Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Cose che ho visto” di Rosalia Santini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

É mattina presto e vado a fare colazione in un bar pieno di gente, di mille cartelli attaccati alle pareti, di oggetti appesi di diverso genere, addirittura una giostrina da culla con i personaggi morbidi. Sembra che si siano dati tutti appuntamento lì, è un gran baccano di cucchiaini e commenti, e io cerco di seguire il tutto divertita. Confusione, confusione, confusione. La radio canta il verso “La stagione dell’amore, viene e và” di Battiato. Tutti zitti, con la testa improvvisamente sul cuscino a ricordarsi di quanto hanno pianto la sera prima di addormentarsi, o comunque contattando qualcosa. Hanno tutti avuto le fitte dell’intro della canzone. E’ andata a finire che una donna ha sospirato e dopo un po’ tutto il baccano è ricominciato, ma tardando a ricominciare forte.
In questi giorni viaggio spesso in pullman e la cosa mi mancherà tantissimo, quando non dovrò più andarci. E il motivo non sono i pisolini. Intanto un vecchio entra, è grasso e trasandato e ha l’aria di essere triste. Si mette nei primi posti, quelli con la sbarra davanti.
Il pontile di Lido di Camaiore, dalla parte dell’acqua più alta, fa una curva. Nella parte subito prima, quella rettilinea, vedo una mamma che chiama con forza la sua bimba sgattaiolata verso quello spazio. Avrà avuto meno di tre anni, correva, correva sulla curva con tutte le sue forze e non poteva fermarsi. Fare così, quasi inclinata sull’interno, era per lei l’unico modo possibile di indagare quello spazio “strano” dove era sola, e dove non poteva vedere dove la curva la portasse. Non si curava delle volte in cui il suo scatto la facesse rimanere sul posto anziché avanzare: aveva capito il solo modo possibile per lei di poterlo attraversare, e l’avrebbe fatto proprio fino in fondo.
Torniamo al nostro vecchio dagli occhi chiari e umidi: se io sono seduta sul pullman come lo vedo entrare? Si crea quasi sempre una suspence, una suspence di osservazione perché spesso vedo solo dei pezzi di chi mi sta attorno, in quella condizione. Il sedile ti impone una certa posizione ma, altra cosa, per esempio, quanto sono forti le parole della quindicenne che racconta anche se non la vedo! E quanto rimangono impresse! Quest’estate sono andata con due amiche a piedi da Altopascio a Siena. Ad ogni avanzare qualcosa cade, e non è solo il peso del corpo che si sposta, forse è anche creare una colonna sonora fatta di passi che percorrono la via ma che entrano anche in un presente molto pieno. Un po’ la stessa storia del pullman.
Ci sono due ragazzi vestiti di blu che dormono sulla spiaggia. Anche la loro coperta è blu. Ma non solo: il blu sbiadito delle loro tute di felpa assorbe la luce del sole ed è come se le due cose insieme fossero una rappresentazione del sonno. Fuoriescono dalla coperta una caviglia, le loro scarpe da ginnastica, pezzi di viso. Irradiavano la loro pesantezza e la loro pace a tutto il passeggio imbellettato del pontile da cui li guardavo.
Il flusso della velocità si arresta quando il pullman fa le fermate, e guardi chi sale o chi scende come in uno zoom: dove andrà? Dov’era? Come stringe la mano del suo bambino? Come guarda la porta che si apre per salire? Piccoli indizi di storie, piccoli indizi sull’umanità e sulle cose.
Alessio è con me ed usciamo, dopo aver cenato, da un affollato fast food anni ’50. Lui ha un caffè americano in mano. Mentre le porte del centro commerciale si aprivano, il suo modo di tenere quel contenitore e di camminare mi ha fatto proprio esclamare: “Ma tu sembri americano! Guarda come stai con quel caffè!” e di lì, lui quasi esplodendo: “Ma sì , ma sì, ma sì, io mi sento americano dentro. E anche ora, questo posto, questo cielo, mi sembra tutto americano!!!”. Dalla sua reazione così liberatoria pensai a quanto a volte l’osservazione sveli. Altra cosa: quel cielo basso, color pesca pallido ma fosforescente e a macchie blu scure parve americano anche a me, per come si dislocava davanti al centro commerciale.
Sempre sul pullman una volta notai gli stralci, delle nuvole. E mi provocò un gran benessere il pensarmi dentro un pezzettino di quella materia sfilacciata. Avvertii un senso di distanza e di presenza totale avvenire quasi contemporaneamente. E con quest’ultima immagine dei miei occhi che cercano di individuare sempre di più, sempre di più, quel pezzettino per poi infilarci tutto il corpo, concludo questa carrellata di cose che ho visto. O forse non proprio.
Il vecchio si è messo nei primi posti per camminare meno: un attimo di lucidità in una giornata che deve averne avuta poca. Ora però è fermo sul sedile, sente il movimento del pullman e ha l’enorme vetrata davanti. Siamo in un punto dove c’è molto verde e il sole sta tramontando. É il momento di parlare, per lui. Saranno tre le parole che dirà, ma scommetto saranno veritiere (ah, come entra di noi un ambiente e come influisce sulla nostro modo di emettere i suoni …!). Cosa disse non lo scrivo, e non è nemmeno poi così importante rispetto alle cose che spero, noterete voi, un giorno, per caso, per esempio su un pullman.

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4 commenti »

  1. Un viaggio su un pullman può darci la possibilità di osservare la gente per percepire i loro problemi e aspettative. Ci dai tanti mondi, uno per ciascun viaggiatore e ci dai tante immagini riportate sulla tela del sentimento.

  2. La ringrazio. Saluti, Rosalia

  3. Un racconto fotografico, nel senso letterario del termine.
    Un susseguirsi di immagini, colori, sensazioni e suoni che sanno origine ad un insieme, ben costruito, senza soluzione di continuità.
    Complimenti.

    Marco

  4. Mille grazie per questo pensiero. Cordialmente, R.Santini

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