Premio Racconti nella Rete 2014 “Dimmi come vorresti morire” di Andy Masy
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Era fine settembre. Matteo e Ilaria camminavano tenendosi per mano lungo la spiaggia. La sera prima si era abbattuta una tempesta devastante e, sul bagnasciuga, portati dal mare mosso e marrone, si trovavano rami marci e cianfrusaglie.
Matteo si era messo gli stivaletti e indossava una giacchetta nera col cappuccio che gli pendeva da dietro la schiena, mentre Ilaria si riparava dal vento con una grossa felpa e con una sciarpa rosa.
Ilaria stava raccontando a Matteo delle storie riguardanti sua nonna, quando notò sul bagnasciuga, a una cinquantina di metri da loro, una sagoma ovale di colore verdastro: “Che cosa è quell’affare?”
“È un pezzo di barca”, rispose Matteo.
Ilaria affrettò la camminata per esaminare il frammento di barca, ma a una decina di metri di distanza rallentò il passo. La sagoma vista da vicino aveva delle protuberanze, delle pinne a forma di falce e una testa piccola, flaccida e riversa verso il bagnasciuga.
“Non posso guardare”, fece Ilaria, indietreggiando e riparandosi il viso sul torace di Matteo.
Il ragazzo abbracciò Ilaria e osservò i resti della testuggine: dalla coda alla testa misurava poco più di un metro, e se ne stava ribaltato sul guscio. Gran parte della corazza era fracassata e dalla frattura s’intravedeva della sabbia bagnata mista a della poltiglia viscida e rossa. Delle mosche vi ronzavano attorno, le quali si allontanavano ogni volta che un’onda colpiva la carcassa.
“Non ci posso credere. È la prima testuggine che vedo in vita mia, e sono costretta a vederla morta” disse piagnucolando Ilaria. “Chissà se quella poveretta avrà sofferto”.
“No, la botta è stata talmente violenta che la poverina è morta senza accorgersene”, affermò Matteo portando via Ilaria.
Matteo e Ilaria si erano seduti all’interno di uno stabilimento balneare. Dal tavolo potevano osservare il mare attraverso un’ampia finestra. Il cielo si stava rabbuiando e il proprietario dello stabilimento balneare – un tizio con i capelli bianchi e dall’area burbera che di continuo controllava l’orologio al polso e la porta d’ingresso – accese la luce.
Matteo bevve un sorso del suo cappuccino. Invece Ilaria, a testa bassa, continuava a girare il latte macchiato col cucchiaino. Accanto a lei, sul tavolo, aveva ripiegato con cura la sciarpa rosa.
“Che ti prende?”, chiese il ragazzo.
“Non so. Stavo pensando”.
Matteo si mise comodo sulla sedia e le fece cenno che la stava ascoltando.
Ilaria si portò in avanti, appoggiò i gomiti sul tavolo e con le mani si sorresse la testa. “Pensavo a mia nonna. Prima non te l’avevo detto: le hanno trovato un tumore ai polmoni”.
“Mi dispiace”, fece Matteo tirandosi su come se gli avessero gettato una secchiata d’acqua.
Ilaria annuì. “Lunedì inizia la chemio. Poveretta. Con tutti gli effetti collaterali che comporta patirà un casino. Pare che perderà i capelli e quando mangerà sentirà dolore per delle specie di vesciche che gli si formeranno in bocca”. E sospirando aggiunse: “Le speranze di salvarla sono poche. Purtroppo così come siamo nati dobbiamo in qualche modo andarcene”.
Ilaria bevve un sorso del latte e osservando la sciarpa riposta sul tavolo e poi la risacca del mare dalla finestre disse: “E tu, come ti piacerebbe morire?”
“In che senso?”
Ilaria si voltò verso Matteo ed evitando il suo sguardo disse: “Ultimamente penso a come mi piacerebbe morire. Certe volte vorrei lasciare questo mondo senza soffrire. Ad esempio un colpo forte o infarto improvviso e via, senza dover rendere conto a nessuno”. Ilaria afferrò il bicchiere. “Ma se muori così lasci questioni in sospeso. E per chi ti sta vicino è un vero dramma. Altre volte vorrei morire a seguito di una lunga malattia –come mia nonna – soffrendo e spegnendomi piano piano, ma contenta di non lasciare niente d’irrisolto e salutando tutti”.
Matteo cercò la mano di Ilaria e gliela strinse. “Credo che forse una cioccolata calda potrebbe fare al caso tuo. La cioccolata fa bene all’umore”.
Ilaria retrasse la mano. “Non mi prendere per pazza: dai, rispondimi, come vorresti morire?”
Matteo ci pensò e alla fine disse: “Vorrei avere un infarto fulminante e andarmene da questo mondo senza neanche accorgermene”.
Ilaria annuì. “Però così è brutto. Mi lasceresti all’improvviso senza dirmi che mi ami, e chissà, la mattina del giorno della tua dipartita potremmo anche litigare per una tua proposta inopportuna di offrirmi una cioccolata. Non avremmo più modo di chiarirci e io vivrei nel rimorso per sempre”.
“Ma è anche vero”, riprese il discorso Ilaria, “che tu te ne andresti beato, con il sorriso stampato sulla faccia”.
Ilaria bevve un altro sorso del latte macchiato. “Però, è anche vero che se tu decidessi di morire per via di un tumore patiresti le pene dell’inferno, ma avremmo modo di perdonarci per quella stupida storia della cioccolata; ed entrambi troveremmo la pace”.
“Ma per me il dolore fisico sarebbe insopportabile”.
“Vedi questa sciarpa”, fece Ilaria mostrandogli la sciarpa rosa. “Me l’ha fatta mia nonna con le sue mani. La trovo bellissima perché so che questa potrebbe essere il suo ultimo regalo. Con questa, in qualche modo, mia nonna si sta preparando per dirmi addio e le ha dato forza. D’altra parte quella povera testuggine non ha patito, ma non ha avuto neanche il tempo di lasciare qualcosa ai suoi cuccioli. Manco li avrà salutati, e loro, piccini, che avranno saputo della morte della loro madre, si staranno pentendo per averle fatto un sacco di dispetti”.
“Quindi per farti felice dovrei prendermi un tumore?” rispose Matteo in tono scontroso.
Nello stabilimento balneare entrarono un uomo che spingeva un passeggino e una donna sulla quarantina. Il proprietario gli andò incontro correndo e con braccia tramanti. Li salutò velocemente e si affrettò a guardare dentro il passeggino. “Questa è la piccola Maria? Ma sei fantastica”.
“Coraggio zio, non temere, prendila in braccio”, fece la donna. “È nata la settimana scorsa e porta il nome della tua mamma”.
“Non sto dicendo questo”. Ilaria sorrise nel vedere il proprietario impacciato nel tenere in braccio la neonata con la tuta rosa. “Non so neanche quale è il modo giusto per morire e non so neanche come vorrei lasciare questo mondo. Forse hai ragione tu: dovrei accettare la cioccolata e gustarmi giorno per giorno i piccoli piaceri della vita”.
Fortunatamente non tocca o noi fare determinate scelte… Meglio vivere giorno per giorno, possibilmente lasciano meno cose possibile in sospeso!
@Valerio Morfino, ti ringrazio per il commento. in fondo è la vita stessa che ti induce a lasciare le cose in sospeso… il problema è che molte volte ci arrabbiamo per cose di poco conto e perdiamo di vista cosa è veramente importante noi 😉
La vita vien vissuta con quei sentimenti che impariamo conoscere da piccoli, i modelli ci vengono dalla famiglia e non sempre ci aiutano. La sofferenza e la morte mettono paura a chiunque. Chi non si è augurato una morte rapida? E’ condivisibile l’atteggiamento di Matteo, pratico e realistico, mentre Ilaria si lascia prendere dalle circostanze.
Ciao Andy.
Emanuele
Belle considerazioni sulla vita e sulla morte. Con poche pennellate hai dipinto un paesaggio ricco di personaggi, di sprazzi di esistenze finite, al termine e appena iniziate. Il tutto dipinto di rosa, nonostante tutto.
Angela Lonardo
grazie a tutti per i commenti 😉
Bravo Masi, ci hai messo un po’ di poltiglia e un po’ di sentimento 😉