Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Diorami” di Ennio Costantini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Da molto tempo, ormai, era convinto che la fauna umana fosse sostanzialmente divisibile in due grandi categorie.
La prima, di gran lunga la più numerosa, composta da individui che hanno solo certezze, oltremodo convinti di aver carpito il senso della vita e, soprattutto, di avere una funzione da assolvere in questo mondo, creature immaginate e partorite da un’entità superiore e meticolosamente inserite in un meccanismo dagli ingranaggi perfetti.
Insomma, comparse e attori, più o meno protagonisti, di una sceneggiatura divina.
La seconda, meno affollata, abitata, invece, da soggetti in possesso di una sola, unica, grande certezza: quella di non avere certezze, se non la consapevolezza di fluttuare nell’universo della vita senza possibilità alcuna di stabilire la direzione di marcia.
E a proposito di certezze, della sua appartenenza a quest’ultima tipologia umana, egli non aveva il benché minimo dubbio.
Questi i pensieri che gravitavano nella sua mente quel martedì mattina, un giorno illusoriamente gravido di speranze, irrealizzabili, come tutti quelli che lo avevano stancamente preceduto e tutti quelli che lo avrebbero, sine die, seguito.
Anni e anni di psicoterapie, psicoanalisi e psicofarmaci avevano sortito, come unico effetto, niente affatto terapeutico, quello di illanguidire le già misere finanze famigliari, frutto agrodolce di duri anni di solo lavoro dei suoi genitori.
Aveva appena sganciato 300 euro ad una segretaria che, in altri tempi, avrebbe fatto sentire vivo il suo organismo come nessun concentrato chimico sarebbe mai riuscito a fare.
“Pagamento in anticipo” gli aveva detto, mentre lo sguardo di Rocco si perdeva inebetito tra le due splendide guglie che dominavano il suo orizzonte visivo.
L’eco cartaceo delle sei banconote da 50 euro che, come impazienti del destino che le attendeva, transitavano velocemente dalle sue mani a quelle dell’avvenente fanciulla, gli fece tornare in mente le parole di sua zia, inguaribile ottimista, la quale, tre giorni prima, con tono stentoreo, aveva sentenziato: “non essere il solito piagnucolone idealista, 300 euro sono niente, se solo pensi che per ottenere un appuntamento mi ci sono voluti sei mesi e centinaia di telefonate alle persone pìù influenti che conosco.”
“Stiamo parlando dell’illustrissimo professor Erotavlas Onrete, mica di un dottorino qualsiasi, quell’uomo ha sovvertito radicalmente i fondamenti della psichiatria.”
“Tu devi pensare solo a guarire, finalmente, e a null’altro.”
In effetti, si trattava di un metodo rivoluzionario.
Curare la depressione stando appesi mezzora al giorno a testa in giù…potrebbe apparire folle ai più, ma il metodo del dottor Erotavlas Onrete una sua logica ce l’aveva.
La depressione, in fondo, altro non è che il mondo capovolto, una sorta di rovesciamento di prospettiva, tutto ciò che è vita diventa morte, tutto ciò che è allegria diventa funesto necrologio…
Ad una prospettiva fisica diritta corrisponderebbe, a certe condizioni, una prospettiva esistenziale capovolta, quindi basterebbe ribaltare la prospettiva topologica per riportare in equilibrio il tono dell’umore..
Questa l’essenza della geniale teoria.
Nemmeno il tempo di destarsi dalle sue elucubrazioni mentali che si trovò catapultato nello studio dell’insigne luminare.
Seduto di fronte a se, dietro una mastodontica scrivania uniformemente nera come la pece, stava un omino minuto, dalla chioma argentata, il volto aguzzo e lo sguardo vitreo.
Dopo una rapidissima presentazione, questi pretese che Rocco rovesciasse, sulla piattaforma lugubre che fisicamente li separava, i cumuli di dolore sepolti dentro di lui.
Terminata l’espurgazione, l’esimio scienziato roteo le orbite verso l’alto, congiunse le mani e si lasciò cadere leggermente all’indietro sulla poltrona, dopodiché fissò dritto negli occhi il paziente e, plasticamente, proferì il suo verbo.
“Non esistono -disse- bacchette magiche in questa dimensione spazio temporale.”
“Lei deve semplicemente trovare un punto di equilibrio tra le riflessioni sui massimi sistemi e le piccole incombenze quotidiane e per farlo non servono a nulla le tonnellate di farmaci che ha preso finora.”
“Trenta minuti al giorno, per sei mesi, appeso ad un albero, a testa in giù, nella nostra clinica giardino e vedrà che la sua visione della vita cambierà profondamente, e con essa il suo tono dell’umore.”
“L’energia vitale tornerà ad irradiare il suo organismo e lei si sentirà un altro, vedrà.”
“Se ha bisogno della ricevuta fiscale si rivolga pure alla segretaria”.
Consulto finito e ritorno al futuro.
Stava tornando a casa in tram, quando, meditabondo e ancora tramortito dai fiumi di sapere scientifico che avevano inondato il suo cervello, durante una sosta del veicolo, scorse qualcosa tra i cassonetti della spazzatura, sul marciapiede…
Immerso in una pozza di sangue giaceva un piccolo cagnolino bianco, un meticcio dal pelo folto, le gambe grassottelle e la coda mozzata.
Il suo sguardo incrociò quello del malcapitato animale e in un battibaleno fù giù dal mezzo, mentre le portiere si chiudevano violentemente alle sue spalle.
Si avvicinò lentamente, schivando filari di amebe indifferenti, in punta di piedi, quasi temendo di poter ulteriormente ferire quel corpicino già tremendamente violentato, quindi si chinò sulla sventurata bestiola e per un attimo, lungo un’eternità, restò immobile, silente…..
Poi niente fù più lo stesso o forse fù come era sempre stato…
Raccolse delicatamente quel batuffolo insanguinato, lo ripose con cura sul suo caldo ventre, cingendolo in grembo, racchiuso nell’impermeabile e si avviò, semicurvo e con passo spedito, verso casa.
Mentre mordeva la strada, nevroticamente posseduto da una miscela esplosiva di dolore e rabbia, la sua mente centrifugava sul fatto che la stragrande maggioranza dei suoi simili era rimasta impassibile di fronte a simile scempio, ma soprattutto che avrebbe considerato, sempiterno, siffatto atteggiamento “normale”…
Così, ad un tratto, come folgorato, ebbe la lucida consapevolezza che dal suo male non sarebbe mai guarito e che forse era giusto così…
Al riparo nella sua dimora, curò quella carcassa dilaniata per tre giorni e tre notti, piangendo ininterrottamente, come la pioggia, all’esterno, grondava lacrime copiose, anch’essa in collera per l’umana crudeltà…
…e fù in uno dei rarissimi momenti di sereno, che dal suo animo riaffiorò il ricordo di quando, da bambino, insieme ai suoi amici, nelle sere d’estate, amava scorrazzare per i viottoli di campagna popolati di lucciole, tornando a casa esausto, a notte fonda, stringendo tra le mani una bottiglia luccicante e con il cuore illuminato di gioia.
Forse, era proprio vero, che, tutti noi, viviamo come imprigionati in bolle di sapone, dove miriadi di minuscoli aghi introducono freneticamente parvenze di vita come vuoti a perdere…

 

 

 

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5 commenti »

  1. Commovente come gli inizi di certi amori.

  2. Ti ringrazio Sara per aver letto e commentato il mio racconto. Il fatto che tu l’abbia trovato commovente “come gli inizi di certi amori” è per me motivo di soddisfazione, vuol dire che c’è ancora qualcuno capace di commuoversi in un’epoca in cui sembra essere diventata una debolezza di cui vergognarsi mostrare i propri sentimenti più autentici. Di nuovo grazie. Ennio

  3. Caro Ennio, trovo il racconto ironico nella prima parte dove sono formulate le considerazioni sui trattamenti psicoterapeutici e che propone, assurdamente ma non troppo, un metodo nuovo, quella della “scimmia”, capovolta sull’albero per combattere la depressione. La seconda parte, mediante passaggi poetici, dà ricordi infantili, mossi dalla visione della sofferenza di un cagnolino e del bisogno di cure. La persona che soffre sa cogliere la sofferenza degli altri e s’impegna per portare sollievo ai bisognosi e questo le risulta benefico.
    Emanuele.

  4. Caro Emanuele scusa se ti rispondo solo adesso, innanzitutto ti ringrazio per aver letto il mio racconto.
    Concordo con te sul fatto che la persona che soffre è maggiormente sensibile alla sofferenza altrui e disponibile a farsene carico per portare sollievo in qualche modo, seri dubbi nutro, invece, sulla possibilità, che questa sorta di “predisposizione” possa risultare per lei benefica.
    Ciao, Ennio

  5. Spurgare l’anima come le lumache prima di diventare escargot.
    Trovare l’equilibrio del proprio micromondo quando lo si percepisce ponderoso come un massimo sistema.
    Il suggeritore della cura può anche essere il Salvatore Eterno ma, come insegna il buddismo tibetano – e gli asiatici di introspezione se ne intendono – ognuno deve curare se stesso e una via efficace è prendersi cura dell’altro, formica o essere umano non importa.
    Meglio se è una pet therapy che è molto più piena di una parvenza di vita.

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