Racconti nella Rete 2009 “Contro guerra al fracasso” di Ippolita Cassisa
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Ciao, sono Luca e questo è il mio disco-pub.
O almeno lo era, prima che lo facessero chiudere.
Ci avevo impiegato tutta la mia vita a metterlo su.
Ora sentite solo i rumori delle macchine e delle moto che sfrecciano, i clacson e le sirene di polizia, ambulanze e pompieri. Ma prima qua era tutta una musica dilagante, veniva voglia di ballare e cantare per le strade, come succede in Brasile, suppongo. Non ci sono mai stato. Ci andrò.
Lì di sicuro nessuno fa chiudere un locale perchè … la musica fa rumore…
Non ci posso pensare, chiuso non per droga, non per risse tra ubriachi, non per sparatorie o accoltellamenti e neanche per questioni igieniche o tossinfezioni da cibi avariati, ma per… musica.
Questo locale mio padre lo aveva acquistato anni fa come investimento. E’ in un posto strategico, nel cuore di Palermo, un posto che quando un forestiero ci finisce per sbaglio non vede l’ora di uscirne; ha l’aspetto di uno di quei quartieri malfamati in cui il minimo che può accaderti è di uscirne alleggerito di un bel po’ di grana, ma chi vive a Palermo sa che in nessun posto come in questo si è più al sicuro. Per una sorta di legge non scritta, qui, covo di rapinatori, truffatori, delinquenti d’ogni genere e taglio, la gente, del posto e non, viene rispettata, protetta oserei dire.
E basta salire in una qualsiasi terrazza d’una qualsiasi casa che l’aspetto fatiscente del livello strada lascia il posto a panorami inverosimili, vista che neanche sui tetti di Parigi, per quanto neanche lì io sia mai stato, ha questo incanto.
Insomma questo quartiere è una zucca, basta spostarsi d’un palmo in su perché diventi una carrozza d’oro che cavalli purosangue lanciano al galoppo, lasciando i sentieri consueti per percorrere vie che a volerle seguire si scopre… l’inimmaginabile.
Mio padre, dicevo, quel locale l’ha poi ristrutturato e dato in affitto a una agenzia immobiliare.
Quando questa si è trasferita in una zona più… chic… della città, io, all’epoca studente della facoltà di lettere, approfittando che fosse libero, ebbi l’idea di usarlo come sede della mia compagnia teatrale, per le prove.
Compagnia teatrale nel senso che eravamo un gruppo di compagni di università… teatrali: Matteo esagerato in tutto, Carlo agli esami sempre patetico, Elena col suo atteggiamento melodrammatico, Rosa pomposa a dir poco e io col comportamento innaturale di chi non è mai a suo agio.
Ci piaceva molto il teatro e ogni tanto riuscivamo a metter in scena, in un teatro vero, qualcosa.
A quel tempo, ricordo, andavamo pazzi per Ionesco. La nostra rappresentazione della Cantatrice Calva fu qualcosa di indimenticabile. Almeno per noi.
Cominciammo quindi a usare il locale per le nostre prove e finì che mio padre rinunciò ad affittarlo.
Poi arrivammo tutti alla laurea e fu come se il cordone che ci aveva resi fratelli e unici si fosse spezzato; ricordo perfettamente il giorno in cui mi ritrovai solo nel locale a fissare quello spazio vuoto senza più personaggi, nè storie a riempirlo.
Sigillata la laurea in una busta e spedita a un me stesso senza indirizzo, né francobollo, né mittente a cui tornare indietro, vi aprii un disco pub, uno di quei locali dove i ragazzi ballano, ascoltano musica, bevono qualcosa e parlano delle cose più disparate e disperate.
Quel locale, in cui avevo tante volte sognato e tante rappresentato il mio futuro, era ora il mio futuro. Era, appunto, prima che lo chiudessero.
Si sono presentati quella notte. Un ispettore e una donna della squadra dei vigili urbani, coadiuvati da un tecnico fornito di fonometro.
Avevo rivestito le pareti di un materiale fonoassorbente, ma sembrava che questo non impedisse a Patty Smith di far impazzire la lancetta dei decibel di quell’inflessibile strumento.
Cercavo di restare imperturbabile davanti a quelle tre persone di cui, per distrarmi, cercavo di tracciare un fonokit. Il tecnico, palesemente soddisfatto del buon funzionamento del suo strumento, sgranocchiava noccioline, e mi veniva il dubbio che fosse il fastidioso rumore della masticazione a irritare tanto il suo fonometro; l’ispettore sembrava Maigret sputato, e la donna…. i suoi occhi… la sua bocca… il seno… oh… ma perché sono così sensibile al fascino delle donne, di questo tipo di donne? Tipo mediterraneo, occhi neri, capelli castano scuro, fisico da sballo, che una canna non potrebbe far di meglio.
Le stavo con gli occhi puntati addosso cercando disperatamente un modo per chiederle un appuntamento. Le offrii una sigaretta che lei non si curò neanche di rifiutare.
– I vicini si lamentano per il rumore – disse l’ispettore.
– La musica? – dissi io, mentre inclemente Loredana Bertè non smetteva di urlare: Piuttosto che tornare giù/ per dirsi non si vola più… E dall’esterno della disco, dal gruppo dei ragazzi che erano stati fatti uscire un attimo prima dal locale giunse l’urlo: Uh!
Diventai di mille colori, proprio non avevano il senso delle situazioni.
– Ma nessuno si è mai lamentato – dissi. Non avevo neanche finito la frase che mi ricordai subito dei signori, lei imperscrutabile, lui con l’aria d’essere uno scrittore, che abitavano sopra al locale e che ogni tanto passando ci lanciavano sguardi da far impallidire un pollo. Non noi, che polli non eravamo, almeno fino a questo momento, in cui avvertivo la sensazione di stare per essere spennato fino all’ultima piuma della mia vita.
Insomma, alla fine dovetti chiuderlo senza neanche aver strappato uno straccio d’appuntamento alla donna dei miei sogni.
E ora sono disoccupato, anzi con l’unica occupazione possibile: passare le mie giornate in teatro dove in questo periodo si rappresenta uno strano spettacolo teatrale: Gaijin!
Lui è un personaggio che non appartiene a nessuno e a nessun luogo fisico e mentale; è uno sensibile alla melodia di persone e situazioni e, da tipo musicale qual è, note stonate e stridori gli causano una sorta di… cortocircuito che non gli permette di aspettare o sperare in improbabili ravvedimenti, essendo d’altronde questi prerogative rare, e mette, di conseguenza, in atto comportamenti cinici, spietati, arrivando, a volte, come unica, possibile reazione adeguata, alla strage.
E, mentre lo osservo all’azione, sostituisco le sue vittime con l’ispettore e il tecnico, la signora e lo scrittore, esito appena un po’ per la donna…ma si…che faccia fuori anche lei, tanto…non mi si concederebbe mai.
Mi piace questo racconto:originale e ben scritto. C’è molto ritmo e racconta una storia vera, legata ad un luogo e i luoghi costituiscono pezzi importanti della nostra vita. Brava l’autrice a descrivere così bene il sentimento che può legarci adv un posto.
antonella