Premio Racconti nella Rete 2015 “Un goal rubato” di Adriana Di Grazia
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Dai giardini delle ville limitrofe arriva il vocio concitato di ragazzi che inseguono un pallone. Come un secchio che risale faticosamente il pozzo e, ad ogni tirata di braccia, perde un poco del suo contenuto, riemerge dalla mia mente l’immagine di un ragazzino filiforme, le lunghe gambe energiche, una frenesia incontenibile. Potrà avere dodici, al massimo tredici anni, non sta fermo un attimo, saltella sulle punte, corre, calcia, incita, è un uragano. Ha la voce gracchiante, questa estate ha fatto la muta, le sue gambe si sono allungate improvvisamente, sul viso è apparsa la prima peluria, si è smagrito come un giunco e sul volto scarno solamente gli occhi sono rimasti uguali, immensi ma un po’ più tristi. Chissà perché l’adolescenza porta con se questa sorta di malinconia tormentosa.
Si è staccato da me, adesso io sono il suo peggior nemico, non racconta più, non fa più domande, lui che era un interrogativo perpetuo, si infastidisce se gli passo accanto e se lo sfioro è una tragedia. Io sto zitta perché ricordo l’insofferenza della mia adolescenza, l’avversione per mia madre, il desiderio di libertà. Avrei voluto librarmi in volo come un gabbiano, ma le sbarre me lo impedivano. Mi ritraggo e lo osservo, lo conosco perché è mio figlio, capisco cosa si cela dietro ogni piega delle sue labbra, conosco il motivo di ogni sua azione, leggo i pensieri della sua mente. Gli dico: “..stai pensando che…..”. Lui si meraviglia, mi chiede: “come fai a saperlo?”, ed io gli ricordo che sono stata giovane, che ho avuto tredici anni, quattordici e via da lì. Vorrei trasmettergli le mie esperienze per evitargli di soffrire, ma lui rifiuta, vuole sbagliare da solo, mi dice che è capace, ma so già che si ferirà tante volte ed io sarò lì a medicarlo.
Ho nostalgia di quel ragazzino, dei pomeriggi assolati trascorsi ad osservarlo, lo sguardo oltre il terrazzo, l’orgoglio nel vederlo, alla stregua di Manlio, palleggiare con le ginocchia, catturare l’interesse dei ragazzi, il carisma di un leader, tutti in gruppo attorno a lui.
Quanto tempo è trascorso? Il suono di queste voci gracchianti che inseguono un pallone, mi riporta momenti, giorni, anni di vita vissuta veloce come un tiro in porta.
Nel silenzio della casa, ombre danzano leggere attorno a me, mi tengono compagnia.
Ho poco più di vent’anni, sono una ragazza decisa, ho affrontato battaglie e subito sconfitte ma, nonostante la mia giovane età, sono illesa e spero di restarlo sempre. Ho una forza caparbia che mi porta a perseverare, sciolgo da sola il bandolo della matassa delle mie ansie e dei miei tormenti, forse perché ho avuto la fortuna di imbattermi in Manlio molto presto. Questo ragazzo dal volto fiero e la voce suadente, ha scavato nella mia anima, con dita leggere è riuscito ad estirpare le mie paure, non ha creato scompiglio, ha piantato i semi di una dolce tranquillità.
Ho una roccia accanto. Questa consapevolezza è fondamentale!
Voglio sapere, il ritardo è di qualche giorno, ma io lo sento già.
In farmacia ho acquistato una di quelle provette che mi dirà se aspetto un figlio, mi sembra impossibile che io possa generare un figlio!
Eseguo tutte le operazioni leggendo attentamente, poi mi siedo ed aspetto. L’ansia mi sale dal ventre e mi stringe la gola.
Un cerchio di un pallido azzurro sembra delinearsi, rileggo il foglio delle spiegazioni……… non mi sono sbagliata, l’azzurro diventa più intenso e poi ancora più intenso fino ad attestarsi in un blu scuro.
Aspetto un figlio! Io aspetto un figlio!
E’ così che vengo a conoscenza del suo concepimento, è così che accolgo Manlio sulla porta di casa e gli butto le braccia al collo, impaurita ma contenta. Poi inizia la conta delle settimane, dei mesi, emozionati ed increduli, e quando una sera avverto un battito di ali nel mio ventre, capisco che lui è lì, per noi, frutto del nostro amore.
E’ un miracolo meraviglioso, anche quando scalcia come un matto, desidero tenerlo dentro di me e quando scivola via tra le doglie e sfinita gli accarezzo il capo poggiato sul mio seno, capisco quanto può essere grande l’amore di una madre.
Stasera ho nostalgia di quel bambino vulcanico che non smetteva di parlare, ed era pieno di perché e mi sfiancava con la sua energia.
I pomeriggi d’inverno svuoto con lui la cesta dei giochi sul pavimento e seduta a terra, piedi contro piedi, gioco come una bambina, così ci trova Manlio quando sorridente rincasa e carponi gli va incontro, cinguettando contento: “pa…pà!”. Manlio lo solleva sulle braccia forti, lo fa volare e poi lo trascina sul tappeto in un allegro trambusto.
Come è cresciuto in fretta quel miracolo…….troppo!.
Attraversa le fasi della fanciullezza, dell’adolescenza, fino a diventare un uomo con la velocità di un goal rubato.
Ho visto il sole nascere e subito è stato tramonto.
Vorrei ancora accompagnarlo a scuola, lasciarlo sulla soglia, incrociare i suoi occhioni fiduciosi, vedergli le spalle, incurvate dal peso dello zaino, partire a spinta per raggiungere i compagni, ed io restare a guardare il caschetto dorato scompigliato dal vento. All’uscita da scuola, lo cerco tra la folla di leoncini galoppanti e non c’è, non c’è mai. E’ sempre l’ultimo a lasciare l’aula ed ha sempre qualcosa da raccontarmi. Ruzzola parole per fare più in fretta.
All’inizio delle medie il bozzolo si apre e la crisalide diventa farfalla.
E’ distratto e devo scrivergli il decalogo delle buone maniere e delle raccomandazioni che appendo alla parete della camera, ma lui si infastidisce, lo stacca dal muro ma non lo getta, lo ripone nel cassetto. Ogni tanto apre e sbircia, io sorrido, ma lui è furioso. Anche se lo tratto ancora da bambino qualcosa sta succedendo in lui, la metamorfosi è iniziata alla grande. Non mi vuole più accanto la sera prima di prendere sonno e non mi dice più “mamma, resta con me perché se mi addormento sogno che un giorno morirò ed ho paura”, ed io non posso più dirgli che non deve pensare a quelle brutte cose, che la vita è appena iniziata per lui e gli offrirà tante belle emozioni e vivrà a lungo. Gli bacio la fronte, gli tengo la mano, conosco quell’angoscia, da bambina facevo la cuccia nel letto ed al buio i miei sogni si popolavano di ombre paurose. Non voglio che mio figlio covi paure, voglio che cresca sereno, forte, e che non tema nulla perché tutto ha una sua logica.
Poi il pulcino mette le piume, le sue gambe si allungano, la voce si trasforma, sul viso appare la prima peluria ed è lui che stacca il filo che ci tiene uniti, perché vuole assaporare la libertà, si sente grande, ed io soffro per i suoi silenzi, perché non si avvicina più a me per cercare i miei baci, adesso si scosta se solamente lo sfioro e se parlo neanche mi ascolta. Tiene le cuffie sulle orecchie e si perde su una pagina di storia, sempre la stessa.Vaga per ore e così lo sorprendo ogni volta che apro la porta della sua camera e lui urla di chiudere perché lo distraggo. Ma io lo so che non studia, sogna. Corre nel mondo fantastico dell’adolescenza, fatto delle prime emozioni, dei primi desideri, vibranti e prepotenti come la sua età, si precipita, ha fretta di crescere.
Un pomeriggio squilla il telefono e dall’altra parte mi assale la voce di una ragazzina che grida: “………Andreas ha avuto un incidente……l’autoambulanza, sta venendo a prenderlo….”. Lascio andare la cornetta e scappo in preda ad una paura cieca. Quel motorino…….. io e Manlio non volevamo comprarlo, ci ha tormentato per giorni e notti, per mesi, per un anno intero, fino a sfinirci. Ha vinto lui, come sempre. E’ più forte di noi, lo è sempre stato, da quando è nato, ci ha legato per la vita.
Aveva promesso di fare attenzione, non ha ancora l’età per guidarlo ed allora fa i giri nella villa poco distante dalla nostra, dove ci sono le ragazzine che lo guardano, che gli fanno il filo, e lui si esibisce eccitato. Corro alla cieca, pregando forte: “….. non farlo morire, Ti prego…”. Odo il suono di una sirena farsi vicino, io corro lungo la strada che costeggia il mare, riflette il sole luminoso del primo pomeriggio, in fondo c’è tanta gente, il suono della sirena è alle mie spalle, io corro, i contorni si fanno più netti, vedo uomini in divisa, una camionetta della polizia, mucchi di gente, la sirena mi passa accanto, mi supera, accelero, ho il fiato corto, la gola stretta, i polpacci dolenti, devo arrivare prima dell’autoambulanza, prima che lo prendano, lo portino via, voglio vederlo. E se fosse morto? Lo immagino immobile. No, non può essere! La strada sembra allungarsi infinita, sto quasi per arrivare, un uomo con la braccia aperte mi accoglie sul suo petto, mi trattiene, mi scuote, mi urla sul viso: “……è’ vivo, è vivo…..”.
Poi mi dirà che non potrà mai dimenticare quella mamma che corre verso il figlio, i suoi occhi dilatati dalla paura.
Mi svincolo, ho capito, sono estremamente lucida, ma ho fretta di vederlo. E lui è a terra, c’è sangue attorno, il motorino sotto le ruote anteriori della camionetta della polizia sembra una sottiletta Kraft, lui è un pupazzo di stoffa afflosciato sul selciato. Apre gli occhi, li dirige verso il suono della mia voce, le pupille sono due fari luminosi e bagnati di pioggia. E’ vivo! Ed è la sola cosa che conta: “…mamma……..il motorino, come si è ridotto…..…”, mi chiama flebilmente ed io mi chino, mi faccio piccina: “….. che ti importa del motorino, sei vivo!”. Mi accomodo accanto a lui sull’autoambulanza, silenziosa per timore che mi scaccino, non voglio lasciarlo, non lo lascio più. E’ vivo!
Il suono della sirena popolerà le mie notti per anni e anni, lo sentirò nelle orecchie, anche quando intorno sarà silenzio e mi desterà dagli incubi. Lo aspetterò nelle notti dei suoi ritardi, vigile, pregando per la sua incolumità, pregando Dio perché vegli su di lui, perché è testardo, perché non mi ascolta più, è una fonte continua di guai. Dove è finito il bambino giudizioso che ubbidiva sempre? Adesso è intollerante alle regole che io e Manlio gli abbiamo impartito, adesso non so più cosa fa, quali sono i suoi amici. Quando la notte mi alzo e vado nella sua camera a vegliare sul suo sonno, puzza tanto di alcool che se accendessi un fiammifero provocherei una fiammata. E’ una fatica tirarlo giù dal letto al mattino ed a scuola arriva sempre in ritardo. Si presenta in collegio con i capelli grondanti, i Levis strappati sulle ginocchia, le dita nascoste dalle maniche del maglione due taglie più grandi, emaciato come avesse fatto a botte.
Bello e dannato! E dire che impiega ore per conciarsi in quello stato!
Don Franco gli asciuga i capelli, preoccupato per la sua salute, e lui vorrebbe dirgliene quattro perché quel prete non capisce che i capelli bagnati sono di moda ma è rispettoso e fa un sorriso. Ho la certezza che fuma e lo avverto minacciosa, ma lui nega. Gli ho trovato in tasca un profilattico ed è stata una botta in testa. Non pensavo fosse già in attività…..
L’ho detto a Manlio, ha sorriso: “….adesso i ragazzi sono informati……..”. ha risposto. Forse è anche fiero della mascolinità di suo figlio…….
Orgoglio maschile, ho pensato tra me.
Però adesso mi toglie il sonno, adesso non lo conosco più. E’ un estraneo, anzi, vuole essere un estraneo ad ogni costo, ma io non desisto e gli vado dietro, lotto con il suo vocione insofferente, gli chiedo, scruto il suo viso, come una ladra frugo nei suoi cassetti, nelle sue tasche, tra le pagine dei quaderni, colgo i suoi pensieri perché li avevo uguali alla sua età, ho vissuto in pieno le emozioni della mia adolescenza e le ho conservate tutte, ne ho fatto tesoro. Sapevo già che le avrei utilizzate per i miei figli, per non peccare di incomprensione nei loro riguardi.
Al primo innamoramento rimbecillisce per una smorfiosetta bugiarda. Lo affianco complice, seguo la marea dei suoi umori, cerco di tenere le redini ma lui scalpita, fugge dal balcone di casa, un pomeriggio in cui è in punizione, per raggiungerla e poi, severa, lo vado a riprendere e lui sembra una cane bastonato, ha paura che lo gonfi di botte. Quando la vede sbaciucchiare un altro piange deluso, come un bambino che ha perso il giocattolo e mi cerca, mi chiede di aiutarlo ed io soffro insieme a lui, al mio cucciolo di uomo ferito. La sua voce al microfono che canta “…..ma chi sarai per fare questo a me……qui seduto in una stanza pregando per un si…” racconta della sua rabbia e della sua sconfitta.
Lo voglio ancora li quel ragazzo, nel giardino di casa, inseguire un pallone, rientrare fracido di sudore, le ginocchia sbucciate, il volto sorridente, la fronte fiera di chi sa lottare e sa uscirne illeso. Lo voglio faticare sulle frasi di latino, voglio abbracciarlo guardandolo dal basso, si è alzato d’un tratto, è più alto di me e le sue ossa si stanno trasformando, la sua voce non gracchia più, adesso è cupa e calma ed i suoi occhi hanno perso il guizzo rabbioso della giovinezza. La vita lo ha piegato con i suoi dolori, ma non lo ha sconfitto, è solamente più consapevole. Ha dovuto accettare che Manlio andasse via, con dolore gli ha lasciato la mano ma ha attrezzato un posticino tutto per lui nel suo cuore. Lo serba lì, come una perla da lucidare, veglia sul suo ricordo come un guerriero ed ha accettato che si sedesse accanto a Dio ad aspettare tutti noi. In cambio lo stesso Dio gli ha regalato un vero amore, di quelli grandi e rari che riescono a scaldare il cuore, ha preso esempio da noi ed ha scelto con cura l’amore che lo accompagnerà per la vita.
Lo guardo, è a dorso nudo, ha le spalle larghe e forti, è un uomo ormai. Ripiega le sue magliette, l’una sull’altra, con lo stesso ordine che gli ho insegnato io. Svuota casa ed io mi sento in alto mare, la sua stanza sembra una campo di battaglia, dopo che i vincitori hanno portato via le prede.
Domani si sposa ed io non so se essere felice o piangere. La vita mi ha rincorso, sempre mille doveri da adempiere, non mi ha lasciato spazio di sostare per riprendere fiato. Sono stata un soldato ligio ed ubbidiente.
Che emozione quando mi ha detto:”….. mamma ci sposiamo…”. Sta insieme a Carola da nove anni e tante volte li ho sentiti fare progetti ad alta voce. Adesso che ha un lavoro serio può realizzare il sogno. Frenetico come sempre, organizza in fretta, mi coinvolge, mi trascina per negozi, le gambe stanche, la schiena a pezzi, afferriamo panini al Mac Donald’s per non rientrare a casa per il pranzo e sbrigare così impegni che si moltiplicano all’infinito, litighiamo perché vuole comprare tutto. A tratti pare faccia capricci, forse anche lui sente il filo che si allenta….. il cambiamento….. Si ravvede però e torna conciliante.
Sistemiamo casa, battagliamo con operai lenti come lumache, scegliamo mobili, locali, bomboniere….
Ho pensato a me e Manlio, è stato un rivivere la nostra favola…….sono tornata indietro di venti, trent’anni………
L’ultima sera ritiriamo gli abiti, le bomboniere, sulla soglia di casa, il viso sudato e solcato da una emozione che non gli ho mai visto, mi mette tra le mani il bouquet, come fosse di vetro: “….mettilo al fresco mamma, sennò non resiste fino a domani….fai attenzione….”. Ogni volta che apro il frigo quel fascio di roselline bianche è una nuvola soffice e profumata. Per tutta la notte penso a lui, a quel figlio, vivace ma assennato, che è stato il mio orgoglio da bambino, che tanto mi ha fatto tribolare nell’adolescenza, che è diventato il mio sostegno nella maturità; quel figlio adesso va via da casa, dal suo letto, dalla sua camera dove ha giocato, studiato, pianto e sorriso, portandosi dietro abiti, libri, giornalini, computer, oggetti vari dai quali non sa staccarsi, tutto adesso ha un valore nuovo, svuotandomi l’animo e riempiendolo nel contempo di tanta gioia. Resto sveglia, cercando di capire se ciò che provo è tristezza o profonda felicità ed all’alba concludo che è la vita, che anch’io ho fatto le stesse scelte e non ho tenuto conto delle emozioni dei miei genitori……….
Adesso procede, bello come un angelo, nella sua divisa bianca. Va verso Dio che benedirà la sua vita. Sull’altare aspetta lei, io gli sono accanto, gli stringo il braccio, lo sento tremare. E’ riuscito a mantenere il segreto con Carola, non si aspetta di trovarlo in alta uniforme ai piedi dell’altare. Quando lei passa sotto l’arco delle spade incrociate, un fischio lacera l’emozione del silenzio ed il saluto degli uomini in divisa si perde nel cielo: “Onore alla sposa…..!.”.
Carola piange, piange sotto il suo sguardo innamorato…….
Asciugo furtiva una lacrima, apro la prima pagina di una nuova vita e sopra scrivo: Amore.
Atmosfere familiari, dolci e intense. Brava Adriana
Adriana, mi stupisco che questo racconto abbia avuto solo un commento…. deve essere sfuggito…..
Spero che dal mio ne partano altri poiché credo che tu abbia in modo umile, sincero e vero raccontato i sentimenti di una madre. Le sue gioie, le sue ansie, le sue paure nell’accompagnare i figli in questo bello e difficile percorso che è la vita.
Sei stata brava nel raccontare quanto si possa soffrire anche nel farsi da parte quando li si osserva crescere…..forse la parte piu difficile per noi!
Il racconto è fluido e ben scritto anche nel passaggio dei vari momenti compresi il flash back dell’incidente!
Complimenti:-)
Ho pianto. Grazie. Sono padre e ho rivisto il viaggio dei miei figli fino ad oggi, fino a prima che il bozzolo si apra e e diventino crisalidi. Ma mi sono rivisto anch’io figlio, con le difficoltà e le gioie della vita che passa sempre troppo in fretta. Un gran bel racconto, ti ringrazio di nuovo per avermi emozionato.
Grazie per aver descritto così bene le ansie, le paure, le aspettative di una madre per il proprio figlio. Grazie per aver descritto così bene il desiderio di conservare il ricordo del proprio vissuto da adolescente per riuscire ad essere vicino ai figli nel modo giusto: lo condivido pienamente. Grazie per la tua preghiera di madre, che è la preghiera di ogni madre. Intenso, toccante e vero: splendido racconto!
Che bello! Un racconto così emozionante capita poche volte di leggerlo! Ti prende dall’inizio e ti trascina sino alla fine sempre emozionandoti, nell’incalzare degli eventi i sentimenti sono espressi con una tale naturalezza e lucidità, con una chiarezza e una semplicità che incantano e commuovono. Molto brava! Complimenti davvero! Se ti va di leggere e commentare il mio racconto per crescere confrontandosi, clicca qui http://www.raccontinellarete.it/?p=22464
Tutto il racconto trasuda AMORE quello vero quello più difficile da imparare che sintetizzi in “svuotandomi l’animo e riempiendolo nel contempo di tanta gioia”. Trasmetti la capacità di questa persona di amare questo figlio così come la vita: lei è stata capace di essere Arco per quella Freccia. E’ fluido, ben scritto, incalzante e trascinante, mai ripetitivo ricco di immagini intenso. Bello.
Questa è la biografia dell’amore di una mamma per il figlio, e con qualche distinguo anche dell’amore di un padre per il figlio. Manlio è assente, la sua presenza è limitata, come è limitata la presenza del padre nella famiglia. Io ho pianto la paura di perdere il figlio e io ho visto la mia sorpresa di trovare i cambiamenti del figlio, nulla serve a portarlo sulla “retta via” o meglio agli atteggiamenti conformi al nostro modo di ragionare. Sono anch’io un padre, il figlio farà diciotto anni a luglio e la figlia compirà quattordici anni tra poco. Ci sarebbe tanto da dire, credo che basti dire “Grazie, per avermi coinvolto in queste gioie e tribulazioni di genitore e a rendermi consapevole che non può essere diversamente”. Ciao Adriana.
Emanuele