Premio Racconti nella Rete 2015 “Il ricettario dell’Artusi” di Agata Faleschini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Adesso è autunno, le foglie si colorano di porpora, alcune di giallo come canarini.
Sembra tutto in movimento, il vento soffia e costruisce cerchi come una giostra a tutta velocità.
Adesso è proprio autunno, sì perché fa ancora caldo e le foglie non vogliono scendere, sono sempre verdi, forse solo le più stanche di vivere si lasciano morire.
No, non è ancora autunno, è solo un’estate all’infinito, un’estate piovosa, un’estate folle, umida che si trascina e inghiotte la piccola stagione, quella dai colori dei quadri di Monet.
Mafalda, la Signora dal fare carino, oggi è entrata in biblioteca.
Come una la luna, indossa un cappellino blu punteggiato di brillantini oro e scarpe basse francesi, con fiori di velluto sempre blu.
Mentre accomoda una vicino all’altra le sue buste e una scatola, questa decisamente rumorosa, salta fuori un gatto arancione.
I miei occhi stralunati si accendono come gli occhi gialli del gattone e mi addentro ancora di più in quell’atmosfera famigliare giocosa. Anche io ho un gatto.
Mafalda scusandosi con mille frasi e richiami al gatto, che in quel momento scappa veloce dietro lo scaffale dei libri, mi fa capire che ha da fare una confidenza. Racconta di abitare con la sorella, la sorella maggiore e tanto vecchia, e che vorrebbe con estrema urgenza il ricettario dell’Artusi.
In biblioteca ricordo di aver intravisto qualche ricettario, ma Mafalda vuole solo l’Artusi.
Salgo al terzo piano in archivio e mentre sento scricchiolare tutti gli scalini della vecchia scala, Mafalda mi segue e comincia a chiacchierare, discorre del tempo, del tempo che non è più lo stesso, di come s’invecchia anche male, perché c’è l’infanzia felice, c’è l’infanzia dolorosa, e poi la serena vecchiaia, ma c’è anche la vecchiaia in solitudine che è peggiore di un’infanzia dolorosa.
Parla, parla e la sento ogni tanto ridere, ma quello è per le ricette che non sempre vengono.
Trovato lo scaffale delle ricette, comincio a rivoltare tre libri molto vecchi, tarlati e ingialliti che sembra ci siano cadute le briciole grasse di un sufflè, anche se sto pensando e ascoltando la conversazione divertita della Signora Mafalda.
Uno è rosso e racchiude come a far sembrare un libro pudico, le ricette da le mille e una notte, ricette esotiche ricche di spezie e di consigli su come rendere più appetitosa una cena e anche il dopocena, forse piccanti per il troppo curry e zenzero.
L’altro libro è verde e descrive le verdure, le proprietà, gli ortaggi che fanno bene ad un’alimentazione leggera e sana, leggera quasi a volare e sparire.
L’ultimo libro che scivola per terra, prima di trovare l’Artusi, è un libro dalla copertina blu, blu come la notte, ha dei puntini gialli, sembrano delle stelle, ma sono solo piccoli buchini fatti dai tarli, quegli strani insetti che quando apri un libro mai letto, scappano alla visione della luce, si coprono i minuscoli occhietti e fuggono come un lampo. Pare un libro misterioso, ha persino le pagine ancora chiuse della prima edizione.
La Signora Mafalda salendo scricchiola la vecchia scala, un po’a fatica, è tardi e bisogna fare in fretta, perché ancora pochi minuti e la biblioteca chiude.
Decido quella sera di fare uno strappo alle regole e tengo aperta la biblioteca, ma solo per me e Mafalda. Sento che ha da raccontarmi troppe cose e scorgo dai suoi occhi una certa premura.
La premura di aprir bocca.
Mafalda come un fiume in piena si sta trascinando tronchi e rami secchi, ha da ripulirsi il greto e vomitarmi addosso la sua solitudine, immensa solitudine.
Racconta a singhiozzi e mi sorprendo perché mai avrei sospettato una tristezza dal suo volto, la sorella la rimprovera ogni giorno, la osserva in continuazione, si sente oggetto scrutato e misurato in ogni movimento, quasi le viene voglia di fuggire, ma la sorella è anziana, vecchia e le fa compassione. Abitano nella stessa casa da tanto tempo, e non si sono mai sposate.
Mafalda dice che la sua vita dopotutto scorre serena ed appagata, invece la sorella ha indossato i panni della severità, grigi e scuri. A giorni alterni è acida e scontrosa e si rasserena solo verso sera, anche molto tardi. Una mattina mi racconta di aver trovato la sorella mentre guardava inferocita il gatto arancione dentro un mucchio di piccoli pezzi di carta. Un libro molto prezioso, trasformato in un nido caldissimo e ben ricamato. Sembrava impazzita.
Una corsa tra il vicolo con le luci ancora basse e quella scena disastrosa hanno condotto così la Signora Mafalda in biblioteca. E con il gatto arancione nella scatola.
Il ricettario dell’Artusi deve ritornare in quella casa.
Adesso l’autunno si è ripreso il suo vestito rosso e giallo e comincia a piangere pioggia, anche al mare piove e da tutta una settimana.
Profonda tenerezza ispira, questo racconto, per Mafalda e la sua solitudine. Con leggerezza l’autrice descrive la vecchia signora, stimolando la fantasia del lettore ad immaginarla. Dovremmo essere un po’ tutti come la bibliotecaria e avere la pazienza di saper ascoltare chi è solo…
delicato e tragicamente leggero.
racconto fine, garbato, dallo stile semplice e sottile……trasmette emozioni dense di significato, complimenti! se vuoi leggere e commentare il mio, per crescere insieme confrontandosi, clicca qui http://www.raccontinellarete.it/?p=22464
Acquerello delicato, fatto di tanti colori, per catturare il grigio che avvolge la signora Mafalda.
Una serena malinconia, come solo l’autunno della vita a volte sa essere. Mi è piaciuto proprio tanto. Brava. Se ti va di leggere il mio, si intitola “Un giorno sotto al porticato, pubblicato il 25/5- Auguri per il concorso