Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Racconto di Natale” di Silvia Pastorelli (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Dicembre, mese di raffreddori, mal di gola e regali di Natale. Stamattina in treno, nel tentativo di evitare il più possibile vicinanze perniciose di passeggeri scatarranti a destra e a manca, percorrendo il corridoio in cerca di un vagone non troppo surriscaldato e capendo, dopo qualche istante di bagno di folla, che forse mi sarei dovuta accontentare di uno strapuntino consunto, ho esplorato interamente il mitico regionale che da anni mi porta al lavoro. Nonostante la vita del pendolare sia veramente dura, adoro viaggiare in treno e non bastano i frequenti e un po’ sciocchi “ci scusiamo per il disagio”, a farmi cambiare idea su questo straordinario mezzo di trasporto.

Così, sudata, affannata e ancora un po’ assonnata, mi ritrovo inaspettatamente davanti ad una porta del treno veramente strana, che non ho mai visto prima e che cattura immediatamente la mia attenzione. …una porta rossa? Va beh! Sul treno siamo abituati a vederne di tutti i colori. Ma… anche morbida al tatto e deliziosamente profumata, questo è veramente incredibile! Sogno o son desta? Giro piano la maniglia e mi affaccio, perplessa e leggermente intimorita, quando un odore di croccante subito mi avvolge, unito al brusio che si spande intorno. Allora, mentre sento che il treno sta partendo dalla stazione perfettamente in orario, mi decido ed entro. Stranamente ci sono da salire tre gradini: il primo viola, il secondo azzurro e l’ultimo di un giallo oro brillante. Qualche passo e… ma dove sono? Nel sottotetto del vagone del treno, a occhio e croce! Lo spazio è grande, si sente musica in lontananza e dopo pochi istanti mi rendo conto che devo essere capitata in uno di quei posti magici di cui il nonno ferroviere di Isa, la mia amica d’infanzia ci diceva sempre: si trovano, anche se ben nascosti, nei vecchi vagoni dei treni. Guardandomi intorno esterrefatta per la moltitudine di gente e la confusione che regna, ad un certo punto sono accanto ad un esserino non ben inquadrabile nel genere di appartenenza e neanche nella specie. Da un cappellino di lana rossa, sbucano due teneri e piccoli orecchi rosa, coperti da una sottile e rada peluria; i suoi occhietti penetranti ammiccano allegri e, ancor prima che io possa aprire bocca, il piccoletto, mi ha già trascinata davanti al suo intrigante banco stracolmo di oggetti non ancora ben identificati, invitandomi a servirmi di qualcosa. “PAROLE ANTICHE” dice l’insegna. Dentro anforine di vetro sottile e delicato c’è una nebbiolina colorata e, fluttuanti in questo magma, galleggia in ogni anfora una parola. Non sono parole facili da leggere: agorà, albagie, azzimato, baccano, macramè… Fosse qui con me Tano, il mio amico grande esperto di parole antiche, potrebbe senza ombra di dubbio, chiarirmi il significato di alcune di esse! Ma appena mi riprendo da quell’iniziale sensazione di inadeguatezza, mi domando a che cosa possano servire tutte quelle anfore di parole antiche e a chi. Forse, penso, saranno articoli per collezionisti, o per ricercatori, o per scrittori di romanzi! E qui il mio amico dagli orecchi pelosetti mi giunge in aiuto, spiegandomi con gesti enfatici, che nelle parole antiche c’è il Sapere, proprio quello con la lettera maiuscola, e che chiunque sia animato da curiosità e vivacità mentale adeguata può appropriarsene con dedizione, pazienza e costanza: basterà semplicemente, per dare il via al processo, aprire l’anforetta.

– Bello! – dico io – e quanto costa un’anforetta? –
– Niente – dice lui.
– Niente? – torno a domandare, per essere certa.
– Certamente! Acquisire conoscenza, prima o poi, darà i suoi frutti e così sarai tu allora ad offrire qualcosa in cambio alla comunità –

Più in là, s’intrattiene un fitto capannello di persone, stranamente agghindate di cappelli sgargianti e guanti di tutte le forge e dimensioni; alcuni hanno strane corazze sulle spalle: – “motociclisti” – concludo, ingenua; altri sono contraddistinti da grandi e multicolori strascichi di perline e capelli intrecciati insieme. Mi avvicino incuriosita, mentre un tizio, passando, tira fuori da un involto un fragrante e profumato bombolone alla crema: con un sorriso il personaggio me lo porge e va via. Che posto meraviglioso, penso, affondando il mio primo bel morso nella pasta dorata e raccogliendo con la lingua un lungo fiotto di tiepida crema!
Mi faccio largo tra l’animato gruppo, e un secondo grande banco di questo inaspettato e magico mercatino si rende ora in parte visibile. Non riesco ancora bene a leggere cosa si vende, ma a giudicare dal grande uggiolio, deve trattarsi di animali, anzi, per l’esattezza, di cani. Prendo lo slancio e mi butto più avanti…”Trova il tuo cane”, dice un cartello, “Solo una carezza”, aggiunge un altro. Sono in prima fila e davanti a me si apre uno scenario che mi lascia senza parole: una miriade di barattoli, tutti impilati, sta a bella posta su enormi scaffali, e non se ne vede la fine. Su ogni lattina ci sono dei nomi: Briciola, Diana, Bella, Toga… Ad un certo punto il mio cuore ha un sussulto! Lì, proprio a portata di mano, leggo: Mezzanotte, l’inconfondibile nome del mio amato cane che, ormai vecchissimo, da quattro anni mi ha lasciata. Allungo la mano, ma il barattolo fa un salto ed è già tra le mie braccia, non sta fermo un attimo, si agita e tenendolo stretto al petto sento che emana l’infinita dolcezza di un’amicizia vera, meravigliosamente ritrovata. Il mio cane è qui, lo riconosco anche da quel suo inconfondibile odore di bosco. Ma cosa è successo? Come è possibile che tra mille e mille barattoli, io sia stata così fortunata da trovare subito il mio! E com’è che esiste tutto questo? Apro il barattolo e come per magia questo diventa un batuffolo vivo, caldo e peloso, che d’istinto stringo ed accarezzo con passione; il cuccioletto mi guarda negli occhi e ho immediatamente la conferma che si tratta proprio di Mezzanotte, che mi ha ritrovata: capisco allora che è soltanto a Natale che i sogni e i desideri si avverano e gli amori, quelli veri, si rinnovano.
Questo mercatino di Natale è veramente fantastico! Sarà un vero peccato, stamani, arrivare a destinazione col mio treno; tra non molto dovrò scendere, e oggi è la prima volta che mi auguro che il treno accumuli un po’ di ritardo. Con il mio batuffolo nero mi aggiro trasognata ancora tra una folla rumorosa e festante, fino a che un cartello che ancora non distinguo bene, mi invita a curiosare e ad attardarmi ancora.
Sei cavalli a dondolo assai grandi sono disposti a semicerchio e vedo che c’è da fare una lunghissima fila perché, questa volta, la sorpresa consiste nel salirvi sopra e farsi un giretto! È la Giostra dei Ricordi! Sul grande e colorato cartellone pubblicitario leggo: “fate il vostro giro sulla Giostra dei Ricordi” e sotto, a caratteri più piccoli: “da lontano, da molto lontano verrà a voi un sorprendente avvenimento.” Scelgo l’attesa, sperando con tutto il cuore di fare in tempo a salire sulla giostra. Finalmente arriva il mio turno, per fortuna ho ancora qualche minuto! Il viaggio che mi aspetta va al di là di ogni mia immaginazione. Sento una voce…
– O regina reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello con la fede o con l’anello? –
Ecco, arriva il babbo! Il mio eroe torna a casa e, dal fondo delle scale, sento la sua voce allegra echeggiare in una filastrocca. Le sue gambe lunghe e magre non si sono ancora affacciate sulla soglia che già mi prende in braccio, e… vola vola vola, siamo il vento! Poi, inizia il rito lento del rientro: all’acquaio si lava le mani e le braccia, facendo una schiuma tutta nera, ma bella, poi è la volta del viso, che si strofina ben bene fino ai capelli. Si leva gli scarponi pesanti che odorano di officina, come le sue camicie, e mi prende di nuovo in collo per un’altra giravolta.
Mi guarda stanco e sorridente, mentre mangia la sua cena in silenzio e mi fa gli scherzi con gli occhi: mi guarda con gli occhiacci da lupo cattivo e con voce cavernosa e profonda : – per mangiarti meglio – dice serio. Ma io non ho mai paura, anzi rido, rido proprio come fanno tutti i bambini per compiacere e conquistarsi le grazie degli adulti. Ma non questa sera.
Sono da poco finite le feste di Natale. Tremavo ancora in quei giorni, quando in casa si parlava della befana che, anche quell’anno, era venuta vecchia, storta, brutta e gobba più che mai. Avevo cominciato a piangere ancor prima che facesse il suo ingresso nel salone: non la volevo vedere, non mi importava nulla dei suoi regali, volevo solo scappare. C’era un sacco di gente che urlava, la chiamava, ma io ero atterrita e abbarbicata al collo della mamma. Attimi interminabili di panico puro, in cui la paura aveva il sopravvento su tutto.
Quando tutto questo era da qualche settimana dimenticato, quella mattina all’asilo una compagna mi dice che non dovevo avere paura della befana, perché la befana era il mio babbo! Dapprima, un silenzio sbigottito. Poi, la negazione, con tutte le mie forze confusa e indignata, alle continue e petulanti insinuazioni di quei bambini, finché un pianto convulso mi trae in salvo tra le braccia della maestra.
A casa quel pomeriggio faccio un’inchiesta angosciata a mia madre e mia nonna, poi mi attacco al telefono, tirando in ballo generazioni di parenti, mi dibatto per ore in mille dubbi e mille spiegazioni, ma al rientro del babbo non oso chiedere nulla. Tutto mi sembra durare un tempo infinito; lui mi guarda e, sorridendo, tace ed io col fiato sospeso attendo una qualche rivelazione che plachi il mio spirito e metta ordine alla confusione. La paura di conoscere una terrificante verità mi chiude ormai la gola, quando mi solleva sulle sue ginocchia e tenendomi forte e guardandomi diritto negli occhi mi dice: – Silvietta mia, ma se io fossi la befana, chi sarebbe babbo Natale? –

Scendo dal treno, riprendo la mia giornata sentendo adesso che il Natale è alle porte. Tutto sommato, non è un luogo comune pensare che la vita è veramente un viaggio… in treno, aggiungerei io, dove la destinazione è uguale per tutti, una stazione, e dove non conta tanto il biglietto di prima o seconda classe, ma la magia del tuo vedere, del tuo sentire, del tuo ascoltare che può riempire di meraviglia il cammino.

 

 

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5 commenti »

  1. Un viaggio intenso, in una dimensione colorata di emozioni e tanto profonda da farti spiccare il volo! Un bel regalo per chi lo legge, per chi si fa accompagnare oltre quella porticina. A parte il fascino del contenuto mi hanno conquistata la spontaneità ed il ritmo della composizione. Grazie Silvia.

  2. Ecco leggere questo racconto è stato come quando “un grande” ti prendeva in braccio per raccontarti una storia che gli era successa quando era piccolo… Bello, molto molto bello. E com’è carica l’atmosfera delle meraviglie che fanno scintillare gli occhi dei bambini! E anche dei grandi, perché no? Complimenti.

  3. Il tuo treno, Silvia, è un treno speciale che ha una porta soffice rossa oltre la quale la tua sensibilità e tenerezza si esprimono liberamente e il ritorna all’infanzia, a contatto con i segreti e con il Genitore preferito, darà maggior sicurezza anche a tutti noi. Sono immagini degne di risultare sui fotogrammi di grandi artisti. Penso che il tuo racconto magico sarebbe piaciuto a Fellini. Complimenti.
    Emanuele.

  4. Complimenti Silvia, uno dei migliori racconti in questa sezione. “nelle parole antiche c’è il Sapere, proprio quello con la lettera maiuscola, e che chiunque sia animato da curiosità e vivacità mentale adeguata può appropriarsene con dedizione, pazienza e costanza…”, quanto sono vere queste parole. In bocca al lupo!

  5. La tua favola, cara Silvia, ha dei contenuti simbolici molto forti. Il treno che rappresenta la vita con i sui percorsi, la stazione che rappresenta la fine della vita che dà inizio, però, a qualcosa di diverso e, si spera, di più bello. Il tempo del viaggio in cui si scopre un luogo misterioso e fiabesco con il suo mercatino natalizio che, per me, simboleggia quel ritrovare, grazie alle nostalgiche atmosfere della festa più bella dell’anno, quegli affetti, quelle persone o quegli amici pelosi che credevamo perduti. Non è, forse, a Natale che ci assalgono tutte le nostalgie più profonde? La paura, poi, accompagna sempre le emozioni più forti e, come nel caso della befana, anche nelle cose che sono per noi vantaggiose, noi sentiamo lo sgomento di fronte a qualcosa che non conosciamo e che sembra non appartenerci. Anche chi ci fa dono di qualcosa ci spaventa, o ci spaventa sapere che quel qualcosa ci viene da una persona che non siamo all’altezza di ricompensare.
    Questo è ciò che ho letto nel tuo bel racconto.
    Ti saluto con un ” in bocca al lupo”.
    Angela Lonardo

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