Racconti nella Rete 2010 “La diversità” di Eleonora Salto
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Nel sollevare un libro mi sei apparso davanti, piccolo, mostruoso essere.
So che mi hai notata pure tu in quel frangente, perchè di colpo, nell’attimo in cui io facevo per muovermi, ti sei paralizzato.
Insicuro di quello che avrei pensato o fatto, sei restato a fissarmi chiuso in un piccolo angolo.
Uno strano impulso mi suggeriva di ucciderti, schiacciarti. Rendere la mia vita più sicura senza la tua presenza, così strana, orribile.
Perchè avrei dovuto vivere sapendo che c’era qualcosa di tanto differente da me, nella stanza che abitavo?
Qualcosa che avrebbe potuto invadere i miei spazi, il mio vivere.
Se ti avessi lasciato libero, rispettandoti , avrei corso un rischio, il mio e di rischi non volevo più correrne.
Stavo bene così, nella mia ignoranza.
Io, con le mie forme, la mia parola, il mio aspetto sicuro. Le certezze di una vita.
Lo specchio nel quale ritraevo anche i miei simili, mentre tu, roba della quale non sapevo che farmene, cosa inutile e brutta, tanto diversa e squallida a che saresti servito?
Uno di fronte all’altra siamo restati a lungo. Dal pomeriggio, alla sera, quel giorno.
Io, sempre più insicura di quello che avresti potuto farmi, se ti avessi lasciato infine, libero.
Tu, rassegnato al tuo destino,
non osavi più muovere un passo o alzare lo sguardo.
Sentivi la tua fine prossima, con la mia presenza fissa davanti a te.
Mi disgustavi sai, con il tuo esistere e più ci pensavo più il desiderio di sopprimerti cresceva in me e ti vedevo ancora più piccolo, sempre meno importante.
Qualcosa di cui avrei dovuto disfarmene, al più presto.
Era giunta la sera. Restavi fermo, terrorizzato nell’angolo tra il muro e la scrivania ed io pensavo di cancellarti o di lasciarti andare libero per la tua strada, non avevo ancora deciso.
Entrambe le scelte erano cariche di coraggio perchè anche uccidendoti, non avrei potuto mai cancellarti dalla mia memoria e questo fatto m’ indispettiva.
Ora, sapevo che al mondo esisteva una forma diversa dalla mia, unica irripetibile anche se brutta ed informe.
Ma la tentazione era tanta al punto che dovendo sollevare la mia mano per vedere che al di là c’eri tu, piccolo essere immondo, desiderai solo abbandonarmici.
Non pensare più e farlo e basta.
Saresti morto, per sempre via dalla mia vista.
Era ancora alzata e il dito pronto a schiacciarti quando iniziai a vedere meglio e tu non eri più tu, ma eri donne, bambini, storpi e malati, e neri, e gialli, e gay e tutto ciò che al mondo aveva un colore e una forma diversa dalla mia.
E, allora, e solo allora, il mio dito iniziò a paralizzarsi.
Un dolore avvolse prima il mio braccio. poi il resto, ed un pianto sfrenato iniziò ad uscire dai miei occhi, dalla mia bocca, dal mio cuore.
Ed in quel pianto riconoscevo le colpe del mondo, le mie, le tue , le loro.
Non potevo smettere di pensare che quello che stavo per farti era sempre stato fatto ed era ciò che io avevo sempre odiato al mondo, sin da quando ero nata.
E piangevo per la tua forma, per la tua non colpa. per la loro e per tutti quelli che erano nati e nascono e nasceranno con diversità che non verranno mai comprese.
E piangevo per me stessa e per il mio egoismo e quello di tutti quelli che non sapranno mai comprendere la diversità.
Solo dopo, nel tempo, ho imparato a comprendere che tu piccolo essere, sei sempre stato parte di me, di noi.
Che il mondo è nato con le differenze, che la luce è composta da tanti colori ,ma che alla fine, unendosi creano ciò che illumina le nostre giornate.
Che è così bello vedere il giallo, il rosso, l’arancione e le sue sfumature.
Che non vorrei un mondo solo bianco o nero, ma così come esiste, nella sua dversità.