Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Profumo per donna” di Christian Fanti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

1.

Fabio ripose il secchio sullo scaffale del garage e si girò a guardare la macchina. Aveva fatto un buon lavoro. Finalmente era tornata al suo vero colore. Era una vita che non lavava più l’auto a mano. Prima lo faceva sempre. Il sabato, mentre sua moglie Laura rassettava la casa dopo una settimana di lavoro, lui andava in giardino, prendeva secchio, spugna e sapone e iniziava quello che per lui era diventato quasi un rito. Profumava di fine settimana, di cene fuori con gli amici, di film presi a noleggio e visti al caldo di una coperta di pile.

Ma quel giorno l’aveva lavata per un altro motivo. La sera infatti sarebbe uscito con Claudia, e non era tanto questo che giustificava una così accurata pulizia: aveva finalmente deciso che ci avrebbe provato. Dopo due mesi di caffè, cene e passeggiate, era venuto il tempo di dare una svolta alla cosa. Così aveva messo in atto tutto il canovaccio del perfetto “uomo che non deve chiedere mai”: macchina lustra, abiti nuovi, capelli tagliati, invito a cena in posto romantico. Impossibile fallire.

Appuntamento per le sette a casa di lei, destinazione mare. Un’ora scarsa di viaggio. Tavolo per due alla “Locanda Caravaggio”, un elegante ristorante con patio in riva al mare dove si potevano mangiare specialità marinare su tavoli ricoperti da candide tovaglie. Che poi nemmeno si capiva cosa c’entrasse Caravaggio con un ristorantino della riviera, cinque tavoli sotto un portico, se non per il fatto che alla fine una cena costava quanto uno dei suoi quadri. Ma non era tanto il ristorante che gli sembrava ottimo, quanto la sua posizione, proprio accanto a un tratto di spiaggia libera. Dopo cena avrebbe invitato Claudia a fare una passeggiata in riva al mare, e lei avrebbe detto sì, se non per volontà, quantomeno per il lieve stordimento dato dal vino bianco e dal limoncello della casa (in ogni ristorante “tipico” c’è sempre un bottiglione di limoncello che ha più ottani della benzina).

In perfetto stile Sapore di sale avrebbero iniziato a passeggiare al chiaro di luna, finché lui non si sarebbe trasformato in Massimo Ciavarro e lei in Isabella Ferrari, per finire a far l’amore dentro una piccola barca ormeggiata a riva.

Parcheggiò la macchina nel box e salì in casa. L’orologio a forma di galletto appeso sopra al frigorifero segnava le cinque e venti. Aveva più di un’ora per prepararsi. Fece un grosso sospiro, e si infilò in doccia.

 

xxx xxx xxx

 

E’ inutile che ci ripensi ancora una volta. Lei ti piace. Tu le piaci. E questa sera farai la cosa giusta. Basta logorarti il fegato col passato. Ora basta. Non è gisto. Non stai facendo un torto a nessuno. Devi farla finita con le seghe mentali… e per dirla tutta dovresti farla finita anche con le seghe normali, dato che sono un’infinità di giorni che non tocchi una donna. E poi Claudia è proprio una brava ragazza: ha un lavoro, una casa in affitto, due genitori normali, un fratello sposato con due bimbi che la adorano, un gatto nero sempre incazzato di nome Leopardi, ed è più di due mesi che uscite insieme e non ha ancora fatto il minimo accenno a volertela dare. Quindi non è neppure zoccola, caratteristica che se nel breve periodo può risultare ostica, nel lungo diventa una garanzia di durata del rapporto.

            Adesso non hai alibi Fabio, vai fino in fondo. Sarai felice. Perché te lo devi. Perché sono quasi tre anni che te ne stai chiuso in casa dopo il lavoro, tre anni sono un sacco di tempo. Nei hai quasi trentasei adesso, e aspettare ancora sarebbe veramente uno spreco, un peccato mortale contro te stesso e contro la vita.

            Ti ricordi Alessandro? Sì, il tuo amico Alessandro. Quante cazzate avete fatto insieme? Un’infinità. E quanto eravate diversi. Tu il riflessivo, equilibrato. Lui il fantasista, l’impulsivo, pronto a mettersi sempre nei casini. Adesso ti viene in mente quando quel giorno nascondendovi dietro la siepe di casa tua, iniziaste a tirare le castagne con la fionda al quel cane malefico della tua vicina di casa Gabriella. Era una donnetta sempre vestita di nero, alta quanto un termosifone, baffuta e acida come il vetriolo. Alessandro la chiamava Iella. Suo marito faceva il camionista e stava fuori per intere settimane, lasciandola sola con quel quadrupede spelacchiato che odiavi con tutto te stesso. Abbaiava per interi pomeriggi, ti ringhiava dal cancello quando uscivi con la bicicletta, pisciava sempre sulla siepe che confinava con il tuo giardino. Ma tu non avevi fatto mai niente per dargli una punizione. Lo sopportavi passivamente. Mentre Alessandro prese la situazione in mano in cinque minuti. Certo, a modo suo, tanto che dopo un’ora che il cane guaiva sotto quella sassaiola arrivarono i Carabinieri. Tuo padre, dopo essersi scusato con Gabriella e con gli agenti per quella vostra bravata, tornò in casa infuriato come un tirannosauro con le emorroidi e ti vietò di uscire per un mese. Ma non è questo il punto. No, il fatto è che Ale fece qualcosa a differenza di te, sbagliata o giusta che fosse, non rimase fermo ad aspettare. Forse allora è proprio questo il motivo per il quale quella cazzo di giornata ti si è ficcata nel cervello e ti ronza in testa da questa mattina. Devi fare qualcosa Fabio, devi smettere di aspettare. E devi anche smettere di andare dalla psicologa una volta al mese, che tanto quella strizzacervelli ti fa solo ricordare quanto ti manca tua moglie per poi spillarti ottanta euro. Basta. D’ora in avanti la vecchia vita si scaccia con altra vita.     

 

 2.

            «Quindi, secondo te, i migliori di tutti i tempi sono i Queen?» fece Claudia poggiando il bicchiere accanto a quel che restava di una crema catalana.

«Assolutamente. Freddy for ever.»

La serata era fresca, i pochi tavoli ancora apparecchiati erano oramai vuoti, mentre i camerieri iniziavano discretamente a riordinare la sala, dalla cucina proveniva un acciottolio di piatti probabilmente appena lavati e riposti.

«E allora gruppi come i Police, i Genesis, i Led Zeppelin, dove li metti?»

«Mhm…» mugugnò Fabio scuotendo la testa. «Con me non attacca. Te l’ho detto: i Queen sono i più grandi di tutti. Punto.»

Claudia fissò i riflessi colorati che il vetro del portacandele disegnava sulla tovaglia.

«Anche di più dei Beatles? Dai Fabio, adesso la spari grossa!» incalzò lei con un sorrisetto di sfida.

«Oddio… Ma perché ci siamo infilati in questo discorso? Mhm… Non ricordo, devo aver bevuto troppo.»

Claudia si mise a ridere. «Caro signor Moselli… come me non la spunta molto facilmente sa, sono femmina tenace.»

E bellissima pensò Fabio. Quel vestito smeraldo sopra alla pelle abbronzata, gli occhi nocciola appena truccati, una montagna di riccioli che le scendevano sulle spalle. E poi quel seno. Quell’ottava meraviglia del mondo, quell’angolo di paradiso in terra, quello strumento di tortura medievale che stava annichilendo un uomo che poteva solo guardare.

«E’ una vita che non vado a vedere un concerto.» rifletté lui ad alta voce.

«Tra un paio di mesi c’è Madonna a Milano. Se ti va posso vedere se trovo due biglietti.» disse Claudia.

«A Milano!? Se mi devo sorbire tutti quei chilometri voglio almeno visitare un po’ la città.» Chiosò Fabio, e poi aggiunse «Però… bell’idea, si può fare signorina Sabini, la prego di trovare velocemente due biglietti e fissare un pernottamento in albergo quanto prima.» Lei confermò divertita.

Poi ci fu un attimo di silenzio. Si percepì distintamente il rumore del mare. Claudia si girò verso la spiaggia buia, illuminata soltanto da una luna perfetta, un disco dorato appeso proprio sopra all’acqua, a completa disposizione di poeti e innamorati.

Entrò un ragazzo alto e biondiccio, aveva una grande camicia a scacchi sopra ai jeans consunti, un violino in mano.

«Finalmente è arrivato… Non ci speravo più.» disse Fabio.

«Arrivato? Chi?» fece lei.

«Aspetta un attimo.»

Il ragazzo si guardò intorno, esitò un istante, poi vide la coppia, poggiò il violino sulla spalla e avvicinandosi iniziò a suonare. L’archetto sfiorò note latine, e dopo una breve introduzione, il tema di Besame Mucho si disperse nel locale.

Besame,

Besame mucho…

            Claudia rideva dentro al tovagliolo, mentre il ragazzo col violino suonava oscillando leggermente chinato verso di lei.

Besame,

Besame mucho

Como si fuera ésta noche

La ultima vez…

Fabio a quel punto si alzò e le porse la mano. Si esibirono in un maldestro scambio di passi intorno al tavolo, mentre il legno del violino grondava d’incantevole malinconia.

Besame

Besame mucho…

I camerieri dal fondo della sala applaudivano fra una tovaglia da ripiegare e l’altra. L’archetto correva avanti e indietro. Fabio prese una forchetta dal tavolino e se la mise in bocca di traverso, come il tanghero fa con la rosa.

Besame

Besame mucho

Que tengo miedo a perderte

Perderte después…

Se un regista avesse ripreso quella scena, avrebbe fatto un lungo piano sequenza. Un’inquadratura continua e sempre più ampia: i due ballerini, i due ballerini e il violinista, tutta la sala, e poi sempre più in alto, il patio, la spiaggia, la spiaggia e il mare, la luna, la notte.

 

xxx xxx xxx

 

            Davvero bella l’idea del violinista Fabio. Bravo. Un colpo da maestro. E Claudia alla fine c’ha pure creduto che l’avessi chiamato te. Sarà perché subito dopo aver suonato e preso qualche spicciolo è uscito dal locale e se n’è andato con un motorino sgangherato. Certo, la verità è che il vostro era l’ultimo ristorante della darsena, e che l’ora era ormai tarda. Ma cosa importa in fondo.

            Dunque adesso non sbagliare. Vai dritto al traguardo. Stai per tagliarlo. Vedi già il nastro. E’ lì bello teso che ti aspetta. Ricoda: Claudia ti piace, tu le piaci. Stai facendo la cosa giusta.         

            Questa sera tutti sembrano stare dalla tua parte. I camerieri così gentili e precisi, il cuoco che ha cucinato quel tenerissimo polpo che è piaciuto un sacco a Claudia, la luna vestita da gran sera, la brezza lieve e ristoratrice, il violinista che è arrivato lì per caso. Persino l’oste quando ti ha salutato ti ha detto in tono languido: “Buona serata” facendoti l’occhiolino. Quel maiale. Che tanto l’avevi capito subito che veniva ogni cinque minuti al tavolo per chiedere se era tutto a posto solo per guardare le tette della tua donna.

            Tutti questa sera tifano per te Fabio. Non li deludere. Adesso portala sulla spiaggia a fare una passeggiata, poi ti inventi un’altra cazzata per farla ridere e la baci. Ed è fatta.

 

 3.

«A pensarci bene non è fattibile il week-end a Milano.» disse Fabio con fare sconsolato mentre, mani in tasca, affondava leggermente nella sabbia fredda.

«Perché?» fece Claudia.

«Sono un po’ a corto di soldi. Devo cercare di risparmiare di più.»

«Vorrà dire che il biglietto te lo regalo io, tirchione! Mi vuoi far sentire in colpa perché questa sera mi hai offerto questa cena romantica?» scherzò lei, e aggiunse «E cercherò un albergo non troppo caro, ce ne sono di ottimi vicino alla stazione centrale, nella parte est della città.»

«Te l’ho detto, non me lo posso permettere. L’unico modo sarebbe cercare di risparmiare prenotando una singola con un letto singolo. Però sarò costretto a dormire appiccicato a te, non è che poi mi chiedi di scaldarti?» ammiccò Fabio con tono buffo.

Claudia gli diede una spinta con un gomito e lui barcollò vistosamente.

«Scemo! Sei sempre il solito scemo! E io che ti sto pure a sentire! Come la storia del violinista, guarda che non me la bevo che ti sei messo d’accordo per farlo arrivare al ristorante.»

«Giuro che è tutto vero!» Fabio incrociò gli indici e se li portò alla bocca. «Pensa che quel motorino scassato se l’è fatto prestare da un amico, non aveva con che venire. Voleva che lo andassi a prendere io, ma poi se lo vedevi salire in macchina magari ti insospettivi.» concluse divertito.

Claudia si avvicinò all’acqua, si tolse i sandali, e si bagnò fino a poco sopra le caviglie sottili.

«No per piacere, non ti far venire in mente strane idee» fece lui. «Del tipo fare il bagno tutta nuda e poi iniziare a chiamarmi da dentro l’acqua. Non voglio che mi inzuppi tutti i sedili della macchina. Proprio oggi mi sono fatto un culo tanto per lavarla come Dio comanda.»

«Allora cosa vuoi che faccia sentiamo.» incalzo lei.

«Ecco appunto, vieni qua che dobbiamo fare una prova.»

«Quale prova?»

«Vieni qua.» disse Fabio mentre la prendeva delicatamente per le spalle e se la metteva di fronte. «Se dobbiamo andare a Milano e dormire insieme in un letto singolo per risparmiare, devo avere la certezza che anche se ti ho vicino non rischio coinvolgimenti sentimentali di nessun tipo.»

«Ah… e come pensi di fare.» rispose in tono flautato.

«Semplice, adesso ti bacio e verifico la percentuale di rischio che corro.»

Fabio avvicinò lentamente le labbra a quelle di lei, e iniziò a baciarla piano, mentre le passava una mano tra i capelli.

«Dobbiamo prendere due camere. Assolutamente.» disse lui tornando alla sua bocca.

 

xxx xxx xxx

 

            E poi hai sentito quel profumo. Era “Moschino pour femme” e lo sapevi benissimo. Lo avevi pagato quarantacinquemila lire quando lo comprasti a Laura. Diversi anni dopo, con la stessa cifra in euro, hai pagato i lavori di ristrutturazione della vostra casa. Ti ricordi perfettamente la prima vacanza con lei, quanto meticolosamente avevi preparato la valigia. Avevi passato in rassegna tutti i vestiti tre volte prima di decidere quali mettere dentro. Ti eri dimenticato solamente una cosa: il profumo. Così eri andato nel bagno di tua madre, avevi rovistato un po’ nei cassetti e avevi trovato quella boccetta di Moschino. Senza pensarci sopra più di tanto la portasti con te. Laura se ne accorse subito, la prima sera fuori a cena ti disse prendendoti in giro: «Ma che profumo ti sei messo? Sei una signorina?» E che risate quando al ritorno andando a controllare il flacone con lei, ti fece leggere la scritta piccola piccola proprio sotto alla marca: “Pour femme”. Il giorno dopo in profumeria ne comprasti una confezione per lei.

            E adesso di nuovo quell’odore ti sta attraversando le narici e scende sempre più giù a infuocarti lo stomaco. No, non è giusto. Per quale cazzo di motivo Claudia tra le centinaia di migliaia di essenze ha scelto proprio quella? No, non poteva sapere, ma allora perché il caso ti ha voluto giocare questo scherzo?

            Ma forse il caso non c’entra proprio un bel niente. La verità, caro Fabio, è che non si può dire di esser entrati in una stanza senza prima essersi chiusi bene la porta alle spalle. Proprio così, e tu non l’hai ancora fatto, te la stai raccontando e basta.

            E adesso non puoi fare più niente. No. E’ tutto rovinato. Adesso puoi solo staccare Claudia da te. Anche se non lo vuoi, saranno le tue braccia a farlo per te, i tuoi muscoli, i tuoi nervi, il tuo sangue.

 

 4.

            «Non posso, scusami.» disse lui a mezza voce staccandosi da quel bacio appena iniziato. «Scusami, scusami. Non ce la faccio, è quello che vorrei te lo giuro, ma non ce la faccio.» Si voltò verso il mare come un bambino che nasconde le caramelle dietro la schiena. «Cazzo! Cazzo!» biascicò.

«Fabio, che hai?» fece lei stupita e immobile come una statua di sale. «Cosa c’è che non va?»

«E’ il tuo profumo.»

«Il mio profumo!? Cos’ha il mio profumo adesso?»

«Mi ricorda…» Si fermò, per poi riprendere. «Claudia, c’è una cosa che non ti ho detto.» disse dandole ancora le spalle. «Una cosa molto importante. Io sono stato sposato.» Aveva gli occhi umidi. «E non l’ho ancora dimenticata. Ogni giorno mi ripeto che devo iniziare a riprendere in mano la mia vita, e c’ho provato. Con te c’ho provato. E mi piaci tantissimo, Cristo se mi piaci. Ma poi arriva il tuo profumo…» aggiunse infine con un sospiro.

Claudia si mosse lentamente verso un patino del salvataggio, si sedette.

«Fabio… perché non me l’hai detto?» disse piano.

Lui continuò «La nostalgia è dentro a ogni cosa… Dentro all’incontro con un amico che non vedi da tempo, alla colonna sonora di un film, alla scatola di una videocassetta presa a noleggio, a un profumo per donna.»

Fabio adesso le era davanti, ma lei non c’era più, non c’era più il ristorantino sul mare, il vino bianco, le candele sul tavolo, il violinista, la luna, il mare, non c’era più niente.

«Il dolore, quello forte, è una bomba. Un ordigno che ti scaraventa a terra e ti lascia ferito e pieno di sangue. Urli, sputi, tossisci, mentre intorno a te rimangono solamente macerie. Ma dopo un po’ il dolore scompare, si assopisce, e sulle macerie pensi di poter ricostruire. Tutti te lo dicono, e allora inizi a crederci un po’ pure tu.»

Claudia ascoltava, con le mani in grembo e gli occhi vuoti.

«Ma non è così, non è così semplice. Perché dopo un po’ arriva lei a farti da ombra. La Nostalgia. E ogni qual volta tu provi ad alzarti ed a camminare di nuovo con le tue gambe, allora lei ti prende per il bavero e ti rimette a sedere, come faceva mio padre quando da bambino scendevo da tavola senza chiedere il permesso.»

«Fabio io… io, insomma, è qualche mese che usciamo, ci siamo conosciuti con calma, tu mi piaci, speravo… Non so, non ci capisco più niente…» disse confusamente cercando di evitare il suo sguardo. «Perché non me l’hai mai detto? Perché me lo dici adesso?»

«Non lo so Clauda, non lo so. Scusami.» E poi dopo una breve pausa. «Adesso andiamo a casa.» E iniziò a risalire la spiaggia lentamente, naso al piede.

 

xxx xxx xxx

 

            Claudia è proprio una cara ragazza. Per tutto il viaggio di ritorno se n’è stata in silenzio, senza sputare sentenze, senza giudicare o criticarti. Ti sta rispettando. Eppure lo sai che è dispiaciuta, anzi, sarà senz’altro incazzata nera. Stai annegando nel tuo egocentrismo non credi? Non può girare tutto intorno ai cazzi tuoi. Forza. Prova a essere lei per un attimo. Conosci uno, ci esci, inizia a piacerti, questo ti fa la corte, regali, finché ti confeziona una bella cenetta in riva al mare al lume di candela. E poi: ti dice che non ha mai dimenticato l’altra. Bello no. Sei fortunato che non ti abbia ancora preso a schiaffi. E ha ragione. Cosa vuoi adesso? Cosa ti deve dire? “Caro il mio Fabio ci penserò io a farti scordare la tua Laura”? Poveretto.

            E poi perché non glielo hai detto? Perché non hai detto tutta la verità? Di cosa hai paura? Della compassione? Del fatto che allora non sarebbe più sé stessa? Sei un codardo Fabio. Oppure ti sei convinto che ignorare una cosa voglia dire negarne l’esistenza? Perché se è cosi, caro mio, sei fuori strada.

            Hai perso l’ennesima occasione, dovevi essere sincero fino in fondo. Adesso è troppo tardi. Ora siete quasi sotto casa sua, e non sai che fare. La vorresti rivedere, ma cosa pensi di dirle? Hai già fatto troppo casino per stasera. Adesso hai bisogno solamente di andare a dormire. E Claudia non si merita di essere torturata ancora.

 

 5.          

«Cosa ti ha detto quando ti ha salutato?!» disse Raffaella stupita.

«Che uno di questi giorni ci saremmo rivisti perché sarebbe passato di qua per rifare la carta d’identità.» fece Claudia.

«Oh povera stella, ma questo è matto da legare!»

Raffaella Riso era la dirimpettaia di scrivania di Claudia da più di dieci anni. Ufficio anagrafe del Comune di Firenze.

Raffaella aveva cinquantatre anni, due figli, un ex marito, vari compagni passeggeri. Era una donna pratica e battagliera, sempre pronta a sdrammatizzare e sempre troppo truccata e laccata. Per Claudia era come una zia un po’ casinista, abile nei consigli e realista fino all’osso.

«La verità è che ho beccato un vero stronzo, e me ne sono accorta troppo tardi. A certi uomini piace stare con i piedi in due scarpe. Corteggiare la tipa di turno e cercare di riprendersi la moglie. E io lì a pendere dalle sua labbra. Che bastardo…»

Raffaella si ispezionò con cura lo smalto delle mani, poi aggiunse. «Però mi sembra strano, mhm… c’è qualcosa che non mi torna… non so, a quel punto poteva portarti a letto e divertirsi un po’ con te. Perché non l’ha fatto?»

«Allora Raffa non mi stai a sentire: mi ha detto che non l’ha ancora dimenticata! Che la nostalgia di lei lo logora…»

«Piccola Claudia, se ogni uomo con il cuore imprigionato riuscisse a tenere imprigionato anche il suo augello a quest’ora sarei sempre vergine. Se ne trovano a centinaia di mariti affranti che di notte si trasformano in latin lover, fattelo dire da una vecchia zoccola.»

Claudia scoppiò a ridere. Era questa la forza di Raffaella. Era schietta e vera. Era una donna che aveva masticato la vita boccone dopo boccone.

«E allora cosa dovrei fare, sentiamo un po’…»

«Al mio paese si dice che se vai a letto con il culo che ti rode ti svegli con le dita che puzzano.» disse la Riso.

«Che schifo! Ma che proverbio è?»

«Vuol dire semplicemente che se a una cosa ci tieni davvero non la devi lasciar andare. E Fabio ti interessa. Si vede da come ti agiti quando ne parli.»

«E quindi? Che faccio?» chiese Claudia.

«Semplice. Gli rifai la carta di identità e vai da lui… Caffè?» concluse Raffaella alzandosi dalla scrivania e andando verso il distributore di bevande in fondo al corridoio.

 

xxx xxx xxx

 

Claudia chiuse la porta del suo ufficio e si mise al computer decisa a fare quello che l’amica le aveva suggerito. Voleva sentirselo dire in faccia di lasciar perdere per sempre.

Avviò il programma di anagrafica comunale. Digitò il nome.

Fabio Moselli

Ne uscirono quattro. Ma quello giusto era nato il primo di aprile. Un pesce d’aprile appunto, pensò Claudia. Fece un doppio click sul nome, e in un attimo ebbe a disposizione tutti i dati: data di nascita, residenza, stato civile, professione, segni particolari.

Si soffermò sull’ultima riga. Sarebbe stato bello scriverci stronzo. Proprio così, segni particolari: Stronzo! Con un bel punto esclamativo in neretto. Poi fu un altro dato a richiedere la sua attenzione. E fu come essere presa in pieno da un gavettone. Le guance incassarono un ceffone e si fecero roventi, due spigole congelate sostituirono le mani, come negli anni del liceo prima dell’interrogazione di greco della Arrigoni.

Non poteva essere. Aveva sbagliato qualcosa. Uscì e rientrò dal software, rifece tutto daccapo. Il risultato non cambiò. Lo stomaco vibrava come la pelle di un rullante. Fece uno stato di famiglia. Trovò un altro nome.

Laura Fiorucci

Cercò una data.

14 marzo 2010

Uscì dall’ufficio e fece in fretta due rampe di scale. Sopra una pesante porta di ciliegio c’era una targhetta sporca laccata in oro: Archivio Storico Comunale – Sezione Emeroteca.

Alla scrivania c’era Paolino. Da sempre il responsabile. Praticamente una vita dedicata a rimettere in fila giornali e riviste di ogni tipo e di ogni epoca, sempre con indosso un walkman a cassette con il quale ogni giorno passava in rassegna tutta la discografia quasi cinquantennale dei Pooh.

«Ciao Paolino, vado su, ho bisogno di un quotidiano.» disse Claudia senza nemmeno guardarlo.

Lui fece un cenno di assenso col capo e rispose «Mi dispiace di svegliartiiiiiiiiiiii, forse un uomo non saròòòòòòòòòò…»

Era proprio vero quello che dicevano tutti. Quel poveretto si era bruciato il cervello quando era un ragazzo, negli anni Sessanta, con le prime pastiglie di LSD arrivate in Italia.

Il soppalco era angusto e polveroso. Un labirinto di scaffali colmi di giornali, illuminato da fiochi neon che parevano mandare luce verdastra.

2007, 2008, 2009, 2010. Trovò il ripiano. Gennaio, Febbraio, Marzo. Claudia sfilò con cura una pila di quotidiani. Una nuvola di polvere le entrò in bocca. Tossì.

14 marzo 2010. Doveva cercare il giorno successivo. Aprì il giornale del 15 marzo su di un vecchio tavolo buttato in un angolo. I suoi occhi erano spola sul telaio. Il cuore accelerava i battiti. Poi vide. E capì.

In un attimo tutto si ricompose sotto al suo sguardo come in un cubo di Rubik. Da piccola aveva provato milioni di volte a riordinarlo senza riuscirci. Suo fratello era capace. E non lo sopportava. A quell’epoca ancora non sapeva che esiste un vero e proprio algoritmo per risolverlo. Poche esatte mosse e quello che sembrava caos diviene ordine.

Adesso tutte le facce del cubo erano andate al suo posto, ma la verità non era più la stessa. Non era più la sua.

 

Firenze 15/03/2010 – Tragico incidente stradale nella tarda serata di ieri in zona Viale del Visarno. Laura Fiorucci, trent’anni, a bordo della sua Ford Fiesta è stata travolta da un autocarro che non ha rispettato la precedenza. La donna è morta durante la corsa in ospedale, a niente sono valsi i tentativi di rianimarla da parte dei paramedici immediatamente intervenuti sul posto. La notizia ha lasciato nel più profondo dolore tutta la famiglia Fiorucci ed il marito Fabio.

 

 

Loading

4 commenti »

  1. Salve, l’ho trovato scorrevole e con delle trovate oneste!

  2. Grazie..! Sono contento che ti sia piaciuto..! ????

  3. Il racconto riguarda la galassia dei sentimenti e rapporti tra uomo e donna. Tutti i personaggi sono vivi , vivaci o sofferenti, dai camerieri del Ristorante Caravaggio alla signora Raffaella Riso Devo ammettere che a un certo punto mi sono sentito sospeso, “Dove sono finito?” Da lì in poi c’è stato un crescendo di aspettative e di sorprese per Claudia che ha voluto vederci chiaro in tutta la vicenda da donna combattiva.
    Complimenti Christian.
    Emanuele

  4. Grazie Emanuele..!
    Il tuo commento mi ha dato una grande soddisfazione..!!!

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.