Premio Racconti per Corti 2014 “Il ragazzo della frutta” di Angela Lonardo
Categoria: Premio Racconti per Corti 2014Periferia di Lucca.
La nebbia, salendo pigra e vellutata, carezza il viso dei passanti e rende il paesaggio malinconicamente sfumato.
Un mercatino espone la sua frutta invernale. C’è gente intirizzita che, frettolosamente, sceglie il necessario da portare a casa.
Rita, col cappotto abbottonato fino al collo, il bavero alzato per difendersi dal freddo, cerca, tra i banchi di frutta, le arance da portare alla nonna, da qualche tempo, malata di febbre alta.
La voce narrante descrive nonna Diletta, che non vuole medicine perché, dice, rovinano fegato e reni mentre scorrono le immagini dell’anziana signora che sorseggia un uovo frullato con lo zucchero, una tazzina di caffè ristretto e mezzo cucchiaio di brandy.
E’arrivata a novant’anni, così, senza avere mai preso un’aspirina, curando la febbre con il brodo di pollo e le arance premute insieme a un limone quasi acerbo.Non mette zucchero nel succo di agrumi perché, sostiene, toglie le vitamine.
Il suo vero balsamo, però, è la preghiera, incessante, perpetua, fatta sottovoce o solo col cuore. Anche quando parla con qualcuno o ascolta i discorsi della figlia, del genero o dei nipoti continua a pregare, senza sosta.
Le sue mani creano capolavori all’uncinetto, lavano le stoviglie, stirano montagne di biancheria ma le labbra sono sempre mosse dalle Ave Maria, dai Padrenostro, dalle Salve Regina, implorando lunga vita e serenità per tutti, e un bravo ragazzo per Rita che ha avuto una cocente delusione da Umberto, un suo ex compagno di liceo, che l’ha lasciata dopo averla tenuta sulla corda per anni. Si sovrappongono, sfumate, le immagini di tristezza della ragazza delusa.
L’orazione non si ferma mai, neanche quando, insonne, resta, con gli occhi aperti, nel buio della piccola stanza che la figlia Cristina ha arredato, per lei, col letto di ottone brunito, il comodino semplice, abbinato a un piccolo settimino di legno scuro, in arte povera, la soffice coperta trapuntata, di un rosa antico che, da sola, dà vita a una calda atmosfera, e col piccolo armadio contenente le poche cose necessarie a chi, come lei, passa il suo tempo prevalentemente fra le mura di casa.
Rita esamina la frutta sulla bancarella per individuare le arance più grosse e due, tre limoni da aggiungere alla spesa. E’ uscita apposta, lasciando, senza rimorso, il libro che stava leggendo avidamente. Non può sottrarsi al suo contributo nella guarigione della nonna.
Mentre, con i guanti di pelle imbottita, sceglie la frutta, il suo sguardo si alza, per un attimo, incontrando quello del giovane dietro il banchetto che, già da un po’, la osservava con ammirazione.
Rita, con il basco marrone da cui esplodono, in una luce dorata, i capelli fluenti ereditati dalla madre, di un rosso tiziano, lucidi e fluttuanti come onde marine, si accorge, ben presto, di essere osservata con insistenza.
Mario non stacca gli occhi un solo istante da quel viso dolce, perfetto, con il naso piccolo e diritto, le labbra a cuore che, anche senza trucco, sono di un leggero rosa pesca. Gli occhi, un po’ allungati verso le tempie, hanno delle pagliuzze d’oro nel marrone chiaro dell’iride.
Un incanto che non permette a Mario di staccare lo sguardo da quella visione.
Rita cerca di sembrare indifferente, ma le trema la voce nel chiedere di mettere, in una borsa di plastica riciclabile, dieci di quelle arance più grosse e tre limoni verdi che si notano fra gli altri più gialli.
«Sono le“medicine”per la nonna!» afferma, sorridendo timidamente.
Il giovane esegue. Porge la busta a Rita, si presenta, la prega di restare.
Rita arrossisce, paga il dovuto e scappa via col viso in fiamme.
Il giovane porge i soldi all’uomo col grembiule che incassa, sorridendo, senza dire una parola, anche lui incantato dall’esile figura di Rita che si allontana, lasciando un leggero profumo speziato dietro di sé.
Rita torna a casa in fretta. Fa freddo, la giornata umida non invita a rimanere per strada. Aprendo la porta di casa, avverte il tepore, che s’irradia dai termosifoni, inondarle tutta la persona.
Appende il cappotto all’attaccapanni, entra in cucina, distribuendo la frutta nella cesta al centro del tavolo.
Un breve sguardo alle ville trecentesche sparse sulle campagne intorno, avvolte dalla caligine, che s’intravedono dalla finestra le fanno, per un attimo, rimpiangere le lunghe passeggiate estive lungo i viali fiancheggiati da alberi secolari che conducono ad esse ma ciò che la riscuote da pensieri rivolti alle estati trascorse è il risuonare nella mente della voce di Mario che si presenta a lei, chiedendole di restare.
Che ci fa quel ragazzo, così distinto, a vendere frutta in un mercatino nella periferia di Lucca?
Con questi pensieri entra in camera della nonna che sembra sonnecchiare, con lo scialle appoggiato sulle spalle, ormai irrigidite dall’artrosi.
Rita si accosta al letto, rimbocca le coperte, abbassa leggermente la tapparella per creare quella penombra che permetta alla nonna di riposare meglio.
Rimanda la preparazione della premuta di agrumi a quando nonna Diletta si sveglierà e ritorna alla lettura del suo libro.
Dalla finestra, ode il fischio flautato di un merlo, poggiato sulla sommità dell’albero davanti casa, che le ricorda di distribuire i semi, come ogni mattina, sul terreno, nelle aiuole sotto casa, affinché le povere bestiole, nel freddo inverno, abbiano di che sfamarsi.
Riempie la piccola ciotola di granelli, infila il cappotto, avvolge la sciarpa al collo e scende giù a versare quei chicchi nell’erba gelata.
Si diverte, ogni volta, a guardare le schiere di merli, le coppie di tortore e alcuni piccioni che la attendono, schierati sui tetti di fronte casa, in attesa di poter volare tra gli steli a beccare il loro cibo preferito.
Quando lei ritarda, per qualche motivo, questo rituale, gli uccelli guardano insistentemente verso la finestra di casa, con aria di rimprovero, passeggiando nervosi e impazienti, finché lei non decide di scendere e compiere quel piccolo obbligo quotidiano.
Quando rientra in casa, Rita fa una capatina in camera della nonna, ma è tutto come prima. Un leggero ronfare si avverte distintamente.
Così, torna ancora al libro che ha lasciato per uscire a comprare la frutta.
Passa più di un’ora prima che decida di tornare nella stanza da letto di nonna Diletta.
La trova con gli occhi socchiusi, lucidi di febbre, gli zigomi arrossati dalla temperatura che sale, con le braccia tremanti per il freddo che lei sola avverte, perché la camera non è per niente gelata.
Rita ha paura che la situazione sia peggiorata. Chiama sua madre e, insieme, decidono di consultare un medico.
Nonna Diletta cerca, molto flebilmente, di protestare ma non c’è verso di convincere Cristina e Rita che non ha bisogno di cure.
«Mi basta un po’ di premuta e starò subito meglio.» la voce si fa quasi un sussurro. Sviene.
Rita sta per piangere. La paura che possa accadere qualcosa d’irrimediabile attanaglia il suo cuore che comincia a battere all’impazzata.
La madre corre al telefono per chiamare il medico di famiglia. Niente! Non risponde.
Pensa, allora, di chiamare la guardia medica. Con le mani che le tremano, cerca la guida telefonica. Compone il numero. Dopo qualche secondo, le risponde la voce gentile del medico che chiede l’indirizzo dove recarsi per la visita, intanto che rincuora Cristina, dicendo di non preoccuparsi perché, a una certa età, la febbre alta può portare un livello di disidratazione che, abbassando la pressione, provoca svenimento.
«Arrivo immediatamente!»
Con quelle parole si congeda, dandosi il tempo di chiudere la guardia medica, esporre il cartello: “Sono fuori per una visita. In caso di necessità, chiamare il numero….” e correre verso l’auto. Prima di salirvi, s’informa di dove sia Via dei Mughetti, il numero cinque.
E’ da pochi giorni a Lucca e non conosce ancora tutte le strade di quella tranquilla periferia della meravigliosa città toscana.
Una signora anziana, con una busta della spesa appesa al braccio sinistro, si premura di spiegargli, con dovizia di particolari, il percorso da seguire.
Poiché risulta, dalle spiegazioni, piuttosto vicino allo studio medico, il dottore s’incammina a piedi lasciando l’auto parcheggiata.
Rita, con il cuore in gola, cerca di rianimare la nonna mettendole, sotto il naso, la sua boccetta di profumo.
Mentre passa l’odorosa bottiglietta sotto il pallido viso della nonna, rincasano, dalla scuola, i fratelli di Rita, Massimo e Giuseppe che percepiscono, immediatamente, che le cose, in casa, non vanno bene.
Liberandosi in fretta dagli zaini e dai cappotti, si precipitano, anch’essi, in camera della nonna che, nel frattempo, sta riprendendo conoscenza.
La paura forte è ’passata, ma la preoccupazione ancora morde lo stomaco a Rita e Cristina.
Sentono bussare al portone di casa. Con delusione, odono la voce del postino che chiede di aprire per lasciare la corrispondenza nelle cassette.
I minuti passano. Sono quasi le due quando anche Pio, il marito di Cristina, rincasa.
Del medico, invece, neppure l’ombra.
Il dottore, infatti, ha sbagliato strada. Nell’imboccare un vialetto che, nelle spiegazioni, gli è sembrato fosse Viale dei Mille, ha sbagliato completamente direzione.
Torna indietro per un tratto, poi, finalmente, si trova di fronte Via dei Mughetti.
Per trovare il cinque non ci mette molto. Citofona. Gli risponde la voce di Pio che lo invita a salire al terzo piano di quel grazioso condominio, con il giardino ben curato e qualche albero distribuito qui e là.
Mentre il dottore sale, Rita va in cucina per bere un bicchier d’acqua. Ha superato la paura, ma la gola è arida come il deserto.
Nel frattempo, il Dottor Meoli fa il suo ingresso nella camera dell’anziana paziente. «Cos’ ha questa bella signora!» esclama, rivolgendosi a Diletta.
La nonna, però, ha uno sguardo indispettito.
«Bastava una premuta di arance per curarmi. Che necessità c’era di farvi venire fino a casa?»
Il dottore, divertito ma incurante della protesta, tasta il polso alla signora, misura la pressione, prescrive, con grande sollievo di Diletta, qualche premuta di arance, bacia in fronte la sua paziente e le da’ un pizzicotto affettuoso sulla guancia.
Diletta sorride. Ha dimenticato il suo risentimento. Le piace proprio quel ragazzo, così giovane e già così esperto, anche quel tantino “figlio di….”che gli conferisce un’aria più simpatica.
Mentre ripone lo stetoscopio nella borsa, lo sguardo del Dottor Meoli si posa sulla figura che appare sulla soglia della stanza, anticipata da un profumo che gli sembra familiare.
Il tempo si ferma all’istante.
Anche Pio, Cristina, Diletta, Massimo e Giuseppe rimangono incantati, come nella fiaba della bella addormentata, nell’osservare il reciproco stupore di Rita e del Dottor Meoli.
Quell’incantesimo non dura cento anni, ma sembra, comunque, interminabile.
Rita a stento riesce a chiudere la bocca che si è aperta in un’O di stupore.
Mario è lì, in quella stanza. Il “ragazzo della frutta” è il nuovo medico di guardia e la fissa esattamente come quella mattina, dietro il banchetto dell’ortolano, con ammirazione e adorazione.
Mario scoppia in una risata fragorosa quando capisce l’imbarazzo di Rita che ha chiesto a un medico di venderle le arance.
Rita, rossa in viso per la vergogna, prima s’infuria, pensando a come Mario le abbia venduto la frutta, prendendo anche il denaro senza dire nulla, poi si scioglie anche lei in una risata, il tutto nel breve spazio di un secondo.
Gli altri, non capendo nulla di ciò che avviene sotto i loro occhi, si guardano increduli.
Solo Diletta sorride. Ha capito: la sua preghiera si sta avverando.
Mario dice, rivolto a Rita: «Mi avevi chiesto le medicine per la nonna ed io, in qualità di medico, ti ho accontentata!»
Rita sorride, arrossendo.
Da quel giorno, la famiglia di Rita si abitua alla costante presenza di Mario in quella casa.
Un merlo, col suo fischio flautato, si posa sul davanzale per esprimere il suo consenso.
Poi vola via, perdendosi nella nebbia.
Un bel soggetto, Angela. I tanti aspetti della vita, la fede e la saggezza, la quotidianità e il finale quasi magico.
Un immenso grazie per il commento che ho apprezzato molto. Per chi scrive, la soddisfazione più grande è quella di arrivare al cuore delle persone. Spero di esserci riuscita.
Un saluto
Angela
La sensazione è di stare dietro all’obiettivo di una videocamera occultata nella nebbia stessa e che riprende e racconta in una vivida diretta la profondità e il mistero sottostante la superficie ordinaria delle cose… Complimenti…
Da un Angelo a un Angela 😀
Grazie di cuore. Sono lusingata. Un saluto.
Angela
Un racconto/corto che rapisce, soprattutto per il suo alone magico e fiabesco. Bellissima l’immagine finale del merlo che osserva e approva.
Il mondo ha bisogno di nuovo dei sogni. Una fiaba per adulti non è il massimo, ma può aiutare. Grazie per il commento e spero di aver divertito. Un saluto.
Angela
Concordo con Mara per l’aurea fiabesca che il tuo racconto porta con se, quasi come il profumo speziato di Rita, impalpabile ma presente. Le fiabe andrebbero scritte per gli adulti che hanno smesso, purtroppo per loro, di crederci. L’emozione che volevi trasmettere è arrivata.
Complimenti Angela, un mix perfetto di emozioni tra racconto e soggetto. Vedo bene un mediometraggio!
Leggendo si riescono ad immaginare le scene. Bersaglio colpito! Dolce. L’amore quando deve arrivare trova sempre la strada!
Una storia interessante concepita e sviluppata come un soggetto cinematografico. Alcuni elementi lo indicano con chiarezza. La forma verbale scelta ( il presente indicativo ), l’inserimento di una ” voce narrante “, l’eccesso di dettagli nella descrizione delle azioni ( ” borsa di plastica riciclabile ” — ” Appende il cappotto…” — ” Esporre il cartello ” )
ed altro ancora. Un testo che parla di cose nobili: di sentimenti, di odori, di natura e di ammirazione per la città di Lucca. Un racconto giustamente valorizzato. Brava
Una bella storia con lieto file, ci sono tutti gli elementi per farne un corto con un finale a sorpresa.
Bello l’inizio con in sottofondo le preghiere (da immaginare) e davvero originale l’idea del medico che si finge fruttivendolo (compreso il doppio senso della frutta-medicina).
Lucca fa da contorno.
Complimenti Angela.
marco
La saggezza antica della nonna è il perno attorno al quale ruota tutta la storia. Un racconto semplice, efficace, scorrevole e piacevole. Un soggetto giusto per un cortometraggio che trasmetta ai posteri non solo la saggezza dei nostri avi, ma anche un antico e raffinato mestiere del quale sono stato sempre affascinato: quello della ricamatrice. Complimenti!
Grazie a Pasquale Antonio Marinelli, Marco Bugliosi, Ernesto Seritti e Sara Maria Mastronicola. Attraverso i vostri commenti ho riletto con occhi nuovi ciò che ho scritto.
Vi assicuro che è importante avere i pareri di chi ama leggere. Grazie davvero a tutti. Che bella esperienza!
Angela Lonardo
Bellissimo. L’atmosfera è così evocativa, complimenti davvero ben scritto.
Ciao, ho letto con piacere questo racconto suggestivo, atmosferico, pregno di sentimento e con un pizzico di realismo magico (come giustamente sottolineato in alcuni commenti precedenti al mio). Complimenti! Permettimi anche di esprimere un parere “tecnico”: a livello squisitamente personale credo che la categoria dei soggetti per cortometraggi non valorizzi al massimo la tua bella storia. La lunghezza del racconto (suppongo ben oltre ai 3500 caratteri consigliati, quasi un soggetto da medio/lungometraggio) e la forma (spesso introspettiva, elegante e letteraria, non da freddo e “rozzo” soggetto che tratteggia un arco narrativo) sono i principali motivi per la mia annotazione. La categoria dei racconti letterari si presterebbe maggiormente. Ma ripeto, al di là di questioni burocratiche, ritengo che il tuo racconto sia ottimo. Complimenti ancora. Un saluto.
Un bel racconto Angela, concordo con Alex e con gli altri commenti. Hai solo inserito molti più dettagli e il finale è davvero inaspettato. Complimenti.
Molto bello! Mi piace l’atmosfera di realismo magico che sei riuscita a creare e i personaggi sono ben delineati.
Complimenti Angela! L’importante è il cuore, e aleggia tra le righe.
Concordo con Alex Creazzi su un taglio fortemente letterario del tuo ottimo lavoro
saluti
Bene Angela confermo come scritto in precedenza che vedo bene un mediometragio. Ci sono momenti di riflessione e di azioni legate ai personaggi che comunicano e trasmettono sensazioni anche senza l’uso di troppe parole. Questa caratteristica in materia filmica è secondo me una carta vincente se ben diretta con il linguaggio cinematografico.
Complimenti Angela.
Da lettrice onnivora e appassionata ho sempre pensato che un bel libro fosse quello che si faceva leggere regalando anche un film, del tutto personale, che si proietta nella mente del lettore con lo scorrere delle righe. Il tuo soggetto rispetta in pieno questa caratteristica. Ho visto la mia adorata Lucca, ho immaginato il Mercato del Carmine, ho sentito le eterne preghiere di una nonna, ho dato un volto ai protagonisti. Scrivi bene, lo stile è come piace a me, fluido e immediato. Brava.
Buona domenica a tutti. Mi accingo a leggere altri racconti che, devo sottolinearlo, sono tutti molto belli e molti anche ricchi di contenuti particolarmente avvincenti. In bocca al lupo a tutti!
Angela
Racconto fluido, romantico, piacevole. Lo vedo perfetto per farci un bel corto.
Teodora
Personaggi ottocenteschi: semplici, puri, spontanei. Li vedrei bene in un contesto scenografico d’epoca, coi viali delle mura attraversati da carrozze, cavalli ed elegantissimi ombrellini dai pizzi bianchi. Brava!
Bel racconto dallo sfondo quasi magico, credo che anche nella sezione racconti sarebbe stato molto appropriato, Il corto purtroppo per definizione è tale e quindi probabilmente tutti i dettagli inseriti, sarebbero difficili da riproporre attraverso una macchina cinematografica, ma del resto si può sempre adattare. In bocca al lupo
Questo racconto è una vera coccola!: ha la dolcezza e l’astuzia saggia che solo le nonne sanno regalare e il tocco leggero e delicato di una favola contemporanea. Molto bello Angela, complimenti! 🙂
Ti ringrazio del commento, Laura. Sono felice di aver trasmesso un pizzico di dolcezza.
Spero che tutti voi possiate avere il meritato successo. Io mi accontento di divertirmi e divertire.
Angela
Ringrazio tutti coloro che hanno letto il mio racconto apprezzandolo.
Angela
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Giorgio se n’è andato senza chiedere permesso a nessuno e senza che nessuno se lo aspettasse.
Il mondo dei libri, quello della musica, del cinema, del teatro, di tutte le forme d’arte che si possano conoscere ora hanno una stella in meno. E’ il cielo che brillerà grazie a quella stella in più.
Scusatemi tutti, ho ritenuto di ricordare il grande Faletti che ci ha regalato momenti di gioia, di trepidazione, di commozione e tutte le varianti delle possibili umane emozioni.
Eclettico giocoliere delle suggestioni, a me ha insegnato a sorprendere con la scrittura. Ha cominciato a cinquantadue anni, dando a tutti la speranza di riuscire, anche avanti con gli anni.
Voglio salutarlo con la frase che rende concreto ciò che oggi ci ha separato umanamente da lui: “Quando morirò, vivrò nei miei romanzi”.
Ciao, Giorgio
Mente eclettica,
un grande.
Da ricordare.
Angela, siamo tutti un po’ più tristi per la scomparsa di Giorgio Faletti. La frase che hai scelto è bellissima. Forza, Angela, faccio il tifo per il tuo racconto. Un abbraccio, Liliana
Mi complimento con tutti i partecipanti al concorso. Spero che abbiate il successo che meritate. Mi riprometto di leggere qualche racconto che mi è sfuggito e rileggere quelli che mi sono piaciuti, e non sono pochi.
Al prossimo incontro.
Un bacio.
Angela
Ciao Angela, bello anche il tuo soggetto 🙂
in bocca al lupo per il prossimo anno.
Magari, intanto, ad ottobre fai un salto anche a Lucca…
A presto. M
😉
Vedrò di esserci, anche solo come turista. Ringrazio tutti quelli che hanno letto il mio racconto e l’hanno commentato. E’ stata un’esperienza bellissima poter condividere il lavoro con tante persone e confrontarsi cn tanti stili e argomenti dagli aspetti davvero sorprendenti. Soprattutto ringrazio tutti gli autori per le emozioni trasmesse. Spero di rifare l’esperienza il prossimo anno. Un caro abbraccio a tutti.
Angela Lonardo
Buon Ferragosto al popolo della “Rete”
Angela
Ciao Angela, buon Ferragosto a te! 🙂