Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Più forte del mare” di Vittoria Schiavoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Accucciata accanto ad Alì, la testa reclinata sulla spalla di lui, gli occhi chiusi, ma pieni delle immagini sconosciute del mondo che li aspetta, dei sogni che a lungo aveva nutrito e che ora stanno per realizzarsi. Pensa ad un piccolo appartamento come aveva visto alla televisione nel bar del paese, lo vede già arredato, e loro due attorno al piccolo desco, con i bambini che verranno, che saranno liberi, non conosceranno la guerra da cui ora lei e il suo Alì scappano.

I genitori sono rimasti in Libia e questa è la grossa spina nel suo cuore: essi avevano venduto l’oro della famiglia, avevano chiesto aiuto ed erano riusciti a raccogliere l’enorme cifra per quel viaggio. Ma loro due sono forti, pieni di voglia di lavorare e restituiranno fino all’ultimo spicciolo.

I suoi pensieri si spostano poi al suo sposo, i suoi occhi restano chiusi ma lei lo vede in tutta la sua prestanza, e ritorna al giorno in cui per la prima volta aveva incrociato Alì. Per un momento il tempo si era fermato, gli occhi di lui si erano incollati in quelli di lei e lei per un attimo si era dimenticata di respirare.

Dopo queI primo incontro i loro incroci diventavano sempre più frequenti. Lei lo vedeva spuntare da lontano e mano a mano che si avvicinava riusciva a coglierne tutti i particolari: l’andatura leggermente dinoccolata, le spalle ben diritte segno di sicurezza e decisione; la corporatura alta snella denotava agilità insieme a una forza non comune; le mani, grandi e affusolate sembravano esprimere una capacità di tenerezza e carezzevole dolcezza; gli occhi erano capaci di lanciarle raggi di fuoco; i capelli, neri come gli occhi, formavano una simpatica criniera, con qualche ciuffo ribelle: sembrava che dopo una corsa vi fosse rimasto un po’ di vento.

Ora è qui accanto a lei. Sono sposati. Non le sembra ancora vero. Che festa splendida il loro matrimonio! Il banchetto era stato scarno: ogni dinaro doveva essere speso per il loro viaggio. Ma tutta la ummah (gruppo, gente, nazione) aveva partecipato con gioia, con canti e balli festosi. Ripensa al suo abito bianco, che aveva già vestito la sua mamma e prima ancora la sua nonna.

Alì, appoggiato ad una parete sulla tolda del barcone, con il braccio destro stringe a sé il corpo di Laila, quasi a sostenerla e proteggerla. Non è tranquillo. Stanno affrontando questo lungo viaggio in mare, con la speranza di raggiungere una nuova patria, senza guerra, con la libertà per tutti, e con il lavoro per tutti, ma non può cancellare tutti i dubbi e i timori. E poi, questo barcone… sarà veramente sicuro? L’apparenza non è tranquillizzante: la vernice, ovunque scrostata, lascia immaginare il primitivo colore in qualche macchia di un blu sbiadito che si intravede nelle pareti, nelle panche affollate di gente di ogni età. Il barcone trasporta molti più passeggeri di quanti dovrebbe contenere, ammassati a gruppi sul ponte della nave: potrà sorreggerli tutti, questo tavolato così scabroso, irregolarmente ondulato, con schegge di legno che fuoriescono qua e là.

E poi quel comandante… Quando, prima di salire sulla nave, gli avevano consegnato i soldi, li aveva contati, con la velocità di chi è avvezzo a maneggiarli, e nel contempo con l’oscura diffidenza di chi teme di essere imbrogliato, forse perché lui stesso è solito imbrogliare. Aveva intascato quei soldi con mossa rapida, come se li avesse rubati. E forse proprio di furto si può parlare: neanche in una nave da crociera avrebbero richiesto una cifra così alta…

Voi pensate al cibo, noi possiamo darvi solo acqua… E potete portare una piccola valigia a testa…

Quanti giorni durerà questo viaggio? Hanno parlato di un paio di giorni.

La sua preoccupazione è grande, ma non ne dà mostra. La sua sposa deve essere serena,  non deve avvertire la sua ansia e i suoi pensieri neri. Infatti lei è lì, appoggiata alla sua spalla, dorme come un bimbo innocente sicuro tra le braccia del padre, e lui non vuole offuscare quella serenità. Alì avverte fortemente il dovere che ha, nei confronti della vita, di custodire con tutto l’amore e la forza di cui è capace quel gioiello. Ora in questo barcone traballante e malsicuro, con quell’equipaggio così poco rassicurante, Alì ha paura.

Erano partiti di notte, con un cielo senza stelle.

Un’alba grigia ha interrotto il suo breve sonno turbato da incubi. Il sole ha deciso di non mostrarsi questa mattina.

Anche il mare è grigio e non esiste una linea di separazione tra cielo e acqua. Questa monotonia di colore non è di buon auspicio e dà al cuore un senso di tristezza, di incertezza.

Le ore trascorrono lente, pesanti come il piombo. E del colore del piombo è anche il cielo: il grigio monotono viene sostituito da masse scure, che corrono minacciose in un cielo basso, freddo, sinistro. Una freccia infuocata taglia un nuvolone nero e quasi contemporaneamente un urlo del cielo scoppia violento e furibondo facendo sobbalzare i passeggeri della barca, che rispondono con un grido di paura. Alì stringe più forte a sé Laila, che, con gli occhi ben aperti ora segue le fasi di quella rabbia celeste. Resta rannicchiata accanto a lui, sicura che fino a quando lui la sostiene, nulla di male può accaderle.

Cominciano a cadere grosse gocce di pioggia, ma è impensabile trovare una copertura. Il ponte è quasi completamente coperto di passeggeri, alcuni seduti, altri stesi a terra, tra cui tanti bambini, le teste appoggiate su zaini e valigette a mo’ di cuscini. La pioggia cade sempre più furiosa. Raffiche d’acqua e di vento impazzano sul ponte. Il rollio è ormai incontrollato. La barca si solleva paurosamente a prua, ma subito pesantemente ricade sollevando marosi che si riversano scrosciando sull’impiantito. Alcuni sacchetti di plastica, delle valigie volano in mare. Il tavolato è diventato un toboga. Si cerca un appiglio, ma lo scivolo trascina inesorabilmente i corpi verso l’esterno, verso il mare. Il primo a fare l’orribile volo è il corpo di una madre che serra a sé la sua creatura; il marito, nel vano tentativo di trattenerla, la segue in acqua. Valigie, zaini scivolano rapidi verso i fondali marini. I corpi combattono contro il vento e il piovasco in una lotta impari e senza speranza. Le grida umane sono sopraffatte dallo scrosciare della pioggia, dal sibilo del vento, dal ruggito del mare .

Alì riesce a trattenere legata a sé Laila: ha trovato un appiglio, un paletto a cui si aggrappa con la mano sinistra, mentre il  braccio destro stringe la sua donna. Ma non dura a lungo: il legno sinistramente cigola e si strappa rovinosamente. Egli riesce ad afferrare con entrambe le braccia la sua amata, ma i loro corpi legati nel tenace, irremovibile abbraccio, scivolano sul tavolato, sbattuti qua e là. Un’onda più rabbiosa delle altre riesce a strapparli dall’amplesso; lui la insegue annaspando con le mani e con tutto se stesso sul pavimento, instabile con l’acqua amara che brucia gli occhi, riempie il naso e la bocca e  trascina i loro corpi tra i marosi. Fallito il tentativo estremo di restare aggrappati, si cercano , gridano il nome dell’altro, ma il grido è spento dal mare che prepotente riempie le bocche…

La motovedetta della guardia costiera arriva e riesce a strappare dalla morsa ferale dei marosi i più combattivi, ormai allo stremo, ma con il respiro ancora presente, a recuperare corpi galleggianti ormai cadaveri, ma degni di una sepoltura migliore di quanto può offrire quell’oceano.

Il mare si è acquietato: ha vinto ancora! È soddisfatto del bottino di guerra. Ed ora, come un bambino viziato che strepita fino a quando non ha ricevuto l’oggetto del suo desiderio, e sorride vittorioso e birbante con il nuovo giocattolo; così quelle acque, ora serene, placide, accoglienti, allargano le braccia con l’azzurro più seducente di cui sono capaci, e ti invitano ad un abbraccio sensuale, ad un abbandono totale.

Alì è stato ripescato ed è tra i pochi fortunati scampati alla tempesta; ma Laila non è accanto a lui ed egli non ha pace. Si rivolge ai suoi soccorritori e li prega di cercare Laila. Loro non capiscono:  pensano ad accudire i sopravvissuti, cercano di avvistare altri naufraghi, ma non possono dargli notizie di Laila. Il giovane si alza ancora stremato, sulle gambe malferme e cerca tra i vivi e i morti il corpo della sua amata. Non può pensare di riposare mentre Laila sta forse ancora dibattendosi in mare. Non accetta cibo, né bevanda. Vuole ributtarsi in mare nella assurda speranza che lei sia là ad attenderlo. Qualcuno lo trattiene.

I superstiti vengono distribuiti nei vari centri di raccolta di Lampedusa mentre i cadaveri vengono raccolti in un ambiente per consentire a possibili parenti e amici il doloroso riconoscimento.

Alì ora è nella terraferma. Ma non può tirare un sospiro di sollievo. Continua a vagare nel centro di raccolta passando da dentro a fuori e viceversa: ricerca in ogni viso di donna quegli occhi, quella bocca, quei lineamenti che sono indelebilmente incisi nella  sua mente, nel suo cuore. Non può essere scomparsa.

Sono ormai trascorsi tre giorni dal ritrovamento e salvataggio dei superstiti del barcone libico. Il personale del centro di raccolta, militari e volontari, conoscono tutti quel giovane che cerca disperatamente la sua sposa, rifiuta il cibo e non dorme. Mostra a tutti la foto di Laila, che Alì conservava gelosamente nella tasca dei pantaloni e che si è miracolosamente salvata nel naufragio.

Oggi al centro di raccolta arriva una dottoressa, una psicologa che cerca di dare una mano a questi emigranti che partiti con grandi speranze dalla loro terra abbandonata per sfuggire a guerre  o alla prigione, hanno visto deluse le loro aspettative e in modo così tragico e imprevedibile. Ha già visitato le altre sedi e il suo animo è ancora pieno delle lacrime, dei dolorosi silenzi degli scampati alla tragedia del mare. Nonostante la sua professionalità non è riuscita a placare le sofferenze, né a dare speranze per colmare i vuoti affettivi dei superstiti.

La psicologa si avvicina ad Alì e la prima cosa che egli dice è il nome di Laila mentre le mostra la foto sgualcita. Non è l’immagine strapazzata dal mare che le consente il riconoscimento, ma quella stessa disperazione che ha visto negli occhi di Laila, quello stesso amore e quella speranza, anzi sicurezza di ritrovarsi.

Laila, che era stata ripescata da un peschereccio, si trova a Porto Empedocle presso un altro centro. Si provvede subito ad accompagnare Alì.

Un abbraccio senza respiro avvolge in un solo corpo i due giovani che ora si inondano con tutte le lacrime che avevano trattenuto nei giorni di separazione.

Nello stanzone si è fermata ogni attività. Il personale, i volontari sono lì, per un momento fermi e partecipano a quella emozione, e molti volti sono bagnati da lacrime di gioia.

Laila e Alì inizieranno una nuova vita, incontreranno problemi e difficoltà ma il loro amore li aiuterà a superare ogni ostacolo ed impedimento.

 

 

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2 commenti »

  1. Complimenti Vitoria, hai dato l’immagine di questo Amore, grande in mezzo al mare e in ogni angolo della Terra e forse grande negli altri Mondi. Chissà in quale modo si esprimerà? Questo racconto di aspettative, di sofferenza e di gioia deve essere un messaggio di speranza che chiede l’impegno di chi ha il dovere di gestire i movimenti migratori con viaggi sicuri sulle due sponde. A livello diplomatico e forse anche da parte di organizzazioni non governative? Noi Italiani abbiamo secoli di emigrazioni e secoli di occupazioni che ci hanno influenzato positivamente.
    Emanuele.

  2. Racconto dolente, scritto con il cuore. L’amore e il desiderio di una vita migiore riescono a placare le onde del mare.

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