Premio Racconti nella Rete 2015 “Il demone” di Mara Grytter
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Sto meglio, anche i dottori lo dicono. La prossima settimana esco e torno a casa per qualche giorno, se mi vogliono ancora. Mia moglie è venuta qualche volta a trovarmi nel periodo buio ma non sapeva ancora se mi avrebbe perdonato. E i ragazzi…i figli…..no,no meglio non pensare a cose che mi fanno stare male , lo ha detto il dottore.
Qui sono stato bene tra gli abeti e i boschi. Sei mesi fa, quando mi hanno accompagnato, non capivo nemmeno dove ero arrivato: qui ti curano – mi dicevano i miei – ti tolgono la fissa del gioco e riprendi a vivere.
Poi con il passare dei giorni, con le prime cure, con i colloqui avevo cominciato ad accorgermi del colore intorno a me, delle sfumature del verde degli alberi e della luce che filtrava. La luce , finalmente dopo tanto buio.
Anche adesso me la sento addosso, qui sulla panchina nel prato davanti alla Cappella del centro. Ed è come se mi rigenerasse.
– Ciao Oreste come va?- Mi saluta la Maria
Rispondo con un sorriso. Lei può tornare tutti a giorni a casa sua per riabituarsi un po’ alla volta alla vita normale. Per lei però è diverso, abita vicina e poi non aveva la fissa del gioco. Lei puliva sempre, puliva tutto, era una mania e la faceva soffrire. Ma non ha fatto soffrire gli altri, come me.
Adesso però sta guarendo anche lei, si vede da come sorride.
Sento le grida di bambini venire da qui vicino: c’è un laghetto artificiale tra i boschi, piccolissimo ma con le zattere per prendere il sole e il trampolino per i tuffi! Si vede che sono montanari e si accontentano anche così: non è come da noi che abbiamo il mare di sotto e lo vediamo dalla montagna. Mi manca il mare che vedevo dalla casetta che avevamo con mio padre in cima al monte. Arrivava il profumo del rosmarino e della ginestra e il verde all’improvviso si mescolava con l’azzurro del mare. Mio padre, già, chissà se lui mi ha perdonato: dicono che non parla di me da più di un anno, da quando sono andati a chiedergli i soldi che io mi ero giocato alle carte. Me lo diceva gli ultimi tempi: “Parli sempre di cambiali, stà attento che ti rovinano” “ Ma no papà – rispondevo sicuro di avere tutto sotto controllo – non esistono più le cambiali, adesso si chiamano rate, comode rate e si compra tutto così-“
E’ che poi le rate scadevano e io non pagavo, e arrivavano le lettere degli avvocati e mia moglie si agitava, litigavamo e io uscivo di casa sbattendo la porta. E andavo a giocare pensando che quella sarebbe stata la volta buona. Povera donna. Non se lo meritava uno come me. Ma posso ricominciare dài, adesso staremo in un’altra casa, quella l’abbiamo dovuta vendere. Non dovrò vederli più quelli della bisca, “gli amici”. Finchè andava bene e vincevo erano tutti con me, quando ho cominciato a perdere sono cambiati, diventati minacciosi e chiedevano i soldi. Non mi bastava più lo stipendio da operaio e così ho cominciato con i debiti, tanti debiti. Ma basta, il dottore ha detto che non devo pensarci più, altrimenti mi torna la depressione.
Adesso devo avere fiducia e coraggio. Ci vuole coraggio per guardare in faccia i propri figli che hanno visto cambiare la loro vita, che hanno sentito i creditori bussare alla porta di casa gridando “Tanto sappiamo che ci siete, torneremo”. Mia moglie dice che è stata dura ma anche loro adesso mi hanno perdonato e mi aspettano.
Non vedo l’ora di rivedere il mare, di sentire il rumore delle maree e di guardare la luna di notte che si specchia dall’alto. Dice che la casa nuova è piccola, è nel paese basso ma c’è un giardino e potrò fare l’orto. E cuocere alla griglia la carne e il pesce. La sera che torno a casa voglio invitare mio padre, chiedergli perdono e dirgli che gli ridarò tutto e che potrà invecchiare sereno con me. Voglio cucinare io all’aperto e preparare gli scampi, quelli grandi che profumano di mare che a lui piacciono tanto alla griglia. Quanto mi mancano : qui si mangia sempre polenta e carne, anche quella di cervo. Ma da noi c’è di tutto: la carne, il pesce, il pesto e le focacce. E là ritroverò me stesso , quello di prima, lo so.
Mi hanno salvato appena in tempo quel giorno, volevo farla finita e avevo preso tante medicine ma mia moglie se n’è accorta e ha chiamato l’ambulanza. E’ stato il dottore che mi ha mandato in questo centro “dove curano le dipendenze” ha detto. Dipendenze? Altrochè, demoni, sono demoni, non ci sono altri nomi.
Adesso hanno aperto la chiesetta del Centro, piccola con pochi banchi di legno. Entro e prego come ogni sera.
E le parole recitate nell’infanzia prendono un altro significato, come una riscoperta.
“ .. e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. Amen”
Mara, che delicato modo di descrivere il dolore di quest’uomo, brava!
Il tuo racconto colpisce per la sua tragica attualità! Sei stata semplice ed efficace.
Condivido in pieno il commento di Liliana! Quello che mi ha lasciato la lettura del tuo racconto di un problema così delicato e purtroppo comune, è la tenerezza per Oreste. Perchè, diciamoci la verità..i giocatori non suscitano tanta simpatia e in fondo c’è un forte biasimo sociale per chi soffre di dipendenze come questa, proprio per quello che dice il tuo personaggio: fanno soffrire gli altri.. Mi è piaciuto anche il modo in cui passa al lettore, con le nostalgiche riflessioni di Oreste, la visione di un mondo possibile, fatto di cose semplici ma essenziali attraverso una rivalutazione che lui fa della sua vita: la grigliata, il mare, i rapporti famigliari..
davvero bello questo racconto. delicato e ben scritto, fa sentire la paura, la voglia di riscatto, il profumo del mare e delle grigliate. efficace l’intrecci dei colori, dei sapori e delle emozioni. mi è piaciuto davvero molto!