Premio Racconti nella Rete 2015 “Io non lavoro!” di Liliana Sghettini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Sono una mamma, non lavoro, così dicono.
Ogni mattina mi sveglio alle 6 e metto su le caffettiere, una subito, per me, l’altra la lavo e la riempio, è pronta devo solo accendere il gas quando lui si alza.
Preparo la tavola per la colazione i miei ragazzi si svegliano alle 7, uno ha sette anni, va a scuola, l’altro quaranta va in ufficio.
La camicia è a posto, la controllo meglio, magari la stiro, una ripassata, chi lo sente sennò.
La cartella è pronta, forse manca il quaderno, Luca si è addormentato mentre rileggeva il dettato di italiano.
Il gatto ha fatto la cacca, pulisco la terriera, apro la finestra, meglio cambiare aria prima che si alzino, la casa è piccola, l’odore della notte impera.
Mi guardo allo specchio passando nel corridoio, che faccia, si dorme poco, Luca va in bagno almeno una volta per notte e mi chiama, ha paura del buio.
Guardo l’orologio, ho ancora mezz’ora, carico la lavatrice sembra sereno, posso stendere i panni e poi risparmio sulla corrente prima delle 8.
Faccio attenzione a non mischiarli, non ho l’acchiappacolore, Fabio odia le camicie ingrigite.
Sento l’aroma del caffè nelle narici, il borbottio della caffettiera mi conferma che è pronto, mi siedo e ne bevo una tazza, che meraviglia, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
Il gatto passa e ripassa sotto il tavolo strusciandosi sulle mie gambe, sale, vuole il suo latte e meno male che gli ho pulito le zampe, sono una fissata, anche se il veterinario dice che è pulitissimo, gliene verso un po’, lo beve vicino a me, non lo vuole nella sua ciotola, chissà si crede un bambino e preferisce la tazza.
Guardo l’orologio sono le 6.55, vado in camera di Luca e gli bisbiglio che è ora, lo accarezzo e vado in camera mia.
Fabio dorme sul lato sinistro, è una sua abitudine, lo accarezzo e gli dico buon giorno.
Siamo in cucina, Fabio arriva, saluta e si siede, è di cattivo umore, ha scandito il saluto, sarà perché dorme su quel lato o sta ancora rimuginando sulla discussione con quel genio del suo capoufficio.
Luca è allegro, oggi ha lo scambio di figurine con Giuseppe e menomale, un sorriso la mattina è meglio del caffè caldo.
Sono le 7.20, sparecchio veloce mentre Luca va a lavarsi, Fabio è ancora seduto.
Vado in bagno, mi lavo, mi vesto, jeans e scarpe da ginnastica, Luca è quasi pronto.
Sono le 8, prendo la spazzatura, le chiavi, due euro ed usciamo, andiamo a scuola a piedi, è bello, due passi ed una chiaccherata ci fanno bene.
Arrivo nel piazzale i genitori si incontrano, si salutano, parlano, io salgo sulla prima rampa di scale e lascio andare Luca, un bacio e corre via.
Mia madre mi chiama sempre alle 8.35, sa che sono fuori della scuola, è vedova e malata, soffre di reumatismi, di sinusite, di mal di testa e altro, si lamenta, la mattina è un momento difficile, che sia caldo o freddo impiega tempo a carburare, un diesel, alla seconda accensione scoppietta e parte, la rassicuro, ne ha bisogno ed anche io.
Rientro in casa, c’è silenzio ed odore di caffè, Fabio è già uscito, a volte trovo un biglietto sul tavolo della cucina con delle commissioni, a volte sono padrona del mio tempo.
Mi guardo intorno c’è disordine, i letti da rifare, il bagno da pulire, la lavatrice da stendere, i giochi ed i vestiti da riordinare, comincio, il mio motto è chi ha tempo non aspetti tempo.
Se il frigo non piange, avvio il pranzo, sennò esco per il pane fresco e vado al supermercato.
Odio vedere le tazze galleggiare nel lavandino, parto da li, penso alla scuola, ai compiti del pomeriggio, alla festa del prossimo sabato, devo comperare un regalino per Giulio, alle bollette da pagare, le scadenze, mia mamma, la ricetta della pastiglia della pressione, la visita dal reumatologo, è il controllo annuale, lo squillo del telefono infrange il mio torpore, è Fabio.
Mi chiama quando ha qualche problemino a lavoro, ne parliamo, gli dico di star calmo, non serve a nulla prendere le cose di petto, lui si rassicura, sembra.
Inizio con le faccende, in un lampo sono le 12, lo dice la campana della nostra chiesa, devo apparecchiare, pettinarmi ed uscire per andare a prendere Luca, chissà come sarà andata!?
Sono di fronte al portone e fisso la scalinata, i bimbi iniziano a fare capolino, la sua classe esce sempre per ultima, osservo.
Lo abbraccio forte, all’uscita è sempre felice, corre e lancia lo zaino sulla panchina, cerca Giuseppe, l’ultimo della fila, gli fa un cenno e tira fuori le figurine.
Marta, sua madre, si avvicina, sa dello scambio, ci salutiamo con un bacio sulle guance e chiaccheriamo un po’.
Diamo del tempo ai bambini, non oltre le 13.45, i papà rientrano per il pranzo non si può far tardi, l’acqua deve bollire e la pasta cuocere.
Di ritorno verso casa Luca guarda compiaciuto i suoi trofei, non vede l’ora di attaccarli, l’album lo attende, passatempo preferito prima del pranzo.
Fabio è già rientrato, è di fronte al pc, non gli basta l’ufficio per ipnotizzarsi continua anche a casa.
Luca corre nel corridoio e passando lo saluta, lui risponde ciao, io vado in cucina e preparo.
Il clima a pranzo è sereno, di solito, a volte restiamo in silenzio, a volte siamo rumorosi, Fabio va via alle 14.45, torna al lavoro, io pulisco la cucina e parlo con Luca.
Ci coccoliamo, mi racconta la giornata se gli va, giochiamo e verso le 15.30 si comincia con i compiti, ne ha abbastanza, matematica, italiano, inglese, tranne il sabato che si riposa.
Lo aiuto se necessario, faccio qualche altra faccenda, stiro, lavo, riordino, organizzo il domani.
Mi chiama Marta, ci confrontiamo sui compiti, lei è ansiosa, suo figlio un po’ sbadato.
Le 18 arrivano a gran velocità, Fabio rientra tra un’ora devo avviare la cena, Luca vuole fare due passi, ha ragione è stato tanto seduto, usciamo un po’, fa freddo ci copriamo bene, cappello, sciarpa e via.
La cena è quasi pronta, scambio due parole con Fabio, l’umore sembra lo stesso della mattina, parlando con me si rallegra un po’, non sempre, il lavoro lo rapisce, testa e cuore, solo il sabato riesce un po’ a staccare la spina, si distrae, merito della sua corsetta in riva al mare.
La cena è finita, Luca corre in sala per guardare il suo cartone preferito, Fabio guarda il TG, resta in cucina, mi fa compagnia, io riordino e penso a domani, devo ancora chiamare mamma per augurarle la buona notte e ricordarle la sua medicina.
Sono le 21, Luca è già in pigiama, io e Fabio anche, non vedo l’ora di andare a dormire.
Chiudo gli occhi e penso che anche oggi non ho avuto un attimo per me, buona notte!
Stile semplice e incisivo, solo una donna mamma che ha vissuto e vive questa esperienza familiare può trasmettere queste esperienze con uno stile così vero. Complimenti! Se ti va, puoi leggere anche il mio racconto e commentarlo. Clicca qui: http://www.raccontinellarete.it/?p=22464
Grazie Liliana, per aver commentato il mio racconto. Hai colto,col giusto spirito, il valore di “Racconti nella rete”. Anch’io ho letto con piacere il tuo, che descrive uno spaccato di vita quotidiana, vicino alla vita di molte donne, che lavorano in casa, dedicandosi con passione alla cura della famiglia e, spesso, lavorano anche fuori, senza risparmiarsi. L’incalzare degli impegni descritti scandisce il tempo di una giornata faticosa, dove l’unica cosa che la protagonista non riesce a fare è trovare un attimo per sé. Proprio colei che “non lavora”! Brava.
Grazie, Maria e Rosa mi fa piacere abbiate colto a pieno il senso che volevo dare al mio racconto.
Ho scelto lo.scandire orario della giornata proprio per testimoniare il lavoro “silenzioso” che molte donne svolgono contribuendo al benessere della famiglia.
Spesso non viene neanche riconosciuto ed in altri casi invece viene sminuire.
Per fortuna però ritengo che nella maggior parte dei casi sia apprezzato:-)
Ciao Liliana, grazie per aver commentato il mio racconto. Ho appena letto il tuo e l’ho trovato efficace e incalzante. Le frasi, brevi, rapide, riproducono il ritmo della giornata della protagonista. A metà tra un ordine del giorno mentale e un flusso di coscienza. Un susseguirsi di impegni svolti con amore, l’amore di una madre, di una moglie e di una figlia. Tutto in una persona, in una donna. Complimenti
Grazie a te Matteo.
Il tema che ho trattato non è “nuovo” come in tanti bei racconti che ho letto qui ma diciamo che la mia intenzione era quella di essere originale nello stile rendendo un tema importante anche leggero….
Spero di esserci riuscita 🙂
La cosa bella di questo racconto è la quotidianità e la naturalezza dei piccoli gesti fatti con amore.
Non c’è bisogno di fare sentimentali voli pindarici per raccontare storie, a volte basta andare a pescare nella giornata di una persona… Veramente stupendo! brava!
Grazie Alessandro mi hai rivolto un bellissimo complimenti. La semplicità nella vita credo anche io sia fondamentale.Grazie ancora:-)
Quello che sicuramente questo racconto “non è” un elenco di quello che fa una donna che non lavora… Quello che invece è …la vita. La vita quotidiana, quella dei piccoli gesti, dei “piccoli” lavori (la colazione, il gatto, la cartella, il pranzo la spesa) e di quelli grandi , come svegliare i “due” ragazzi ed accompagnandoli nella loro giornata occupandosi di quel carico di emozioni e problemi che ognuno di loro porta con amore, pazienza… Un ‘non lavoro” di molte moltissime donne spesso non riconosciuto e sottovalutato. E’ vero: il sapore che rimane in bocca dopo la lettura, a parte quello del caffè mattutino(piccolissimo spazio per sè) è quello dell’amore…
Grazie Arianna apprezzo molto il tuo commento.
Se il “sapore” che resta è quello dell’amore allora sono riuscita nel mio intento, far guardare oltre un “banale” susseguirsi di azioni:-)
Cara Liliana, penso che il ritmo incalzante del tuo racconto abbia reso benissimo l’idea di come può essere impegnativa la giornata tipo di una casalinga e madre di famiglia ma, in una visione più ampia, di come sia stressante la vita moderna!! Complimenti
Stefania grazie per aver commentato.
Quanto mi piacerebbe semplificare il mio quotidiano…..eppure sembra che si venga risucchiati non avendo a volte il controllo sul proprio volere……ma non bisogna perdersi d’ animo, mai:-)
Un uomo con la sindrome di Peter Pan, che non fa niente, non si alza la notte e si lamenta anche delle camicie! Ma che gli desse un ferro da stiro in mano! 😉 Le “cose” da fare per una casalinga sono infinite e, purtroppo, poco valorizzate nella quotidianità. La protagonista è attenta a tutto e gestisce tutto con amore. Uno spaccato di vita molto realistico e proprio ben raccontato.
Grazie Roberto per il.simpatico commento e l’apprezzamento finale. 🙂
Approfitto della tua battuta sul ferro da stiro per dire che le camicie stropicciate ed il cattivo umore da ufficio rappresentano secondo me il più banale ma calzante esempio per rappresentare il marito medio assente.
grazie dei tuoi commenti, Ileana, Sono contenta, avevo quasi dimenticato di esserci, qui…mi rifaccio.
prima di tutto, essendo un racconto pensato per corto, ho condensato l’azione tra il tempo del flash back, quando lui è seduto in poltrona e ricorda, e il presente, cioè quando decide di agire. Ma comunque il flash back è molto importante. Lui guarda la valigia mezza sfatta, i vestiti che escono e da lì comincia a ricordare.
Come diceva Proust la prima dote dello scrittore è vedere, e, dico io, sorprendere il lettore,
quindi, visto che me lo hai chiesto, dal tuo ben scritto racconto aspettavo un colpo di scena, alla fine. Prima è una descrizione, tra l’ironico e il doveroso, della vita di una casalinga, madre, moglie…ma che succederebbe se LEI decidesse che così non le va più?
leggerò anche il prossimo
grazie
Daria
Grazie Daria, sono qui e ti rispondo subito 🙂
Ottima osservazione la tua avrei potuto inserire un colpo di scena……il fatto è che non sarebbe stato il mio racconto.
Volevo proprio sottolineare che nella vita quotidiana, di “eroico” o “sorprendente” c’e’ ben poco se non proprio il fare con amore e con sacrificio una serie di gesti comuni che tengono in piedi il benessere della famiglia.
dobbiamo stare attenti quando scriviamo a non metterci in primo piano, ma a liberarci del nostro io per arrivare a tutti. è la tua storia, ok, ma dentro di te, sono sicura, nella fantasia di scrittrice hai voglia di travalicare la realtà, e solo la scrittura ci dà questa possibilità. qualsiasi moglie, madre che ha una vita così sogna…sogna…
se tu avessi finito con: si alzano tu non ci sei, sul tavolo una brochure di una agenzia di viaggi, e dopo pochi giorno una cartolina: sto bene vi voglio bene ma voglio bene anche a me.
a presto tesori.
non devi vergognarti di tirare fuori i tuoi pensieri più profondi, di spogliarti davanti al pubblico. io faccio così, lascio le inibizioni anche quando recito e mi libero. e poi sto meglio.
nessuno avrebbe detto che non ami la tua famiglia.
e se invece avessi sterminato la famiglia, stufa di tutto? allora dovevi usare la terza persona. nessuno avrebbe detto che LIliana è un’assassina.
🙂
D
Brava Liliana. Ritmo e immagini, ironia e profondità. Il tutto sapientemente dosato come chi pur “non lavorando”, resta comunque una grande professionista.
Tra le pieghe della routine (qualsiasi routine, lavorativa e “non”), si nascondono spesso le persone. E, spesso, si nascondono (ci nascondiamo) così bene (“anche oggi non ho avuto un attimo per me”), che non riescono più a ritrovarsi. Un resoconto agrodolce di una giornata tipo ottimamente raccontato. Brava.
Mannaggia Daria……”mio” non perché ne sono la protagonista, mio nel senso di cio che ho voluto esprimere!!! Any way…..ci siamo capite:-)
Dai leggi “Gaia” l’altro mio racconto…..
Grazie
Grazie Claudia! Apprezzo!
Se ti va leggi anche “Gaia” l’altro mio racconto!
Salvatore, hai “scovato” l’altro aspetto, il terzo del mio scritto…..pensavo oramai non uscisse piu’ e di non essere riuscita a farlo affiorare……
L’amore incondizionato, la semplicità dei gesti quotidiani ed il “rischio” di perdere se stessi cambiando inconsapevolte identità, mamma, moglie, donna!
Grazie per averlo messo in luce:-))))
Leggere la descrizione di una giornata così diversa dalla mia mi ha fatto pensare. C’è stato un tempo in cui a noi donne non veniva data la possibilità di scegliere, che ci piacesse o meno, che ci bastasse o meno, questo era. E la frase ricorrente di chi portava i soldi a casa: tu non lavori.
In questa storia si percepisce forte l’amore materno ma anche la paziente rassegnazione nei confronti di un uomo lagnoso ed egoista. A un marito che si lamenta delle camicie non stirate io farei trovare il ferro caldo sulla sedia dalla parte della piastra. ??Ma Ma
Un bel racconto dolce amaro all’aroma di caffè.
Quel “??Ma Ma” in origine doveva essere un emoticon, ma credo ci sia un conflitto tra il mio smartphone e WordPress… 🙂
Grazie Mara del tuo commento. Hai parlato al passato, ma sai quante donne “vivono anche oggi in questo passato”?
Grazie anche per aver sdrammatizzato :-))
Facile ritrovarsi in questo racconto, merito anche di una scrittura scorrevole e non forzata nei contenuti. Palpabile il senso amorevole in ogni cosa, al limite della devozione assoluta. Anche questa nota un po’ amara , dell’arrivare quasi a perdere se stessi per gli altri, non la leggo come sacrificio, ma come scelta consapevole.
Grazie Lilia sapere che altre donne possano rivedere qualcosa di se nel mio scritto è senz’altro una grande soddisfazione:-)
Grazie a tutti del riscontro i vostri diversi pareri mi hanno arricchito nella comprensione delle varie sfaccettature del mio scritto, punti deboli e potenzialità! :-))
Ciao Liliana, leggo ora il tuo secondo racconto. Qui trovo un “argomento quotidiano” (ma non per questo di poca importanza, anzi, tutt’altro) visto con occhi grotteschi, ironici, reali che lo raccontano con un flusso di parole ed azioni consequenziali, come è la vita stessa. La sequenza serrata di azioni (spezzate o meno da virgole) rispecchia i ritmi veloci della vita di una madre/moglie/donna nel suo quotidiano. Si rilevano tanti sentimenti descritti con semplicità: la devozione,l’amore per la famiglia, l’abilità, la capacità di organizzare il tempo (volente o nolente!), il rispetto della casa, delle persone, etc. Potrei immaginare il tuo racconto anche come degli appunti raccolti su un diario personale, quello della tua vita.
Cara Elena non come io abbia potuto perdere il tuo commento. Credo di non ever risposto e ti chiedo scusa. Ti ringrazio tantissimo perm il tuo bel commento
Sono contenta tu abbia riscontrato queste qualita nel mio racconto.
Grazie e grazie 🙂
Ciao Liliana, confermo che ti preferisco in questa veste (in Gaia si sente l’esercizio, qui si piomba in un racconto) e ti faccio i complimenti per la fotografia di uno spaccato di vita che appartiene alla maggior parte delle famiglie. Qualcuno -leggo – ha accennato al flusso di coscienza e concordo sull’idea anche se penso di più al blogging, al diario online tenuto con passione da chi vive in prima persona le cose di cui parla. Personalmente mi piace e penso che si possa usare lo stesso stile per parlare delle emozioni provate su fatti estranei, anche se – in questa visione e soprattutto per la sincerità e veridicità su cui si basa il blog – deve essere chiaro che chi scrive parla di un fatto che non gli appartiene mentre fa trapelare le proprie emozioni in merito. Il narratore è il protagonista e il lettore segue la sua vita in divenire.
Lidia, mi sembri una esperta in materia di scrittura quindi apprezzo ancor di più i tuoi complimenti e soprattutto farò tesoro dei commenti e degli spunti offerti.
Grazie
🙂
Un racconto semplice nella sua concretezza stilistica che ci mostra la giornata tipo ti questa donna fin troppo generosa. Una donna arruolata nell’incarico di dare tante parole di conforto a tutti I suoi familiari. Lo affronta con la dedizione di chi ama tantissimo I propri cari. Li ama tanto da dimenticarsi di se stessa in quanto pienamente assorbita nell’ accudire gli altri. Anche il gatto arrampicandosi sulla tavola bevendo il latte soltanto dalla tazza, vorrebbe essere trattato come il terzo figlio di casa. Il secondo figlio lo vedo come interpretato da questo marito brontolone che si lamenta per le camice non stirate alla perfezione. Inoltre il presunto capofamiglia ha bisogno di telefonare a casa quando deve superare le tensioni da ufficio, sa di poter contare su una moglie che sa ascoltarlo e dargli buoni consigli. Si, con la tua scrittura diretta Liliana hai reso benissimo l’idea di quanta pazienza alberga in questa donna disposta a sacrificare le proprie ambizioni, pur di vedere felici i propri cari.
Roberto mi fa molto piacere che tu lo abbia letto e che ti sia piaciuto.
Ho voluto parlare di questo tema che benché “banale” nasconde una delle insidie sociali più grandi la disparità tra uomo e donna.
La naturale propensione delle donne a farsi carico della gestione del benessere familiare viene spesso equivocata come sottomissione o anche semplicemente etichettata come dovuta ingenerando pretese.
La donna stessa spesso ci si ritrova invischiata suo malgrado.
La gratuita tra l altro del lavoro casalingo causa equivoci sul fatto che sia di poco conto e dovuto invece credo sia la base su cui poggia o dovrebbe poggiare
un equilibrio importante quotidiano. “
Carino il titolo: incuriosisce e fa aprire il testo per vedere cosa ci hai messo dentro. La narrazione a volte (a volte) si incastra un po’ con gli orari e con i fatti. Trapela, ad esempio, l’idea che essere moglie e madre spesso porta all’improvvisazione a seconda di come tira il vento degli altri nella sua vita. Infatti,, la protagonista dice “a volte sono padrona del mio tempo” ma dice anche “non ho avuto un attimo per me”. Il tema è buono. Complimenti.
Grazie Barbara per aver commentato. 🙂
Semplice e diretto. Non ho letto i commenti precedenti per non essere influenzata, ma il primo messaggio che vi ho colto è l’assenza maschile… il peso talvolta insopportabile della quotidianità è tutto sulle spalle della mamma-donna di casa… quanta fatica e quanta solitudine in tutte quelle ore passate ad occuparsi delle pulizie e delle faccende domestiche. Una realtà che riguarda tante, tante donne.
@Cristina Preti, grazie anche per questo commento.
Hai colto uno degli aspetti che intendevo sottolineare, con poche battute volevo dipingere un marito immaturo e assente che gioca a fare il bambino.
Anche qui mi fa davvero piacere tu abbia riscontrato che nella sintesi il personaggio è uscito fuori.
Grazie
Brava!
@Arlindo Castanho felice che tu abbia apprezzato 😉
Vita da mamma. Io che ho tre figlie sono bene cosa significhi. È un altro racconto intimistico, molto personale, pare. Trovo anche qui spunti per approfondire il racconto.
Grazie mille Arianna per i tuoi commenti, in bocca al lupo per il concorso 🙂
Da donna e mamma ho apprezzato molto che tu abbia voluto sottolineare le azioni e le emozioni che sono protagoniste delle nostre giornate talmente piene da non lasciarci un attimo. Hai raccontato la storia di molte di noi. Complimenti e in bocca al lupo per il concorso!
Ti lascio i link per leggere e commentare i miei due racconti nel caso ne avessi voglia e tempo.
http://www.raccontinellarete.it/?p=24686
http://www.raccontinellarete.it/?p=24270
@Deepa Minasi grazie mille per il tuo commento. Sono contenta tu abbia rivisto la vita di tante mamma e spero e credo che il ritmo incalzante abbia descritto che non è tanto semplice… Ci riusciamo ma ci vuole impegno:-)
Con quel titolo ammiccante mi hai ipnotizzato, con una prosa scorrevole e con l’umorismo sempre in agguato mi indotto a completare la lettura, pur con il rossore di chi si è dovuto riconoscere nella figura dell’antagonista. Complimenti.
@Roberto Contini grazie mille per il tuo commento. L’antagonista….allora è un vizio il tuo:-) Scherzi a parte spero che ci siano uomini un pò più concentrati sulla loro vita presente anche perchè sono loro a perdersi il meglio della vita :-))))
Storie di ordinaria follia
@Ottavio mirra interessante il tuo commento non comune solo che non mi è chiaro potresti essere cosi cortese da spiegarti meglio? Grazie
Ti chiedo scusa per l’improprio riferimento letterario ( il tuo racconto non ha nulla a che vedere con quelli di Bukowski), però mi è sembrato un buon sottotitolo. La giornata tipo di una casalinga che “non lavora”, vista da dentro, grazie alla tua descrizione netta, precisa, senza inutili fronzoli, è folle, di una follia quotidiana da apparire, dall’esterno, del tutto ordinaria. Naturalmente tutto questo significa che il racconto mi è piaciuto, molto. Se ti capita e ti va di leggerlo, ho scritto anch’io un racconto dal titolo ” Un giorno sotto al porticato”,( pubblicato il 25/5). Mi farebbe piacere avere un tuo parere. Auguri per il concorso
@Ottavio Mirra grazie mille per le tue parole.
Trovo una affinità tra il mio ed il tuo racconto, la velocità di lettura che mette ansia per certi versi ma rende bene la verità delle storie.
Grazie ancora
Racconto solo apparentemente banale. Diario di una giornata qualunque di una casalinga qualunque. Ritmo serrato che non lascia al lettore il tempo di pensare (non c’è tempo). Chiusa eccellente che racconta di aspirazioni represse, destinate, purtroppo, a rimanere tali. Complimenti. Approfitto per invitati alla lettura del mio “La Torretta di Guardia” del 27 maggio
Ciao Liliana, ho letto d’un fiato il tuo racconto e ho desistito dal leggere i commenti, non per altro, perché avrei stemperato la mia emozione e mi sarei perso rischiando di analizzare i commenti. Non è l’elenco della quotidianità di una donna che, anche quando non pensa al figlio, al marito è coinvolta nelle questioni di salute della madre. Chissà se nei colloqui con le amiche c’è spazio per la donna che c’è in lei? Che dire di quello sguardo nello specchio, al mattino? Nulla. I gesti e i pensieri di una mamma e di una moglie compongono una galassia, i gas e le masse ghiacciate o infuocate, luminose o ingrigite, dei sentimenti e dei fatti concreti. Credo che l’universo di una donna sia esteso, se non infinito, e l’universo, quello noto, ha bisogno della donna. In bocca al lupo.
Emanuele