostante le contraddizioni che viviamo, un po’ per scelta e un po’ per obbligo.
@Anna Mainardi ti ringrazio per il tuo apprezzamento.
In effetti la consapevolezza credo faccia la differenza nella vita, nelle situazioni buone tanto in quelle difficili.
🙂
Bellissima Fotografia di uno spaccato di vita moderna, di corsa, caotica e … vuota di Valori!
Complimenti alla scrittrice fotografa e in bocca al lupo!
@Giovanna Vigilanti grazie a te.
Tengo molto a questo racconto perchè credo che esprima l’illusione di una generazione che è stata ingannata dalla classe dirigente !
Ciao Liliana, non me ne intendo molto di racconti che non siano per bambini. Però hai pennellato uno spaccato di comune solitudine cittadina che purtroppo credo sia vissuta da molti.
questo racconto è un disegno perfetto dello stato d’animo nel quale oggi sguazziamo. quel senso di ansia e frustrazione dovuto a un’aspettativa promettente ma che poi si è tramutata in una realtà deprimente. ogni paragrafo riece a far gustare il desiderio di una vita comune e subito viene stroncato da aspetti di quelllo che oggi l’uomo comune è costretto a vivere. la protagonista vive una solitudine estrema e interiore nonostante non passi mai un minuto da sola, ma tutti sono impegnati nella stessa routine e non possono neanche scambiare due parole, al contrario l’amica che lei cerca le darebbe la possibilità di parlare della realtà, quella vera, che ci sorprende sempre e stimola i nostri sensi e le nostre percezioni, come lo spettacolo di un tramonto o la trama di un film.
racconto semplice ma veramente pieno di significato, complimenti, mi è piaciuto molto.
@Giuseppe Spampinato grazie mille per il tuo commento. Hai colto bene il mio sentire questa voleva essere la foto di una generazione illusa da una classe dirigente che ha spinto ad inseguire falsi valori. Questo racconto ha suscitato pareri opposti chi lo ha apprezzato per la rispondenza alla realtà chi non ha apprezzato la mancanza di effetto sorpresa. In ogni caso sono stata contenta del riscontro per crescere. Grazie
In questo ossessivo, impietoso raffronto tra utopia e realtà hai composto, con ironia, un caleidoscopio di immagini poetiche, realizzate ricorrendo a semplici, ma sapienti pennellate. Ne è scaturito un piacevolissimo racconto.
Da appassionato di gatti, non ho dubbi che Milù, pur non utilizzando il nostro linguaggio, saprà sostenere la volontà della sua padroncina verso l’auspicata virata (in fondo bastano pochi gradi per mutare radicalmente direzione).
Caro Roberto potrebbe accadere l’amore è amore anche quello per gli animali ( io ho un gatto) magari la protagonista cambierà strada grazie a questo….
@Roberto Contini è bellissima la tua espressione “caledoscopio di immagini poetiche” grazie infinite!!!
Vorrei…quante cose vorrei. La monotonia e il grigiore dell’esistenza hanno come sole vie di fuga il sogno e la fantasia. Altrimenti le nostre menti diventano come quella del protagonista del mio racconto Piccola storia di mare, che tu hai letto e benevolmente giudicato, che non riescono più a percepire nemmeno la bellezza e la purezza del mare. Grazie Liliana di averci fatto capire verso quale deriva stiamo scivolando.
@Duccio Mignelli grazie infinite 🙂
È il male del secolo: un lavoro che non ci soddisfa ma ci obbliga ad affrontarlo altrimenti siamo fuori gioco. La tipica vita di chi decide di rimanere single per scelta o per necessità.
Vabbe’…. la famiglia non esiste più. … ma la nostra dignità si.
non ci è possibile mantenerla con un lavoro dove siamo solo numeri che producono . Auto…. file interminabili. … ansia. …. preoccupazioni. … dov’è la nostra felicità e soprattutto libertà?
Cara Liliana siamo tutti sulla stessa barca: c’è chi accetta e chi è più sensibile, come me; io non mi ci ritrovo in questo mondo senz’anima.
prova a leggere il mio racconto “l’ultimo viaggio”.
Ciao
Racconto scorrevole, quasi come un ” diario di bordo” che purtroppo accomuna tante persone. Mi piace la semplicità nell’esprimersi, prediligendo questo stile a quello più ” complicato” e forbito che alla fine non si articola in nessuna trama ma solo in virtuosismi di parole.
Non cambierei di una virgola quello che hai scritto; nella tua capacità di sintesi ( non e’ cosa da poco) c’e’ tutto .
Tieni conto che il commento arriva da chi scrive da una vita ma solo per se’ stessa e solo nell’ultimo anno ha deciso di fare le cose più seriamente, per cui non sono una scrittrice ma una che ha bisogno di scrivere anche per isolarmi dall’ambiente che tu hai perfettamente descritto.
in bocca al lupo!
@Carla Vinazza il tuo commento mi ha emozionato. Io scrivo di getto ed in preda alle emozioni come ho avuto modo di dire in risposta ad altri commenti ai miei tre racconti in concorso. Anche per me la scrittura è una necessita e sono ancora alla ricerca di una identità nello stile ma una cosa è certa prediligo il racconto breve. Tu sei bravissima e le tue parole nel racconto sono puntuali ed efficaci a trasmettere una serie di sensazioni emozioni di questo serio problema, a mio avviso, che è la voglia di mostrarsi senza poi occuparsi di reali contenuti. Facebook e altro ne sono artefici e strumenti in una società di poca sostanza. E’ un vero piacere parlare con persone come te sarebbe bello incontrarsi 🙂
In bocca al lupo per l esito
Ciao Liliana, ci dai qui la quotidianità di una persona che divide il suo tempo tra casa e lavoro. Si presentano due situazioni all’uomo di questi tempi, la solitudine in casa, vinta per la protagonista forse con la presenza della gatta Milù, e l’isolamento nelle strade, in macchina, nello smog e nell’ambiente di lavoro. La solitudine è la condizione in cui si trova il genere umano, è il destino di questa lotta della sopravvivenza. Credo che si possa andare avanti solo con l’amore, la vita di copia quando non è l’inferno, la famiglia, il volontariato e l’amicizia. Rimane a rincuorare ed ad accettare l’inevitabile, il desiderio o la convinzione che “è giunta l’ora di cambiare aria”. Mi perdoni Leopardi se mi permetto di accostare questo desiderio di cambiare con il desiderio della domenica, ne “Il sabato del villaggio”. La gioia sta nella speranza di raggiungere qualcosa, molte volte quando lo si raggiunge quel qualcosa non basta. Bel racconto.
Emanuele
Ciao Liliana, Complimenti a te e in bocca al lupo per la riuscita delle tue attività. A ottobre ci vediamo a Lucca.
Emanuele
Complimenti per la meritata vittoria, Liliana. Sei stata una piacevole e attenta commentatrice di questo concorso. Sarò felice di incontrarti a Lucca.
Rapido, semplice,efficace.
Questo è quello che intendo per racconto riuscito.
Sono contento che tu abbia apprezzato il mio lips diary. Ci vediamo a Lucca
Splendido racconto, complimenti per la Vittoria! Sarò lieta di conoscerti a Lucca, mi sei sempre parsa una persona molto, leggerti è stato un piacere!
@ CARI VINCITORI TUTTI, mi complimento con voi.
Sto ultimando la lettura dei racconti che non ho ancora avuto modo di commentare ma ci tengo a dire alcune parole.
Ho partecipato con grande interesse a questo concorso perchè mi colpì la possibilità di ricevere riscontro in tempo reale cosa che sembrava essere un valore aggiunto.
A posteriori posso dire che grazie al concorso ho incontrato virtualmente molte persone, tanto diverse ed interessanti, qualcuno anche “curioso” nei suoi commenti ma la diversità permette di mettersi in discussione e migliorarsi.
Ho condiviso emozioni con alcuni e semplicemente parlato piacevolmente con altri ma credo tutti noi abbiamo contribuito a rendere questo concorso una bellissima esperienza.
Mi spiace che alcuni amici non abbiano vinto perchè per gusto personale ritenevo i loro lavori molto validi ma sono felice per chi ha vinto.
Un caro saluto ed a presto 🙂
Liliana ma che matta sono, ho dimenticato di finire la frase… volevo dire che mi sei sempre sembrata gentile e garbata, scusami davvero… che sviste! Tra il lavoro e il caldo, sto perdendo la testa! Mi ispiri moltissimo come persona, chissà dal vivo come sarai!
@ Marta Borroni grazie mille. A presto 🙂
Complimenti per la vittoria Liliana!!! E si, siamo vicini!!! Ci vedremo a Lucca allora! Ancora complimenti!!
Liliana, ho molto apprezzato il tuo racconto che ci ricorda quanto la qualità della vita possa essere condizionata dal lavoro, soprattutto quando questo è così lontano dalle nostre aspettative. È un tema molto attuale. Brava e complimenti per meritata la vittoria.
Un racconto lineare e diretto Liliana che colpisce per la sua semplicità nell’affrontare un tema tanto drammatico. La protagonista, disincantata e rassegnata, alternando realtà e fantasia , o meglio, fantasia e realtà, dipinge perfettamente e senza eccessi la situazione di molti italiane/i. Credo sia stata questa la formula vincente. Brava Liliana! Complimenti per la vittoria, ora sei anche tu una dei fantastici 25.
Marco
Grazie infinite Marco 🙂
Hai raccontato armoniosamente il paradosso diarmonico tra il vorrei ma non posso che qui è esistenziale. A salvare la protagonista è l’autoironia che si intravede tra le righe e la residua capacità di sognare, che la porterà, arrivato il momento, al cambiamento. L’importante è crederci fino a provarci, al momento giusto.
Hai raccontato armoniosamente il paradosso diarmonico tra il vorrei ma non posso, che qui è esistenziale. A salvare la protagonista è l’autoironia che si intravede tra le righe e la residua capacità di sognare, che la porterà al cambiamento. L’importante è crederci fino a provarci, al momento giusto.
Mi avvolgi in tutti i tuoi “vorrei”, nelle tue sensazioni, nelle tue voglie… bravissima, mi coinvolgi totalmente!
Complimenti per vittoria, ci vediamo a Lucca!