Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Le vite e le morti di Marco” di Ettore Vivo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Nelle tante storie che a volte mi piace raccontare, spesso ci sono donne come protagoniste; Storie vere, forse? Storie immaginate e partorite dalla mia fervida immaginazione? chissà. Forse un pò e un pò. Forse le donne che ho raccontato dall’inizio dei miei tempi, sono solo la summa dell’unica vera donna che vorrei e non ho mai avuto?O forse sono la summa di tutto ciò che le donne che ho avuto avrei voluto che fossero? Insomma prima che mi si accartocci il cervello cercando di far combaciare concetti e congiuntivi, vi dico che non parlerò di donne questa volta, ma di una persona che conosco davvero, un uomo, Marco. Lo conosco in pratica da sempre, tanto che i miei primi ricordi di vita sono con lui; i primi passi nel mondo dell’adolescenza, le prime canne, il primo sesso, il primo bacio, sono tutte tappe, tutti avvenimenti che ho vissuto con lui come amico e confidente. Un pò analista un pò confessore, insomma, come molti di voi  avranno avuto nel corso della vostra vita. Marco è un fortunato, creativo, eclettico, vive in una bella casa ha una bella moglie e una bellissima bambina che è la sua vita ed il suo orgoglio. Marco è commercialista. Suo padre era commercialista, suo nonno era commercialista tanto che anche sua sorella è commercialista, una scelta che in fondo era comprensibile, ma che devo dire non mi aspettavo. A 18 anni era indeciso, non era sicuro di intraprendere questo tipo di carriera. Ma poi alla fine commercialista fu. Laureato così e così, ma subito al lavoro nello studio di famiglia. Come dargli torto? Di sti tempi poi. 

La prima volta che Marco è morto è stato il 29 ottobre del 1999. Poca gente ai suoi funerali. Nonostante fosse appena ventiquattrenne, la sua fine, passò inosservata,  il mondo all’epoca era presa dal “millenium bug”, dalla paura che il mondo finisse di li a poco per un difetto di programmazione di chissà quale computer che governasse il mondo. Baggianate, ovviamente. Ma da quel momento in poi se ne sarebbero inventate di tutti i colori: La mucca pazza, la SARS, l’Aviaria, Ebola, tutte malattie dai nomi evocativi. 

Due anni dopo la morte di Marco lo incontrai al supermercato mentre tornavo da lavoro. Non sapevo fosse rinato, ma percepii che a lui non piaceva ricordare ciò che era successo due anni prima. Era fine settembre, e non potemmo trattenerci dal discutere sulle torri gemelle cadute qualche giorno prima. “Che baggianata!” Disse Marco “vogliono farci credere che 4 esaltati religiosi abbiano fatto quel casino..” Come dargli torto. Ci salutammo, ma non era il solito Marco. Lo vedevo distaccato, forse freddo, preso da altri pensieri. Dev’essere così quando rinasci. Ricominciare cambiando decisamente strada o atteggiamento. 

Non sentii più Marco, ne sentii parlare di lui, fin quando una sera non vidi il manifesto che metteva a conoscenza il paese della sua morte. Di nuovo. “Cazzo, ancora” pensai. Mi vergogno a dirlo ma non sentii nessuna sensazione particolare, mi recai al suo funerale e neanche mi avvicinai ai parenti, che sembravano vivere con pacato distacco  questa dipartita. A pensarci, oggi, che Marco è una presenza costante della mia vita, mi sento un pò in colpa. Credo che però siano fasi, periodi della propria esistenza in cui si cresce, ci si evolve, per poi ritornare in un certo senso indietro al punto di partenza.

Non ricordo precisamente quando ci siamo rincontrati, ricordo, però che Marco era cambiato ancora, e stavolta era ritornato ad essere quello che era prima di laurearsi, prima che il lavoro e lo stress lo portassero alla prima morte. Ricordo solo che cominciammo a frequentarci come ai vecchi tempi, Uscivamo da soli senza ragazze e bevevamo ettolitri di birra e pisciavamo al vento. Organizzavamo cose. Eravamo di nuovo un duo. Io e lui come solo in infanzia eravamo stati. Fu così per 2 anni, forse 3.

La telefonata arrivò di notte, era l’11 maggio del 2008. La voce roca e calma di Elisa dall’altra parte della cornetta mi annunciava che Marco era morto. Di nuovo. Cazzo. Subito pensai che stavolta era diverso. Stavolta Marco era onnipresente. Ci vedevamo praticamente tutti i giorni. Scendevo di casa e pochi secondi dopo, giusto dopo pochi passi lo incrociavo all’angolo di via Del Tasso, all’altezza del Bar Sasso dove prendevamo il caffè. Quella notte non dormii solo al pensiero che ciò non sarebbe accaduto più, che non lo avrei incontrato sorridente a dire le sue cazzate sul modellismo, sui fumetti, sui videogame, o a sognare di fuggire in Venezuela. Mi alzai alle 6 e scesi di casa quasi subito. C’era un timido sole, ma la città sonnecchiava avvolta nella timida nebbia di una giovane primavera. Il Bar Sasso era già aperto. Entrai, e non senza sorpresa vidi Marco seduto al tavolino che leggeva un quotidiano. “Cazzo Marco…tu stai qua? esclamai” e lui “Ci sono grandi cose amico mio.. grandi cose”. Chiuse il giornale, mi abbracciò e se ne andò via sorridente, e stavolta il caffè lo pagò lui. Sentii una ventata di ottimismo pervadere il mio corpo. Marco, era morto e rinato nel giro poche ore. E forse non ci saremmo persi di vista come le altre volte.

Ma non fu così.

Non vidi Marco per 2 anni. Non lo sentii al telefono. Non rispondeva ai messaggi. Alla fine arrabbiato, non lo cercai più. Fu lui a chiamarmi un pomeriggio. di 2 anni fa. Aveva avuto una bimba, Carlotta, voleva farmela conoscere. Mi fece piacere sentirlo ed andai a casa sua. La bimba era stupenda piccina piccina con due occhioni così, e Marco era innamorato perso di lei, sembrava un cono gelato esposto al sole di agosto quando quel faccino sorrideva alle sue smorfie. Era felice. Ma cambiato. Era di nuovo su un binario diverso dal mio.

“Da quando è nata Carlotta, muore continuamente sai?” Disse Elisa, cercando di non far sentire a Marco ciò che aveva da dirmi. “Muore e rinasce, muore e rinasce, una cosa assurda. Si spegne nel sonno. Vedo il suo corpo raffreddarsi, perdere vita, e manco mi dispero più. Mi addormento accanto a lui e la mattina mi sveglia con il caffè come se non fosse successo niente.” Elisa cercava una confidenza in me, una spalla che non gli ho offerto mai. “E’ la vita pensai”. E’ la morte.

Oggi Carlotta ha quasi 4 anni e Marco non muore più da 2. Non esce spesso, ma ci sentiamo e di tanto in tanto passo a trovarlo e giochiamo un po con la bimba e un po con la playstation.

Il 10 gennaio 2014, Marco mi chiama al cellulare di buon’ora. Ma non risponde nessuno. “Strano”, pensa. “Ugo sta sempre col telefono in mano”. Riprova dopo qualche minuto, ma niente. Dopo un ora, stesso risultato. Richiama in serata, ma trova il telefono spento, “…ma forse si è scaricato.. questi cazzo di smartphone.. le batterie manco un giorno durano.”  La mattina dopo scende un pò prima, e arrivato al Bar Sasso, si siede e prende un caffè. La città comincia a rumoreggiare, e il traffico comincia a formarsi pian pianino come le bollicine che compongono la schiuma della birra, all’inizio riesci ancora a distinguerle una per una, una macchina alla volta, dopo un po, senza sapere come, ti ritrovi in una schiuma densa di auto inferocite. Marco indugia al bar come se volesse aspettarmi. Ma non succede nulla. Un attacchino frettoloso al di la della strada attacca un manifesto che recita : “All’età di 38 anni si è spenta serenamente l’esistenza di Ugo Babilonia”. Marco lascia cadere la tazzina, ma rimane immobile, pietrificato. Per anni è stato lui a morire lasciandomi di merda ora era toccato a me. Marco non si mosse per un bel po. Rimase al bar tutta la giornata, bevve 12 caffè e 4 cappuccini. Non rispose ad Elisa. Non venne al mio funerale. Rimase in uno stato di shock per ore fin quando una mano non toccò la sua spalla cadente. Ero io. “Ugo…cazzo che fine hai fatto…ti sto chiamando da ieri…ho letto il manifesto…ma come stai..?” Esclamò sollevato ma anche un po infastidito.. “marco, amico mio, sto benissimo.. mi sento rinato”. 

Ed era così. Ero rinato anch’io e finalmente capivo ciò che significava questa cosa

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1 commento »

  1. C’è ritmo e una brillante idea in questo racconto, che è originale e ben scritto. Solo un suggerimento, sull’incipit. “La prima volta che Marco è morto è stato il 29 ottobre del 1999” è un inizio potente, perché non partire da lì? Complimenti all’autore.

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