Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Cercando un punto, ho trovato un quesito” di Claudia Dorazio

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Pascal è un giovane cyborg del pianeta Gandalf. Nella vita fa il diplomatico.
Il punto è che i gandalfiani sono dei tipi piuttosto bizzosi e da sempre insoddisfatti delle abbondanti materie prime che il pianeta Gandalf offre loro.

Negli?ultimi 200 anni rispetto al tempo a cui facciamo riferimento, i gandalfiani s’erano incapricciati di un elemento affascinante e sinuoso, che ha un modo tutto suo di mutare forma e consistenza in base al proprio recipiente e alla temperatura. L’elemento in questione si chiama acqua.
Quando i gandalfiani scoprirono che il 70,8% della superficie del pianeta Terra era ricoperto proprio da acqua, ritennero adeguatamente di doverlo occupare. Facendo leva sulla propria influenza in ambito intergalattico, indissero immediatamente una Conferenza nel contesto dell’Organizzazione dei Pianeti Uniti, per mettere al corrente delle loro irrevocabili intenzioni almeno i pianeti più potenti, come Latowach, Aristopan e Atlarzan.

Nei suoi 2357 anni, Pascal non aveva ancora preso parte ad una Conferenza intergalattica. Era tutto eccitato, quindi, quando venne convocato.
Al terzo giorno della Conferenza, nonostante vari: «Ma chi credete di essere, voi gandalfiani? Non sarete contenti finché non avrete occupato l’intero Universo» e un certo numero di «Non capite che questa scelta potrebbe creare un pericoloso precedente? Se fra 452 anni gli Aristopaniani dovessero intestardirsi sulle pomosusine di Atlarzan, allora anche lì dovremmo autorizzare l’occupazione», alla fine erano tutti concordi che contraddire i gandalfiani non avrebbe giovato a nessuno, specie in virtù della loro ultima invenzione, la potentissima cannamitragliatrice ultraluce. Così, di lì a poco tempo, il pianeta Gandalf si apprestava ad occupare il pianeta Terra con il beneplacito di niente meno che l’Organizzazione dei Pianeti Uniti.
Pascal non stette nei circuiti quando venne addirittura insignito della carica di sergente capo della spedizione H78, finalizzata ad eseguire un rapido sopralluogo della Terra.

Un altro punto importante è che il primo maggio 2014 la spedizione giunse sulla Terra. Decisero di sbarcare su una piccola città terrestre vicina al mare (un’ampia distesa d’acqua e cloruro di sodio). La città in questione è Chieti. Scelsero Chieti perché nella sera del primo maggio qui c’era un gran baccano, un baccano che i terrestri chiamano concerto. Il fatto è che questo concerto dev’essere un tipo di baccano molto insolito per questa città: gli abitanti di Chieti erano così storditi e sbronzi quella sera, che non si sarebbero scomposti più di tanto neanche di fronte all’arrivo di un’astronave.

Lasciata l’astronave, Pascal e suoi compagni ambasciatori intergalattici cercarono di dividersi i compiti alla meno peggio, in modo da sbrigare rapidamente le pratiche e rincasare su Gandalf per l’ora di cena.
Ma il punto davvero importante è che mentre Pascal svolgeva i suoi compiti, pseudo-indisturbato tra i teatini in festa, ritenne – in qualità di ambasciatore intergalattico – di dover assaggiare quella sostanza liquida che riempiva i recipienti da cui bevevano i terrestri di quella città, supponendo che essa fosse almeno in parte responsabile del loro stato di euforia. Scoprì che il nome della bevanda era birra. Decise di avvicinarsi al chiosco in cui la erogavano e prima ancora di poter dire: “Sia gentile, mi riempia i canali dei liquidi di 0,981 decilitri di birra“, i suoi sistemi visivi furono rapiti dalla visione più impressionante e cortocircuitante che avesse mai avuto: oltre il bancone del chiosco, una figura sottile e armoniosa lo guardava con un’espressione interrogativa. Ma per quanto un’espressione interrogativa possa rendere il proprietario dell’espressione fastidioso o almeno spiacevole, la figura sottile – seppure interrogativa – rimaneva non fastidiosa e molto piacevole.

Era di sesso femminile e aveva una grande quantità di filamenti che le partivano dal capo e che a Pascal ricordavano i morbidi tentacoli delle piumomeduse di cui era fatto il suo letto su Gandalf.

Oltre a queste caratteristiche fisiche, Pascal aveva intuito nella figura delle caratteristiche metafisiche: un insistente sentimento nei suoi occhi, ad esempio. A Pascal sembrò che quel sentimento fosse molto vicino alla tristezza. Una tristezza composta e dignitosa, però, che rendeva la figura decisamente bella.

Una caratteristica fisica e metafisica della figura era di certo la bellezza.

Il cyborg non emise suoni di sorta.

Alle parole: «Agnese, vai sul retro c’è bisogno di altra Genziana!», la figura si allontanò.
Pascal rimase ancora per qualche secondo davanti al chiosco. Il turbamento che avvertiva lo fece desistere dal desiderio di assaggiare la birra e si diresse un po’ scombussolato e un po’ felice all’astronave.

Negli anni luce a seguire, mentre tornava coi suoi compagni ambasciatori verso Gandalf, Pascal realizzò di amare Agnese e di volerla rivedere a tutti i costi.
Un altro punto fondamentale è che un modo per rivedere Agnese c’era: ottenere l’incarico di supervisore dell’Operazione 626, quella in cui i gandalfiani sarebbero tornati sulla Terra per parlare apertamente ai terrestri delle proprie intenzioni, sperando che questi potessero ragionevolmente comprenderle e decidere di accondiscendere pacificamente all’annessione a Gandalf.

Spazioporto di Mamanrose: Pascal era in piedi di fronte a un mucchio di individui dall’atteggiamento un po’ inquisitorio e un po’ severo.
La presidentessa della Somma Commissione, un’elegante gandalfiana dagli occhi a forma di trapezio rettangolo poggiante sulla base minore, parlò per prima: «Come saprà, gli umani sono degli esseri molto semplici: hanno ancora evidenti problemi con la gravità, lasciano che il sonno, la fame e gli istinti sessuali siano governati da messaggeri chimici e con quelle loro strette, con quei loro volgari contatti oro-orali, hanno un irrisorio senso degli spazi intimi. Siamo convinti che non sarà difficile per lei entrare in contatto con loro. Ma prima di affidarle l’incarico, è nostro dovere sincerarci che lei abbia più o meno chiare le caratteristiche salienti del pianeta Terra.»
E allora Pascal: «Comprendo. Sono pronto…»
« Ci dica, cos’è l’aria

« Oh beh, l’aria è un elemento incolore che entra in Agnese, le gonfia il torace in un modo elegante e commovente e poi esce da Agnese. Ma l’aria che esce è diversa da quella che è entrata. L’aria che esce da Agnese è calda e profumata…»

« Cosa va farneticando?! È matto? Stia attento: qui nessuno ha voglia di scherzare!»

«Non avete idea di quanto sia confortante e soprattutto di quanto sia profumata, l’aria che esce dal torace di Agnese. Ci credete? Ha un profumo migliore di quello delle di girapintorchidee della Galassia Mardor.»

L’esame si concluse di lì a breve con una scena non molto divertente in cui Pascal venne preso di peso da due tizi corpulenti, che lo condussero in una cella dal tasso di umidità tarato in modo tale che fosse adeguatamente fastidioso per le componenti biologiche mucose di Pascal.

Nel caso in cui la scena che ho rapidamente descritto non fosse abbastanza esegetica: Pascal non ottenne l’incarico agognato, ma venne incarcerato per grave oltraggio alla Somma Commissione.

Nelle prime 80 Teraore di reclusione, Pascal non fece altro che pensare ad Agnese, all’opportunità persa e a quello che gli diceva sempre sua madre: «La sincerità non è tutto. A volte nella vita è necessario scendere a compromessi, magari facendo buon viso a cattivo gioco». Di queste tre cose, in verità, Pascal pensò più di tutte ad Agnese. In particolare alla sua necessità fisio-elettrica di avere un qualche contatto con lei.

Ad un tratto, un’illuminazione: Kindliche.

Kindliche era tra i cyborg quello preferito da Pascal. Un essere discreto, nei movimenti e nei pensieri, di sesso femminile. Lei lo avrebbe aiutato di sicuro.

Con Kindliche, Pascal, quando entrambi erano dei piccoli cyborg, aveva avuto la cybapposition. Si tratta di un fenomeno piuttosto diffuso tra i cyborg, in seguito al quale due soggetti di questa specie restano in una latente e permanente comunicazione transdimensionale, che possono sfruttare a proprio piacimento per trasmettersi dati, pensieri, fotografie e documenti in pdf.

Avrebbe usato la cybchat per chiedere a Kindliche di aiutarlo.

Come vi aspetterete, Kindliche rispose con solerzia al richiamo dell’amico e fece tutto quello che era in suo potere per aiutarlo.

Certo non era un’ambasciatrice gandalfiana anche lei, sicché non era autorizzata a montare su un’astronave e a recarsi in carne e circuiti sulla Terra. Il caso volle però che, proprio in quel periodo, Kindliche stesse lavorando con la sua compagnia di pulizie presso una nota industria informatica. In particolare si stava occupando dello smaltimento di alcuni prodotti risultanti da una partita difettosa.

Di recente era venuta a contatto con lo SmartEmoSense-Register, uno strumento molto sofisticato che, già in tempi non sospetti, l’aveva così incuriosita da spingerla, una volta a casa dopo il lavoro, a documentarsi. Si trattava di un attrezzo all’avanguardia nell’ambito informatico: consentiva, inserendo un numero sufficiente di dati, di rintracciare un qualsiasi essere animato, in un qualsiasi angolo acuto, ottuso o diedro dell’Universo tutto. E non è finita: il SES-Register era in grado di rielaborare emozioni e percezioni sensoriali dell’essere in questione. Negli ultimi decenni aveva riscosso molto successo tra gli investigatori privati, che grazie al SES-Register, avevano scovato le più imbarazzanti e indicibili tresche delle più infedeli belle mogli dei più facoltosi gandalfiani d’affari.

Se il SES-Register aveva un difetto, questo era sicuramente il prezzo. Con il suo salario, Kindliche non poteva di certo permetterselo. E allora, sì, come avrete capito, dovette accontentarsi di far finta di smaltire uno dei SES-Register che aveva il compito di smaltire e di riportàrselo astutamente a casa.

Lo provò su suo padre e scoprì che lo strumento non aveva grossi problemi, ma tendeva a:

fornire informazioni più o meno superflue sul contesto in cui reperiva il suo obiettivo

lasciarsi distrarre dalle interferenze emotive dei soggetti inclusi in tale contesto ma diversi dal proprio obiettivo

riferire i dati raccolti con un linguaggio tutt’altro che scientifico, ma piuttosto lezioso e connotativo.

Poco male.

Anche Pascal, quando Kindliche gli comunicò cosa era riuscita a rimediare, pensò: poco male.

Dunque con l’approvazione di Pascal e con i dati che questi gli fornì su Agnese, Kindliche azionò il SES-Register sulla terrestre.

Dopo pochi secondi per la localizzazione, qualche minuto per la rielaborazione dei dati, tre bip e cinque bzzz, il SES-Register emise il proprio responso, sputando un foglio A6 che riportava le seguenti parole, tutt’altro che scientifiche, ma piuttosto leziose e connotative:

Si prenda una finestra che guarda su un cortile. Si prendano due gomiti pingui poggiati sul davanzale e due occhi slavati poggiati sul cortile. Oltre il davanzale, penzolino nel vuoto due mani grandi e ruvide agganciate a due braccia pingui – proprietarie dei gomiti pingui – che finiscono in due grosse spalle scoscese e disincantate. Siano tali spalle rivolte a un tavolo polveroso, che sarebbe completamente spoglio se non fosse per la polvere, appunto, e per un piatto fondo. Nel piatto, una forchetta galleggi ancora sugli oleosi resti di un pasto plebeo.

Si prendano poi due lunghe figure ritte, l’una di fronte all’altra, nel mezzo del cortile. Siano le due figure occupate in una stretta reciproca. Sia quest’ultima così stretta e così reciproca, che due occhi slavati, da una finestra che guarda sul cortile, non saprebbero dire con certezza dove finisce la prima figura e dove inizia la seconda.
L’impellenza dei rispettivi impegni costringa le due figure a sciogliere la stretta e a congedarsi. Prendano dunque a camminare in direzioni opposte, entrambe a passo svelto. Dopo pochi metri però, una delle due figure arresti la marcia e con una fiduciosa torsione del busto, volga lo sguardo indietro, sperando di trovare l’altra figura nella medesima torsione fiduciosa del busto. La seconda figura invece continui ad allontanarsi, senza torcersi né sperare, fino a scomparire oltre l’angolo di un palazzo giallo.

Si considerino ora un pezzo di pane duro e le dita scure delle mani grandi e ruvide. Da un punto qualsiasi del piatto fondo parta un’invereconda scarpetta. I margini del pezzo di pane che scivola sul piatto, sollevino gli oleosi resti del pasto plebeo in un’onda frastagliata che unga le punte delle dita scure. Le fauci tornino vergini mentre si chiudono attorno a un sapore che sembra il primo della vita.
Le mani prendano un taccuino nero e le dita impugnino una penna:
“È meraviglioso. Il mio riflesso nei tuoi occhi. Ma troppo presto, la vita ti chiama altrove. Siamo qui, noi. A rifletterci. Siamo e sei. Qui.
Ma già mi preparo alla tragedia. Vera e imminente. In cui sarai altrove. In cui, qui, di te, non sarà rimasto nulla. Qui, di te, sarà rimasto solo me. A riflettermi.”

Solo se non vi dispiace e solo se non siete deboli di stomaco, arrivati a questo punto della narrazione, mi piacerebbe che voi lasciaste il tempo e la dimensione in cui è ambientata questa vicenda e con un salto temporale e trans-dimensionale, mi raggiungeste qui, nel tempo e nella dimensione da cui vi sto scrivendo di Pascal e della sua Agnese.

Analizziamo ora la mia posizione. Per conquistarvi, potrei facilmente speculare sugli abbondanti e inopportuni aspetti leziosi e connotativi del responso. Voi, che siete tipi svegli, immaginate a buon diritto che una delle due lunghe figure ritte debba essere Agnese. So bene che già pregustate il turbamento emotivo che vi cagionerò quando vi dirò che che, tra le due figure, Agnese è la prima, quella che spera di trovare l’altra nella medesima torsione fiduciosa del busto. E allora io potrei facilmente accontentare le vostre brame di struggimento, raccontandovi di quanto Pascal potesse soffrire al sol pensiero che una creatura come Agnese amasse senza essere corrisposta. Potrei star qui a parlarvi di quanto Pascal fosse arrabbiato all’idea che in quel cortile, dopo aver salutato l’amato, Agnese s’era girata a controllare se anche lui s’era girato a controllare se s’era girata a controllare se s’era girato, ma che, alla fine, era rimasta l’unica scema che s’era girata.

Ma la verità è che ancor più di conquistarvi, la cosa che davvero mi preme è richiamare la vostra attenzione sul complicato caso dei due occhi slavati.

Insomma, il vero punto è: se dopo un piatto di – non so – linguine allo scoglio, nel bel mezzo della scarpetta, un flusso inarrestabile di parole inizia ad esploderti in testa, è bene lavarsi le mani prima di prendere carta e penna, oppure è preferibile mandare al diavolo l’eleganza e il bon ton, fiondarsi sul taccuino e rassegnarsi all’idea di ungerne i fogli, pur di evitare che le suddette parole sfuggano via per sempre?

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5 commenti »

  1. Pirotecnico divertimento, brava. Bello lo spiazzamento dei contesti e l’invenzione di certe parole. Mi è particolarmente piaciuta la parte che inizia con “si prenda una finestra”. Poteva formare un racconto a se stante.

  2. Divertente e molto originale; creatività e bravura nell’inventare termini tecnici e scientifici, atmosfere di altri mondi e alcuni strabilianti strumenti: Ses-Register, SmartEmoSense- Register. Complimenti per il nuovo linguaggio per la letteratura fantascientifica. Questi personaggi di Gandalf sono molto terrestri con “la carne e circuiti” (elettrici, pneumatici, ecc.). Concordo con Sergio che la parte di “Si prenda una finestra…) potesse costituire un racconto a parte.

  3. A me non piace la fantascienza. Però “mi so’ divertita assai”! Il racconto è molto spassoso. Brava!
    Angela Lonardo

  4. Parte in modo improbabile, quasi indegno per un lettore di fantascienza, ma diventa un qualcosa che è di più di un racconto di tale genere, più che un fantasy. Ci vuole una mente transdimensionale per capirlo ed interpretarne a fondo la metafisicità quantica che ne permea l’anima translucente nel vorticante maelstrom pan-sentimentale in cui vive l’attimo transeunte un povero ciborg di N-generazione.
    Non so se mi sono spiegato.
    Brava Claudia, te lo dice uno che ha fuso da tempo il proprio generatore corticale di neoformazioni di associazioni verbali per poter realizzare i propri brillamenti emozionali.
    Un giorno potremmo discuterne (non so bene di cosa)davanti ad una coppa di succo di Noothret, che come ben sai cresce solo su Taar-Feethr nove, quinto settore del sesto quadrante del sistema galattico Kreterith, appena fuori delle grandi nubi di Kraamm.
    Una sovrapposizione compenetante…Oppure un abbraccio, se preferisci.
    Giovanni Fioret
    P.s. Se non ti piace il succo di Noortreth (improbabile) puoi provare la Verediranza Sorboliana, sono certo che ne impazzirai ! Tutti ne impazziscono, purtroppo non ci sono cure…però è buona !!

  5. Grazie, Sergio, Emanuele, Angela e Giovanni.
    In quanto al succo di Noothret è tra i miei preferiti, ma amo la novità: prenderemo un bel bicchiere di succo di Noothret, che offrirò io, e una bella pinta di Verediranza Sorboliana, che offrirai tu mentre cercherai una cura brillante ed emozionale, con il tuo generatore corticale di neoformazioni di associazioni verbali fuso. E tra le cose che preferisco, vi sono di certo anche gli abbracci. Si possono conciliare? Le quattro cose, intendo: succo di Noothret, pinte di Verediranza Sorboliana, brillamenti curativi e abbracci?

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