Premio Racconti per Corti 2015 “Candies” di Valeria Colasanti
Categoria: Premio Racconti per Corti 2015“Canditi scintillavano nella poca luce
di quel pomeriggio di settembre.
Un gatto sul banco si muoveva tra bastoncini di liquirizia
cioccolate alla mandorla e chewing gum…” legge attenta Vanessa, nascosta sotto il banco di dolci, mentre sua madre parla con la signora delle frappe. I giovani distratti e svogliati, quanta ignoranza.
E Vanessa non è da meno, ai suoi occhi. Eppure ruba parsimoniosa ogni briciola di tempo per leggere poesie. Ogni granello zuccheroso di libertà viene succhiato sulla punta delle dita, che madide girano una pagina dopo l’altra.
Vanessa, Vanessa. Un richiamo continuo che la fa infine uscire dal suo nascondiglio per glassare le torte al cioccolato.
Un mare cremoso e nero che rende solide le cose, dà corpo al desiderio. Voluttuoso e fisico.
Vanessa si guarda riflessa nella glassa; si vede bambina, ha solo tredici anni.
Tocca ai biscotti di pasta frolla. Vanessa prende la pasta già pronta dal frigo, la stende sul banco imbiancato di farina. Prende il matterello, ma poi torna sui suoi passi.
La pasta; burrosa e soda, morbida al tocco. Gialla come grano, umida come erba di campo. Vanessa vi affonda le mani; la stringe nei palmi. La pasta fugge dagli interstizi delle dita, trova varchi verso la libertà. Impregna le mani di Vanessa, le carezza; ruba le pieghe della sua pelle e le riproduce sulla propria.
Uno schiaffo, sonoro, in piena faccia. Vanessa si carezza la guancia urtata con la mano oleosa, colpevole. Non deve giocare con l’impasto.
Vanessa stizzita torna al suo libro, lo apre nel punto macchiato di cannella per dolci.
“Una fanciulla entrò di corsa
I suoi capelli bagnati di pioggia
Il suo petto ansante nel piccolo locale…”
Il campanello del negozio si anima, la porta si apre. Un ragazzo di diciott’anni almeno ed una ragazza, di forse quindici o sedici. Lei lo tiene per mano, lo trascina.
È un gesto rumoroso, che richiama l’attenzione dei presenti. Vuole che tutti li vedano mano per mano.
Vanessa si alza da terra; la nota. Il petto ansante di orgoglio per il trofeo che sfoggia. I capelli lucidi, come bagnati dalla pioggia che non c’è. Vanessa è senza respiro.
La ragazzina trascina il giovane al banco. Lo libera della sua stretta per premersi con passione contro la vetrina, davanti a Vanessa. Vanessa può vedere le sue mani, le linee definite dei palmi. La pelle lattea e morbida. I capelli scuri, increspati, come riccioli di caramello solido.
Ordina, altera, una Testa di Moro; il ragazzo non prende niente. Ha fame, ma non di dolci. Paga in fretta ed è lui, ora, a trascinare via la ragazza.
Vanessa resta a guardare, l’impronta umida di quelle mani sul vetro.
Il negozio è chiuso. Vanessa deve pulire. Prende un foglio di giornale, lo sfrega, appallottolato, contro la vetrina. Si ricorda di quelle impronte. Le cerca tra altre mille. Le tocca con le sue mani, le copre. È come tenerla per mano.
Un altro giorno; la ragazza ritorna. È con un altro trofeo, più alto, più massiccio. Ordina sempre un Moro. Un altro e un altro, accavallando i giorni e i ragazzi, sempre diversi.
Finché non va lì da sola. Infastidita dalla mancanza.
Anche Vanessa è sola nel negozio. Asciuga il sudore ansioso contro il grembiule bianco.
“Voglio un Moro.”
“Come ti chiami?”, le chiede Vanessa, stupita di se stessa.
“Virginia!”
Vanessa le consiglia altri dolci; Virginia si impunta testarda. La testa di Moro è fatta con gli scarti degli altri impasti.
Virginia resta immobile, colpita. Può prendere un Mont Blank.
Vanessa lo sottrae alla vetrina.
La panna ricoperta di zucchero scintilla come il diamante di un solitario sotto le lampade del negozio. Ricopre appena la meringa che custodisce un letto di crema, bronzea, di marroni.
Virginia è sedotta. Lo prende, vi affonda subito i denti, impaziente. La meringa scrocchia sonora sotto i denti, le labbra baciano la panna morbida, mentre la lingua scivola nel cuore di crema corposa.
Virginia si confessa. Vende i suoi baci per i dolci. Un bacio, una pasta.
Vanessa si illumina della luce delle idee geniali.
Le avrebbe fatto assaggiare tutti i dolci del negozio, in cambio dei suoi baci.
Virginia riflette, preziosa. Promette di tornare.
La sera dopo è lì. Nel negozio chiuso. Virginia mangia la sua prima Delizia alle fragole, Vanessa assaggia il suo primo bacio. Impacciato, ma dolce.
Si consumano molte paste e molti baci, finché la madre di Vanessa le scopre. Caccia via Virginia e picchia Vanessa.
Non dovrà parlarne con nessuno.
Vanessa smette di leggere. Si chiude in un silenzio amaro.
Palpita nel vedere Virginia passare davanti al negozio, ma delusa nota che lei non la cerca. Finché non se la trova davanti, in un giorno di pioggia. Il petto ansante nel negozio. I capelli bagnati.
Davanti alle donne in fila Virginia bacia Vanessa.
Le donne e la madre scompaiono in un vortice di colori e suoni. Soltanto le labbra di Virginia la tengono ancorata a terra.
Virginia si allontana, ride, nervosa, eccitata da tanta audacia.
Vanessa sorride, mentre la madre la trascina via.
“Ti devo un dolce!” le urla Vanessa.
“Il tuo bacio mi basta!” risponde Virginia.
Mentre “fuori le foglie continuavano a cadere e gridavano
Troppo presto!
Troppo presto!”
L’ho letto in un fiato. Storia appassionante e originale. Mi è piaciuta molto. Le ho viste Virginia e Vanessa
Ciao Pina, grazie. Ho cercato di raccontare l’immagine che mi ha ispirato la poesia di Ferlinghetti.
Meraviglioso racconto. Brava, complimenti. Mi sono immedesimata tanto nella storia che non solo sono contenta per le due fanciulle, ma ho anche tanta voglia di un dolce in questo momento!
Ciao Valeria. ho letto il tuo interessante racconto sull’amicizia tra due ragazze. Testo scorrevole e carico di sentimenti, quanti sono i dolci descritti. Si fa per dire. Potrebbe essere un bellissimo Corto.
Emanuele