Premio Racconti nella Rete 2015 “Morte di un Ragioniere” di Stefano Pomarici
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Una mattina ancora sprofondato nel sonno il ragionier Diogene Fabris sente caldo. Non è normale in questa stagione, ne può essere il riscaldamento che sua moglie Elsa centellina parsimoniosamente; c’è poco da scherzare con lo stipendio che riceve.
Diogene Fabris non apre gli occhi, è suo principio non farlo mai prima delle 6:45, ora in cui la sveglia glielo ordina, e si limita a scalciare via le coperte. Le sue gambe però non colpiscono altro che l’aria: non c’è nessuna coperta.
A quel punto comincia ad agitarsi cercando di capire cosa succeda e quasi decide di aprire gli occhi, ma poi si rilassa. Accade a volte che la moglie, nel sonno, se le tiri via o forse si era scoperto da solo durante la notte per via di quel caldo insopportabile. Già, da dove accidenti viene tutto quel dannato caldo? E la luce che sembra invadere la stanza?
Diogene Fabris si rotola nel letto disturbato da tutti questi interrogativi e innervosito dal fatto che sta perdendo preziosi minuti di sonno. Un momento! Luce e caldo? Forse è già giorno, forse ha dimenticato di regolare la sveglia e farà tardi a lavoro, forse sarebbe addirittura stato ripreso! Questo è troppo, i pensieri gli vorticano in testa, la paura prende il controllo dei suoi muscoli e, dimentico dei suoi principi, scatta a sedere.
Una mattina Diogene Fabris apre gli occhi senza che la sveglia gliel’abbia ordinato e si sveglia all’inferno.
È in una stanzetta quadrata con pareti nere e una folta moquette rossa sul pavimento, totalmente priva d’arredamento ad eccezione del letto su cui si trova. In un angolo due figure lo stanno osservando. La prima è più massiccia di qualunque persona Fabris abbia mai incontrato, mentre la seconda è persino più minuta di lui. Corna, coda e forconi non lasciano dubbi sulla natura di entrambi.
– Si è svegliato – bisbiglia una.
– Lo vedo pitocco – ringhia la seconda – ora taci e lascia favellare me.
– Perché non posso mai parlare? Perché devi sempre avere tu la parte divertente?
– I gradi l’impongono e se non vuoi tornare ai pozzi di pece vedi di rispettarli.
– Almeno questa volta! Una vita così insignificante…
Il demone più grosso azzittisce con uno sguardo il suo compare, che abbassa gli occhi borbottando e facendosi da parte, poi si volge nuovamente verso Diogene Fabris. Questi non si è mosso di un millimetro: ha seguito la conversazione ma non capisce cosa stia succedendo, dove si trovi, ne chi siano quei due tipi. Si chiede che ore siano, pensa al suo capo e a cosa avrebbero detto di lui in ufficio. Un pensiero fugace lo rivolge pure alla famiglia prima di essere riscosso dalla voce solenne del demone.
– Diogene Fabris, nato il 4 luglio di 51 anni fa…
– Chi siete? – la domanda viene fuori da se. Diogene Fabris non avrebbe voluto fiatare, ne tantomeno interrompere quel brutto ceffo. Tutto quello che desidera è tornare nel suo letto a dormire fino alle 6:45, essere svegliato dalla sveglia e andare a lavoro.
– Barbariccia è il mio nome, mentre il mio compare porta quello di Malacoda.
– Dove sono? – perché continui a parlare Diogene Fabris non ne ha idea, è il terrore a comandare la sua lingua, il terrore di non essere a casa, di mancare il lavoro, di creare chissà quali problemi a tutti quanti.
– Sei all’inferno naturalmente, se ora avessi la compiacenza di farmi finire…
Diogene Fabris non reagisce, rimane pietrificato, questa volta neanche parla. Una sola parola, stampata nel suo cervello, occupa tutti i suoi pensieri: inferno. Ripensa ai testi sacri, a tutti i sermoni in chiesa e anche agli studi scolastici. I suoi ricordi sprofondano addirittura alle antiche lezioni di catechismo di quando era un ragazzino, finché ancora una volta non viene riscosso dalla voce di Barbariccia.
– Diogene Fabris, nato il 4 luglio di 51 anni fa da Leto Fabris e Dafne Zaltron. Diplomato in ragioneria a 19 anni e impiegato al catasto dopo undici tristi mesi di disoccupazione. Ricevuti da allora tre automatici aumenti di stipendio e nessuna promozione. Sposato con Elsa Quero all’età di 24 anni, matrimonio dal quale avrà Cloe Fabris e Maia Fabris. Passione per la pittura, mai perseguita e soppressa in giovane età. Amore extra coniugale per Selina Hoxha, mai dichiarato e, in ogni modo, mai ricambiato. Interessi nessuno, hobby nessuno, eventi interessanti o quantomeno divertenti nessuno. Destinato al centocinquantaduesimo girone dell’inferno il 1 agosto di quest’anno.
– Questa è la mia vita… – il terrore è svanito, ora Diogene Fabris sembra misteriosamente riflessivo.
– Esatto – risponde paziente il demone.
– Tutto qui? Niente da aggiungere? – il povero ragioniere è ridotto ad un filo di voce.
– C’è qualcosa che abbiamo dimenticato? – Barbariccia sa di no.
– No, in effetti non manca niente.– il dannato sì guarda attorno, improvvisamente calmo. – E dunque ora sono all’inferno…
Il demone lo lascia riflettere.
Diogene Fabris rimane pensieroso a guardare il pavimento per alcuni secondi, quando all’improvviso ha una folgorazione: sgrana gli occhi, alza la testa e da fiato alla sua intuizione.
– Ma, nella mia biografia… voglio dire me lo ricorderei… insomma credo di… di non essere morto. Neanche tu hai detto niente riguardo alla mia morte! – L’impeto dà alla sua voce un tono più deciso di quanto intendesse.
Barbariccia per la prima volta pare indeciso, apre la bocca per parlare ma la richiude e sembra cercare qualcosa da dire.
– Te l’avevo detto che se ne sarebbe accorto, è un ragioniere – Malacoda è rispuntato dal suo angolo buio e un ghigno saccente colora il suo muso.
– Sta zitto! – Barbariccia è in difficoltà.
– L’avevo detto di lasciar parlare me – il demone più piccolo si gode il momento.
– Un’altra parola e ti assegno ai pozzi di pece… Per un’era! – taglia corto Barbariccia e si rivolge di nuovo verso Diogene Fabris ma viene anticipato.
– Non dovrei essere qui se non sono morto, insomma non è che sia molto ferrato sull’argomento ma ci sono delle regole, lo hai detto anche tu prima – il ragioniere è infervorato, si sarebbe detto quasi arrabbiato. Altrimenti non avrebbe mai alzato la voce con un bruto del genere e si sarebbe quantomeno sorpreso di dare del tu ad un demone che tra l’altro conosce appena.
– In effetti, si… – comincia lentamente Barbariccia – ma vedi… c’e’ stato un cambiamento… Non sarebbe toccato proprio a te ma ci sono state delle pressioni…
– Un cambiamento? Mi avete scambiato con qualcun altro? Senza chiedermi nulla!
Barbariccia lo guarda, un lampo di pietà sembra passargli nello sguardo, ma è solo un istante e i suoi occhi tornano subito crudeli come s’addice ad un demone di alto rango. Non c’è spazio per la pietà all’inferno, ha un lavoro da fare e l’avrebbe fatto; magari senza quel gusto sadico che prova Malacoda, ma certamente senza pietà né rimorsi.
– E quando mai nessuno ti ha chiesto nulla? Per tutta la vita hai accettato le decisioni degli altri, ogni giorno che hai vissuto ti sei sempre adeguato per non creare nessun disturbo. Perché cambiare proprio ora? – il demone si prende una pausa per osservare il dannato, poi continua più dolcemente – E poi perché tornare indietro ad una vita che non ha nulla da darti e a cui non hai nulla da dare? E’ finita Fabris, non devi più svegliarti ogni giorno alle 6:45, sopportare il tuo capoufficio e i tuoi colleghi, ammazzarti per una famiglia che non ti ricambia in niente. Pensa a cosa hai lasciato, prima o poi tocca a tutti, la tua vita non sarebbe cambiata….
Fabris fissa la moquette, seduto sul letto, curvo come un vecchio. Il fervore sembra averlo abbandonato e, come sempre in vita sua, la rassegnazione è tornata a dominarlo.
– Ma si. In fondo era una vita senza senso, quando sono stato veramente felice?
– Mai – Barbariccia si rilassa.
– Che senso avrebbe continuare?
– Nessuno.
– No, hai ragione; meglio approfittarne ora che é finita.
– Si, – annuisce il demone – non sei stato scelto a caso…
– Beh, suppongo che ora dovrò andare da qualche parte, a lavorare – Fabris abbozza un sorriso rassegnato.
Barbariccia annuisce grave.
– Si, i pozzi di pece.
– Sono così terribili?
Il demone non risponde.
– Beh, ci sono abituato…
I due demoni sono ora soli nella stanza, piuttosto pensierosi.
– Poveraccio – non fosse per il ghigno demoniaco, Barbariccia sarebbe sembrato sinceramente dispiaciuto.
– Beh, almeno non ci ha chiesto se era veramente destinato all’inferno.
– E già, gli è toccato il posto di quell’altro.
– Che ci vuoi fare, sono le regole…
– Ma si, cosa ce ne cala a noi! – Barbariccia si scuote – Piuttosto muoviamoci che abbiamo da fare.
– Già, un bel gruppetto di politici da gettare nelle fiamme – Malacoda sorride con gusto.
– La vita non é sempre ingiusta…
Forconi in spalla, si mettono in cammino.
– Barbariccia?
– Si?
– Posso parlare io questa volta?
Diverte, ironico, con un finale arguto e amaro. Di gradevole lettura e terribilmente attuale si legge con piacere fino alla fine,
Complimenti.
Trovo i dialoghi così divertenti che me li sono letti due volte. Pare di vederli i due diavoli litigiosi davanti all’anima attonita del povero Fabris che non suscita tanta simpatia quanto loro, che, nel bene ma sopratutto nel male, sono quello che sono. Forse perchè il “peccato” di Fabris è molto più grande di quello che appare e mi sembra di intravedere una accondiscendenza che l’essere umano rischia quando rinuncia ad abitare veramente la sua vita..
Grazie mille! Felice che vi sia piaciuto.
Racconto divertente, i poveri diavoli sono tre… a quanto pare anche all’inferno tocca sopportare non solo un triste lavoro ma anche le raccomandazioni che arrivano dall’alto.
Bellissimo, complimenti. “Tutta la vita davanti” senza lieto fine…
Grazie! è già bello essere letti, ricevere persino i complimenti è emozionante… 🙂
Racconto ironico e allo stesso tempo riflessivo. Leggendolo ti catapulta in un’altra dimensione e, al di là della storia vissuta dal protagonista, fa riflettere su quanto davvero la vita che stiamo vivendo adesso, quello che abbiamo fatto e stiamo facendo, abbia valore. Complimenti e in bocca al lupo! Se ti va di leggere il mio racconto e di commentarlo, per crescere insieme confrontandosi, clicca qui http://www.raccontinellarete.it/?p=22464
Povero Diogene, da un inferno all’altro… Gustoso e divertente. Grazie
Grazie a te!
Ciao Stefano, il tuo racconto è davvero divertente.
Sei riuscito a caratterizzare il ragioniere tipo, come uno celeberrimo degli anni ’80 😉
La fine anch’essa divertente visto chi hai tirato in ballo, non ti nego una vena di pietà per il povero Fabris.
Che triste la vita per tutte quelle persone che hanno una “etichetta” addosso, arrivano perfino a convincersene accettando il relativo “destino”.
Bravo!
Grazie Liliana!