Premio Racconti nella Rete 2015 “Fuor di Metafora” di Claudia Colaneri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Questa mattina mia moglie non si é svegliata. É entrata nel sonno eterno; eppure io vi giuro che non si é mossa dal letto. Ieri avevamo cenato come ogni sera, dopo una giornata trascorsa tra visite mediche e pagamenti alla posta. Letizia era perfetta in ogni occasione, in ogni ruolo: forte, decisa, efficiente, sempre, anche ieri. Poi siamo andati a letto. Non avrei immaginato che un’azione così semplice come quella dell’andare a letto potesse cambiarci la vita per sempre; altrimenti avrei deciso di fare qualcos’altro, non so, restare a vedere con lei la televisione per tutta la notte, uscire ed aspettare insieme i primi cornetti caldi del mattino, o solo rimanere in poltrona a pensare agli ultimi quarant’anni che ricordiamo in due, nella stessa maniera. Invece siamo andati a letto. E lei é ancora lí. Hanno detto di non muoverla finché non viene il medico legale. Non capisco perché deve venire un medico per lei che è morta e non ne viene uno per me che sono spacciato, senza di lei. Non penso a come farò per sopravvivere: per fare la spesa, per cucinare, per pulire la casa. Questo non mi importa poi molto. La cosa che mi terrorizza di più é che non potrò più vederla farmi quel segnale, alzando due volte le sopracciglia. Lo faceva ogni volta che stavo per fare la mia espressione da stupido quando qualcuno usava un modo di dire. Lei conosceva il mio problema; dal nostro primo incontro si era accorta che qualcosa non andava in me; da quando mi rivolse la parola, mezza ubriaca, durante uno di quei raduni hippie degli anni settanta, e mi disse: “sei carino, e lo sai perché me ne sono accorta? Perché ho le mutandine in fiamme”. Prontamente io le versai addosso la mia birra. Fu lì che ebbe il primo segnale. La prima prova del fatto che non riesco a comprendere le metafore, i modi di dire. I dottori dicono che ho un “pensiero concreto” anche se io non l’ho mai visto e non so come sia fatto, né quanto pesi. Non riesco a “cogliere” i concetti metaforici, dicono. Anche se non ho mai visto nessuno che se ne va in giro a staccare metafore da chissà quali piante. Eppure lei si innamorò di me proprio per questo: “Ti amo perché sei quadrato”, doveva essere un complimento, anche se mi faceva sentire affetto da una terribile malformazione. Lei fu la prima persona con cui riuscii a scambiare piì di due parole, perché nei miei primi vent’anni avevo evitato accuratamente di parlare o ascoltare chiunque, per non fare la figura dello stupido e ritrovarmi come in prima media quando la professoressa di lettere espresse la volontà di far sospendere un compagno che mi prendeva costantemente in giro ed io, per essere collaborativo, le portai una corda e le indicai il grande lampadario antico posto nell’atrio della scuola. Fui sospeso io. Ma Letizia che amava questo mio difetto, aveva escogitato anche un modo per tenerlo più nascosto possibile: appena sentivo dire qualcosa che mi suonava strano, paradossale, appena qualcuno usava un’espressione bizzarra, la guardavo, lei alzava due volte le sopracciglia ed io capivo che dovevo fingere di aver “colto” la metafora dall’albero delle assurdità. Lei ridendo diceva di sentirsi il cane-guida di un cieco metaforico ed io mi facevo condurre da lei in questa che chiamano giungla di frasi fatte, modi di dire, neologismi che distorcono la realtà in modo da farti sentire un pazzo, quando invece non sei pazzo tu è non é pazzo il mondo, ma è il linguaggio che è folle. Quante volte succedevano scene tipo: “Amore, oggi sono stato dall’avvocato; quel tipo non mi piace, ora so che gioca d’azzardo e bara; dice che ha un asso nella manica. Lo vedi? E’ disonesto.” Oppure al funerale della sua amica Marisa, che era stata uccisa durante una rapina. Tutti dicevano: “Poveretta non se lo meritava proprio, e pensare che lei non ha mai torto un capello a nessuno”. Come potevano dire questo? Marisa faceva la parrucchiera. Povera Caterina, deve essere stata una gran fatica, per lei proteggermi dalle figuracce e farmi capire di cosa si stava parlando. Tuttavia, a volte il mio problema sembrava esasperarla e allora mi accusava di costringerla a spitturare le frasi, a toglierne i colori e ingrigirle. “Mi fai tradurre un pensiero poetico in un libretto di istruzioni tecniche”. Lei invece amava la poesia e per me ci aveva rinunciato. Quando si arrabbiava, però, era capace di rendermi il mondo incomprensibile, solo per farmi dispetto: “Hai finito di dare spago a quella gatta morta della vicina? Lo sai che quella c’ha solo un chiodo fisso. E’ inutile che ti nascondi dietro a un dito; credi che io abbia gli occhi foderati di prosciutto? Lo vedo come fai il galletto e ti lecchi i baffi, quando la incroci in ascensore. Fai ridere i polli. No, no, è inutile che ti arrampichi sugli specchi; vuoi mandare tutto a puttane? Vuoi gettare il nostro matrimonio alle ortiche? Fallo pure, tanto io casco sempre in piedi; e sta sicuro che questa me la lego al dito.” Io mi difendevo come potevo: “Ma che vuoi da me? Non l’ho mica ammazzata io la gatta. Sì, qualche volta gli ho dato del prosciutto, ma se mi avessi detto che ti serviva per il contorno occhi, le avrei tirato un wustel. E se pensi che io sia capace di prendere a chiodate le povere bestie e a specchiarmi con le puttane, in mezzo alle ortiche; allora prendi quel cazzo di spago e legatela pure al dito, non mi importa. Voglio vedere poi come farai ad infilarti le mutande.” Ecco questo è uno dei motivi per cui non litigavamo spesso. Anzi, erano anni ormai che non discutevamo più. Ieri sera, quando sono entrato in cucina, indossava un grembiule di trent’anni fà, e, cosa sorprendente, anche lei sembrava avere trent’anni in meno. Sono rimasto a guardarla mentre mischiava due uova e le rovesciava nella padella. La fiamma era forse troppo alta, così le ho detto: “Ed ora non girare la frittata, sennò mi getti fumo negli occhi”. Lei si è girata verso di me con occhi grandi e increduli. “Cosa hai detto?” “Niente, dico non puoi giocare col fuoco e poi, non te l’ho mai detto, ma metti sempre troppa carne al fuoco, per i miei gusti”. Lei ha lasciato perdere la padella e, invece di abbassare la fiamma, è venuta ad abbracciarmi sussurrandomi in lacrime: “Finalmente”. Possibile che, alla sua età, nessuno mai le avesse detto come friggere due uova? Intanto nella cucina il fumo stava aumentando. “Hai intenzione di incendiarmi?” le ho detto. Lei si è staccata per un attimo e senza dire niente si è infilata in camera da letto. E’ toccato a me spegnere il fornello; poi sono andato a vedere; forse si era offesa. No, non si era offesa. L’ho trovata distesa su un fianco che mi faceva cenno di avvicinarmi. “Letizia, hai intenzione di tenermi a digiuno ancora per molto?” “No tesoro, vieni vicino a me che ti tolgo la fame” Strano, non aveva mai voluto che portassi cibo a letto. Infatti non abbiamo mangiato. Abbiamo fatto sesso come una volta, anzi, meglio di una volta. Alla fine siamo restati tutti e due col fiatone a guardare il soffitto. “Finalmente amore, ho aspettato tanti anni che tu capissi, sapevo che sarebbe stato all’improvviso, per caso. Ormai siamo vecchi, ma non fa niente, tutto può ricominciare anche adesso. Ora posso parlarti veramente come so fare io. Amore, grazie a te, da stasera stessa potrò dormire tra due guanciali”. “Veramente?” ho detto. “Si, finalmente”. Le ho preso la testa tra le mani e l’ho adagiata amorevolmente sul cuscino, poi ho preso l’altro guanciale e ho aspettato che si addormentasse.
Ora lei non c’è più, la felicità di dormire tra due guanciali è stata così forte da toglierle il fiato. Ed io resto qui, a piangere l’unica persona che mi abbia mai capito.
Dal comico al tragico, Claudia riesci a modulare con maestrìa i due registri con lieve grazia. Una patologia clinica diventa narrazione appassionante e divertente, meglio di Oliver Sacks
Di questo racconto mi è piaciuto tutto. Lo stile, che ha un ritmo che ti costringe a ballare fino all’ultima nota. L’idea, che ci conferma che c’è sempre qualcosa di nuovo da raccontare. E l’anima, senza la quale ogni storia, anche la più raffinata, si dimentica in fretta.
Davvero moto bello. Ironia e tragedia del momento si fondono magnificamente. Bellissimo il finale. Complimenti davvero.
Emozionante, delicato, sospeso tra due realtà difficili da accostare. Stavo per lasciarlo, forse perché la tematica mi tocca da vicino ma sei stata brava, non ho mollato e mi hai strappato un sorriso misto alla malinconia. Molto bello.
Bellissimo finale! Il linguaggio costruisce la realtà! E in mezzo tanta ironia! Originale nell’affrontare i modi di dire, le frasi fatte, tutte cose poco originali! Davvero bello! Complimenti!!
Cosa è la realtà? Cos’ è il linguaggio? Che realtà descrive il linguaggio? Il linguaggio descrive la realtà o la realtà è creata dal linguaggio? Piccolo saggio di semantica che piacerebbe tanto ad Umberto Eco e a Raymond Quenau
Geniale! Complimenti, veramente complimenti!
VI PREGO LEGGETE QUESTO STUPENDO RACCONTO!!!!!
Claudia sei stata geniale, ho riso a crepapelle perché sei brava e ti invidio (bonariamente si intende:-) perché questo racconto avrei voluto saperlo scrivere io poiché da quando conosco mio marito la frase ricorrente che gli pronuncio è “e menomale che hai trovato me che c’ho il decoder sennò chi ti si prendeva!?!?”
Stuopendo davvero complimenti!
Grazie!!!
P.s la fine è triste per carità ma io sono stata avvolta di allegria nel pensare alla divertente vita di questa coppia ben assortita:-)
Perfetto! Una splendida idea sviluppata in maniera ottima. Un gioiellino di umorismo (nero). Complimenti.
Grazie. Grazie. È ancora grazie. Banalmente è scontatamente, ma sinceramente, grazie.
Sto giocando fuori casa ricevendo commenti positivi da parte di estranei, e questo mi dà una sensazione molto bella.
Fantastico! Ho riso di gusto immaginandomi le situazioni paradossali che i personaggi si potevano trovare a vivere. Compreso il finale che, seppure nella sua tragicità, mi ha fatto scappar fuori un “mo mamma mia…”. Ma quando il PM al processo gli contesterà di aver freddato sua moglie, tentando di mascherare l’accaduto, lui cosa risponderà?…
Questo racconto è geniale! L’idea, la scrittura, il modo in cui hai giocato sul passaggio dall’ironico al tragico, tutto perfetto. Mi è piaciuto tantissimo. Complimenti!
Grazie alla segnalazione di Arturo, primo scopritore del talento…
Ben scritto, geniale e fantasioso.
Brava!
🙂
Ciao Claudia, potresti contattarmi in privato?
Grazie
Mi hai fatto venire in mente Forrest Gump e nel confronto qui la storia finisce male (anche di là è vero ma lui, il protagonista, non ne ha colpa)… poi ho visto un doppio binario l’insoddisfazione manifestata infine da lei e la reazione voluta o no di lui. Insomma il testo è ben scritto ed è un divertente rompicapo, la fine mi è piaciuta meno ma l’ ha mitigata il commento di Roberto Montenero.
TE L’AVEVO DETTO…………………….CHE ERA GRANDIOSO IL RACCONTO!!!
CI VEDIAMO A LUCCA
Ciao Claudia, ho già avuto il piacere di leggere e commentare il tuo geniale racconto. Complimenti per la vittoria!
OPS! …. non avevo letto questo tuo racconto, nonostante l’invito di Liliana; in realtà mi era sfuggito l’invito e il racconto. Io colgo la delicatezza del rapporto tra marito e moglie condito di humour. Un rapporto ancora grande e fresco, direi grandissimo, dopo quarant’anni di convivenza. Quel vestito di trenta anni prima ha causato l’incendio in cucina. La notte d’amore è stata fatale alla donna, questa volta. Bellissimo.
Ci vediamo a Lucca Claudia.
Emanuele
La drammaticità e l’umorismo si sono perfettamente compenetrati nel tuo racconto che ho letto in un lungo sorriso malinconico. Complimenti e congratulazioni.
Brava, molto brava davvero. Mi è piaciuto proprio tanto questo tuo ” Fuor di metafora” . Un’idea semplice e perciò geniale, portata avanti con grazia e ironia. La tua vittoria è davvero meritatissima e sono contento di averlo letto. AUGURI
Hai uno stile davvero grandioso e alternati diversi generi in unico racconto… e la delicatezza con cui scrivi è sensazionale.
Ci vediamo a Lucca, davvero complimenti per la vittoria!
Mi è piaciuto tanto il tuo racconto, ben scritto, originale davvero, ironico al punto giusto e imprevedibile. Ho pensato subito che avessi in mente una persona con la Sindrome di Asperger, fuori dal comune e per alcuni versi straordinaria, che tu hai definito con grande eleganza “fuor di metafora”.
Bellissimo. Commovente. Vero. Il sorriso aiuta a farci cadere nel massimo del sentimento. Brava! Spero di incontrarti a Lucca, non siamo in programma lo stesso giorno, ma riuscirò a fermarmi un po’ anche domenica. Ancora complimenti!
Ciao Claudia,
curiosa curiosa curiosa di leggere il tuo racconto prima di iniziare il romanzo. Ieri alla presentazione mi sei piaciuta molto. Hai ali leggere anche quando parli di argomenti spinosi e dolorosi. Questo racconto è veramente degno dello spirito “omerico”! Arguta, ironica, ma terribilmente tenera! Bravissima!