Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Diario (stralcio)” di Manuela Scannavini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Un giorno d’estate a Roma

Ho fatto passare i giorni del ciclo, ho aspettato, ho pensato che fosse un momento, quello delle donne, quello che tanto odiano gli uomini per via del nervoso che abbiamo dentro ma è lo stesso che ci permette di essere più fragili, più belle con una nuova luce.

Le cellule si rinnovano, c’è un nuovo motore dentro. E’ finita l’estate, nuove promesse, nuovi vestiti, nell’aria ancora gli odori buoni, quelli delle creme, degli smalti, la pelle è secca ed ha bisogno di nutrimento, rimpinguo il mio bicchiere di latte di soia, non voglio disfare le valige ma la stanza da letto ha bisogno di ordine, forse mi prenderò qualche giorno per rimettere a posto i cassetti delle mie idee, dei miei viaggi, dei miei propositi, delle mie cicatrici.

Vado in bagno, mi specchio, sono in mutande prendo la bilancia, segna oltre, forse troppi aperitivi, non è gravissimo ma non si può, non me lo posso permette altrimenti come faccio a rimanere in linea con quello che ero ? quello che ero per te ?

C’è una voglia di esserci, di ritornare ai bei tempi come dici tu ma in fondo penso che non andiamo così male, avverto un senso di pieno e vuoto e tu che perentoriamente rispondi con un secco no, sono tutti cazzotti nello stomaco e tutto questo mi stordisce e mi fa rimanere senza fiato.

Siamo sardine dentro una scatola di metallo, la tua mano su quel freno tirato non lascia dubbi… e pensare che ai bei tempi mi avevi fatto guidare la tua macchina lasciandomi libera di correre e di prendere il vento contro. Le macchine sportive mi sono sempre piaciute.

Ormai ogni mio desiderio rimane un’egoistica richiesta da buttare al secchio, quel sacchetto che hai preso e buttato via in mezzo all’altra mondezza che presto verrà tritata come di consueto ogni mattina.

Tutto sembra come vetrificato, impossibile pensare qualcosa di diverso, impossibile che io possa intervenire nella tua vita, ci sono stata, basta, i tuoi bisogni sono stati soddisfatti sei diventato compagno e padre, mai un dubbio mai un cedimento.

So di non avere più tempo e l’amaro sale ed ha lo stesso odore del legnetto bagnato dal mare, me ne ha portati tanti nostro figlio questa estate.

Nostro figlio circola per casa, ora ha tre anni e mezzo, sta rivedendo tutti i suoi giocattolini, se li prende e porta a letto. Ora legge i libri, si racconta le storie, ha tanta fantasia e mi sembra a volte di rivedere te quando ci guarda con quella faccia furbetta, mi piacciono i suoi abbracci, mi piace il suo odore, mi piace quando siamo noi tre insieme.

Tutto sembra perfetto ma lui, almeno lui, meritava altro oltre noi, una risorsa in più in questo mondo così arido fatto di piccole particelle impazzite, una creatura diversa da lui.

Quando i miei occhi cominceranno ad appannarsi, quando il mio corpo comincerà a sfaldarsi come fanno le unghie quando non hanno più nutrimento, quando le nostre pareti saranno ingiallite, ci saremo solo noi a guardarci negli occhi, mi ricorderò di questo momento così desiderato, mi sorprendo che tu non faccia nulla, rimani inerme ed io lo stesso, non ho scelta. Ed aspetto illusa, in fondo la vita per una volta mi ha chiesto di mettere e tu hai tolto senza pensare che mi sarebbe bastato uno stupido spillo di speranza che ora cade e si perde e mi perdo. Già immagino la tua faccia: <Siamo alle solite, non ti basta mai, non sai gioire di quello che hai, ed io dove sono? >. Ci sei, ci sei ma non ti vedi, sposti nervosamente le cose dal divano per farti spazio, alzi gli occhi, spazio, spazio, spazio, non te ne accorgi ma ce n’è abbastanza, te ne ho lasciato tanto, sei sicuro delle mie reazioni sei sicuro di te di cosa possa accadere, presto scenderà la notte tutti andremo a letto, dormiremo e ci risveglieremo senza spostare nessun equilibrio con l’illusione che tutto sia a posto.

Buonanotte

Ieri sera eri sdraiato accanto a me e per la prima volta ho risentito il tuo odore, quello che piace a me, mi sono tolta le mutande, non ti andava di dormire eri agitato, ridevo, speravo che anche tu facessi lo stesso ed invece già la tua bocca era aperta, uno sbadiglio assordante ha invaso le mie orecchie, ho provato imbarazzo, mi giravo e rigiravo, avrei potuto non dormire per ore pur di averti, il mio i-phone era adagiato come di consueto in terra pronto a suonare alle sette in punto.

Domani nostro figlio inizierà la scuola, dorme, dorme da ore, è bravissimo ad andare nel suo lettino, mi avvicino e ti sussurro che in fondo siamo stati bravi.

Mi piacerebbe sfiorarti e farti eccitare, avvicino la mia mano alla tua ma già non senti più nulla.

Poco prima le tue gambe erano pilastri impazziti che piombavano sul morbido ed ora sono sprofondati ed io insieme a loro. I miei occhi sono aperti, riesco a vedere appena i contorni del lampadario della nonna, mi giro ed ecco i profili della finestra. Vorrei svegliarti ma non posso allora cerco il mio cuscino su cui poggiare le mie cosce in fermento, mi giro, vado in cucina e bevo un sorso d’acqua. Giro per casa, guardo fuori e penso a quante ore sprecate questa notte, questi giorni in cui mi sento bella, eccitante per gli altri, indifferente per te, vado in bagno, oggi sono fertile, mi sento umida, mi guardo, mi lavo quasi a togliere tutto, tanto non serve, tra le mie mani solo acqua e latte. Lo faccio scivolare nel buco del bidet, lo evito ma nulla, vado giù anche io con quella parte di me dentro, un pozzo senza fine e lì rimango, buio.

Mi ritrovo con l’acqua che mi copre appena le ginocchia, ora sono dentro la vasca, mi tocco, fino a provare qualcosa che assomiglia ad una carezza ed invece non è altro che una spinta forte della tua mano sopra la mia testa. Sono in ginocchio, le spalle basse, l’acqua della doccia calda, caldissima, i vapori, mi chiudo a riccio e lì rimango.

Questa mattina ho avuto un rigurgito, uno dei tanti, sento dell’acqua che mi sfiora le guance stanche, a volte ciondolanti, mi guardo allo specchio e vedo le prime rughe ed allora metto subito della crema che si mischia con il mio umido ed ecco fatto, ora è tutto a posto. Apro il rubinetto del lavello della cucina, l’acqua ci mette un po’ ad arrivare fresca e pulita.

I conati arrivano e non si fermano, i muscoli s’irrigidiscono, sento le spalle dure come marmo e tu che insonnolito con la maglietta ancora calda in dosso mi chiedi se ho qualche preoccupazione, faccio per spiegare ma non ha senso, sei lontano chilometri ed intanto finisci frettolosamente la tua colazione a base di yogurt e cereali.

Un cuscinetto fa capolino dalla porta a vetri, gli occhi da cerbiatto ed i piedini scalzi, eccoti arrampicarti sulla sedia dei grandi e noi due insieme: <buongiorno piccolo>.

Voglio un sorellino

Ho ripercorso la giornata, ho chiesto a me stessa se avevo sbagliato qualcosa, si, bo, forse. Tu non sei ancora arrivato in casa. La cena è pronta già da questa mattina, sapevo che la giornata sarebbe stata lunga e faticosa, e allora tutto è organizzato e nostro figlio è qui che aspetta solo te.

Sono stanca, ho percorso chilometri e chilometri solo per andare a vedere la piccola Nina, la mia nipotina. Una piccola creatura che non oso toccare, è vero quando dicono che se il figlio non è tuo sembri un’imbranata, forse è bene che stia con la sua mamma, tra qualche mese sarò più tranquilla, intanto me la guardo fiera aspettando che il suo profumo mi ricordi tempi ancestrali, qualcosa che solo un neonato ti può regalare. Nostro figlio la osserva, forse la vede minuscola, ancora non la bacia ne accarezza ma di certo mostra qualcosa di nuovo, non saprei, sorride ma poi vuole tutto e niente, i giochi sparsi per la casa dei nonni materni di Nina sono lì, ci gioca, lo fa, sembra divertito ma poi vuole portare tutto a casa, do un piccolo dono a Nina ma vuole scartare lui e con fare nervoso dice :<tutto mio> , cerco di spiegargli che non è così, non mi ascolta, mi prende la mano e mi da un morso da farmi uscire il sangue, i nonni accorrono, chi con una caramella, chi con una macchinina e mentre cerco di frenare le preoccupazioni altrui resto con il tono fermo alternando un misto di preoccupazione e amorevole dolcezza: < ma cosa hai? > ma non ho nessuna risposta.

Usciamo, salutiamo, è tardi. Mi piace tanto vederti, mi piace tanto osservarti quando assorto ti vedo dallo specchietto retrovisore e noto che stai pensando, ascolti la musica e poi vedi Roma notturna insieme alla nonna Patty mentre fuori c’è solo caos, che occhi grandi che hai, che belli i tuoi perché.

Lasciata la nonna alla fermata del tram, parcheggiamo sotto casa, non ti chiedo più nulla, già l’ho fatto, mi dai la manina e nel silenzio di Monteverde Vecchio mi chiedi saltellando che vuoi un sorellino, un po’ mi viene da ridere ma subito dopo ho un brivido, mi trema il labbro, mi esce una lacrima che tolgo immediatamente con la mano destra mentre sento la tua nella sinistra, come una ladra mi affretto ad aprire il portone del nostro palazzo, abbozzo un sorriso, tu non hai visto nulla, corri e sei felice.

Al nostro rientro sei già in casa, tuo figlio non dice nulla, mi sarebbe piaciuto che ci fossi stato per capire quanto libero può essere un bambino.

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1 commento »

  1. Racconti la solitudine. Lei da sola si interfaccia con il lui della sua mente ma si sente incapace di farlo nella realtà. Racconti molto e bene del mondo interiore di questa donna. Chiudi forse troppo velocemente o sintetizzi in modo incompleto il finale e questo lascia spiazzato chi legge, confondi il compagno e il bimbo ma se è voluto penso che
    manca di un passaggio.

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