Premio Racconti nella Rete 2015 “Autunno” di Enrico Cremonesi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Le foglie vorticano nel vento lungo i portici, finiscono contro la vetrata del caffè che riflette il cielo plumbeo e poi vengono spazzate via.
Dall’altra parte del vetro c’è l’uomo delle storie, è seduto a un tavolo con lo sguardo volto sulla piazza, al di la del vetro. Fuori l’immagine del suo viso traspare appena attraverso quel riverbero grigio.
Di fronte a lui è seduto un altro uomo notevolmente più giovane che lo guarda, e tra loro attendono due tazze fumanti:
«…insomma non sei stanco di fare il “portavoce delle vite degli altri”?»
«Racconto storie Arnaud! Io racconto storie.»
«Mh. Ma…» per un istante visibilmente curioso di capire che cos’è che attira lo sguardo dell’uomo «Si insomma. Hai capito quello che voglio dire. Le storie degli altri.»
«Finché mi pagano…» fa spallucce.
«Devono pagarti un sacco di soldi per tutta quella pazienza.»
«Non si tratta di pazienza, ma di lavoro. Lo faccio e basta. E poi finché non ti metti ad ascoltare gli altri non ti accorgi mai di quante storie strane accadono. Un sacco di vite strane.» riflette per un istante «Sai, a dire la verità mi piace.»
«Mh. Mah! Se lo dici tu…»
Nella testa dell’uomo balena improvvisamente un’idea e il suo sguardo torna a posarsi su quello del suo interlocutore «Da quanto tempo abiti nella tua palazzina Arnaud?»
«Cosa c’entra?»
«Da quanto Arnaud?»
«Quasi ventisei anni, perché?»
«Quante famiglie hanno abitato nell’appartamento adiacente al tuo in questo lasso di tempo?»
«Cinque, ma mi spieghi cosa c’entra?»
«Ti sei mai chiesto cosa è successo alle persone che hanno abitato il tuo pianerottolo oltre a te? Perché sono passate? Che cosa gli è successo prima? Che cosa le ha portate li una per una? E che cosa gli può essere successo dopo? »
«Sinceramente?» si lascia andare con la schiena addosso allo schienale della poltrona «Non me ne è mai fregato più di tanto…» con lo sguardo di chi vorrebbe evitare altri interrogativi simili, come se ci fosse stato qualcosa di cui vergognarsi nella sua risposta.
«Ecco vedi?! Abiti in una città con trentacinquemila anime che ti gravitano intorno, e anche se la tua storia ha incrociato un sacco di volte quella degli altri, alla fine, quante di quelle storie puoi dire di aver conosciuto?» fa una breve pausa «Quante volte ti sei fermato ad ascoltare la storia di qualcun altro?»
«A me non mi paga nessuno.»
«Se ti proponessero di farlo pagandoti, quanta voglia avresti di farlo? Mi sembra di capire che di questo stiamo parlando…»
«Poca.»
«Appunto.»
Entrambi assaggiano un sorso della bevanda calda. Il tempo che passa è quello che basta a far sorgere un altro interrogativo nel giovane.
«Quindi tu stai li e ascolti per ore, giorno dopo giorno le persone che ti raccontano la loro vita?
«In pratica…»
«E prendi appunti?»
«Si. Sarebbe poco professionale redigere una biografia omettendo sbadatamente una lite con il datore di lavoro o una notte di passione sfrenata solo per aver voluto ostentare un lavoro di sola memoria.»
L’uomo più giovane accoglie l’ironia con una breve risata, e poi di nuovo una breve pausa.
«Non ti capita mai mentre li ascolti di appassionarti? Cioè, ascolti un’intera vita raccontata giorno per giorno! Come fai a non appassionarti? Penso che non saprei come non rimanerne coinvolto… Emotivamente intendo. Non so se capisci cosa intendo…»
«Appunto. Mi lascio appassionare.»
«Ma non è, come dire, poco professionale?»
«Loro sono i protagonisti delle storie che mi raccontano, e come la Storia che viene scritta dai vincitori, anche loro vogliono mistificare la loro. Se non mi appassionassi non riuscirei a rendere interessanti le loro vite, e poi, siamo sinceri, chi se lo leggerebbe un libro che parla della vita felice dell’attore pieno di soldi?!»
«Capisco. Ma…»
«Tu leggi libri?»
«Si.»
«Ti ci appassioni?
«Spesso si.»
«È la stessa cosa. Solo che tu non sei pagato per riscriverli.»
«Ok. Ma…»
«Dimmi.»
«Ti sarà capitato di dover ascoltare per ore e ore di infinite storie d’amore…»
«Certo.»
«E…» è molto cauto «Non ti mette un pò… ecco, un pò di malinconia..?»
«Si fa buon viso a cattivo gioco. E poi…»
«Si si! Ho capito dove vuoi arrivare: ti pagano bene.» ironico quasi a voler tentare di rompere il ghiaccio «Non fai altro che raccontare le storie degli altri. Non ti è mai venuta voglia di smettere e di cominciare a scriverne una tua?»
L’uomo delle storie non riesce a capire se si sarebbe dovuto aspettare o no quella domanda e, all’improvviso, la sua attenzione viene catturata da ciò che sta accadendo sotto quel cielo grigio, di la dal vetro:
C’è una ragazza, avrà si e no vent’anni. Attraversa a piedi la piazza, le fa da cornice la pioggia che lentamente comincia a cadere. Si ferma, apre l’ombrello, ma una folata di vento improvvisa glie lo strappa dalle mani e lo fa volare fin sopra i tetti delle case. In un attimo la pioggia comincia a cadere più forte e la ragazza è ancora li, immobile. Un altro uomo seduto nel caffè, che fino ad un attimo prima sembrava disinteressarsi di quello che accadeva fuori, esce e aprendo il suo ombrello corre in contro alla ragazza. Al riparo sotto quell’ombrello stava per accadere qualcosa. Lui le porge la sua giacca asciutta e lei lo ricambia con un sorriso timido, gentile. Insieme i due spariscono tra le vie…
Sembrava passata un’eternità dall’ultima parola pronunciata.
La voce dell’uomo più giovane irrompe come un tuono in un giorno primaverile, spezza quell’incanto nato sotto il cielo di una giornata uggiosa.
«Non ti manca qualcuno accanto? Una persona che ti potrebbe aspettare tutte le sere a casa e con cui scrivere la tua di storia. Avrai pure messo da parte un sacco di soldi ma, parliamoci chiaro, non penso tu voglia crepare senza nemmeno godertene un pò…» prende del tempo prima di esporgli con delicatezza l’ennesimo dubbio «Non pensi mai di aver perso del tempo?»
L’uomo torna a guardare il giovane e gli sorride come mai aveva fatto fino ad ora.
«No, pensandoci bene non credo di aver mai perso tempo, e anche se fosse continuerò a tornare qui ogni mattina, continuerò a sedermi allo stesso tavolo e continuerò a spendere i soldi che guadagno per i magnifici croissant che ho visto entrando. E mentre scriverò le storie degli altri l’autunno passerà, e poi passerà anche l’inverno.»
«E poi?»
«E poi?!» ripete stupito l’uomo delle storie «Solo il tempo può svelare le sue stagioni.»
«Non capisco dove vuoi arrivare. Hai veramente intenzione di passare la tua vita a scrivere qui dentro?»
«Un giorno, mentre sarò intento a stendere l’ennesima biografia seduto a questo tavolo una donna passerà sotto questi portici e si fermerà per specchiarsi a questa vetrata prima di proseguire per entrare qui dentro. Ecco. Vedendola di la dal vetro capirò che è la persona che stavo aspettando di incontrare, la donna della mia vita, e proprio in quell’istante la penna mi cadrà dalla mano sul tavolo.»
«Ci credi veramente in quello che dici?» chiede visibilmente perplesso e altrettanto curioso.
«Certo che no, ma ho appena mistificato la mia straordinaria storia, come faccio con tutte quelle degli altri. E tu caro mio, avresti dovuto vedere la tua faccia! E credimi se ti dico che avresti pagato per conoscere il resto della storia!»
Mentre dice questo l’uomo delle storie si alza dalla poltrona, lascia sul tavolo una manciata di spiccioli e con una pacca sulla spalla saluta il giovane che rimane seduto con lo sguardo immerso in un oceano di pensieri.
Bella la figura de “l’uomo delle storie”! Tutte le civiltà, alla fine, son nate così: un fuoco, un po’ di persone intorno, qualcuno che racconta e gli altri che ascoltano rapiti. Le storie come “motore del sentimento umano”. Bravo!
Esatto Salvatore, è proprio questa l’immagine di partenza!
Il vetro riflette il mondo che si vanta della sua storia, e dietro a questo grande riflesso tutti noi scompariamo.
Oggi si sa che le grandi storie sono già state narrate.. almeno credo. Qualcuno lo ha detto, di questo sono sicuro. Forse è stato proprio l’uomo delle storie a dirlo! 😀
Allora mi ero immaginato quest’uomo, seduto dietro ad un vetro, che non si cura della “grande storia”. Di persone che ce la ricordano sono piene le cattedre e lui lo sa.
Il suo mestiere è un altro. Lui ascolta, divora, vive e rimescola le storie degli altri immaginandone di nuove ogni giorno, per poi tornare a raccontare.
Grazie per il commento salvatore 🙂
Bel racconto, semplice ma non banale, descrizioni ricercate ma non prolisse, comunicativo ed evocativo! continua così! 🙂
Non mi interessano le complessità entropiche degli esseri umani, non sarei bravo a narrare una cosa del genere e non possiedo nemmeno il lessico adatto 🙂
Preferisco approfondire maggiormente tematiche più semplici ed esplorare i vari lati della quotidianità.
Grazie Giulia!
Non abbiamo bisogno di sentirci raccontare “grandi storie”, è vero. La grandezza sta “nell’appassionarsi nell’ascoltare” semplici storie. “Storie strane” di incontri casuali e di vite che si intersecano e si rimescolano.
Il vecchio e il giovane, li immagino così, sono le due facce di una stessa persona. L’uomo delle storie è “il portavoce delle vite degli altri” , il narratore spettatore che al riparo dal vetro e quindi dal mondo, si cura di scrivere e raccontare solo la vita degli altri. Il giovane è la parte di noi “visibilmente curioso”, appassionato, assetato di vita e desideroso di essere il “protagonista” della sua di storia.
Mi è piaciuta la chiarezza e la sincerità del racconto. 🙂
Ogni storia è ammantata di mistero. Le grandi storie sono affascinanti perché di queste è nota solo la loro “versione ufficiale”, e ci si chiede se veramente i fatti si siano svolti così, oppure se fosse successo questo invece di quello magari.. Le storie che ci circondano, quelle più silenti sono un po come la polvere: più queste sono sottili (e pregne di dettagli), maggiormente dovrà essere complessa la trama della nostra attenzione per poterle percepire.
Ognuno dei due protagonisti ha un proprio modo di ascoltare, guardare e assimilare il mondo, perciò si, potrebbero essere i due lati della stessa medaglia.
Rappresentano l’Alfa e l’Omega dell’essere umano.
Grazie Cristine 😉