Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2015 “Girasole” di Daria Dorian

Categoria: Premio Racconti per Corti 2015

Seduto nella poltrona di pelle consumata, guardava l’impermeabile che aveva indossato la prima volta che si erano conosciuti. Era andato a prenderla alla stazione, quella donna che non gli aveva mai detto da dove veniva e di cui non sapeva nemmeno il nome. La chiamava Girasole perché anche quando la nebbia si addensava lungo le mura o la pioggia martellava sui vetri, lei rideva gettando indietro la testa e scuotendo i petali gialli intorno al viso.

Dopo aver fatto l’amore, passeggiato mano nella mano, baciati sulle panchine, o nei caffè, lui la accompagnava all’ingresso della stazione e poi se ne tornava a casa, aspettando di rivederla. Lei, saliva sul treno, senza mai dirgli dove andava.

Girasole non gli aveva mai chiesto nulla della sua vita, sembrava che vivesse solo nel presente e che il passato e il futuro rappresentassero solo dei fardelli inutili all’amore.

Non sopporterei se mi dicessi che stai con un’altra donna. Preferisco vivere questi momenti senza sapere”.

Se le avesse detto “Ma io ho solo te” sarebbe stata una bugia, e se le avesse detto “C’è un’altra nella mia vita” sarebbe stata un’altra bugia.

Perché sì, c’era un’altra donna nella sua vita, che passava il tempo a scucirgli la biancheria, strappando bottoni, aprendo con le forbici fessure nei pantaloni, incidendo colletti, sfilacciando orli e poi fingeva di rammendare strappi grandi come l’odio che li univa. Era il suo modo di ucciderlo, riducendolo a brandelli.

Odiava quel suo fare da vittima taciturna e anche quando lui urlava per scuoterla dal torpore, lei si limitava a pungersi il dito e a piangere, mescolando lacrime e sangue che regolarmente macchiavano la biancheria.

Nei suoi vestiti, trovava rammendi su rammendi, come una tela squarciata da un artista pazzo. Ormai si vergognava a farsi vedere da Girasole, anche se lei, davanti a quelle “lacerazioni”, non faceva mai domande. Ma un giorno gli propose:

Tesoro, vorrei portarti a comprare dei vestiti nuovi”.

L’amore, in quel caldo pomeriggio estivo, nel solito albergo in città, che a lei piaceva tanto, quello con gli affreschi sul soffitto e il bagno con la vasca grande dove si immergevano insieme, fu come se fosse stato l’ultimo, o forse il primo.

In un negozio elegante, lei gli aveva comprato una camicia blu e un completo di lino. E poi, un cappello di paglia e una scatola di sigari. Prima di riaccompagnarla alla stazione, avevano mangiato un gelato, e passeggiato lungo le mura.

Dalla poltrona di pelle consumata, aveva lanciato un’occhiata alla valigia, che non aveva ancora svuotato, e da cui usciva un lembo della camicia regalatagli da Girasole.

Rimpiangeva di aver sprecato la vita, di averla lasciata andare via, senza averle mai chiesto di rimanere con lui. Aveva avuto paura di prendere una decisione e così fu Girasole a prenderla.

Un pomeriggio non era scesa dal treno e nemmeno le volte dopo. Ma lui continuava ad aspettarla, davanti alla stazione, con un girasole in mano.

… e non ti ho nemmeno mai detto la parola amore”. Parlava da solo, seduto nella vecchia poltrona.

Dalla valigia tirò fuori la camicia blu e il vestito di lino bianco che gli aveva regalato Girasole. Erano ancora strappati, lacerati, violati, da quella notte in cui in cui aveva riempito velocemente una valigia e se ne era andato.

Che stai facendo?”. Le aveva gridato lui inorridito e lei, con un sorriso da strega non più taciturna, gli aveva schiumato dalla bocca:

Vi sto facendo a pezzi… “ E aveva riso, diabolicamente.

Dalla poltrona di pelle sfondata, indossando quello che rimaneva del vestito bianco e della camicia blu, aveva avuto il coraggio di alzarsi, era uscito di casa ed era salito fin sulla Torre, e poi si era lanciato di sotto, stringendo tra le mani un girasole.

 

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5 commenti »

  1. Daria, il tuo racconto è struggente.
    In poche riche hai descritto l’incomunicabilita, l’immobilismo, la paura di decidere e l’angoscia per non averlo fatto, il filo sottile di speranza che si insinua prima della fine.
    Mi è piaciuto, molto, anche se mi ha fatto male perché una delle domande ricorrenti nella vita reale è come possa l’essere umano percorrere strade senza uscita consapevolmente, senza trovare la forza di cambiare direzione.
    Paradossale il nome Girasole…..brava!
    Mi farebbe piacere un tuo parere sul mio racconto.
    Ne arriverà presto un secondo, in attesa di approvazione, spero vorrai leggerli entrambi.

  2. Come ha detto Liliana: Struggente. Inutile cercare un altro aggettivo. Un racconto sulla paura. la paura dell’amore, paura dei propri sentimenti, paura della vita. Mi è piaciuto.

  3. sì Salvatore…
    ricordi quella bella poesia di Frost “La strada che non presi”?
    grazie
    D

  4. E’ la vicenda di un uomo che è stato sordo ai richiami della responsabilità ed è diventato vittima della sua debolezza. Tra i protagonisti abbiamo due donne: una solare e delicata, che il protagonista chiamava Girasole, l’altra piagnucolosa e vendicativa, a cui il protagonista non aveva dato un nome. Ha già perso l’amore di una donna meravigliosa e cerca la morte, giù dalla torre. Il finale è tragico,quando bastava allontanare la donna insignificante, il racconto ha un linguaggio sciolto e le tinte n sintonia con i vestiti e gli ambienti frequentati dagli amanti. Quanti di noi, uomini e donne, si possono riconoscere nei personaggi principali. Bel Corto, Daria.
    Emanuele

  5. Grazie Emanuele, ho cercato di dipingere il genere umano diviso tra dovere e responsabilità quotidiane e l’aspirazione ad una vita diversa, libera, utopica?
    La luce può fare una gran differenza nel mettere in risalto il sogno dalla realtà, Girasole con la sua aurea dorata e la moglie, avvolta da una luce plumbea e cupa.
    Un salto nel vuoto è l’unica cosa che rimane
    D

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