Premio Racconti per Corti 2014 “Il pilota” di Dora Carbone
Categoria: Premio Racconti per Corti 2014Anno 2014 Roberto, un uomo di circa quarant’anni, cammina nei pressi delle mura di Lucca con suo figlio.
Il bambino gli chiede come mai ha deciso di diventare pilota; il genitore rimane un attimo perplesso ed inizia a ricordare tra sé e sé il suo passato e le motivazioni che lo hanno portato a questa scelta.
Anno 1994 Roberto appena diplomato passeggia con un amico per la città discutendo del loro futuro; l’amico ha le idee ben chiare: vorrebbe diventare medico; mentre il ragazzo non sa proprio quale sia il suo destino, non c’è nulla al mondo che lo appassioni particolarmente.
Dopo questa breve discussione i due amici si salutano; rimasto solo, Roberto passa vicino la Torre dell’Orologio e nota una ragazza con delle ali bianche, seduta a terra, piangere sommessamente.
Il ragazzo le si avvicina e la canzona affermando che il Lucca Comics non è in quel periodo dell’anno, la giovane lo guarda perplesso rispondendo di non essere del luogo e non sapere cosa fosse questo evento.
Roberto l’aiuta ad alzarsi e la invita a prendere un gelato a un bar così da poterla ascoltare ed aiutarla in qualche modo; lei risponde di non sapere cosa fosse un gelato, ma accetta comunque volentieri l’invito.
Seduti al bar, la giovane, che si presenta come Luce, afferma di essere disperata poiché quel pomeriggio le era successo un incidente terribile: mentre stava volando in cielo si era avvicinata troppo alla terra per osservare gli umani, non aveva visto la torre e ci era urtata contro. Adesso aveva le piume spezzate e non avrebbe potuto volare per circa una settimana.
Il giovane inizialmente è diffidente, crede che la ragazza sia matta, siccome continua ad affermare altre cose strampalate (sostiene di essere un angelo e di vivere nel cielo), ma poi pian, piano rimane incantato dalla parlantina di Luce che, dopo aver mangiato il gelato, sembra aver ritrovato il sorriso.
Ormai il sole sta tramontando e Roberto invita Luce a riposarsi nell’appartamento vicino al suo, vuoto dopo la morte della nonna.
La mattina dopo Roberto si reca nell’abitazione e trova la ragazza perfettamente sveglia; la giovane gli spiega che è stata arzilla tutta la notte poiché la sua razza non ha bisogno di riposare.
Nei vari giorni del suo soggiorno Luce, sempre accompagnata da Roberto, visita le piazze e i monumenti della città.
Un pomeriggio, dopo un’ interminabile passeggiata, i due si trovano nei pressi delle mura e il giovane gli offre dello zucchero filato.
La ragazza dichiara di essere per la prima volta veramente felice e, per quanto le piume siano ricresciute, desidera rimanere ancora sulla terra per passare ancora del tempo con lui; il ragazzo le stringe la mano e sorride, poi restano in silenzio ad ammirare il tramonto.
Passano i giorni una mattina Roberto si reca, come al solito, dalla ragazza, ma la trova distesa sul letto, malaticcia e mezza addormentata.
Il giovane la lascia sola, ma è molto preoccupato; ricorda che più volte la ragazza aveva dichiarato di non aver bisogno di riposare. La sera rientra nella stanza, ma la ragazza sembra esser notevolmente peggiorata.
Il giorno dopo Luce tremante e infreddolita dichiara a Roberto di aver capito la causa del suo malessere: è rimasta troppo tempo sulla terra. Si paragona a un delfino che per quanto ami gli umani non potrà mai vivere veramente a contatto con loro, i loro habitat sono troppo diversi, non sopravvivrebbe. Capisce che l’unico modo per salvarsi è ritornare in cielo, ma la regola vuole che gli angeli possono recarsi solamente una volta sulla terra, quindi lei non sarebbe più potuta tornare a trovarlo.
Il ragazzo è sconvolto dalla notizia: non vorrebbe perdere Luce, ma contemporaneamente non vuole che lei muoia.
A malincuore decide di accompagnarla sul tetto, cosicché possa spiccare il volo.
Sul tetto la ragazza essendo più vicina al cielo si sente subito meglio; abbraccia il giovane per l’ultima volta, poi prende la rincorsa e scompare tra le nubi.
Roberto scoppia a piangere, ma dopo poco sente una mano sulla spalla: è Luce librata nell’aria; lo bacia dichiarando che si sarebbero rivisti presto in cielo e si allontana nuovamente.
Il ragazzo sorride sussurrando tra sé e sé che avrebbe fatto di tutto per rivederla.
Anno 2014 il bambino strattona Roberto, ormai totalmente perso nei suoi ricordi, e gli ripropone la domanda. Il padre questa volta risponde di esser diventato pilota per poter rincontrare un angelo.
Credo che dobbiamo ringraziare spesso i nostri Angeli per il loro aiuto.
Molto suggestivo. Quasi una fiaba.
Angela Lonardo
p.s. fammi sapere cosa pensi del mio racconto “Il ragazzo della frutta”