Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2014 “Debiti” di Serge Dajipur

Categoria: Premio Racconti per Corti 2014

Una donna anziana, minuta, curva d’anni e d’urgenze, cammina spedita lungo una via di piccolo commercio. Trasporta, quasi trascina la vecchia borsa da spesa in logoro damasco con i manici di legno, sformata da un peso inusitato. Entra e esce dai negozi ritmicamente e poco dopo il suo passaggio si scatena il putiferio dopo la prima incredula sorpresa. La piccola donna, il passo irriducibile alle grida, scompare dietro l’angolo in fondo alla strada, sorridendo muta e affettuosa a chi la incrocia, risoluta a non fermarsi sulle domande. Sul suo cammino la teoria di cadaveri si palesa dietro ai banconi delle botteghe, accanto alle scansie, sulle mattonelle dei pavimenti nel disastro di mille carabattole rugginose del loro sangue.

A casa, su per un’interminabile rampicata di gradini, la donna issa con un tonfo la pesante borsa sul tavolo della cucina, accanto alla vecchia cassetta degli attrezzi che fu del marito, falegname. La foto di lui è sulla parete accanto al frigorifero. Estrae dalla borsa la pesante mazza di ferro insanguinata e si dedica a pulirla con cura sotto il rubinetto del lavello, anche questo poi accuratamente lavato e rassettato, e quindi ben asciugata la ripone nella cassetta degli attrezzi. Poi, con gesto netto, svuota la borsa sul tavolo allagandolo d’un nugolo di libretti di debito razziati ai negozi, e si siede per sfogliarne alcuni, a leggerne i nomi, certi riconoscendoli, più spesso no. Pieni di cifre e date, di tempo e debiti, di belle e brutte scritture ma sempre nette nei numeri finali, a lato delle firme scabre di vergogna. Ne raccoglie alcuni tra le braccia, pietosa, e li trasporta in sala buttandoli a mucchietti nella stufa, ripetendo l’avanti e indietro qualche volta. E mentre quelli bruciano si ferma a guardare i mobili, i divani in tessuto incorniciato da volute di legno, la piccola folla dei ninnoli ben spolverati e le vecchie foto in posa lungo pareti grigie di tempo. Passa in rassegna la casa, le camere linde e ordinate: quelle dei figli, museo della loro fuga per altre vite, finalmente liberi; la sua, con la fastidiosa dissimmetria dei cuscini accumulati solo da un lato, che lei ora ridistribuisce calmandosi. E il bagno perfettamente pulito e lustro di mattonelle, il corridoio a specchio, i tanti anni di faticosa dedizione a stratificare ordinatamente gli oggetti e il buon gusto, a sommare le scarse eredità al lento accumularsi di modesti traguardi in quell’irrisolvibile puzzle che è la vita, ogni volta un pezzetto che manca, un incastro monco, un’ombra sbagliata. Di nuovo in cucina, la donna apre il frigo, l’interno quasi solo bianco di desolazione, e ne esce una bottiglia quasi vuota di Strega e poi un bicchierino dallo scolapiatti. Si versa l’ultimo goccio di liquore, composta sulla seggiola e le braccia sul tavolo. Poi, di nuovo in piedi, rizzatasi per moto disperato, come un ramo torto dal fuoco che l’ha preso, spegne il frigo lasciando le porte socchiuse, ruota dopo un attimo dubbioso la chiave del gas e riapre la cassetta degli attrezzi. Estrae dei cacciavite, una grossa pinza, altri oggetti; li ripone subito dopo scovando sul fondo un trapano a vite con le manopole rosse. Sedutasi, vorrebbe forse dare uno sguardo al marito piegando appena la testa nella sua direzione ma senza trovare il coraggio di farlo, quindi trangugia l’ultimo sorso di Strega, e dopo un breve pensiero che le smuove appena la pelle del viso, punta il trapano contro il petto e aziona di scatto il cilindro crollando sul tavolo.

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3 commenti »

  1. Un gran bel racconto, Serge.

  2. Follia, o freddo determinato calcolo di un essere umano che desidera, al termine della propria esistenza, chiudere la propria rappresentazione con un ultimo atto, definitivo, forse utile per qualcuno.
    Con ragione o senza forse una iniziativa ponderata o un moto improvviso. La morte giunge a noi annullando le cose terrene e lasciando dei nostri esseri un ricordo, breve o eterno, a seconda delle azioni di cui siamo stati protagonisti.

  3. Mi ha completamente congelato, non nego una sensazione simile all’ansia come residuo. Mi sono immaginata ogni dettaglio per una scenografia dai toni ambrati.
    Ardito e, come dice Claudio, anche folle. La vita è anche questo.

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